Ricezione, esegesi e contraffazione del Satyricon Produrre nuovi frammenti: una tentazione irresistibile di Gian Franco Gianotti La ricezione moderna del Satyricon di Petronio, opera giunta pesantemente frammentaria, è scandita da periodici annunci di ritrovamenti di nuove porzioni testuali e da inevitabili discussioni sulla reale o fasulla autenticità di quanto portato alla luce da fortunati o troppo audaci scopritori. Si tratta di un fenomeno destinato a ripresentarsi ogni volta in cui compaia o ricompaia una partico- la di antichi autori (come conferma oggi il caso del "papiro di Artemidoro"), ma piuttosto ricorrente nella storia del testo petroniano. Nel 1629 l'uma- nista iberico José Antonio Gonzàlez de Salas inau- gura la ricerca (fittizia) di presunti supplementi te- stuali e pubblica a Francoforte YExtrema editio del Satyricon, con l'aggiunta di un piccolo numero di supplementi latini ritrovati, a suo dire, in un'im- precisata edizione precedente. In merito nulla compare nelle edizioni parigine note; la tentazione di incrementare le pagine di Petro- nio sembra nascere da una duplice suggestione: la voglia di colmare le lacune di un testo mal conservato e il precedente di Cidi Hamete Be- nengeli, il presunto autore arabo da cui deriverebbe l'essenziale della storia di Don Chisciotte, come Cer- vantes dichiara dal capitolo IX del- la I parte del romanzo, riprendendo un espediente del poema cavallere- sco, cioè la cronaca di Turpino ve- scovo di Reims, fonte fittizia delle vicende di Orlando secondo Pulci, Boiardo e Ariosto. L'edizione di Gonzàlez de Salas è ristampata nel 1643, alla vigilia di una scoperta - questa volta - reale che cambia in maniera definitiva ri- cezione ed esegesi del testo petro- niano. Nel 1649 (o poco prima) vie- ne recuperato a Traù, l'antica Tra- gurium, in Dalmazia, un codice mi- scellaneo di provenienza fiorentina che riporta, tra l'altro, il grande frammento noto come Cena Frimal- chionis (ff. 206-229 = Satyricon 26, 7 - 78, 8). La scoperta del codex Fraguriensis è attribuita al dalmata Marin Statilite (Marinus Statileus o Statilius), doctor iuris all'Università di Padova; e appunto a Padova esce, nel 1664, Veditio princeps del- la Cena Trimalchionis, seguita da vi- vaci discussioni sull'autenticità del ritrovamento. Come è noto, la di- sputa si risolve a favore dell'auten- ticità: decisiva è la presenza della sezione iniziale della Cena (Satyri- con 27-37, 5) in altri manoscritti. A partire da tale constatazione si sono riconosciute a Petronio raffinate capacità mimetiche nel rappresen- tare il contrasto linguistico (e socia- le) tra sermo vulgaris e lingua dei dotti. Succede così che a vent'anni dalla scoperta della Cena compaia finalmente la prima edizione del te- sto petroniano risultante da tutte le classi di testimoni riconosciuti: il volume esce ad Amsterdam nel 1669 per i tipi di Jean Blaeu, edi- tore noto, ma a firma di un curatore sconosciuto, Michael Hadrianides, personaggio del tutto igno- to oppure pseudonimo mai spiegato. Insomma: il Petronio riconosciuto e accettato è messo a dispo- sizione dei lettori europei da parte di un illustre sconosciuto; bisogna attendere altri quarantanni e passare attraverso numerose edizioni (anche purgate) e rappresentazioni sceniche di corte, per giungere alla grande edizione dell'olandese Pieter Burman, che accompagna il testo con le proprie note e una ricca antologia di studiosi e commen- tatori (Utrecht 1709). Nell'intervallo si ripropone, con nuovi prota- gonisti e nuove località (sempre di area balcani- ca), una storia di nuove scoperte: nel 1692 Francois Nodot (1650-1710), ufficiale di ventura e poligrafo, annuncia all'Accademia di Francia di essere in possesso di un manoscritto petronia- no trovato nel 1688 durante l'assedio di Belgra- do (Alba Graeca). Il manoscritto conterrebbe porzioni di testo latino sino ad allora ignote: l'anno successivo Nodot pubblica a Parigi - an- che se il frontespizio reca l'indicazione di Rot- terdam - l'edizione del presunto Petronio com- pleto con il titolo Titi Petronii Arbitri Satyricon, cum fragmentis Albae Graecae recuperatis nunc demum integrum. Incremento del testo e "modernità" dell'autore (nonché del falsario) provocano numerose ri- stampe, corredate dalla Traduction entière e aper- te da una Vie de Pétrone che amplifica le notizie ricavate da Tacito; le parti esegetiche, poi, punta- no su motivazioni edificanti, in quanto l'opera è considerata satira della depravazione della corte di Nerone, identificato con Trimalchione, mentre il retore Agamennone sarebbe controfigura di Se- neca. Non sorprende la nascita di una fitta di- scussione sull'autenticità dei nuovi frammenti, ma questa volta il verdetto è negativo: le "parti ri- trovate" appaiono frutto dell'immaginazione di Nodot, che iscrive il proprio nome a pieno titolo, come falsario petroniano, nella storia della Lite- rary Forgery; falsario di tutto rispetto, è il caso di dire, dato che la sua edizione è periodicamente ri- stampata. Della fortuna delle interpolazioni nonché del- le reazioni dei dotti dà utilmente notizia un vo- lume di Silvia Stucchi (Osservazioni sulla rice- zione di Petronio nella Francia del XVII secolo. Il caso Nodot, pp. 270, € 17, Aracne, Roma 2010): con i documenti della falsificazione e la rassegna delle edizioni di Nodot si ricostruisce un capi- tolo della storia letteraria europea e si mettono a disposizione del lettore traduzione francese e resa italiana dei passi interpolati, precisando in commento come le aggiunte servano da raccor- do tra sezioni sconnesse e siano prova di sinto- nia tra falsario e autore. Di passaggio va detto che dell'originale di Petronio-Nodot non è ne- cessario offrire la riproduzione, in quanto è ac- cessibile online (books.google.it). Piuttosto bi- sogna dire che nella cornice della "Querelle des Anciens et des Modernes" si finisce per colloca- re il Satyricon in area di confine, dove il testo sembra affrancarsi dall'origine antica e si acco- sta alle opere dei Modernes per varietà di stile e venatura anticlassica delle vicen- de narrate. Nell'appendice, Stuc- chi delinea un'ulteriore fase della fortuna di Petronio, segnalando come La Rótisserie de la Reine Pédauque (1892) aggiunga Anato- le France alla lista di autori mo- derni su cui il Satyricon ha eserci- tato ed esercita influenza e sugge- stioni, lista che contempla, tra gli altri, Charles-Marie-Georges Huysmans, Oscar Wilde, Francis Scott Fitzgerald, Thomas Stearns Eliot, Henry Miller, Pier Paolo Pasolini, Alberto Arbasino, Gore Vidal. Se si resta nell'ambito delle con- traffazioni, si deve prendere atto che, oltre un secolo dopo il mano- scritto di Nodot, fa la sua compar- sa un presunto manoscritto rinve- nuto nella Biblioteca elvetica di San Gallo: è reso di pubblico do- minio dall'iberico José Marchena Ruiz de Castro (1768-1821?), ex religioso riparato in Francia, vici- no a Marat, poi ai Girondini, infi- ne a Bonaparte. Presente a Basilea al seguito del generale Moreau, Marchena studia la sessualità anti- ca e conia un nuovo frammento petroniano atto a mostrare l'auda- cia dell'erotismo romano, attri- buendo versione francese e note a un fantomatico teologo di nome Lallemand. Una riedizione spa- gnola del 2007 testimonia che il Petronio di Marchena continua a far ancora parte delle biblioteche di oggi. Nell'ultimo decennio due ulte- riori esempi. Nel 2003 Ellery Da- vid Nest, pseudonimo di un im- probabile professor emeritus di ignoti atenei americani, pubblica a proprie spese la versione inglese di frammenti petroniani trovati nel 1995 a Morazla in Bosnia (sempre il fascino dei Balcani!), prologo a quanto si legge all'inizio del Satyricon superstite e sguardo indiscreto sulle perversioni dell'antica Roma. Al falso prologo corrisponde un falso epilogo, pubblicato da Andrew Dalby, redattore di Wikipedia, nel 2005 sulla rivista "Gastronomica" dell'Università della California: poche pagine in cui il retore Agamennone narra di un banchetto offerto da Encolpio e immagina- to a Marsilia (patria probabile del vero Petronio) un paio di decenni dopo l'episodio di Crotone. La tentazione di produrre ulteriori frammenti e inventare nuove porzioni del testo di Petronio non sembra avere fine. ■ gianf ranco. gianotti@uni.to. it G.F. Gianotti insegna filologia classica all'Università di Torino