I privilegi di casta più insidiosi non sono quelli materiali, ma l'esclusione dalla nomale condizione dei cittadini Non di solo denaro sono imbottite le poltrone di Gian Giacomo Migone o • «1 so • IO ^o £ Cari "Espresso", Stella, Rizzo, Travaglio e tutti coloro che hanno svolto una meritoria denuncia dei privilegi della casta politica di cui, in maniera intermittente, ho fatto parte e, in quanto beneficiario di un vitalizio di circa 4.000 euro e di un'apposita mutua, faccio tuttora parte. Tutte utili e necessarie, le denuncie di macchine blu, voli di stato, prebende e privilegi, anche se manca quella cruciale. Vi è sfuggita la manipolazione di poteri, a scapito di un corretto funzionamento delle istituzioni, che sottende quel sistema nel suo insieme. Ne risultano lesi la politica democratica, come prevista dalla Costituzione, oltre che i conti dello stato; il cittadino-elettore oltre che il cittadino-contribuente. Ogni sforzo di riforma resterebbe monco, oltre che esposto alla pur strumentale accusa di demagogia da parte di coloro che difendono l'esistente, se non affrontasse l'uno e l'altro aspetto. Quando, nella primavera del 1992, assunsi le funzioni di senatore della Repubblica - destinate a durare fino al 2001 - ebbi l'immediata sensazione che uno dei momenti salienti del mio battesimo di fuoco fosse il colloquio, apparentemente banale, con un bonario impiegato del cosiddetto ufficio competenze di quel ramo del Parlamento. Egli mi elencò stipendio, diaria, persone a mia disposizione, rimborsi forfettari, vitalizio, indennità di buona uscita, assicurazioni, rimborsi di mutua, mensa di alto livello pressoché gratuita, viaggi, cinema, partite di calcio pure gratuiti, cui avevo acquisito diritto. Tra l'altro capii che questa frammentazione dei benefici materiali aveva lo scopo di contenere la voce "stipendio" che, se omnicomprensiva, avrebbe reso trasparente l'effettiva consistenza della retribuzione di cui avrei goduto in quanto membro del Parlamento. A questi vantaggi materiali, attenuati dal versamento ai gruppi di sinistra di una congrua percentuale degli introiti (non è vero che siamo tutti eguali), se ne aggiungevano altri che potremmo definire psicologici e istituzionali e che arrivai a cogliere nel corso della legislatura. Privilegi che potremmo definire di status e che andavano oltre il giusto rispetto dovuto a un rappresentante del popolo: il titolo di onorevole, destinato a durare oltre la cessazione della carica; il tesserino blu, sostitutivo vita naturai durante della fatidica frase: "Lei non sa chi sono io!"; una sorta di disponibilità formale da parte di funzionari parlamentari e ministeriali, non di rado inversamente proporzionale al potere effettivamente esercitato da parte del parlamentare medesimo; un'attenzione eccessiva prestata ai suoi capricci e alle sue esigenze inerenti al collegio di provenienza o, addirittura, di ordine personale e familiare. Ovviamente, tutto ciò somministrato secondo la sensibilità degli interlocutori, non di rado persone integerrime che con cortesia invece aiutavano e tuttora aiutano il parlamentare a svolgere i propri compiti nei limiti consentiti dalle leggi e dai regolamenti vigenti, anche se la tendenza dominante risultava eccessiva al confronto con strutture parlamentari di altri paesi democraticamente più evoluti. Non ultima, una sorta di atmosfera esclusiva di stampo ottocentesco, tipica di certi circoli maschili di origine anglosassone, che faceva pronunciare al neosenatore a vita Gianni Agnelli l'or- mai famosa anche se poco citata battuta: "Mi sembra un ottimo club. Soltanto mi sorprende che, anziché pagare la quota associativa, i soci vengano retribuiti". L'obiezione è ovvia - sono pochi i senatori a godere della condizione materiale in cui si sono trovati ben tre membri di quella famiglia: Giovanni, Umberto e Gianni - e serve, ma soltanto in parte, a giustificare il meccanismo retributivo che sorprendeva e poco interessava a chi pronunciò la battuta in questione. Tuttavia resta l'aura di seduzione, non soltanto materiale, che il Parlamento esercita su chi entra a farne parte. La semplice parola "eletto", pur tecnicamente appropriata, assume un significato ambivalente, non del tutto compatibile con il ruolo e la funzione di rappresentante del popolo previsti da una costituzione democratica. Tuttavia, i privilegi che definirei più dannosi non erano e non sono quelli materiali, pur accresciuti Franco Matticchio, Sparadrap (2006) oltre misura, a cui è rivolta l'attenzione della pubblica opinione e dei giornalisti che la sollecitano. Nemmeno quelli che ho definito di status, cui pure sono strettamente imparentati. Si tratta, invece, di quei privilegi che, per la durata del loro mandato (e, in taluni casi, oltre) sottraggono i detentori di una responsabilità istituzionale - mi riferisco ai parlamentari, perché quella è la condizione che ho assaporato, anche se sono geometricamente crescenti in proporzione al livello di responsabilità governativa - alla normale condizione in cui versano i cittadini che essi sono chiamati a rappresentare. Mi spiego con degli esempi di rilevanza crescente. Chi deve prendere un ascensore in un ufficio pubblico deve aspettarlo a lungo, non di rado è fuori uso, non vi trova scritto "riservato" alla categoria privilegiata cui appartiene. Chi deve spedire una raccomandata deve fare i conti con una lunga coda, trova un impiegato spesso di cattivo umore e che, alla fine dell'attesa, non di rado comunica che lo sportello ormai è chiuso. Non trova orari d'ufficio adattati alle sue esigenze, con impiegati solerti, soprattutto non può mandarvi la propria segretaria. Chi si reca in banca non usufruisce di due dei quattro sportelli a lei o a lui riservati. Se di sesso maschile, quando deve tagliarsi i capelli, non trova un barbiere immediatamente disponibile. Quando compila la propria dichiarazione di redditi deve rivolgersi a un commercialista di costo proporzionato alle sue esigenze; non dispone gratuitamente di un personale dei più qualificati, disposto quanto un dipendente dello studio Tremonti, o altri di pari livello, a suggerire tutte le possibili scappatoie che la legislazione consente per salvaguardare i propri interessi privati. Se bisognoso di cure, non usufruisce di un ambulatorio sul proprio posto di lavoro, solerte nel far fronte a ogni suo malore, piccolo o grande che sia. Soprattutto, in casi più gravi, non viene ricoverato in tempi rapidi, non viene curato dal medico o dal chirurgo da lui prescelto in una clinica privata, con il solo onere del 10 per cento dei costi sostenuti dalla sua mutua. Se di rango superiore, non un semplice peone, il privilegiato trova anche una macchina blu a sua dis- posizione, con un autista professionalmente di buon umore e che non sindaca sulla natura istituzionale della sua destinazione. Se, invece, acquisisce il diritto alla scorta incorre certamente in un debito nei confronti di chi ne valuta l'opportunità ma, oltre allo status symbol e alla protezione dell' incolumità della sua persona, può anche godere di un supporto alle proprie esigenze minute, non sempre in sintonia con le regole del vivere civile. Né il cittadino comune, che non sia un nababbo, può servirsi di segretari, autisti, personale di scorta che, al di là del proprio contratto di lavoro, condividono in misura minore i privilegi che contribuiscono a erogare e della cui utilità, salvo eccezioni, sono o gradualmente diventano i più convinti assertori. I questori parlamentari, cui spetta la gestione amministrativa dei due rami del Parlamento, in difesa dalle critiche montanti sui costi complessivi inerenti alle persone dei singoli parlamentari, hanno citato uno studio comparato che dimostrerebbe come quelli degli italiani siano sensibilmente inferiori a quelli erogati a favore dei loro colleghi, ad esempio tedeschi e, soprattutto, statunitensi. Non ho avuto modo di verificare la veridicità di questi dati che, a prima vista, mi sembrano del tutto plausibili. Nel commentarli i questori avrebbero però dovuto precisare che, negli altri paesi menzionati; tali costi sono soltanto in piccola parte attribuibili a benefici alla persona e accompagnati da personale solitamente dipendente dal Parlamento medesimo. Questo personale viene invece selezionato sulla base di criteri di competenza e di merito, raramente prescelto dallo stesso parlamentare o dal suo gruppo di appartenenza. Suo scopo è quello di accrescere l'efficacia operativa del parlamentare e, soprattutto per quanto riguarda il Congresso degli Stati Uniti, il livello di conoscenze inerenti alle sue decisioni, allo scopo di rafforzarne l'indipendenza di giudizio nei confronti dell'esecutivo in carica, ma anche nei confronti del suo partito e del suo gruppo. Si pone, insomma, un problema di allocazione, prima ancora che di entità, della spesa.