I fallimenti economici e sociali del capitalismo
Il sogno dell'apprendista stregone
di Giorgio Lunghini
">T o scopo sostanziale dell'economia - scrive
-I—/Luciano Gallino all'inizio di questo suo li-
bro (Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procu-
ra contro l'economia, pp. 195, € 17, Einaudi, Tori-
no 2009) - consiste nel provvedere alla sussistenza
dell'uomo al più alto livello di civiltà storicamente
possibile, usando insieme con altri mezzi a esso su-
bordinati - il lavoro, la terra, la conoscenza - anche
lo strumento finanziario, il denaro. Al contrario,
per quasi una generazione si è affermata una cre-
denza e una prassi per cui qualità e quantità della
sussistenza, scalzata dalla sua posizione di scopo ul-
timo, potevano derivare soltanto dall'ascesa al po-
tere della finanza". In verità, lo scopo del capitali-
smo non è mai stato quello di "provvedere alla sus-
sistenza dell'uomo al più alto livello di civiltà stori-
camente possibile". Ciò era chiaro a Marx, e a que-
sto proposito Keynes concorda con Marx: "La na-
tura della produzione nel mondo reale non è - co-
me gli economisti sembrano spesso supporre - un
caso del tipo Merce-Denaro-Merce, cioè inteso a
scambiare contro denaro una merce (o un lavoro)
al fine di ottenere un'altra merce (o lavoro). Questa
può infatti essere la prospettiva del singolo consu-
matore, ma non è quella del mondo degli affari: che
dal denaro si separa in cambio di una merce (o di
un lavoro) al fine di ottenere più denaro, secondo
un processo del tipo Denaro-Merce-Denaro".
Nella prospettiva del capitalista questo processo
ha un inconveniente: per realizzare più denaro di
quanto ne abbia anticipato, egli è costretto a pro-
durre merci; merci che devono essere utili, affinché
possano essere vendute e dunque consentano di
realizzare un profitto. Il sogno del capitalista mo-
derno è eliminare questo fastidioso contributo alla
sussistenza civile umana, e produrre invece denaro
a mezzo di denaro immediatamente. Negli ultimi
vent'anni il sogno dell'apprendista stregone si è av-
verato. Nel migliore dei casi, tuttavia, la specula-
zione finanziaria è un gioco a somma zero. A diffe-
renza della produzione di merci, la speculazione fi-
nanziaria è un gioco in cui non possono vincere tut-
ti; c'è chi ci guadagna e chi ci perde. È anche pos-
sibile, come oggi si vede, che ci perdano (quasi)
tutti.
Lo stato dell'economia mondiale nel primo de-
cennio di questo secolo è sconsolante. Su una po-
polazione totale di 6,5 miliardi, solo 3 miliardi di
persone hanno un lavoro, metà delle quali fanno
parte dell'economia informale, cioè sono privi dei
diritti e delle sicurezze del lavoro salariato tradi-
zionale. Tre miliardi di persone vivono al di sotto
della linea di povertà; un miliardo vive in slums;
un miliardo soffre la fame. Lo stato precario di tre
quarti della popolazione mondiale è correlato alle
disuguaglianze di reddito e di ricchezza (tema già
trattato da Gallino in Globalizzazione e disugua-
glianze, Laterza, 2000). La disuguaglianza di red-
dito tra il 20 per cento più ricco e il 20 per cento
più povero della popolazione mondiale è di 90 a
1. Le venti persone più ricche del mondo posseg-
gono una ricchezza complessiva pari a quella del
miliardo più povero. Per arrivare a guadagnare
quanto i più alti dirigenti delle grandi imprese
percepiscono in un anno, un lavoratore italiano,
francese, britannico, statunitense con un salario
medio lordo di 25.000 euro dovrebbe lavorare tra
i 400 e i 1.000 anni (nel 1960 ne sarebbero basta-
ti 40). A tutto ciò ha contribuito la riduzione del-
la sicurezza sociale. Quanto a capacità di provve-
dere alla sussistenza umana, negli ultimi trent'an-
ni l'economia-mondo ha registrato una serie di
fallimenti. A chi ciò nega - obiettando che il Pil
prò capite, la speranza di vita media, il livello me-
dio di istruzione, o qualche altro indicatore "me-
dio", nello stesso periodo sono aumentati in al-
meno 150 stati su 200 - Gallino oppone che oltre
che della media si dovrebbe tenere conto della va-
rianza: "Il benessere che è stato raggiunto da una
quota importante [della popolazione mondiale]
non può andare a comporre alcuna sorta di me-
dietà con la quota ben maggiore di coloro la cui
vita, per dirla con Hobbes, rimane misera, bruta-
le e breve; una vita peggiore, per molti, di quella
della generazione precedente".
Tra le cause o concause di questi fallimenti spic-
ca la de-regolazione dei movimenti di capitale, dei
mercati finanziari e dell'attività delle banche. Una
de-regolazione che ha oggi un tratto specifico: una
massa di risparmio equivalente all'incirca al Pil
mondiale viene ora gestita - senza alcun controllo
di merito e in generale senza alcuna valutazione di
responsabilità - da enti finanziari, quali fondi pen-
sione, fondi di investimento, compagnie di assicu-
razione e fondi speculativi. Enti accanto ai quali e
dietro a molti dei quali operano le banche dei mag-
giori paesi. Questo, il nuovo ruolo delle banche, è
un punto centrale nel ragionamento di Gallino: il
sistema finanziario mondiale si è trasformato, da
strumento dell'economia reale, a suo padrone; e
anziché sostenere l'economia reale, il risparmio
viene impiegato contro di essa.
Come ciò sia potuto avvenire è questione intri-
cata, che Gallino dipana e spiega con rara chiarez-
za. L'effetto perverso delle nuove forme di gestio-
ne del risparmio deriva dal fatto che gli investitori
istituzionali sono del tutto indifferenti alla natura e
alle conseguenze degli investimenti che effettuano
con i soldi degli altri: l'unico criterio che li guida è
la massimizzazione del rendimento del capitale in-
vestito, preferibilmente a breve termine.
Questo nuovo assetto delle istituzioni finanzia-
rie e questa logica miope hanno contribuito
in maniera determinante ai fallimenti economici e
sociali richiamati sopra: "E altri sicuramente ne
prepara, almeno sino a quando non si perverrà a
un nuovo ciclo di regolazione del sistema finanzia-
rio" (al recensore viene qui da aggiungere: nonché
dell' economia reale).
Tra le cause di questi fallimenti, scrive Gallino,
rientra la creazione irresponsabile di una colossa-
le quantità di denaro per mezzo del debito. Una
creazione di denaro effettuata a loro discrezione
da soggetti che non rispondono a nessuno; che ha
moltiplicato il denaro disponibile a breve e a lun-
go termine in misura eccessiva, facendo ricorso a
procedure dubbie; un'enorme quantità di denaro
usata per fare altro denaro, non per gli investi-
menti produttivi di cui il mondo avrebbe bisogno.
Questo insieme di azioni irresponsabili è stato
compiuto da un gran numero di attori finanziari,
attori che sono venuti a formare tre sistemi finan-
ziari in larga misura sovrapposti e tra loro legati
da interscambi fittissimi. Il primo sistema, che
porta le maggiori responsabilità, è il sistema com-
posto da banche commerciali e di deposito, insie-
me con le banche centrali che tali azioni hanno so-
stenuto o tacitamente consentito: è il Sistema Ban-
cocentrico, erede della venerabile funzione pru-
denziale di depositi e prestiti garantiti della tradi-
zione rinascimentale. Il secondo è quello della Fi-
nanza Alternativa, alimentato da istituzioni finan-
ziarie che non svolgono attività di deposito, che
non sono sorvegliate a sufficienza, e che in genere
si fondano su un rapporto tra indebitamento e ca-
pitali propri prossimo o superiore a 30:1. Il terzo
è il Sistema Finanziario Ombra, costituito da enti
di cui non si sa come siano stati costruiti, che co-
sa realmente contengano, quali rischi incorporino;
né si sa quanti siano, quanto valgano, da chi siano
posseduti i titoli che vi circolano. Un sistema che
in parte è ignoto alle stesse autorità di regolazione
e vigilanza.
Come rimediare a tutto ciò, e come evitare che
tutto ciò si ripeta? Secondo Gallino uno spiraglio
c'è, per impiegare meglio il risparmio globale. In
primo luogo, indirizzando il risparmio verso gli
Investimenti Responsabili: gli investitori dovreb-
bero preoccuparsi della salute complessiva dell'e-
conomia, non soltanto della salute economica di
singole imprese. In secondo luogo, indirizzando i
capitali-risparmio alla produzione di beni pubbli-
ci. Il risparmio accumulato rappresenta lavoro ac-
cumulato, dunque dovrebbe essere impiegato allo
scopo di migliorare le condizioni del lavoro nel
mondo. Dovrebbe, dunque siamo nel campo delle
esortazioni. Tuttavia, conclude Gallino, il fronte
di chi si oppone a riforme dell'economia finanzia-
ria appare un po' meno granitico di quanto non
fosse qualche tempo addietro: "Tra chi preme per
richiudere al più presto la porta, come se nulla
fosse accaduto, e coloro che premono per allarga-
re lo spiraglio che hanno appena intravisto, è pos-
sibile che i rapporti di forza stiano cambiando".
Speriamo.
Le buone recensioni normalmente contengono
qualche critica al libro recensito, dunque questa
non è una buona recensione. Qui il recensore si li-
mita ad aggiungere che anche i grandi dirigenti di
quegli enti e di quelle banche che oggi gestiscono
il risparmio - tutti seduti nelle loro sale riunioni
lussuosamente arredate - dovrebbero leggere que-
sto libro. A vedere quello che hanno fatto e pro-
vocato, viene il generoso sospetto che non sappia-
no bene quel che fanno. Magari si sono fidati dei
loro modelli matematici, per incompetenza o per
ingenuità metodologica, ma è più verosimile che le
cose siano andate come nell'Opera del mendicante:
"Questa notte a Marybone si giocherà forte, quin-
di c'è caso di trovar quattrini lungo la strada".
Quel che è certo, come scrive Keynes, è che,
"quando in un paese l'accumulazione di capitale
diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò,
le cose rischiano di andare male. I risultati ottenu-
ti da Wall Street, se mai si concepisce Wall Street
come una istituzione il cui vero scopo sociale è in-
dirizzare i nuovi investimenti nei canali più profit-
tevoli in termini di rendimenti futuri, non possono
proprio essere contati tra i grandi trionfi del capi-
talismo del laissez faire. Ciò non dovrebbe meravi-
gliare, se ho ragione nel pensare che in effetti i mi-
gliori cervelli di Wall Street sono indirizzati a
tutt'altro scopo".	■
giorgio.lunghini?iusspavia.it
G. Lunghini insegna economia politica all'Istituto Universitario
di Studi Superiori di Pavia