N. 11 12 I processi nella decisione: le emozioni buone e quelle cattive Chiudersi a riccio di Umberto Pichierri e 0 1 IO N Q o IO e a o 0 e 1 • K> d £ Fino a qualche tempo fa era stata la psicoanalisi a fornirci la più corretta e soddisfacente visio- ne sul funzionamento della mente, nel suo aspetto conscio e soprattutto inconscio. Negli ultimi de- cenni i progressi delle neuroscienze hanno contri- buito molto alla conferma di teorie psicoanaliti- che, alla correzione di altre e all'ampliamento di altre ancora. Il cervello, di cui la mente è una fun- zione, era considerato una scatola nera di cui si sa- peva cosa entrava e cosa usciva, ma non quello che succedeva dentro: adesso conosciamo alcune delle cose che vi avvengono. Alcuni potranno ritenere questa visione neuro-psicologica un po' riduzioni- sta, però può spiegare perché e come prendiamo decisioni. Sul funzionamento mentale, e sul decidere cosa fare, sono usciti quest'anno due libri interessanti, uno di Jonah Leher (divulgatore scientifico), Come decidiamo (ed. orig. 2009, trad. dall'inglese di Susanna Burlot, pp. 246, € 24, Codice, Torino 2009) che chiarisce le strutture e il funzionamento neuro-psicolo- gico della mente umana; l'altro, di Richard H. Thaler (professore di economia e scienza del com- portamento) e Cass R. Sunstein (professore di diritto e collabora- tore del presidente Obama), ha spinta gentile (ed. orig. 2008, trad. dall'inglese di Adele Olive- ri, pp. 284, € 16, Feltrinelli, Mi- lano 2009), che indica come po- ter orientare i cittadini verso de- cisioni "buone". Divertente sape- re che c'è chi sta guadagnando vendendo a strutture pubbliche mosche finte, adesive, da applica- re all'interno delle tazze dei gabi- netti maschili, con riduzione del- la fuoriuscita di urine fino all'80 per cento. Giocatori, piloti, poli- tici, militari, mercanti, economi- sti, medici ecc. sono i personaggi di numerosi aneddoti che Leher usa per spiegare come, si rivolge il processo del decision making, anche se non sempre questi sog- getti sono consapevoli del perché hanno preso quelle decisioni, buone o cattive. Da Platone a Freud, la mente si ritenne essenzialmente ragione, con la funzione di controllare e gestire le emozioni buone e catti- ve. Ma possiamo ora ritenere che questa idea non è corretta, spesso è il contrario. A volte è opportu- no che siano le emozioni a gui- darci nelle decisioni. La neuro- psicologia potrebbe chiarire cosa ha portato al disastro finanziario dei mutui subprime e alla crisi delle carte di credito, che appro- fittano di meccanismi cerebrali: le emozioni sopravvalutano i guada- gni immediati (il cervello emotivo non ragiona su concetti finanzia- ri), il NAcc (nucleo accumbens, centro della ricom- pensa, in cibo, sesso, denaro ecc.) si accende e inonda il cervello di dopamina, neurotrasmettitore che dà uno stato di benessere, sovrastando aree ce- rebrali come l'insula (che di norma scatena emo- zioni awersive) e la corteccia prefrontale (area ra- zionale), che così non reagiscono alle scelte fatte. Il dolore per la spesa, procrastinata, non è paragona- bile alla gioia di possedere subito qualcosa di nuo- vo. A confermarlo anche una ricerca eseguita con la risonanza magnetica funzionale (fMRl). Si offriva ai soggetti dell'esperimento la possibilità di avere su- bito un buono per un piccolo regalo o un buono per un regalo più sostanzioso, ma nel futuro. In quelli che facevano la prima scelta si attivava il NAcc, in quelli che erano disposti ad attendere si at- tivava la corteccia prefrontale, centro della pianifi- cazione razionale. È su questi meccanismi che si basano operazioni di marketing in supermercati: sono messi bene in vista oggetti molto desiderati, sono distribuiti generosamente omaggi alimentari, si attiva cioè il NAcc, la voglia di avere. A ostacola- re l'acquisto potrebbero però intervenire l'insula e i lobi prefrontali, ed ecco allora strumenti raziona- lizzanti, tranquillizzanti: "prezzo di costo", "scon- tato", "grande offerta". Tutto questo avviene anche in politica, e allora dall'analisi delle reazioni in focus group si può ca- pire quali "spettacoli", frasi, situazioni, rappresen- tazioni e comunicazioni in genere attivino maggior- mente questi meccanismi: gratificazione del deside- rio e inibizione dei centri razionali e di quelli del- l'avversione. All'uopo si può dire che non c'è crisi, si può spendere, tutto va bene, siamo i migliori ecc.; 0 anche proporre candidati belli, desiderabili, rassi- curanti. Si può anche rispondere alla domanda: l'e- lettore è soggetto razionale? Si sono fatte vedere a elettori affermazioni e successive contraddizioni di loro candidati (è stato indifferente per repubblicani e democratici); alle affermazioni "godevano" e poi, di fronte alla loro incoerenza, il soggetto mobilitava 1 centri cerebrali prefrontali (razionalità) non per analizzare quello a cui avevano assistito, ma per pre- servare le convinzioni partigiane, "godendo" poi (attivazione NAcc) della razionalizzazione, della giu- stificazione raggiunta per il loro candidato. Questo ci fa pensare che anche in politica spesso "demonizzare" o "santificare" significa mettere in atto un meccanismo per cui il cervello razionale è posto al servizio di quello emozionale. L'autore cita Io psicologo Philip Tedock, che si è occupato di po- litologi, e distingue due tipi di pensiero, a riccio e a volpe, rifacendosi alla metafora di Archiloco: "La volpe sa molte cose, il riccio ne sa una sola, ma mol- to importante" (il riccio a uno stimolo esterno rea- gisce in un solo modo, si chiude, la volpe invece rea- gisce cambiando risposta in base al variare della realtà esterna e della sua realtà interna in quel mo- mento). Il problema di un politologo che pensi co- me un riccio (ma questo vale per tutti gli "esperti") è che vuole certezze, anche se questo lo porta a in- terpretare male la realtà. Il cervello emotivo viene inattivato se contraddice una delle sue expertises. Informazioni utili vengono deliberatamente ignora- te. Un bravo esperto invece pensa come una volpe, che accetta il dubbio, l'ambiguità e sceglie un ap- proccio appropriato quando deve dare una spiegazione, e guarda con diffidenza alle idee inconfuta- bili. Ha più probabilità di studiare il suo processo di decisione: pensa a come pensa. La volpe non zitti- sce i suoi centri emotivi perché contraddicono i suoi preconcetti. Dobbiamo imparare ad ascoltarci, a "sentirci". Sarebbe opportuno anche per gli esperti psicoterapeuti vivere la terapia come volpe, e che la ricer- ca di certezze non ci trasformi in riccio, nell'aiuto al soggetto che tendenzialmente tende già di per sé a essere riccio. Altra considera- zione è che il cervello emotivo è più "intelligente" perché riesce a trasformare gli errori in occasioni di apprendimento. Per esempio la corteccia anteriore del cingolo (Acc) è coinvolta nella rilevazione degli errori: quando il centro del- la ricompensa (NAcc) non è grati- ficato per un'aspettativa che si è rilevata errata, manda un segnale detto "negatività legata agli erro- ri": Leher ci ricorda che è per questo che molti neuroscienziati lo chiamano "circuito dell'Oh merda!". Una volta diventati veri esperti (avendo commesso errori) è importante fidarsi delle emozio- ni, che aiutano a "sentire" la realtà. Dal 1940 al 1990 la statisti- ca degli errori umani negli inci- denti aerei è stata costantemente sul 65 per cento, ma dal 1990 è diminuita rapidamente al 30 per cento grazie, in primo luogo, al- l'introduzione dei simulatori di volo, dove si allena molto il cer- vello emotivo, rivolgendo l'atten- zione al sistema dopaminergico che, come abbiamo visto, si mi- gliora trasformando gli errori in apprendimento, e poi grazie alla gestione delle risorse umane nella cabina di pilotaggio (Cockpit Re- source Management, CRM), dove molti errori erano dovuti al fatto che si riteneva fosse il comandante "a sapere" (il riccio sa una cosa = il comandante sa la cosa, la volpe ne sa molte = l'equipe sa). Questa nuova modalità è efficace perché induce le équipe a lavorare ("pensare") insieme, evitando la certezza (riccio) e incoraggiando lo scambio, il dibattito (vol- pe). L'introduzione dalla CRM negli ospedali, nelle sale operatorie in particolare, ha portato ad analo- ghi miglioramenti. Anche gli autori di La spinta gentile in pratica mettono in funzione tutti questi meccanismi neuro-psicologici. H pichierriu@hotmail.com U. Pichierri è medico psicoterapeuta e studioso di neuroscienze