N. 7/8 11 Idei libri del meseI Una classe dirigente inadeguata e troppo collaudata si vede dalle nomine Senso dello Stato di Gian Giacomo Migone Ancora una volta si verifica che la debolezza peculiare dell'Italia sia la sua troppo collau- data classe dirigente di cui il governo Monti offre alcuni segni di essere partecipe piuttosto che rime- dio. In che modo? Trattasi di nomine. Alcuni incidenti sono già av- venuti. Due sottosegretari si sono di- messi. Due ministri hanno stentato a dimettersi da organismi su cui avevano rapporti di vigilanza. Risulta da un rapporto dell'ambasciata degli Stati Uniti che il ministro della Difesa in ca- rica - allora capo di stato maggiore della Difesa - abbia sollecitato i suoi interlocutori di quel governo a firmare subito l'accordo per la base di Sigonel- la, alla vigilia delle elezioni politiche del 2006, per "continuare ad operare con le mani relativamente libere che ora abbiamo nelle basi italiane" (cfr. "L'Espresso", n. 21, p. 18). Perciò tirai un sospiro di sollievo quando si mani- festò l'intenzione di Mario Monti di non delegare a nessuno i suoi poteri nei confronti dei servizi segreti. Pur- troppo fu un'illusione di breve durata. La nomina di Gianni De Gennaro a sottosegretario delegato ai servizi di si- curezza solleva ulteriori dubbi, aggra- vati dalla delicatezza dell'incarico che avrebbe, per l'appunto, consigliato un'assunzione diretta di responsabilità del presidente del Consiglio o, comun- que, di persona estranea agli organismi su cui avrà poteri di indirizzo e di vigi- lanza. Mi rendo conto che occorra un particolare scrupolo di obiettività, sempre doveroso, nei confronti di per- sone che, in circostanze diverse da quelle qui richiamate, hanno sicura- mente reso servizi allo stato. Nel caso di De Gennaro va ricordato il ruolo importante da lui ricoperto a fianco di Falcone, Borsellino e Caselli nella lotta contro la mafia. Tuttavia quella di De Gennaro è una nomina che suscita obiezioni ovvie e decisive. Sono di pubblica ragione le perplessità suscitate dall'operato dei ser- vizi coordinati da De Gennaro durante la guerra li- bica, oltre che per l'incidente in cui il governo del Regno Unito non informò preventivamente quello italiano di un'operazione che portò alla morte di un ostaggio di nazionalità italiana, al punto da provo- care il legittimo dubbio che il suo possa trattarsi di un promoveatur ut admoveatur. La sua sostituzione con l'ambasciatore Giampiero Massolo - segretario generale del ministero degli Esteri in noto conflitto con il ministro Terzi e con il suo predecessore, Frat- tini - configura il coordinamento dei servizi segreti come una sorta di premio di consolazione o, più probabilmente, come una sorta di cortocircuito isti- tuzionale in cui alcuni commis non necessariamen- te grands, con troppi referenti politici e nessuna chiarezza istituzionale, se la suonano e se la canta- no tra loro. Il caso del neo sottosegretario è a un tempo più chiaro e più grave perché riferito a una delle pagine più tetre della storia repubblicana. Do- cumenti incontrovertibili, testimonianze, ricostru- zioni e sentenze giudiziarie hanno ormai accertato alcuni aspetti fondamentali delle vicende di ordine e disordine pubblico che accompagnarono la con- ferenza dei G8 a Genova, poco tempo dopo l'inse- diamento del secondo governo Berlusconi. Oggi sappiamo che in quella circostanza quella città fu messa a ferro e fuoco da una minoranza - preva- lentemente costituita dai cosiddetti black bloc - se non con la collusione, quanto meno con la colpe- vole passività delle forze dell'ordine nel contenerne e reprimerne la violenza, malgrado le ripetute de- nuncie preventive, ad esempio, dell'allora presiden- te della Provincia di Genova, Marta Vincenzi. Sap- piamo anche che la furia prima contenuta e succes- sivamente orchestrata della polizia, da parte di alti dirigenti romani presenti in loco, fu sfogata contro settori inermi della manifestazione pacifista, speci- ficamente con l'attacco violento alla scuola Diaz dove alcuni di essi trascorrevano la notte. Che tale attacco fu dissimulato dalle forze di polizia con prove ripetutamente dimostrate come false in sede Down over Manhattan, "New Yorker" settembre 2002 giudiziaria. Sappiamo, infine, che gli arrestati furo- no condotti nella caserma di Bolzaneto, sottoposti dalle guardie carcerarie a ulteriori bastonature e forme di tortura non sanzionabili, in quanto non previste dalla legislazione vigente, con modalità ta- Libri recenti Vittorio Agnoletto, Lorenzo Guadagnucci, L'e- clisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova, pp. 266, € 12,75, Feltri- nelli, Milano 2011 Alessandro Mantovani, diaz. processo alla polizia, pp. 315, € 12,75, Fandango, Roma 2011 Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto cit- tadinanza ferita e trauma psicopolitico. do- po il G8 di Genova: il lavoro della memoria e la ricostruzione di relazioni sociali, pp. 191, € 18,99, Liguori, Napoli 2011 Marco Imarisio, La ferita. Il sogno infranto dei no global italiani, pp 190, € 14, Feltrinelli, Milano 2011 Christian Mirra, quella notte alla diaz. una cronaca del G8 a Genova, pp. 81, € 16, Guanda, Milano 2010 Scuola Diaz: vergogna di stato. L'atto d'ac- cusa del PM alla polizia sull'assalto alla Diaz al G8 di Genova, a cura di Checchino Anto- nini, Francesco Barilli e Dario Rossi, pp. 200, €16, Edizioni Ale gre, Roma 2009 Lorenzo Guadagnucci, Noi della Diaz. La "notte dei manganelli" al G8 di genova. una democrazia umiliata. tutte le verità sui pro- cessi, pp. 197, € 12, Terre di Mezzo, Milano 2008 li da sollevare indignazione di media e governi in tutta Europa (anche perché molte delle vittime di queste forme di viltà repressiva erano di nazionalità straniera). Resta tuttora da chiarire il ruolo e l'esat- ta collocazione fisica dell'allora vice presidente del consiglio, Gianfranco Fini, nel corso di tali eventi. Che possono essere variamente giudi- cati, a seconda dei punti di vista; ma, come disse una volta il senatore e so- ciologo statunitense Daniel Moyni- han, "Ciascuno ha diritto alle proprie opinioni, ma non ai propri fatti". Ora, quei fatti avrebbero dovuto rendere Gianni De Gennaro inido- neo a continuare a ricoprire la carica di capo della polizia e, dopo avere coordinato i servizi segreti, lo rendo- no ancor meno idoneo a esercitare una funzione di responsabilità politi- ca nei loro confronti. Non occorre invocare la condanna in Corte d'ap- pello, successivamente cassata dalla Suprema Corte, secondo cui l'allora capo della polizia avrebbe manipola- to la testimonianza del questore di Genova, Francesco Colucci, in un in- contro che, secondo lo stesso De Gennaro, aveva lo scopo di determi- nare la "consonanza per l'accerta- mento della verità" in sede proces- suale (cfr. il primo dei libri citati nel riquadro). Sono largamente suffi- cienti le responsabilità oggettive di chi deteneva la posizione apicale per la salvaguardia dell'ordine pubblico del paese riguardo a una débàcle poli- tica e morale nella gestione di un evento di risonanza mondiale. Gli atti di violenza istituzionale furono di na- tura tale da escludere sviluppi sponta- nei imputabili a livelli inferiori di re- sponsabilità. Ma ancor più grave è quanto avvenne e non avvenne in se- guito. Il fatto che nemmeno i respon- sabili condannati in giudizio siano stati sospesi dal servizio, che alcuni dirigenti coin- volti siano stati addirittura promossi, che siano sta- ti tollerati, se non incoraggiati, atteggiamenti omer- tosi nel corso dei processi, costituisce un'implicita ammissione di responsabilità per il proprio opera- to da parte di chi avrebbe potuto e non ha voluto diversamente operare. Ovvero il capo della polizia in carica. Ovvero Gianni De Gennaro. Tutto ciò con due aggravanti. La tendenza di- mostrata da Monti, in questa come in altre circo- stanze, di delegare ai tecnici ciò che risulta politi- camente insostenibile non è una sua prerogativa esclusiva. Ho accennato al non smentito ruolo di Fini quale nume tutelare delle vicende genovesi, ma non possiamo sottacere che De Gennaro fu nominato capo della polizia da un governo di centrosinistra - era questo forse il suo problema di fronte al secondo governo Berlusconi - e recu- perato successivamente come capo di gabinetto del ministro dell'Interno di un altro governo di centrosinistra. Si conferma dunque la responsabi- lità trasversale di una classe politica che, a secon- da dei casi (sta qui forse la differenza tra centro- destra e centrosinistra), non vuole o non osa as- serire valori costituzionali nell'ambito delle istitu- zioni a cui è preposta. Altrettanto preoccupante è il fatto che questi problemi, che esigono rapporti trasparenti tra po- tere politico e pubblica amministrazione in fatto di sicurezza, riaffiorino nel momento in cui occorre la massima vigilanza. Abbiamo già visto, in tempi non molto lontani, come attentati terroristici pos- sano stabilizzare poteri refrattari al cambiamento. E responsabilità del governo Monti vigilare e ope- rare perché ciò non avvenga. ■ g.gmigone@libero.it G.G. Migone è stato senatore (Pds e Ds) dal 1992 al 2001 e 0 • o io •io ^o fi 1 •o» e e co