L'INDICE , ■■dei libri delmeseHH L/7 sindone tra falsificazioni e sensazionalismo L'ostensione vai ben una bufala, anzi due di Andrea Nicolotti Andrea Nicolotti Sindone: le bufale di Barbara Frale Nando dalla Chiesa Mafia: la letteratura disdegnata e scomparsa Salvatore Lupo L immaginazione e l'impegno di Leonardo Sciascia Andrea Sormano Benveniste tra linguistica e sociologia Gian Luigi Vaccarino La crisi economica secondo Padoa-Scbioppa Hartmut Retzlaff Come si vive oggi nella Germania orientale Marco Dotti La vita e l'ispirazione di Van Gogh Benedetta Tobagi Le battaglie di Licia Lineili Sera del 7 aprile dell'anno 30. Gesù è stato deposto dalla croce e giace avvolto in una pregiata sindone, proveniente dai magazzini del Tempio di Gerusalemme. Un funzionario romano, con mano tremula e grafia arcaicizzante, ne redige il certificato di sepoltura, scrivendo qualche parola in ebraico, qualcuna in greco e qualcuna in latino. Forse non ha a disposizione un foglio, perché è costretto a usare una serie di strisce di papiro larghe pochi centimetri; addirittura ne ricicla qualcuna che era già stata scritta su un lato. Sopra il lenzuolo, in corrispondenza del viso di Gesù, il funzionario appiccica questi suoi cartigli con colla di acqua e farina, qua e là, anche uno sopra l'altro; affinché il cadavere sia riconoscibile tra gli altri, scrive il nome del defunto, l'anno della condanna, il nome dell'imperatore Tiberio e la data prevista per il recupero del corpo dalla fossa comune. Poi cambia tipo d'inchiostro e appone la propria firma. Procedimento inutile, perché il cadavere di Gesù viene deposto da solo, nella tomba nuova di Giuseppe d'Arimatea. Tre giorni dopo, nel sepolcro vuoto, i discepoli ritrovano il lenzuolo sepolcrale insanguinato; lo conservano e per un certo periodo lo occultano all'interno di una giara, a Qumran. Sul suo tessuto sono apparse immagini straordinarie: non solo la sagoma dell'intero corpo di Gesù, ma anche le scritte dei cartigli che, dopo aver attraversato il papiro e il lenzuolo, sono rispuntate sul lato interno della sindone, quello che stava a diretto contatto con il cadavere. Qualche tempo dopo la sindone giunge a Edessa; poiché viene conservata ripiegata e chiusa in una teca, tutti si dimenticano che si tratta di un lenzuolo funebre con la figura intera del Cristo morto e prendono a descriverlo come un piccolo asciugamano che reca l'immagine del solo volto di un uomo vivo, con gli occhi aperti: è il famoso mandylion (cioè "fazzoletto"), così caro alla tradizione iconografica bizantina. Nel 944 il mandylion, o per meglio dire la cripto-sindone, viene trasferito a Costantinopoli. Frattanto un notaio bizantino vi appone un sigillo (di metallo o di cera) e anch'esso si imprime miracolosamente sul lenzuolo, lasciando una traccia identica a quella delle scritte già trasferitesi quasi mille anni prima. Trafugata dal crociato Othon de la Roche durante il sacco della città, viene portata ad Atene; quando però la famiglia de la Roche si trova in difficoltà economica, si vede costretta a cederla all'ordine dei Templari, come pregiato pegno di un sostanzioso prestito in denaro. I Templari si trovano così in possesso della più importante reliquia della cristianità, la sindone con l'immagine di Cristo e la firma del necroforo di Ponzio Pilato; i grumi di sangue rappreso sul tessuto, raschiati e conservati in numerosi reliquiari del Preziosissimo Sangue, contribuiscono probabilmente alla diffusione delle leggende sul sacro Graal. Finalmente riconvertita in lenzuolo, i Templari la venerano segretamente durante le loro riunioni notturne e ne fanno numerose copie, evitando però di renderne pubblico il possesso: temono che il papa, goloso di reliquie, voglia averla per sé, proprio quando loro hanno necessità di usarla per contrastare il diffondersi del docetismo cataro in terra di Francia. Neppure sotto tortura, durante il processo che porta alla soppressione dell'ordine, confessano di possedere e venerare la sindone: preferiscono farsi condannare con la falsa accusa di aver adorato un misterioso idolo, il famigerato bafometto. Ma prima di morire sul rogo, il templare Geoffroy de Charny, precettore L uscita dei due volumi di Barbara Frale ha ricevuto molta attenzione da parte della stampa: sarà sufficiente ricordare le presentazioni di Michele Smargiassi ("Domenica" di "la Repubblica" del 14 giugno 2009 e "la Repubblica" del 25 novembre 2009), Franco Cardini ("Avvenire", 4 luglio 2009), Paolo Rodari ("Il Riformista", 28 giugno 2009), Mario Baudino ("La Stampa", 21 luglio 2009) e Vincenza de Iudicibus ("Il Messaggero", 7 agosto 2009). "L'Osservatore Romano" ha pubblicato due articoli firmati dall'autrice il 5 aprile e il 17 giugno. greto vaticano, si lancia in un pretenzioso quanto improbabile tentativo di ricostruzione storica delle vicende della sindone ora conservata a Torino, la cui testimonianza nota più antica risale alla metà del XIV secolo. Recuperando alcune già confutate teorie proposte nel 1978 da Ian Wilson, fecondo scrittore di svariate monografie sui misteri della civiltà umana terrestre ed extraterrestre, integrandole con altri discutibilissimi studi sindonologici e aggiungendoci del proprio, Barbara Frale pretende di aver ottenuto in un sol colpo tre importantissimi risultati: dimostrare l'autenticità della sindone di Torino, trovare un documento romano ufficiale che attesta la condanna a morte di Gesù di Nazaret e, infine, colmare il vuoto di tredici secoli di storia della reliquia. Ma il tutto si rivela un castello di supposizioni indimostrate innalzate su scivolosissime fondamenta, dove non sembra più esistere separazione tra fantasia e realtà. Il lettore che non voglia fermarsi a una superficiale lettura dei pochi dati oggettivi si imbatterà in una serie di gravi forzature: la manipolazione delle fonti (come nel caso di un manoscritto medievale, la cui trascrizione è stata adulterata, o di una citazione di Nicola Me- Sulle colonne della "Stampa", dal 22 al 25 luglio, si è svolto un acceso dibattito tra Luciano Canfora e Frale in merito alle scritte impresse sulla sindone; altre voci discordi sono state quelle esposte da Marco Bonatti ("La Voce del Popolo", 30 agosto 2009) e Antonio Carioti ("Corriere della Sera", 1 settembre 2009 e 8 gennaio 2010), il quale ha dato voce alle critiche del Centro internazionale di sindonologia di Torino (Giuseppe Ghiberti e Bruno Barberis) e degli storici Massimo Vallerani e Andrea Nicolotti. Il prefetto dell'Archivio segreto vaticano, Sergio Pagano, si è espresso negativamente nei confronti di Frale su "Il Messaggero" del 29 gennaio 2010. Massimo Vallerani è autore di una stroncatura apparsa sul secondo volume del 2009 di "Historia Magistra". Il sito sindone.weebly.com ospita alcuni articoli molto critici di Gaetano Ciccone e Gian Marco Rinaldi; ho scritto una recensione sul secondo numero di "Humanitas" del 2010 e ho dedicato alla questione un'intera sezione del sito christianismus.it, fornendo ampia documentazione. (A.N.) di Normandia, riesce a far pervenire la sindone a un suo omonimo, portaori-fiamma del re di Francia: certamente un parente, dal momento che porta lo stesso nome. Grazie a lui, a metà del Trecento la sindone riappare in Francia, nella collegiata di Lirey. Il resto della storia è già noto: da Lirey a Chambéry e da Chambéry a Torino, ecco come da Gerusalemme la santa sindone è arrivata ai nostri giorni. Non si tratta dell'ultimo romanzo fantasy-storico, ma di una fedele sintesi del contenuto di due volumi di Barbara Frale pubblicati nel 2009, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro, dalla casa editrice il Mulino, rispettivamente nelle collane "Biblioteca storica" e "Intersezioni" {La sindone di Gesù Nazareno, pp. 375, € 28; I Templari e la sindone di Cristo, pp. 251; € 16). L'autrice, dipendente dell'Archivio se- sante, riportata in una scorretta traduzione "filo-sin-donica"), la falsificazione o invenzione dei documenti (è il caso di una fonte araba, del tutto stravolta), le difficoltà linguistiche e filologiche (ignoranza dell'alfabeto e della grammatica ebraica, ad esempio), le mere ipotesi via via tramutate in certezze e la frequente imprecisione dei riferimenti bibliografici, che tradisce con evidenza il ricorso a citazioni di seconda o terza mano. Il disturbante accumularsi di altri errori fattuali (nomi, date ed eventi) sembra essere, a questo punto, il problema minore. Quel che appare più preoccupante è il crescente proliferare di un tal genere di storiografia simil-scientifica anche in ambienti tradizionalmente insospettabili. Spiace vedere come la mirabolante singolarità delle tesi propagandate e la reputazione della prestigiosa sede editoriale abbiano creato attorno a questi due libri di Frale - a qualche mese dalla prossima ostensione della sindone - un clima di imponente interesse mediatico, che li ha avallati e pubblicizzati senza spirito critico, con poche eccezioni. A fronte del moltiplicarsi di una sempre più agguerrita e rumoreggiante letteratura che si muove nell'ambito del sensazionalismo e dell'irrazionalità (premiata però da prevedibili successi editoriali), quale sarà lo spazio che il futuro potrà riservare alla seria divulgazione storico-religiosa? ■ nicolottigchristianismus.it A. Nicolotti è assegnista di ricerca in storia all'Università di Torino