J N. 10 | dei libri del mese I * »/a,<4 La solitudine del tennista nella cruda autobiografia di Andre Agassi Ho un'idea abbastanza precisa di chi non sono di Darwin Pastorin SO k o Ss Diversi anni fa, un'importante casa editrice mi chiese la cortesia di seguire l'autobiografia di un giocatore molto popolare. Un campione, giunto al crepuscolo di una carriera densa di successi. Risposi di sì e cominciai a frequentare la casa di quel calciatore, che, tra l'altro, da giovane leggeva i romanzi di Ernest Hemingway. Mi sembrava, chissà perché, di buon auspicio: un intellettuale del prato verde! Pensavo a episodi inediti, particolari destinati a uscire dall'ombra, a verità mai dette. Anche perché, durante il periodo della gloria, per molti assi era meglio restare appesi sul filo della banalità, della frase scontata: questo per evitare multe da parte della società o "attacchi" rancorosi e risentiti di compagni o avversari. Dopo poche sedute, psico-calcistiche, mi resi conto dell'inutilità di quel libro: il protagonista preferiva evitare i retroscena, il dietro le quinte della sua esistenza umana e professionale. Provavo a stuzzicarlo: "Forza, non stiamo scrivendo per Harmony, dove tutto va bene e a lieto fine. Coraggio, tira fuori un collega che ti stava antipatico, un litigio, un tuo momento di abbandono, di malinconia, di scoramento, di solitudine". Niente: tutto era bello, buono e bravo. L'autobiografia uscì, senza grosso successo. Tutto prevedibile: perché dal protagonista almeno nel momento del sipario pretendi di conoscere i lati nascosti, la sua anima messa a nudo, le cose rimaste dietro la tenda. Certo, non è facile. Perché parlare dopo e non prima? Ma a riflettori spenti è giusto arrivare alla confessione senza reti- "vita". Andre, fin da bambino, conosce l'ossessione: quella di un padre, immigrato negli Stati Uniti dall'Iran, ex pugile, che lo vuole campione di tennis a qualsiasi costo, fin da bambino. A tal punto da inventare, per allenarlo, una specie di "macchina-drago" capace di sputare palline da tennis a ripetizione. Agassi ammetterà di aver sempre "odiato" il tennis, anche se lo ha reso ricco e famoso. I momenti intensi sono tanti, in questa autobiografia esemplare, cruda, aspra, che non risparmia la gioia e, soprattutto, il dolore, fisico e morale. Leggiamo: "Il tennis è lo sport in cui parli da solo. Nessun atleta parla da solo come i tennisti. I lanciatori di baseball, i golfisti, i portieri borbottano tra sé, ovviamente, ma i tennisti parlano con se stessi - e si rispondono. Nella foga di un incontro, i tennisti sembrano dei pazzi per la strada, che farneticano, imprecano e dibattono accesamente con il proprio alter-ego. Perché? Perché il tennis è uno sport così maledettamente solitario. Soltanto i pugili possono capire la solitudine dei tennisti - anche se i pugili hanno i loro secondi e i manager. Perfino il suo avversario fornisce al pugile una sorte di compagnia, qualcuno a cui può avvinghiarsi e contro cui grugnire. Nel tennis sei faccia a faccia con il nemico, scambi colpi con lui, ma non lo tocchi mai, né parli a lui o a qualcun altro. Il regolamento vieta perfino che un tennista parli con il proprio allenatore mentre è in campo. A volte c'è chi sostiene che i corridori siano altrettanto solitari, ma è un confronto ridicolo. Almeno il corridore può sentire e annusare gli avversari. Sono a pochi centimetri da lui. Nel tennis sei su un'isola". Agassi, che è stato accompagnato nella stesura dell'autobiografia da J. R. Moehringer, un premio Pulitzer, non risparmia niente e nessuno, soprattutto se stesso. E, fin dall'inizio, decide di "stupi- D. Pastorin è giornalista cenze, senza se o senza ma: oppure, al diavolo l'autobiografia da supermercato! Invece, ecco la storia che ti inchioda. Il fuoriclasse che ha deciso di mettersi a nudo, terribilmente a nudo, arrivando, persino, a mettere nero su bianco un caso di droga nascosto, durante il periodo dell'agonismo, con una grossolana bugia, per evitare la squalifica. Sto parlando di Andre Agassi, tra i più grandi tennisti di tutti i tempi, tipo estroso, originale, stravagante, che si è sposato, tra mille tormenti, con l'attrice Broo-ke Shield per poi risposarsi, più serenamente, con la tennista, un'altra "stella" di prima grandezza, Steffi Graf e avere due figli. Uno che ha conosciuto il successo e la caduta, la rinascita, per "chiudere" nel 2006, dopo aver cominciato da professionista nell'86, vincendo 896 match, otto tornei del grande Slam, una medaglia d'oro alle Olimpiadi e la Coppa Devis. Memorabili i suoi confronti con Pete Sampras, un faccia a faccia epico, degno di un Coppi-Bartali, di un Rivera-Mazzola, di un Benve-nuti-Mazzinghi. E la sua antipatia per Jimmy Con-nors, sottolineata con piacere sadico ("villano, borioso, egomaniaco"). Per giungere, oggi, a essere un uomo sereno, che ha messo su a Las Vegas, la sua città, una fondazione benefica per recuperare i bambini maltrattati e abbandonati, farli studiare, donar loro la speranza di un futuro: la Andre Agassi College Preparatory Academy. Ma leggere Andre Agassi (Open. La mia storia, ed. orig. 2009, trad. dall'inglese di Giuliana Lupi, pp. 506, € 20, Einaudi, Torino 2011) è un continuo dare di "diritto e di rovescio", di attaccare o di difendere sotto quella rete che possiamo chiamare re": con la sua bravura e con i suoi abbigliamenti, i parrucchini, i jeans al posto dei pantaloncini, sullo sfondo sempre il papà-padrone: "Ribellarmi è l'unica scelta che posso fare ogni giorno, e questo in particolare ha l'ulteriore vantaggio di rappresentare un bel vaffanculo a mio padre, che ha sempre detestato gli orecchini portati dagli uomini. Gli ho sentito dire un sacco di volte che equivalgono all'omosessualità. Non vedo l'ora di mostrargli i miei. (Li compro sia a perno sia a cerchietto). Così si maledirà per avermi mandato a migliaia di chilometri da casa e avermi lasciato lì a marcire". E le perplessità esistenziali: "Se avessi tempo, e una maggiore autocoscienza, direi ai giornalisti che sto cercando di capire chi sono, ma intanto ho un'idea abbastanza precisa di chi non sono. Non sono ciò che indosso. Di certo non sono il mio gioco. Non sono niente di quello che pensa di me il pubblico. Non sono uno showman semplicemente perché vengo da Las Vegas e indosso abiti vistosi. Non sono un enfant terrible, un'espressione che compare in ogni articolo che mi riguardi. (Penso che non sei qualcosa che non sai nemmeno pronunciare). E, per l'amor di Dio, non sono un punk. Amo il pop soft, dozzinale, tipo Barry Manilow e Richard Marx". Open parla del valore dell'amicizia, della difficoltà di amare (ad esempio la sua vicenda da copertina patinata con Brooke Shields e un fastidio perenne per il mondo "falso" di Hollywood), degli incontri vinti e persi raccontati con maestria, la stessa che possedeva sul campo, la fatica del giocare ("Ogni tennista, prima o poi, si paragona a un pugile, perché il tennis è boxe senza contatto. E uno sport violento, uno contro l'altro, e la scelta è brutalmente semplice quanto sul ring. Uccidere o essere uccisi. Sconfiggere o essere sconfitti. Solo che nel tennis le batoste sono più sotto pelle. Mi ricorda il vecchio trucco degli strozzini di Las Vegas di picchiare qualcuno con un sacco di arance perché non lascia lividi"), dei lunghi viaggi in auto per ritrovare la pace interiore nei periodi di buio, dei sentimenti ritrovati con Steffi Graf, dopo un lungo corteggiamento, dell'incontro con Nelson Mandela ("Ammiro Mandela da anni. Ho seguito le sue lotte, la sua prigionia, il suo miracoloso rilascio e la sua sorprendente carriera politica, con reverenziale timore"). Open è il libro che spedirò a quel giocatore che preferì "nascondersi", con questa frase: "Ecco, così dovevi narrare la tua vita". E mi piace, in conclusione, citare l'ultima frase dei "ringraziamenti", dedicata da Andre ai figli Ja-dez e Jaz: "L'ho scritto per loro, ma rivolgendomi a loro. Spero che li aiuti a evitare alcune delle trappole in cui sono finito io. Non solo, spero che sia uno dei molti libri che gli daranno conforto, guida, piacere. Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista". ■ darwin.pastorin@alice.it