L'INDICE 9 hbb dei libri del mese i^bi Nelle tre pagine che seguono, riflettiamo sul ruolo centrale di Francesco Cossiga nel processo di "disfacimento della democrazia italia- na", analizzato attraverso libri, commenti e i carteggi parzialmente inediti di Norberto Bobbio con l'allora Presidente della Repubblica. Il fallimento di una classe dirigente di Gian Giacomo Migone Sono svariate le ragioni che mi hanno spinto, in questo particolare momento, a consultare il car- teggio che Norberto Bobbio ha dedicato ai suoi rap- porti con Francesco Cossiga e che mi è stato messo a disposizione dal Centro Gobetti che ne è custode e dalla cortesia di Pietro Polito che lo ha riordinato. Colgo l'occasione per ringraziarli, insieme con la fa- miglia Bobbio che ha autorizzato "L'Indice" a pub- blicarne tre scritti. Si tratta di uno scambio di lette- re tra Cossiga e Bobbio, rispettivamente datate 23 e 26 marzo 1990, riguardo alla compatibilità tra il ruo- lo di magistrato e l'appartenenza alla massoneria; di un lungo articolo, datato "Pasqua 1991", riguardan- te l'associazione segreta Gladio e il presidente Cos- siga, inizialmente pensato per "La Stampa" di cui Bobbio era collaboratore abituale, poi inoltrato ad alcuni amici tra cui Euge- nio Garin (si veda a tal proposito Nor- berto Bobbio, Eugenio Garin, «Della stessa leva». Lettere (1942-1999), pp. 228, € 15, Aragno, 2011); infine, di una successiva lettera inedita, non spe- dita, diretta a Francesco Cossiga, allo- ra Presidente della Repubblica, datata 16 aprile 1991. Dai ricordi di numerose conversa- zioni con Bobbio in quegli anni oltre che dalla rilettura dei suoi scritti, ho tratto la convinzione che proprio dal suo conflitto con il Presidente della Repubblica allora in carica emerges- sero giudizi preziosi per la compren- sione della crisi della così detta Prima Repubblica, ma anche di quella tutto- ra in atto. Mi ha ulteriormente spinto in questo senso la lettura di un libro recente di Nando dalla Chiesa, colpi- to da un silenzio generalizzato, signi- ficativamente intitolato Lo statista. Francese Cossiga. Promemoria su un presidente eversivo (Melampo, 2011). Dalla Chiesa, sollecitato dal coro di elogi pressoché unanimi che ha cir- condato la morte di Cossiga, ha volu- to stendere, per l'appunto, un prome- moria sul carattere eversivo dell'ulti- ma fase della sua presidenza, in totale concordanza con i giudizi contenuti negli inediti di Bobbio e in successivi suoi scritti di pubblica ragione. Tutti gli scritti di Bobbio sono, pur nella loro chiarezza, ricchissimi di riferi- menti variegati e complessi. Tuttavia, dalla lettura dei documenti qui riporta- ti emergono tre questioni che, in ma- niera particolare hanno caratterizzato l'ultima fase della sua vita pubblica: la questione della segretezza in riferimen- to alle istituzioni repubblicane; quella delle limitazioni di sovranità riguardan- ti specificamente il nostro paese; infine, la qualità della sua classe dirigente. Ma procediamo con ordine, anche cronologico. Il primo scambio di co- municazioni tra Cossiga e Bobbio è netto nella sostanza, ma cordiale nella forma, con una sfumatura di deferenza dovuta da un uomo delle istituzioni al Presidente della Repubblica. Non si è ancora incrinato il suo rapporto con Cossiga, è nello scritto successivo che affermerà di avere conosciuto "un altro Cossiga, mi- te, garbato, riservato, ben consapevole della natura e dei limiti della sua funzione". Con ogni probabili- tà Cossiga, che in questa come in altre occasioni si autodefiniva cattolico liberale, ricercava nel laico Bobbio una sponda nello scontro in cui era impe- gnato all'interno del Consiglio superiore della magi- stratura ove, sulla spinta del caso della loggia P2, una maggioranza opponeva un principio di incom-' patibilità tra il giuramento massonico e quello di magistrato. Il filosofo del diritto liquida con una battuta l'aspetto giuridico della questione - "Vi- deant consules! " - ma sostiene con argomenti di or- dine storico ed etico l'incompatibilità con "gli arca- na imperii, ma anche con gli arcana... societatis! ". La cui condanna, in tutt'altro ambito, costituisce l'asse portante del suo giudizio su Gladio in quan- to, contrariamente a quanto affermato da Cossiga, Bobbio definisce "illegittima e illegale in tutti i sensi possibili che i giuristi danno a parole come 'legittimo' e 'legale'", salvo prove contrarie di cui constata l'assenza. Tutto ciò nel contesto di una durissima requisitoria in cui egli afferma che, se Cossiga "fosse quell'uomo retto che ostenta di es- sere, dovrebbe andarsene". Courtesy of Emiliano Ponzi per "TIME ASIA", novembre 2009 A questo punto occorrono alcune parole di chia- rimento di un contesto ormai lontano nel tempo per il quale consiglio vivamente la lettura del testo di Nando dalla Chiesa che opportunamente ante- pone a ciascun capitolo la citazione di uno o più ar- ticoli della Costituzione (come il secondo comma dell'articolo 18: "Sono proibite le associazioni se- grete e quelle che perseguono, anche indirettamen- te, scopi politici mediante organizzazioni di carat- tere militare"). E appena caduto il Muro di Berlino che suggella la distruzione del sistema di potere a guida sovietica, ma sconvolge anche l'Occidente e, in maniera particolare, quel paese segnato dalla presenza del suo più grande Partito comunista. Ciò che era impensabile in epoca di guerra fredda, una magistratura che persegue la corruzione politica italiana, da eventualità incombente si trasforma fi- no a determinare gradualmente l'esplosione del si- stema di potere governativo da cui il Partito comu- nista era stato escluso. L'Andreotti ministro della Difesa, garante degasperiano della Nato all'epoca del primo governo di centrosinistra, abile manipo- latore di una maggioranza governativa cui il Pei aveva offerto il proprio apporto, si trasforma nel- l'Andreotti che estrae, in maniera apparentemente inopinata, il dossier Gladio da un armadio di For- te Braschi. Si tratta dell'atto finale di una presa di distanza dal maggiore alleato iniziata con l'assassi- nio di Aldo Moro e proseguita con le vicissitudini del sequestro dell'Achil- le Lauro e di Sigonella. Un atto che Francesco Cossiga, per la sua forte identificazione con la politica prece- dente - che, con scandalo di Bobbio rivendicherà come un valore -, oltre che per sua inclinazione personale, percepirà come un attacco alla sua persona al punto da trasformare il blando e depresso Dottor Jekyll nel terrificante Mr. Hyde. Che il profes- sor Bobbio (e con lui milioni di citta- dini italiani di sentimenti democrati- ci) non gradisce affatto. Ancora una volta Bobbio segnala l'incompatibili- tà di un associazionismo segreto con il corretto funzionamento di istituzio- ni democratiche, foss'anche voluto e guidato dal nostro maggiore alleato. A questo proposito Bobbio, a partire dagli anni ottanta, sviluppò una sensi- bilità che ho visto gradualmente cre- scere nelle nostre conversazioni come nelle sue prese di posizione. Fu parti- colarmente colpito da un libro che mi chiese in prestito avendolo individua- to in casa mia (Claudio Gatti, Riman- ga tra noi, Leonardo, 1991). L'autore, ottimo giornalista di scuola america- na, aveva svolto un'inchiesta che do- cumentava in maniera puntuale sva- riate forme di intervento statunitense sul nostro territorio con l'intento di evitare l'accesso al governo del Pei anche dopo la sua rottura con Mosca, determinata dall'invasione della Ce- coslovacchia: obiettivo che, secondo diversi osservatori e studiosi, ispirava la costituzione di Gladio su suolo ita- liano e che, diventato obsoleto con la caduta del Muro, favorì la decisione di Andreotti e la conseguente, violen- ta reazione di Cossiga da Bobbio stig- matizzata nell'articolo non pubblica- to, successivamente ripresa in una conversazione telefonica (la lettera non spedita così inizia: "...Scusi la concitazione con cui Le ho parlato al telefono") e in una successione di edi- toriali pubblicati dalla "Stampa". Questi e altri scritti sono ispirati dalla nota e pervasiva visione pessimistica del fu- turo del paese, senza riferimenti generici al suo po- polo, ma anzi con una chiara chiamata in causa della sua classe dirigente. Egli conclude la stessa lettera, riferendosi a una disfatta o a un disfaci- mento di una democrazia "nata con tante speran- ze e dopo tanti lutti mezzo secolo fa" e che egli fa risalire al "fallimento di una classe dirigente, di cui faccio parte anch'io, e mi permetta di dirlo con franchezza, fa parte anche Lei". ■ g.gmigone®1ibero.it G.G. Migone è stato senatore Pds e Ds dal 1992 al 2001 ho CO co a • io tuo CO