E eredità di Renzo Tomatis Se la prevenzione non è redditizia di Paolo Vineis, Lucio Luzzatto e Rodolfo Saracci Lorenzo Tomatis è stato un grande scienziato italiano, che ha passato gran parte della sua vita all'estero. Oltre a sviluppare alcune delle attività più importanti nel campo della prevenzione dei tumori nel periodo tra il 1970 e il 2007 (quando è deceduto), si è anche distinto come acuto osservatore della realtà che viveva in quanto scienziato, attraverso una serie di diari pubblicati dalle maggiori case editrici italiane. Nel giugno del 2009 è stato organizzato un convegno internazionale in suo onore, e quanto segue ne è un resoconto, che illustra la poliedrica figura di Tomatis, un esempio per le future generazioni di ricercatori. Renzo Tomatis, direttore dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (lare) dal 1982 al 1993 e collaboratore dell"Tndice", è morto nel settembre 2007. Un convegno internazionale da noi organizzato nel giugno 2009 ha celebrato la sua figura non solo di scienziato, ma anche di scrittore e di persona che ha dedicato la vita a combattere per cause giuste. E ben noto che, per diversi motivi, occuparsi di cancro non è un'attività asettica e lontana dai condizionamenti della società e della politica. Tra i numerosi motivi, affrontati con grande lucidità da Renzo nei suoi articoli e libri, da II laboratorio, uscito da Einaudi a metà degli anni sessanta (riedizione Sellerio, 1994; cfr. "L'Indice", 1994, n. 9), fino all'ultimo LI ombra del dubbio (Sironi, 2008; cfr. "L'Indice", 2008, n. 9), vanno ricordate la distribuzione ineguale del cancro nelle classi sociali e la diversa sopravvivenza a seconda del reddito; la continua intrusione delle industrie produttrici di sostanze cancerogene o potenzialmente tali nei meccanismi di conduzione e valutazione della ricerca; i conflitti di interesse da parte dei ricercatori; i miti della ricerca e i flussi non sempre trasparenti nell'assegnazione dei fondi. Riassumere tutti i contributi di Renzo alla ricerca è difficile; vogliamo solo ricordarne due cruciali: l'impulso che egli ha dato alle ricerche sulla vaccinazione contro l'epatite B in Gambia, e in generale l'impegno del centro di ricerca da lui diretto a sostegno di questo e di altri paesi poverissimi; e la creazione della prestigiosa serie di "Monografie" di valutazione dei rischi di cancro nella specie umana. Il modo in cui le "Monografie" sono state concepite, dalla fine degli anni sessanta, e poi consolidate è esemplare per trasparenza e solidità scientifica. Una delle preoccupazioni principali di Renzo era evitare non solo qualunque interferenza di interessi esterni nella valutazione dei cancerogeni ambientali e occupazionali, ma anche dispute astratte su quale sia il grado di prove accettabile per definire una sostanza cancerogena. L'industria aveva infatti tutto l'interesse a pretendere standard di prova estremamente elevati, se non irraggiungibili, in questo trovando in una parte de\Testablishment scientifico un alleato consapevolmente o più spesso inconsapevolmente complice. Renzo mise in chiaro da subito che il fine delle "Monografie" era pratico, cioè la classificazione dei cancerogeni non rispondeva alla curiosità scientifica, ma al fine pratico della prevenzione. In questo senso le "Monografie" - seguite poi da altre analoghe iniziative internazionali - hanno sempre accettato come va- lide, per prevenire il cancro negli umani, prove sperimentali negli animali. Questa scelta non era ideologica, ma aveva solide basi scientifiche, benché sia stata avversata lungamente dall'industria. Ma ovviamente corrispondeva anche a un implicito imperativo etico, e cioè: non possiamo attendere decenni di osservazioni nei soggetti umani per stabilire se una sostanza provoca il cancro. Attenzione ai conflitti di interesse, valutazione rigorosa delle prove, attenzione ai fatti e ai dettagli, trasparenza: tutti concetti ancora poco diffusi negli anni sessanta e settanta, e oggi purtroppo largamente disattesi, soprattutto nella società italiana ma non solo. Tomatis ha avuto seguito e successo soprattutto all'estero. In Italia ha incontrato resistenze al limite della emarginazione, soprattutto all'università e da parte della classe politica, e non c'è da stupirsene troppo. Il convegno che abbiamo organizzato a Torino in onore di Renzo rispondeva a una formula parzial- mente inusuale. Benché si trattasse di un convegno scientifico a tutti gli effetti, proprio per la natura degli interessi di Renzo e le linee di ricerca da lui lanciate, ha finito per avere anche una connotazione fortemente (e involontariamente) personale e politica. I relatori, da John Cairns di Harvard/Oxford ai collaboratori stretti di Tomatis come Harri Vainio e Ruggero Montesano, a protagonisti della ricerca italiana come Benedetto Terracini, fino a scienziati stranieri di prestigio come Jon Samet, tutti hanno dato al convegno un'impronta raramente apprezzabile nei convegni scientifici oggi, e cioè di impegno sociale: la ricerca per la prevenzione che diventa anche ricerca per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti. L'evento finale del convegno è stata una tavola rotonda su scienza e società che prendeva spunto non solo da quanto scritto in numerose occasioni da Renzo, ma anche da un fortunato libro di John Cairns di molti anni fa (Cancer and Society). Il trionfalismo della medicina farmacologica, non raramente basato su grossolane esagerazioni se non vere e proprie distorsioni delle prove scientifiche, mette in ombra quanto si po- trebbe fare per prevenire le malattie sulla sola base delle conoscenze attuali. La prevenzione non rende in termini economici; anzi, allungando la vita di milioni di persone incrementa il problema della spesa pensionistica! Come faceva spesso notare Renzo, la prevenzione non rende ai politici, perché i suoi effetti non si vedono a breve termine, secondo i tempi contratti delle tornate elettorali. E sembra minacciare lo sviluppo economico; ma anche qui, Renzo faceva notare che si tratta di un pregiudizio infondato: pochissima prevenzione veniva fatta nell'universo - tecnologicamente ed economicamente arretrato -dell'Unione Sovietica; e quando l'industria chimica europea è stata costretta a regolamentare il cloruro di vinile, potente cancerogeno, ne ha tratto un grosso vantaggio economico grazie al salto tecnologico che ha dovuto fare. Insomma, la prevenzione primaria fa parte di quelle politiche lungimiranti che pochi governanti sembrano abbracciare, forse con la significativa eccezione di Obama. Uno degli interventi più efficaci nella tavola rotonda è stato forse quello di Ron Melnick, amico di Renzo fino all'ultimo e ricercatore di punta del National Toxicology Program, il programma americano di sperimentazione sistematica (a fini preventivi) sulla cancerogeni-cità delle sostanze chimiche. Melnick ha raccolto alcuni dei più significativi contributi di Tomatis, che esprimono chiaramente, nel loro insieme, un percorso lineare e coerente. "I rischi occupazionali nei paesi in via di sviluppo stanno diventando un problema grave, largamente come conseguenza del trasferimento di industrie pericolose dai paesi industrializzati, dove certe esposizioni sono oggi considerate inaccettabili, verso i paesi in via di sviluppo, dove non esiste un'adeguata legislazione a protezione dei lavoratori e dell'ambiente". "L'assunto che tutte le scelte comportamentali sono libere scelte non riflette l'attuale situazione. Gli individui non possono realmente scegliere la situazione socioeconomica in cui nascono oppure la loro costituzione genetica, e la maggior parte dei lavoratori non può scegliere di evitare di lavorare in industrie ad alto rischio. (...) Attribuire la maggior parte dei tumori allo stile di vita, interpretato come legato a scelte personali libere, amplifica indebitamente la responsabilità dell'individuo, allontana l'attenzione dalla mancanza di impegno preventivo delle autorità pubbliche, e oscura il ruolo causale di altri fattori". "In assenza di una certezza assoluta, raramente se mai raggiunta in biologia, è essenziale adottare un atteggiamento di cautela responsabile, in linea con i principi della prevenzione primaria, la sola che può evitare una illimitata sperimentazione sull'intera specie umana. (...) Un'efficace prevenzione primaria può essere messa in atto senza disporre di conoscenze complete dei meccanismi d'azione. Esprimere questo concetto fondamentale della Sanità Pubblica non detrae nulla dal valore della ricerca di base sui meccanismi di cancerogenesi, ma evita che la pretesa di una certezza assoluta sui meccanismi sia usata come pretesto per rimandare indefinitamente l'adozione di misure preventive". Non possiamo che augurarci che questa lezione venga colta dalle nuove generazioni di ricercatori. ■ Fragilità della scienza di Benedetto Terracini Durante un quarto di secolo, Renzo Tomatis ha guidato il programma delle monografie prima e tutta la strategia lare (International Agency for Research on Cancer) successivamente. La priorità era per i paesi meno fortunati (vedi i saggi su Povertà e cancro, e il resoconto di un viaggio in Argentina per un congresso internazionale nel 1978, in piena dittatura militare). Ma il nuovo vento culturale che arrivava da Lione era destinato a essere fruito particolarmente in paesi, come l'Italia e la Spagna, che, per motivi storici, affrontavano in termini nuovi la salute della gente. Stava maturando una generazione di giovani operatori reduci dal dibattito politico di quegli anni e aperti ai nuovi problemi legati alla prevenzione (fulcro della riforma sanitaria italiana del 1978). Nella capacità di erogare cultura che derivava dalla sua posizione internazionale, Renzo non ha mai privilegiato l'Italia rispetto ad altri paesi. Tuttavia, tra quei giovani operatori, quelli italiani sono stati favoriti - oltre che dalla sua frequente presenza in Italia - dalla lettura dei suoi libri (purtroppo mai tradotti in altra lingua). Fin dal 1965 II laboratorio aveva aperto gli occhi ai ricercatori più inquieti sul senso della loro missione. Per gli operatori della sanità italiani che avevano scelto di mettere in opera la riforma sanitaria, il rapporto con la lare e con Renzo ha significato molto. Una buona dozzina degli attuali leader dell'epidemiologia italiana si sono formati in diverse scuole intemazionali grazie al programma di borse di studio della lare. Ma tutta la sanità italiana ha fruito della partecipazione a ricerche multicentriche gestite dall'agenzia e condotte con approcci "nuovi" per l'Italia del tempo, che hanno anche portato alla conoscenza di operatori di altri paesi che avevano le stesse ambizioni culturali e scientifiche. Il milieu universitario italiano non ha contribuito alla preparazione della riforma sanitaria (Giulio Maccacaro è stato un'eccezione), così come fino a tempi recenti ha prestato ben poca attenzione al tema di salute e ambiente. Lo stesso milieu, negli anni ottanta, ha gentilmente convinto Renzo a ritirarsi da un concorso per professore universitario di oncologia sperimentale. Alla sua domanda, Renzo aveva allegato soltanto i suoi lavori scientifici più significativi. La giustificazione dell'invito a ritirarsi era che tali lavori erano pochi, rispetto al volume di quelli presentati da altri candidati (nei concorsi universitari, notoriamente, la qualità conta poco). Come è stato detto in una necrologia di Renzo, ciò che è stato perdita per l'Italia è stato guadagno per il mondo. Negli ultimi anni, come presidente della sezione italiana dell'Associazione Internazionale dei Medici per l'Ambiente, Renzo ha messo il suo sapere e i suoi contatti internazionali a disposizione del movimento ambientalista. Talune sue affermazioni, secondo alcuni, sono state troppo allarmiste, ma indubbiamente hanno contribuito a creare consapevolezza - nel nostro paese - sulla fragilità della scienza, e degli scienziati.