N. 11 35 Fisionomia difficile di Federica Rovati PAOLO FOSSATI La passione del critico Scritti scelti sulle arti e la cultura del novecento a cura di Gianni Contessi e Miriam Panzeri, con contributi di Sileno Salvagnini e Roberto Cerati, pp. 376, €30, Bruno Mondadori, Milano 2009 Non si può non plaudire all'iniziativa di raccoglie- re un'antologia degli scritti di Paolo Fossati: recensioni, pre- sentazioni, prefazioni, confe- renze che hanno affiancato per un quarantennio i libri e le curatele più noti. Soltanto una scelta, com'è ovvio, nella lunga bibliografia fossatiana e ordinata per capitoli che provano a sfac- cettare, nelle sue molte dimen- sioni, la fisionomia difficile del- l'autore: storico dell'arte con- temporanea, critico militante, "lettore di professione" per la ca- sa editrice Einaudi. Non una raccolta di pezzi minori, come la destinazione occasio- nale potrebbe suggeri- re, perché l'intensità del ragionamento cri- tico è pari ai saggi ce- lebri sull'arte italiana del Novecento; e nep- pure un libro rassicurante, come avrebbe potuto risolversi un flo- rilegio in memoriam a dieci anni dalla scomparsa dello studioso: inesauste persistono le provoca- zioni, i capovolgimenti di pro- spettiva, la sconfitta dei luoghi comuni che nei testi maggiori di Fossati hanno aiutato a divarica- re il tessuto novecentesco dove era reso più compatto da pregiu- dizi ciechi (pittura e scultura nel ventennio fascista) o etichette assolutorie (futurismo, metafisi- ca, valori plastici). Vero critico del contempora- neo, Fossati esercitava con caparbia irriverenza il diritto di giudicare, cioè prendere posizio- ne davanti all'opera, per definir- ne il valore dentro la storia: po- teva essere la lettura smagata delVAutobiografia di Alice Tob- ias di Gertrude Stein che nulla concedeva alla mitologia del cu- bismo parigino e svelava piutto- sto i meccanismi di una fortuna- ta messa in scena letteraria, "un piccolo capolavoro di insinua- zione, di vanagloria e di reticen- za"; l'interrogazione insistita de- gli scritti di Roberto Longhi, con la generosa disseminazione di in- tuizioni che meriterebbero se- guito (ma "chi è in condizione di discuter date alla mano di meto- do storico e Toesca, di cultura fi- gurativa e 'La Voce', di studi d'archeologia e di Venturi, per rintracciare un minimo di vicen- da e di tessuto?"); o ancora gli affondi nella pittura di Giorgio Morandi. Si sbaglierebbe infatti a presumere un eccesso di prota- gonismo nel lavoro discrimina- torio condotto da Fossati, il qua- le resisteva alla possibilità di ri- comporre in una formula per- suasiva le parti delle opere (testi figurativi o scritti) smembrate dalle sue letture intelligenti: i pezzi smontati stanno ancora lì, a nostro vantaggio, per il nostro lavoro, con tutto il carico di pro- blemi e contraddizioni che egli ha saputo destarvi. Come osserva Gianni Contes- si nella postfazione al volume, il carattere impervio della scrittu- ra di Fossati scaturiva dall'esi- genza di riversare sulla pagina la costruzione di un pensiero in atto, senza politure conclusive. Ma si sbaglierebbe ancora se si volesse limitare l'apprezzamen- to di questi scritti al puro ragio- namento, quasi il dato visivo fosse un pretesto per discutere d'altro. Se in alcuni casi, per gli artisti meno esposti, può sfuggi- re la pregnanza del discorso cri- tico per l'assenza inevitabile di riproduzioni a corredo del vo- lume, in altri casi, per i nomi più frequentati, la priorità dello sguardo appare limpida. Anzi, quando l'astrazione del linguag- gio critico avrebbe potuto tro- vare una giustificazione nel li- vello aniconico dell'immagine, come nelle opere di Luigi Vero- nesi, la scrittura si fa- ceva più docile nel se- guire (e insegnare a leggere) il percorso variato dei segni pit- torici sulla carta. Co- sì, nel saggio sul dise- gno italiano fra le due guerre, era l'analisi dei tracciati grafici (le interruzioni, le elisio- ni, il diverso consumo dell'inchiostro) a met- tere in moto, da una postazione in apparenza liminare, questio- ni più ampie sulla pittura di quegli anni. In aggiunta alle tracce delinea- te dai curatori, si potrebbero del resto immaginare altre modalità di attraversamento degli scritti di Fossati, grazie al regesto bi- bliografico compilato per l'occa- sione. Sottotraccia c'è Torino, luogo di vita e di lavoro, con le sue mostre, i suoi artisti, i suoi li- bri: le recensioni per le pagine piemontesi dell'"Unità", nella seconda metà degli anni sessan- ta, promettono più che la crona- ca in presa diretta di una città vivace, con le sue gallerie d'arte capaci di bilanciare la moder- nità più arrischiata con la rifles- sione sul passato recente, poi- ché coinvolgono problemi di storiografia artistica, sollecitati dalle rassegne cittadine, e punta- no ad esempio sulla necessità di mettere nella giusta prospettiva storica il futurismo, come pure il surrealismo, opponendo il rigore scientifico alle raffazzonature sbrigadve; e se ne vorrebbe un'e- dizione completa. Oppure si po- trebbero inseguire gli interventi sul futurismo, e soprattutto sul secondo futurismo, che fu espe- rienza specificamente torinese; o quelli sullo stesso ambiente tori- nese tra le guerre, con Felice Ca- sorati, Italo Cremona, Albino Galvano; e magari provare a me- scolare le carte in quei due de- cenni, tra metafisica, surrealismo e futurismo, per rilanciare le provocazioni di Fossati verso nuove verifiche. ■ f ederica. rovati@uni.to. it F. Rovati insegna storia dell'arte contemporanea all'Università di Torino Arte Opere rubate di Chiara Piva L'ARTE CONTESA NELL'ETÀ DI NAPOLEONE, PIO VII E CANOVA a cura di Roberto Balzani pp. 301, €35, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2009 Negli stessi mesi in cui a Forlì si celebrava Canova, l'ideale classico tra scultura e pittura e a Faenza Eofficina neoclassica (per entrambe cfr. "L'Indice" n. 9 2009), la So- printendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantro- pologico per le province di Bo- logna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ra- venna e Rimini, con la cura di Roberto Balzani, proponeva a Cesena (Biblioteca Malatestiana, marzo-luglio 2009) un altro aspetto dell'attività di Canova e del dibattito culturale di quegli anni con una mostra molto inte- ressante anche se più difficile, al- meno in questi tempi di grandi eventi. L'oggetto infatti non era un artista né un movimento arti- stico, ma il dibattito nato in Eu- ropa sul finire del Settecento in- torno alla nascita dei primi gran- di musei pubblici e alla requisi- zione delle opere d'arte avviata dai francesi a seguito delle cam- pagne napoleoniche e della sop- pressione degli ordini ecclesiasti- ci. Mostra originale e interessan- te perché frutto di un imponente lavoro di ricerca e di un comita- to scientifico di grande rilievo. L'esposizione si articolava in sei sezioni non solo per ricom- porre parte del patrimonio arti- stico scelto dai francesi nei terri- tori pontifici, ma anche per rico- struire il mondo culturale dell'e- poca. Sono così tornati nello stes- so spazio alcuni quadri prove- nienti da Bologna e dalla Roma- gna oggi disseminati in diversi musei (per esempio il San Gio- vanni Battista che predica di Gue- ricino e la sua cimasa con Cristo benedicente, uno alla Pinacoteca Comunale di Forlì, l'altro in quella di Brera a Milano). Allo stesso tempo la mostra ha ripro- posto il fervore del dibattito che animava il mondo intellettuale e artistico intorno alla nascita dei musei presentando lettere, libri, incisioni e la tela (conservata al Museo Civico di Bassano) che ri- produce l'affresco di Mengs con l'Allegoria del Museo dementino dipinto nella Sala dei Papiri dei Palazzi Vaticani, assegnata da Giuliana Ericani nella scheda del catalogo alla scuola del pittore. Cornice della mostra due bi- blioteche cesenati, la Malatestia- na e la Piana, frutto della raccol- ta privata del cesenate papa Pio Vii a cui è dedicata una sezione monografica. Dell'esposizione rimane me- moria nel catalogo prezioso, che raccoglie le riflessioni di studiosi che da anni si misurano su que- sto tema aprendo nuove vie di ri- cerca. In particolare Andrea Emiliani, con la consueta chia- rezza e raffinatezza, propone una lettura del rapporto fra territorio e opere d'arte nel XVIII secolo sottolineando il ruolo svolto dai pontefici in questo periodo. Ro- berto Balzani si sofferma sul cambiamento di statuto delle opere d'arte a seguito della crea- zione dei musei, mentre Valter Curzi confronta sapientemente i musei e l'attività di tutela a Roma negli anni di Pio VII e dell'occu- pazione francese. Sull'altro fronte, Antonino De Francesco chiarisce la politica dell'Armée d'Italie, mentre Do- minique Poulot, guardando la questione dall'altro versante delle Alpi, sottolinea le contraddizioni del dibattito sull'utilità dei musei, ma anche il ruolo fondante di quelli francesi come modello eu- ropeo di lunga durata. Concludo- no il catalogo i saggi di Federica Rizzoli, con una cronologia delle requisizioni, e quelli di Mariano Mengozzi e Daniela Savoia sulla figura di papa Chiaramonti. Una mostra da vedere dunque, ma anche da studiare ora che si è conclusa. Una mostra che non deve stupire se si pensa che è sta- ta promossa da una soprinten- denza che può vantare una gran- de tradizione, da Corrado Ricci ad Andrea Emiliani. ■ chiara.piva@tiscali.it C. Piva insegna storia e tecnica del restauro e museologia all'Università di Basilea La manutenzione dei precetti di Silvia Silvestri OMAGGIO A CESARE BRANDI Nell'anno del centenario della nascita a cura di Caterina Bon Valsassina pp. 226, €28, Edifir, Firenze 2008 Il 18 ottobre 1941 fu ufficialmente inaugu- rato l'Istituto centrale del restauro. A ses- santacinque anni dalla fondazione e in coin- cidenza con il centenario della nascita del suo primo direttore Cesare Brandi (1906-1988), l'Istituto ha voluto celebrare la propria storia con due giornate di studio (nell'ottobre 2006, a Roma), pensate come un dittico: Brandi ieri e og- gi, riflessioni a confronto e Brandi e la direzione dell'Icr, 1939-1961. "Il professore", dunque, prima di tutto, e i suoi allievi (tra questi Licia Vlad Borelli), che dalle lezioni di Brandi hanno raccolto i testi pubblicati nel 1963 come Teoria del restauro, opera giunta ormai all'edizione in dodici lin- gue, tra cui il cinese e il giapponese. Un suc- cesso che riposa sulla assoluta solidità dei fon- damenti teorici e sulla loro pratica applicazio- ne in esperienze decennali di restauri compiu- ti dall'Istituto in Italia e all'estero, che hanno suscitato però obiezioni e contrasti talvolta veementi. Tali critiche, rivolte sia alle formule teoriche sia alla metodologia operativa, sono state ac- colte nella regia del convegno come stimoli per una riflessione più approfondita. Non si tratta solo della cleaning controversy sorta con i restauratori della National Gallery di Londra nel 1947, ricordata da Maurizio Marabelli in relazione al ruolo delle indagini scientifiche per il restauro e la conservazione, o del pro- blema della reintegrazione delle lacune teoriz- zato da Umberto Baldini nel Laboratorio di restauro dell'Opificio delle pietre dure a Fi- renze in seguito all'alluvione del 1966, tema affrontato da Marco Ciatti e Francesca Martu- sciello. Oltre alle controversie "storiche" vissute dal- l'Icr e da Brandi, esistono ancora oggi voci cri- tiche nei confronti della teoria brandiana: Pao- lo Marconi, Pier Giovanni Guzzo, Giorgio Bonsanti dibattono delle ricadute della Teoria del restauro in campo architettonico, archeolo- gico e pittorico, utilizzando toni anche polemi- ci riferiti alla situazione politica e culturale at- tuale. Veder messo in discussione il valore del- l'autenticità dell'opera, la validità dei principi della Carta del restauro architettonico di Vene- zia del 1964 o l'assioma relativo alla materia ("Si restaura solo la materia dell'opera d'arte") può suscitare disagio, ma è necessario per "non cadere nel rischio dell'autocelebrazione" (Bon Valsassina) e di un'applicazione acritica dei principi brandiani. La seconda parte del volume contiene gli in- terventi della giornata dedicata agli anni di di- rezione dell'Icr, che nelle mani di Brandi si è espanso in molteplici direzioni: la creazione dei laboratori scientifici, la collaborazione con le soprintendenze e con l'Iccrom, l'attività di- dattica, le esposizioni, la pubblicazione del "Bollettino dell'Istituto Centrale del Restau- ro" e la partecipazione al Consiglio superiore delle Antichità e Belle Arti. Le ricerche d'ar- chivio offrono un sostegno documentario alla storia dell'Icr, nel momento in cui esso conse- gna al passato la propria originaria denomina- zione, trasformata ora in Istituto superiore per la conservazione e il restauro. Ancora e sem- pre in ossequio agli insegnamenti del suo pri- mo direttore.