N. 10 12 1 HO * IO •io HO e HO CO e £ co Origini, cultura e autorappresentazione del Tea Party Movement La logora missione dei veri patrioti di Giovanni Borgognone 44 Questa è l'America!", sbottò giovedì 19 febbraio 2009 Rick Santelli, commentatore finanziario dell'emittente televisiva Cnbc, in onda dal Chicago Mercantile Exchange. "Quanti di voi sono disposti a farsi carico dell'ipoteca del vicino che ha un bagno extra, quando nemmeno riescono a pagare i propri conti? Alzate le mani!". Quel collerico messaggio divenne in poche settimane uno dei filmati più visti su Youtube. Santelli annunciò pure l'organizzazione di un "Chicago Tea Party" per protestare contro la politica economica di Obama. Ebbe così inizio ufficialmente il Tea Party Movement, sebbene in realtà la sua genesi sia stata assai più articolata e complessa, come emerge innanzitutto da un agile volumetto (Eric Wright, The Tea Party Movement: Its Foundation, Protests and Reference, pp. 132, $ 26,10, SixDegrees Books, La Vergne 2011), interamente basato su dati open source (Internet ha infatti seguito fin dai primi passi lo sviluppo del nuovo movimento conservatore statunitense, contribuendo peraltro al suo successo). Nel 1773 il Boston Tea Party guidato da Samuel Adams aveva innescato la ribellione dei coloni americani contro le imposizioni economiche da parte del governo britannico. La nuova lotta antigovernativa nell'era Obama è stata invece promossa da un popolare conduttore radiofonico, Rush Limbaugh, il quale il 27 gennaio 2009 definì porkulus lo stimulus bill approvato il giorno prima dalla Camera dei Rappresentanti (porkbarrel è un'espressione slang per indicare lo spreco di denaro pubblico dovuto al mero obiettivo di guadagnare voti). E non a caso in una delle prime manifestazioni antifiscali dell'era Obama, a Seattle il 16 febbraio, venne simbolicamente distribuito ai manifestanti un pasto a base di carne di maiale. Ma il richiamo a un episodio che per gli americani rappresenta un sacro pilastro della loro storia si sarebbe presto rivelato assai più suggestivo. Manifestazioni ispirate alla spedizione di Sam Adams si sarebbero rapidamente diffuse in tutto il paese; di grande effetto, in particolare, si rivelò la "marcia su Washington" del 12 settembre 2009, organizzata attraverso internet, l'impegno di migliaia di attivisti e il decisivo contributo del canale televisivo Fox News di Rupert Murdoch. Il successo del Tea Party avrebbe in breve tempo superato i confini nazionali, ispirando anche alcuni gruppi antitasse europei, non ultimo il "Tea Party Italia". Le idee del movimento statunitense sono state presentate con viva ammirazione dal giornalista di "Libero" Marco Respinti (L'ora dei "Tea Party". Diario di una rivolta americana, pp. 154, € 12,00, Solfanelli, Chieti 2010), il quale ne ha voluto mettere in luce primariamente il nucleo teorico "fusionista", con riferimento a un autorevole esponente della destra statunitense degli anni sessanta, Frank S. Meyer: questi riteneva che il "libertarismo" e il "tradizionalismo", pur essendo stati talora presentati in antitesi, non potrebbero in realtà esistere l'uno senza l'altro. Al centro del Tea Party Movement vi è soprattutto il costante richiamo alle origini storiche e culturali degli Stati Uniti. Come ha rilevato la studiosa di Harvard Jill Lepore, si tratta di una forma di "presentismo", vale a dire una visione del passato meramente quale "prologo del presente". In realtà la rivoluzione dei tea partiers, secondo Lepore, ha ben poco in comune con quella degli anni settanta del XVIII secolo. Discende piuttosto da quanto avvenuto negli anni settanta del Novecento, in occasione del Bicentennial. fu allora, infatti, che si consolidò nel mercato editoriale statunitense una narrazione reazionaria della storia americana, costruita in modo da denunciare il tradimento dell'autentica cultura politica nazionale da jiarte del progressismo e del riformismo liberal. E la prospettiva in base a cui Glenn Beck, conduttore televisivo di Fox News, ha deciso di dedicare uno spazio fisso della sua trasmissione ai Padri fondatori per spiegare agli spettatori che si trattava di uomini straordinari, dotati di ispirazione divina e di coraggio visionario; leggere le loro parole, a suo parere, è come "leggere la Bibbia" (Jill Lepore, The Whites of Their Eyes. The Tea Party's Revolution and the Battle over American History, pp. 208, $ 19,95, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2010). I tea partiers propongono inoltre, per molti versi, una sorta di "originalismo" o "fondamentalismo" costituzionale, con caratteristiche simili a quello biblico. Sono significative a tal proposito le affermazioni di Joseph Farah, direttore del sito web conservatore WorldNetDaily e autore di uno dei principali "manifesti" del Tea Party. Barack Obama, a suo avviso, legge la Costituzione commettendo lo stesso errore che commette quando legge la Bibbia: per lui entrambe contengono buo- stituzione del "con" con il "da": proclamano infatti orgogliosamente il carattere grassroots (dal basso) del loro movimento, in .contrapposizione con quello top-down della "vecchia politica". In realtà, i riferimenti culturali sono tutt'altro che nuovi: come emerge chiaramente dal volumetto di Armey e Kibbe, si tratta semplicemente di una ripresa delle coordinate ideologiche del reagani-smo e del liberismo degli anni ottanta, all'insegna di Friedrich von Hayek e di Milton Friedman. Il Contract from America, i cui punti vennero sottoposti nei primi mesi del 2010 al voto popolare attraverso internet, è incentrato intorno al principio dello small government e alla polemica contro tutte le forme di regolamentazione introdotte dal potere federale, sia che riguardino la disoccupazione, sia questioni come il riscaldamento globa- ne idee ma non devono essere prese troppo alla le (Dick Armey e Matt Kibbe, Give Us Liberty. A Tea Party Manifesto, pp. 266, $ 19,99, Har-per Collins, New York 2010). Un importante connotato del movimento è inoltre rappresentato dalla sua carica antipolitica e anti-establishment. Anche questa, a ben vedere, tutt'altro che nuova; anzi, per molti versi un fattore "strutturale" nel contesto politico d'oltreoceano. I tea partiers riprendono infatti la classica idea dell'America "profonda" secondo cui le élites di Washington tradiscono gli autentici valori del paese, quelli incarnati dal forgotten man che "lavora e paga" ed è vittima di rapaci oligarchie politiche ed economiche. Si tratta dunque, come ha osservato l'analista politico e sondaggista conservatore Scott Rasmussen, di una "nuova rivolta populista"; mentre però il populismo "di sinistra" (quello del Peo-ple's Party degli anni novanta dell'Ottocento come pure, per molti versi, quello oba-miano) intende porre rimedio al potere incontrollato delle élites centrali (banchieri, burocrati, husinessmen, intellettuali) con più intervento governativo e più regolamentazione, quello di "destra" vede nel governo "il problema e non la soluzione" (Scott Rasmussen e Douglas Schoen, Mad As Hell. How the Tea Party Movement Is Fundamen-tally Remaking Out Two-Party System, pp. 328, $ 27,99 Harper Collins, New York 2010). Su queste basi il Tea Party Movement, come rileva la corrispondente del "New York Times" Kate Zernicke in un ottimo volume dedicato alla storia e all'analisi del movimento (Boiling Mad. Inside Tea Party America, pp. 244, $ 25,00, Henry Holt and Company, New York 2010), è diventato più di una semplice protesta; ai suoi militanti (non solo ai manifestanti, ma in fondo anche a chi ha aderito e sostiene le iniziative L'ombra di Magritte lettera (Joseph Farah, The Tea Party Manifesto. A Vision for an American Rebirth, pp. 188, $ 9,95, WND Books, Washington 2010). Dal punto di vista dei tea partiers, invece, il documento fondativo degli Stati Uniti non deve essere opportunisticamente interpretato a seconda dei tempi, bensì accolto nel suo obiettivo originale, che era la definizione dei limiti dell'autorità federale (del tutto straripata, a loro giudizio, sotto la presidenza Obama, al punto da "europeizzare" l'America, introducendo nel paese una forma di socialismo). Altro "manifesto" del movimento è Give Us Liberty, preparato da Dick Armey e Matt Kibbe di Freedom Works, organizzazione conservatrice "contro il governo, contro le tasse e per la libertà". Armey fu già nel '94 tra i promotori del Contract with America, che contribuì, a metà del primo mandato presidenziale di Bill Clinton, alla conquista repubblicana del Congresso. Fin dall'emergere del Tea Party, nel 2009, poi, egli se ne fece promotore, aggiornando altresì la vecchia idea del contratto e sostenendo dunque l'iniziativa di un Contract from America. Particolarmente significativa, nella visione dei tea partiers, è la so- online) ha restituito un senso di "missione" e di appartenenza a una "comunità" formata dai "veri patrioti". Dopo avere condotto i repubblicani al trionfo nelle elezioni di midterm 2010, consentendo l'ingresso in Senato, tra gli altri, al candidato del Kentucky Rand Paul, ex oculista, noto per avere criticato il Civil Rights Act del '64 e per avere contestato, in particolare, la costituzionalità del divieto imposto alle aziende private di praticare discriminazioni razziali (Paul è ora pure l'autore di un libro, The Tea Party Goes to Washington, pp. 272, $ 21,99, Center Street, New York 2011), ti Tea Party Movement si trova di fronte alla difficile sfida delle elezioni presidenziali del 2012. Riuscirà, se non a imporre un proprio candidato, quanto meno a influenzare fortemente l'agenda repubblicana, oppure prevarranno le perplessità e la prudenza dell'establishment moderato del "Grand Old Party"? Come risponderanno Obama e il Partito democratico alla sonora sconfitta subita nel novembre 2010? La partita è aperta. ■ giovborg@tiscali.it G. Borgognone insegna storia delle dottrine politiche all'Università di Torino