i x 00? a. & ' i V^J Il primo dizionario sui giochi, dalla roulette russa al finger rhyme L'occhio bello e suo fratello di Vittorio Marchis Nel 1938 Johan Huizinga pubblicò un libro destinato a diventare famoso, in cui si affermava che il gioco è a fondamento di ogni cultura dell'organizzazione sociale. Homo ludens, questo era il titolo del saggio, è paradigma fondamentale della specie umana a fianco deli'homo faber e dell 'homo sapiens, ma si potrebbe affermare che proprio l'attività ludica è alla base della libera conoscenza e delle origini del sapere. Non per nulla, se l'ontogenesi ripercorre le tappe della filogenesi, all'inizio del loro apparire al mondo i bambini prima giocano, poi fanno e alla fine imparano a ragionare (Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti, Dizionario dei giochi, pp. 1192, € 32, Zanichelli, Bologna 2010). Con queste premesse l'apparire sugli scaffali delle librerie di un dizionario dei giochi non poteva che essere il benvenuto, innanzitutto perché il primo, e quindi il più difficile, pionieristico e in un certo senso ricco di spunti per ulteriori approfondimenti. Il Dizionario di Angiolino e Si-doti accetta la sfida e rischia perché la posta è davvero alta. Non per nulla in un sito rintracciato in internet (http://boardgamegeek.com/th-read/568549/dizionario-dei-giochi-zanichelli-ga-mes-dictionary) lo stesso Andrea Angiolino presenta il proprio libro con un'ampia citazione del lemma "Roulette russa": "gioco -> idiota per eccellenza, in cui si dispone di una pistola a tamburo in cui si inserisce un solo proiettile. Il tamburo viene fatto ruotare in modo che il proiettile assuma una posizione casuale e non si sappia quante volte occorra schiacciare il grilletto per sparare davvero anziché a vuoto. A turno, i giocatori si puntano la pistola alla tempia e sparano una volta. Se il colpo va a vuoto, passano la pistola al giocatore successivo. Vince il giocatore che riesce a spararsi davvero dimostrando il proprio sangue freddo, di avere sprezzo del pericolo e di meritare appieno una simile vittoria. Purtroppo, non potrà godersela: anche per questo il gioco è macabro, oltre che idiota. Per equità, il tamburo della pistola dovrebbe avere una capienza di colpi che sia un multiplo esatto dei partecipanti al gioco. Un tamburo a sei colpi rende per esempio la partita equa per due, tre o sei giocatori: in quattro i primi due giocatori hanno più probabilità di ricevere il colpo, in cinque il primo giocatore ha probabilità doppie rispetto agli altri. In ogni caso, si può decide -che i giocatori effet- un solo proiettile, la probabilità che questo esploda al primo tentativo è di una su sei (16,6% dei casi), quella che esploda al secondo è di un sesto dei casi rimanenti (83,3 : 6 = 13,8%), quella che esploda al terzo è un sesto di quelli ancora restanti (69,4 : 6 = 11,57%) e così via. A volte, lasciate che ci si scandalizzi, la roulette russa si unisce al perniciosissimo gioco d'—> azzardo, quando gli spettatori scommettono sull'esito della partita. E il caso della nota scena immortalata nel film II cacciatore (di Michael Cimino, Stati Uniti 1978), in cui alcuni soldati vietnamiti costringono al gioco dei prigionieri americani. Da notare che non solo puntare denaro, ma anche costringere al gioco è riprovevole: il gioco è per definizione un'attività libera, e obbligando la gente a parteciparvi lo si snatura pesantemente. Il nome del gioco ricorda le sue origini: pare sia stato inventato dagli ufficiali dell'esercito imperiale russo, ai tempi degli zar". • E questa ampia citazione, autorizzata dall'autore, "ma non di più altrimenti l'editore lo sgrida", può servire egregiamente per delineare la "cifra" dell'opera. Le 6500 voci che compongono il volume, ricche di rimandi e di rinvìi che ne fanno un reale ipertesto cartaceo, si distribuiscono tra giochi di carte e giochi da tavolo, tra giochi d'azzardo e giochi enigmistici, tra giochi popolari ed etnici e giochi commerciali, ma non mancano le etimologie, le origini mitologiche, come pure al- ommenta sul sito www.lindiceonline.com re tuino un solo giro: se il colpo non viene esploso la partita si considera -►patta. Esiste una variante in cui il tamburo viene girato prima di ogni colpo. Tale variante è però iniqua, in quanto chi tenta la sorte prima degli altri ha più probabilità di ricevere in testa l'unico colpo disponibile. La dimostrazione matematica è agevole: se il tamburo ha sei posti e Come coniugare il verbo divorziare? Il vocabolario di una lingua è fatto da singole parole, come "gomito", da insiemi di parole il cui significato traspare dai vari elementi, come "gomito a gomito" (a contatto, vicino), o è desumibile solo dall'insieme, come "olio di gomito" (fatica, lavoro duro), ed è anche fornito da espressioni complesse, come "mettere il bastone fra le ruote" (ostacolare, intralciare) o "gambe in spalla" (andarsene in fretta). Gli aggregati di parole, istintivi per chi sa una lingua, sono un'ottima occasione per riflettere sui meccanismi anche culturali della sua formazione, se già la si conosce, e per impratichirsene, se la si sta imparando. Anthony Mollica, in uno spassoso e fecondo manuale per insegnare italiano senza annoiare (Ludolinguistica e glottodidattica, prefaz. di Tullio De Mauro, postfaz. di Stefano Bartezzaghi, pp. 424, € 25, Guerra - Éditions Soleil, Perugia - Welland (Canada) 2010), suggerisce, ad esempio, di mostrare tutto quello che si può linguisticamente fare con varie parti del corpo umano, tipo: "far venire la barba", "togliere la parola di bocca", "allargare le braccia", "parlare a braccio", "tirare per i capelli", "battere i denti", "legarsela a un dito", "toccare con mano" ecc., e suggerisce anche di rappresentare visivamente (in vignette) il senso letterale delle singole parole di un insieme per poi confrontarlo con quello metaforico complessivo, come in "cadere dalle nuvole" (e vedi un angelo che cade da una nuvola perché disinformato), "mettere la mano sul fuoco", "topo di biblioteca", "esserci quattro gatti". Sono solo alcune delle proposte didattiche che Mollica fa in questo libro che, come osserva Bartezzaghi in postfazione, di pesante ha solo il titolo, perché, per il resto, è un ameno e soave repertorio di giochi e battute per riflettere sulla lingua o per meglio apprenderla. Mollica è professore emerito della Brock University di St. Catha-rines, in Canada, e ha messo a frutto in questo li- bro la sua decennale esperienza di consulente per l'insegnamento delle lingue nelle scuole dell'Ontario, condendo il tutto con il suo straripante umorismo, una mite allegria ora italiana ora anglosassone. Mollica insegna, ad esempio, l'utilizzabilità e l'utilità didattica delle barzellette, come "Icaro che non ha una buona cera" o la risposta a "perché i capelli vincono tutte le gare" (sono sempre in testa), o a perché "separato" si scrive tutto insieme e "tutto insieme" si scrive separato. I giochi di parole sono una strada divertente e intelligente per esplorare la lingua e offrono una miniera di occasioni didattiche. Il libro di Mollica dedica capitoli ricchissimi a cruciverba, rebus, piste cifrate, anagrammi, indovinelli. Il suo forte è lo sfruttamento dell'umorismo verbale, come quando, per favorire la familiarità con i contrari, invita a cercare di "coniuga- _ re" il verbo "divorziare" o trascrive questa battuta da romanzo: "Fa troppo caldo qui, disse freddamente Tizio" o questa barzelletta: "La mamma: Pierino, ti vedo contento. Mi sembra che adesso ti faccia piacere andare a scuola! Pierino: Ti prego, mamma, non confondere l'andata con il ritorno!". Anche il classico gioco del "colmo" può fornire occasioni metalinguistiche divertenti: "Qual è il colmo per un buono a nulla? Essere capace di tutto. E per un goloso? Mangiarsi le parole. E per un altoparlante? Sentirsi male". In quattrocento pagine il libro di Mollica propone una messe straordinaria di spunti, materiali, strumenti per l'insegnamento dell'italiano a bambini italofoni o ad adulti non madrelingua, e ha il solo difetto di offrirne anche troppi. Un insegnante ci trova lezioni e idee già pronte per l'uso, chiare, semplici e, quel che è stupefacente, sempre divertenti. Ci voleva un italocanadese per addomesticare lo studio della nostra lingua e mostrare che può essere leggero e piacevole, oltre che utile. Vittorio Coletti Ludolinguistica e Glottodidattica cune "incursioni" - così le chiamano gli autori -tra giocattoli e videogiochi, tra locuzioni gergali e sport desueti. E per cominciare si parta proprio da questi ultimi. Se è bene ricordare che questo non è un dizionario degli sport, non si riesce a individuare bene il confine che si è tracciato tra gli sport descritti e quelli lasciati "fuori". Anche se forse sarebbe stato curioso ripassare le regole, sempre difficili da comprendere per un italiano, del baseball e del softball, o anche solo del polo e dell'hockey. E invece presente la "palla-corda" - proprio quella legata alla Rivoluzione francese - e certamente nessuno obbietterà che è un gioco antico e dimenticato, ma perché citare il volano (o badminton che dir si voglia) che è entrato tra i giochi olimpici nel 2008 a Pechino? Fare la recensione di un dizionario è assai difficile e di certo essa presta il proprio fianco alle critiche ancor più dell'opera stessa e quindi non si ritiene necessario far ripercorrere al lettore le pagine che descrivono le regole del burraco o del whist. L'antropologo sarà invece assai felice di trovare - per esempio, ma è davvero solo un esempio tra centinaia - il "finger rhyme" ossia quella "locuzione inglese che indica ogni filastrocca o storia da raccontare sulle mani o sul corpo, proprio o di un altro (...). In italiano non abbiamo un termine altrettanto efficace per indicare un genere comunque diffuso (...) un classico esempio italiano di finger rhyme è 'Questo è l'occhio bello, questo è suo fratello', che finisce con la presentazione di una chiesa (la bocca) e la campana (il naso) che viene fatta suonare dondolandolo a destra e a sinistra". E così sfogliando le pagine si scopre che cosa è la kakhejia, la Peppa scivolosa, il richi, ma anche che cosa si intenda per ballare e baloccare, per cantare e per chiamare, per chiamarsi e per clippare e così via. Ci sono anche molte voci che trattano di giocattoli e qui, bisogna dirlo, ci si sarebbe aspettato qualcosa di più, perché le notizie, così interessanti intorno al giocare, alle regole, alle procedure, ai riti, si esauriscono in poche note spesso poco esaurienti, come per esempio quando si parla dei giocattoli Quercetti di cui si ricordano i chiodini ma non il famosissimo missile Tor. Sinceramente i giocattoli potevano rimanere nelle loro scatole e così pure forse, vista la frenesia e il mutare frenetico dei format, sarebbe stato meglio omettere del tutto il Grande Fratello e altri giochi (?) televisivi. Proprio perché, lo diceva ben chiaramente Huizinga, se non c'è libertà il gioco non può esistere. ■ vmarchis@libero. it V. Marchis insegna meccanica applicata al Politecnico di Torino