; N. 11 Idei libri del meseI 44 •Kì SO O CQ Davide Toffolo, cinque allegri ragazzi morti, pp. 419, € 11,90, Coconino Press, Bologna 2011 La Coconino ha raccolto in un unico volume (collana "Omnibus") a prezzo economico, tutte le storie dei Cinque allegri ragazzi morti, metafora dell'adolescenza, da cui nasce l'omonimo gruppo musicale che ha come leader lo stesso autore del fumetto, Davide Toffolo. Con mano matura e abile Toffolo traccia il profilo dell'adolescente inquieto, in bilico tra la vita che conosce poco e nella quale non ha ancora trovato un ruolo e il desiderio della morte, come unica soluzione per far tacere l'ingombrante e prepotente senso di inadeguatezza di quegli anni di passaggio in cui definirsi è difficile, ma è di vitale importanza per i giovani. I cinque protagonisti delle storie di Toffolo sono Gianni "boy", il leader del gruppo, capelli lunghi, occhi truccati, desiderato da tutte le ragazzine, Mario "il sensibile", Sumo "l'affamato", Vasco "il coraggioso" e, infine, lo "sleepy", Sleepy, appunto. Sono loro a portarci in questo viaggio dai toni horror (genere amato dall'autore), in uno spazio e un tempo al confine tra la realtà e l'ignoto aldilà, a cui fa da ponte il sentimento dell'amore. A traghettarli in questo mondo è una donna, la bella e giovane strega Lidia, che toglie loro la vita e se ne impadronisce, controllando delle bamboline voodoo. Le regole per i morti viventi sono poche: nutrirsi di carne umana, non interferire nella vita dei vivi ma, soprattutto, non innamorarsi. "Cosa vuol dire innamorarsi?" chiede agli altri uno dei cinque allegri ragazzi morti. "Trovare un odore compatibile, sentire lo stomaco aggrovigliarsi? Comunque neanche quando ero vivo sapevo distinguere il vero amore dal resto". Poche righe di sole domande, quesiti importanti, interrogativi costanti e ripetuti all'infinito nell'adolescenza, che diventano maestri preziosi sulla strada verso la consapevolezza dell'età adulta. Ed è sempre Toffolo, più avanti nel fumetto, a lasciare alla bella strega Lidia il compito di indicare ai cinque giovani una via possibile verso la consapevolezza, indicata loro attraverso queste parole: "Prendete i feticci dei vostri corpi e sarete padroni del vostro destino". Manuela Adreani Pier Paolo Pasolini, La terra vista dalla Luna, a cura di Graziella Chiarcossi e Antonella Giordano, pp. 48, € 22, Polistampa, Firenze 2011 Qualche anno fa, nel 2002, il fumettista Davide Toffolo ha pubblicato un intenso dia-logo-favola-intervista post mortem con Pasolini in cui ripercorre con rigore e stralunata visionarietà la tragica parabola dell'auto- re di Ragazzi di vita e Accattone. Il Pasolini di Toffolo estrae a un certo punto da una cartella alcune tavole a fumetti e le presenta come la sceneggiatura in cartoon di uno dei suoi più giocosi e poeticamente mozartiani divertissements cinematografici: La Terra vista dalla Luna. I lettori di Toffolo, ben conoscendo la continua inversione di ruoli tra realtà e finzione, tra autobiografia intellettuale e fantasmagoria compiute dall'autore, potevano giustamente rimanere nel dubbio. Il Pasolini autore di fumetti era invenzione o cronaca? Questo dubbio viene sciolto ora dalla pubblicazione della "sceneggiatura a fumetti". Toffolo li aveva ridisegnati e non riprodotti, cosi come aveva ridisegnato Pasolini, è vero, ma l'originale esiste ed è una lettura davvero curiosa. Ispirandosi esplicitamente alle comiche di Charlot e ai tura, Pasolini dice ironicamente di avere ripescato "certe rozze qualità di pittore abbandonate", ma come sempre nelle sue opere più interessanti la cosiddetta cultura alta si fonde inestricabilmente con la cosiddetta bassa e tra le citazioni di sor Pampu-rio e Ridolini occhieggiano i gusti raffinatissimi del Pasolini che aveva studiato storia dell'arte con Roberto Longhi. Chiara Bongiovanni mente, l'occasione mancata di un autore di raccontare la propria storia, per quanto tragica e straziante, andando oltre quella modalità classica che ormai è caratteristica propria di un certo fumetto d'autore. DarkO Giorgio Scerbanenco, Le spie non devono amare (Garzanti) fumetti di Paperino, la sceneggiatura grafica di Pasolini con la surreale storia d'amore tra Ciancicato Miao e Assurdina Cai è inizialmente appena tratteggiata. Nelle prime pagine quasi non abbiamo i volti dei personaggi e Totò è ridotto ai soli riccioli rossi alla sor Pampurio che lo caratterizzeranno anche nel film. A poco a poco però, proseguendo nella lettura, ci accorgiamo che Pasolini ci prende gusto. Le tavole non sono più un semplice carnet di appunti elaborato per vignette, ma si trasformano in disegni a colori dal vago retrogusto espressionista. I paesaggi sono delineati con tratti colorati e il viso enigmatico di Silvana Mangano fiorisce sulla pagina come un'improvvisa citazione di Modigliani. In una lettera a Livio Garzanti a proposito di questa sceneggia- Étienne Schréder, Amare stagioni, ed. orig. 2008, trad. dal francese di Giuseppe Peruzzo, pp. 226, €22,90, Q Press, Torino 2011 È l'annosa questione del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Mai come in questo caso il termine di paragone è calzante, per non dire ironico, poiché il graphic novel di Étienne Schréder (classe 1950, di origini belghe, "debuttante" a quaran-t'anni) parla di alcolismo. Un'autobiografia vibrante su una porzione di vita dello stesso Schréder, che, attraverso un segno grafico essenziale e d'atmosfera, tradisce un'urgenza narrativa che traspare in molte delle tavole in un bianco e nero frettolosamente tratteggiato. Una discesa in un abisso che l'autore ha visto e toccato da vicino, prediligendo nella narrazione l'aspetto realistico della faccenda a quello psichedelico o lisérgico che il tema avrebbe potuto senz'altro suggerire. Non ci si aspetti quindi evoluzioni grafiche a simulacro di mondi interiori esasperati dall'ebrezza dell'alcol, né immaginari visivi folli incastrati nella realtà amorfa del protagonista. Il narratore ci racconta la storia, secca, placida, senza orpelli e ce la mostra cruda ed essenziale. Verrebbe da pensare: peccato. Perché, sebbene la narrazione lineare renda tutto più fluido e consistente, il linguaggio del fumetto avrebbe forse permesso qualche azzardo in più e reso il racconto assolutamente coerente con il medium usato. La vicenda si snoda tra la Francia e il Belgio, è narrata in prima persona e dà il meglio di sé laddove la storia diventa più on the road: qui vengono fuori compagni di viaggio tridimensionali che danno vita a dialoghi per nulla scontati che ci fanno dimenticare una voce narrante spesso troppo ingombrante e cupa. L'annosa questione di cui sopra è quindi vivamente riproposta. Mezzo vuoto o mezzo pieno? Amare stagioni può essere visto da angolazioni e prospettive differenti e sembrare allo stesso tempo una "pietra miliare della graphic novel autobiografica" - dalla prefazione di Frangois Schuiten - o, banal- Pierre Henri e Louis Alloing, Dentro la setta, ed. orig. 2005, trad. dal francese di Ilaria Marchi, postfaz. di Simonetta Po, pp. 93, € 14,50, Coniglio, Roma 2011 Comincia con una fuga la storia di Marion, una corsa frenetica per raggiungere il treno che riporterà finalmente la protagonista a casa. Ma da cosa sta scappando? Da una setta, anzi dalla Setta; perché la chiesa di Scientology è una setta a tutti gli effetti. Pierre Henri e Louis Alloing utilizzano la vicenda personale di Marion, donna un po' instabile ed emotivamente fragile, per raccontare come i neofiti sono selezionati, inquadrati nell'organizzazione per poi essere integrati completamente nella fitta rete di gerarchie di cui la chiesa è composta. Marion viene introdotta nella chiesa più eoo/rieI momento dal suo amico Raphael. All'inizio, quello che la spinge a frequentare le sedute di terapia spirituale è la possibilità di far parte di un gruppo e la speranza di trovare delle risposte per gli sbagli che continua a commettere. Dopo soli cinque mesi, Marion viene reclutata per completare la sua formazione in Danimarca e diventare membro effettivo degli "scientologhi professionisti". Arrivata a Copenaghen, la situazione non è esattamente quella sperata: la giornata è basata sull'esercizio fisico, il lavoro gratuito per ristrutturare stabili di proprietà dell'organizzazione e, ovviamente, l'assidua frequentazione dei corsi di Dianetica (D/'a-netics indica l'insieme di idee e di procedure che concernono io spirito, la mente e il corpo elaborate da Ron Hubbard, fondatore di Scientology). L'intento è quello di fiaccare fisicamente i membri della chiesa per non permetter loro di pensare. Marion continuerà a ricevere intimidazioni anche molti anni dopo aver lasciato la setta; la minaccia è la tecnica usata per dissuadere gli ex adepti a intraprendere azioni legali nei confronti dell'organizzazione. L'opera è scorrevole nonostante risultino un po' confusi certi passaggi. Gli autori utilizzano il flashback come tecnica narrativa e il blu e il nero come unici colori dei disegni. Interessante anche la postfazione di Simonetta Po sulla storia della chiesa di Scientology in Italia. L'opera pubblicata da Coniglio editore e tradotta da Ilaria Marchi è un bell'esempio di come sia possibile affrontare argomenti così seri con un mezzo immediato e diretto quale la letteratura disegnata. Alice Giulia Urso Ludovic Debeurme, RENÉE, ed. orig. 2011, trad. dal francese di Francesca Scala, pp. 464, € 29, Coconino Press, Bologna 2011 Nel 2006 Ludovic Debeurme ci ha raccontato la storia di Lucilie (Lucilie, Coconino Press, 2008), una ragazza introversa, ferita dalla fuga improvvisa del padre e soffocata dalla presenza di una madre troppo invadente, che scivola lentamente nelle trame dell'anoressia. Nel contempo ci ha presentato Arthur, un ragazzo solitario e violento, profondamente segnato dal suicidio del padre e in fuga dai fantasmi psicogenealogici. Debeurme ciba rivelato come l'incontro tra Lucilie e Arthur fosse destinato a cambiare le loro vite e come questi ragazzi persi si sono ritrovati adulti, pieni di amore, gioia e speranza. Ma alla fine, purtroppo, Debeurme ci ha detto come il dramma è tornato a condannare le loro esistenza attraverso il corpo di Lucilie e l'ira di Arthur. E poi... niente. Dal 2006, Debeurme non ci ha più raccontato niente, lasciandoci il sapore di un amaro crepuscolo dei suoi protagonisti. A cinque anni di distanza esce ora Renée, il sequel tanto atteso. Lucilie, salvata dall'anoressia, è tornata a casa dalla madre. La sofferenza per la mancanza della figura paterna si replica nell'assenza di Arthur, costretto tra le mura di una prigione. Le loro storie si intessono con quella di Reneé, una ragazza tormentata dai dolori di un'infanzia violata che si condanna alla lacerante relazione con un uomo sposato che non potrà mai avere al suo fianco. Il linguaggio è ora crudo, ora poetico. Le parole sono scelte con assoluta precisione, soprattutto quando sono chiamate a dare voce ai turbamenti dell'inconscio. Temi forti, dunque, ma trattati con tanta discrezione e scrupolo. Lungi dal cadere nel patetismo, Debeurme si concentra sull'intimità dei suoi personaggi, rubricando dubbi, paure, rabbie, ma anche speranze, forza e calore. Lautore si serve di quasi cinquecento pagine per dare spazio e tempo alle emozioni, così che possano conquistarsi la dignità del racconto. I disegni non vengono neppure incasellati e soffocati in griglie. A volte, una o due figure occupano una piccola porzione di una sola pagina lasciando ampi spazi bianchi. Questo espediente concede aria per far respirare immagini di intensa complessità emotiva. Certamente, rispetto al precedente lavoro, in Renée i disegni si fanno più allegorici e ricchi di dettagli significanti. Le sequenze oniriche sono più evidenti, quasi a prendersi lo spazio del reale, anzi, intrecciandosi a esso. Debeurme allestisce un bestiario di volti congelati in smorfie e di corpi deformi che riflettono i turbamenti interiori, quasi una tassonomia di neoplasie di alterazioni psichiche. Esplora le nostre rughe e le nostre pieghe per indagare come si manifestano esteriormente i nostri tabù, le nostre nevrosi, il nostro rapporto con la morte e con gli altri. Per certi versi ricorda le grottesche bizzarrie dei quadri di Hieronymus Bosch o l'assurdità del reale di Roland Topor, ma non c'è mai giudizio o ironia, solo una fredda e chirurgica rappresentazione dei destini. Il percorso, come detto, è impegnativo e qualche volta provoca repulsione. Non vi è in Debeurme alcun desiderio di piacere, ma di esprimere il proprio pensiero e di generare domande. Con una nota positiva, infine, che non è così scontata: alla fine c'è speranza. Emiliano Fasano