N. 11 38 Alla periferia dell'evento di Francesco Pettinari o HO HO a ; 'Il » \\ 1 i IkLiak 1 « Motel Woodstock di Ang Lee, con Demetri Martin, Dan Fogler, Henry Goodman, Dan Fogler, Liev Schreiber, Stati Uniti 2009 Quindici, sedici, diciassette agosto 1969: tre giorni di pace, amore e musica a White Lake, a nord dello stato di New York, danno vita a quello che si è rivelato il più memorabile concerto della storia del rock: Woodstock, al quale hanno preso parte oltre mezzo milione di persone, depositato nell'immaginario collettivo come una pietra miliare della cultura popolare. L'anno successivo escono l'album della colonna sonora e un lungometraggio di più di tre ore, intitolato semplicemente Wood- stock, realizzato da Michael Wadleigh, vincitore del- l'Oscar nel 1971 come miglior documentario. Dopo quarant'anni, il regista taiwanese Ang Lee, ormai ar- tisticamente naturalizzato come americano, ha in- trapreso una sfida dirigendo il suo nuovo film Taking Woodstock (uscito da noi con il titolo Motel Woodstock e distribuito dalia Bim) dedicato a quel- lo storico evento. II film è stato presentato in ante- prima mondiale all'ultimo Festival di Cannes, ospi- tato nella selezione del concorso ufficiale, dove è stato accolto tiepidamente dalla critica: evidente- mente, l'aspettativa, a dire il vero piuttosto banale e scontata, di vedere un rock-movie è stata ampia- mente disattesa, e per questo l'opera è stata accusa- ta di mediocrità. Dal canto suo, Ang Lee, un regista che ha come principale marchio di stile l'eclettismo, per confrontarsi con un monumento della cultura pop, nel senso più autentico di popolare, come Woodstock, ha scelto una prospettiva decisamente interessante quanto, per molti aspetti, spiazzante: quella di realizzare un film sul più grande concerto della storia del rock, lasciando, para- dossalmente, proprio il rock fuori campo, evitando del tutto la fronta- lità del palco, e rimanendo invece nel backstage. Woodstock è allora in questo film lo sfondo, lo zenit di un tempo in cui tutto sembrava possibi- le, in cui compromessi e sconfitte erano termini estranei all'ideologia dei figli dei fiori. Su questo sfondo, Ang Lee innerva una vicenda fami- liare, declinata con i toni della com- media, che diventa, in relazione al protagonista, un racconto di forma- zione. Il film, sceneggiato da James Schamus, abituale collaboratore di Lee, e qùi anche in veste di produt- tore, è ispirato a una storia vera, la vi- cenda autobiografica contenuta nel mémoire Taking Woodstock. Lavven- tura eroicomica del ragazzo che salvò il festival, pubblicato nel 2007 negli Stati Uniti, edito in Italia da Rizzoli, scritto dal protagonista, Elliot Tiber, a quattro mani con Tom Monte. Estate 1969: Elliot Teichberg - in- terpretato da Demetri Martin, giova- ne attore comico che ben presta le proprie sembianze all'ingenuità scanzonata del protagonista - lascia Brooklyn, dove lavora come pittore e decoratore d'interni, per raggiungere E1 Monaco, una piccola località ai piedi dei monti Catskill: qui i genitori - la madre Sonia (una straor- dinaria Imelda Staunton) e il padre Jake (Henry Goodman) - gestiscono un motel e stanno rischian- do la bancarotta. L'inizio del film presenta un ri- tratto di famiglia dove impera il dispotismo della madre, un'ebrea russa, nei confronti del marito che la sopporta da quarant'anni perché la ama, e anche del figlio che è in cerca di emancipazione dal lega- me vincolante con i genitori. Elliot dovrebbe orga- nizzare un festival di musica classica ospitando, sul prato davanti al motel, un quartetto d'archi; ma il caso vuole che alla vicina Wailkill sia stato revocato il permesso di ospitare un concerto rock, boicottato dagli abitanti, diffidenti verso il popolo degli hippy. Elliot, che peraltro cerca di reprimere la pro- pria omosessualità, viene così in contatto con Michael Lang, promotore della Woodstock Ventu- res e, in un batter d'occhio, diventa il referente della comunità per la macchina organizzativa del- l'evento: il motel dei genitori diventa il quartier ge- nerale dell'organizzazione, mentre la sconfinata te- nuta da pascolo di un vicino che produce yogurt e ottimo latte al cacao è eletta sede del concerto. Da questo momento si attua un crescendo, e la traiet- toria lineare della trama che segue la vicenda di El- liot viene contrappuntata da ampi squarci di finto documentario che visualizzano il moltiplicarsi im- pressionante di persone che si sono raggruppate intorno all'evento, soprattutto dopo che Elliot, Il libro Elliot Tiber e Tom Monte, Taking Woodstock. L'avventura eroicomica del ra- gazzo che salvò il Festival, ed. orig. 2007, trad. dall'inglese di Valerio Bertolucci, pp. 245, € 17, Rizzoli, Milano 2009 Nel quarantennale dei festival di Woodstock, Ang Lee ha girato il suo nuovo film, Taking Woodstock (Stati Uniti 2009), tratto dal libro omonimo di Elliot Tiber, che Riz- zoli ora traduce nella collana "24/7". Ingannevolmente, nella versione italiana si perde il sottotitolo, A True Story of a Riot, a Concert, and a Life, sostituito in copertina da L'av- ventura eroicomica del ragazzo che salvò il Festival, più fedele al taglio del film. La comu- nicazione editoriale è tutta orientata verso un pubblico interessato a leggere del concerto più famoso della storia, del raduno di musicisti più straordinario degli anni sessanta, rac- contato da chi ebbe l'avventura di ospitare nel motel di famiglia una parte dello staff e una moltitudine di spettatori. Chi lo comprasse per questo, però, rischia di restare scon- certato dal racconto di un Rock Hudson semi-incosciente penetrato a turno da un grup- po di uomini in un bar, o dal sesso sfinito e drogato consumato con Tennesse Williams e Truman Capote, o ancora dalla lunga serie di sottomissioni sessuali cui l'autore racconta di essersi sottoposto lungo la strada percorsa negli anni cinquanta, repressivi e sordidi, si- no alla liberazione che proprio Woodstock gli fece intuire, sino agli scontri di StonewoO di cui Tiber fu testimone e attivo partecipante. Perché Taking Woodstock contiene in realtà due libri, uno, scanzonato, allegro, comico, scritto in tono brillante e autoironico, che sa dosare bene l'alternarsi dell'ironia di scuola ebraica e il senso dell'incanto libera- torio che quel concerto, e quegli anni, seppero conquistare, l'altro, cupo, molto doloroso e affaticato è uno sfogo che Tiber, dalla sua tribuna di testimone contrabbanda in un rac- conto di sicura presa commerciale. Sfogo che racconta del dolore e della frustrazione di un giovane gay ebreo americano, figlio di immigrati russi, nato in un minuscolo paesino della provincia persa nel vuoto a nord di New York, di un'educazione sentimentale di- storta e mai pacificata, di cicatrici che non si rimarginano. Federico Novaro nella conferenza stampa di presentazione, ha sta- bilito che la partecipazione fosse gratuita, nono- stante i centomila biglietti venduti fino a quel mo- mento. La preparazione del concerto diventa allo- ra il terreno fertile perché possa compiersi la libe- razione di Elliot: intorno a lui, tra la moltitudine di personaggi, assumono un rilievo particolare: De- von (Dan Fogler), giovane regista teatrale che diri- ge una compagnia di attori ospitata nel fienile e che metterà in scena Cecov in versione happening, con provocazione e nudismo esibito; Billy (Emile Hirsch), reduce del Vietnam, che rivive gli incubi della guerra rintanandosi nei cespugli del motel e che troverà grazie a questo evento una nuova pos- sibilità di rinascita; Vilma (strepitoso Liev Schrei- ber), un ex marine combattente in Crimea diven- tato un precursore del travestitismo: grazie a lui, Elliot troverà il modo di vivere quello che oggi chiamiamo outing, baciandosi pubblicamente con un manovale da cui era attratto. Alla fine, una pioggia battente trasforma il verde in una distesa di fango e le centinaia di migliaia di giovani si met- tono in cammino, in viaggio, verso un futuro che si rivelerà ben diverso dalle aspettative condivise. Unica nota dolente di questo film la colonna so- nora, curata da Danny Elfman, che, probabilmen- te a causa dell'esosità dei diritti musicali, non per- mette allo spettatore di ascoltare i brani più popo- lari di Woodstock, e regala, come unica novità, una nuova registrazione di Freedom di Richie Ha- vens che accompagna lo scorrere dei titoli di coda. Non si tratta quindi di una versio- ne attualizzata del documento di Wadleigh. Ang Lee ha confezionato un film leggero, ma bisogna intende- re la leggerezza nell'accezione di Cal- vino, come assenza di peso, come le- vità; da questo punto di vista, il regi- sta ha vinto la sfida, in quanto ha rea- lizzato un film aereo, senza pretese autoriali, senza affidarsi alla spettaco- larità, permeato di sottile malinconia, senza mai scadere nella retorica della nostalgia; inoltre, il registro delle leg- gerezza si rivela la cifra stilistica più adatta a restituire l'atmosfera di quel momento temporale, dove lo spirito libertario di una generazione ha sa- puto conquistarsi un posto nella sto- ria in nome di valori quali l'onestà, la tolleranza e la rivendicazione di un giusto ideale di libertà. Il messaggio che si sprigiona dalla visione sembra quindi essere più diretto alle nuove generazioni che alle vecchie, in quan- to proprio loro non possono che guardare con invidia a un momento felice che sembra proprio essere, ol- tre che incancellabile, almeno in quella forma, irripetibile. fravaz_tin_it?hotmail.com F. Pettinari è critico cinematografico