2 [[INDICE c * bhdei libri del mese ■■ VILLAGGIO GLOBALE da BUENOS AIRES Francesca Ambrogetti La passione per il calcio e l'amicizia: su questi due sentimenti, che a tratti si con- fondono e diventano una sola cosa, è im- perniato uno dei libri di maggior succes- so in questo periodo estivo nell'emisfero australe. Papeles al viento, dello scrittore argentino Eduardo Sacheri, racconta la storia di quattro amici sorpresi dalla morte di uno di loro che aveva speso fino all'ultimo centesimo nell'acquisto di un calciatore. Una giovane promessa che non riesce a emergere. Per garantire un futuro alla figlia dell'amico scomparso i tre sopravvissuti si introducono nel diffi- cile mondo del mercato del calcio e ten- tano tutte le strade, anche le più impen- ste, per far salire la quotazione del gioca- tore. I protagonisti conquistano il lettore fin dalle prime pagine per l'ingenuità e l'impegno con cui, ognuno a modo suo, affrontano il problema. E, contro ogni previsione, riescono a risolverlo. Alla fine la forza della vita riesce ad avere la me- glio sulla tristezza della morte e l'amore e 2 buon umore sconfiggono il dolore. Un libro ottimista e divertente, pieno di ri- flessioni filosofiche sotto forma di meta- fore calcistiche. Eduardo Sacheri, autore di saggi, libri di racconti e vari romanzi di successo, è diventato particolarmente noto quando uno dei suoi libri, La pre- gunta de sus ojos, è stato portato al cine- ma con il titolo El secreto de sus ojos e ha vinto nel 2010 l'Oscar al miglior film straniero. Anche in questo romanzo il calcio, onnipresente nelle opere dell'au- tore, ha un ruolo importante, e una delle scene più belle del film si svolge in cam- po da gioco. da NEW DELHI Silvia Annavini Come ha scritto una volta Naipul, l'in- dipendenza in India arrivò come una sorta di rivoluzione e, bisognerebbe ag- giungere, con una forte ventata di ambi- guità, come del resto rappresentò Rush- die nella sua cesellatura metaforica di Midnight's Children. L'ultimo libro di Aatish Taseer ha un titolo certamente in- trigante, Noon (Fourth Estate, 2011), ov- vero, "mezzogiorno", che sembra ap- punto voler evocare e, allo stesso tempo, rovesciare questa temporalità sigillata in un simbolismo anacronistico. Ma l'auto- re non si propone soltanto la ricerca di una prospettiva controstoricista, quanto piuttosto di far risplendere alla luce co- cente dell'autoevidenza i dettagli e le contraddizioni di quello spettro variega- to che è l'organismo etnico indiano. Co- me Taseer, Rehan Tabassum è figlio di una fugace relazione fra un'agiata sikh e un imprenditore musulmano del Punjab pakistano. Il romanzo prende avvio pro- prio dal viaggio in treno intrapreso dal protagonista alla volta della città imma- ginaria di Port bin Qasim per conoscere il padre. Durante il tragitto si imbatte in uno sconosciuto che apre una digressio- ne accorata sul terremoto nella Jhelum Valley in cui perse il padre: una narra- zione nella narrazione che sembra ri- spondere a una sorta di disegno allegori- co. La figura del padre appare infatti de- stinata a essere edipicamente soppressa, come riveleranno le sezioni dedicate al- l'infanzia e al rapporto del protagonista con la madre e la nonna nonché al per- sonaggio del patrigno, immagine a tutto tondo - forse l'unica - del self made man arricchitosi con l'arrivo in India della Coca Cola e di Mtv. La narrazione si spande disordinatamente dal 1985 al 2011. Un furto nella residenza materna scandaglia i delicati rapporti di subalter- nità domestica lasciando intravedere una capitale dominata ancora da una borghe- sia per così dire "rurale", mentre la se- zione dedicata all'affresco della cerchia paterna getta luce sull'ipocrisia, la sotti- gliezza e la violenza scandite dai rappor- ti familiari della nuova classe imprendi- toriale, implicati in moderne, tecnologiz- zate e meschine dinamiche dinastiche, rappresentazioni in miniatura di un si- stema di ostruzione e di oppressione che non si annida solo presso i confini incer- ti del subcontinente, ma che lo percorro- no in lungo e in largo fino all'angolo più remoto. Probabilmente il cortocircuito generato dalla contiguità fra autobiogra- fismo e fiction (il padre di Taseer, gover- natore di una provincia del Punjab paki- stano, è stato ucciso circa un anno fa e suo fratello rapito poco dopo) ha fatto sì che il romanzo godesse anticipatamente di aspettative politiche che il testo, però, disattende. L'aspetto, invece, più riuscito nel suo intento polemico è la narrazione dettagliata delle frizioni fra nuovi ricchi e vecchie élite, la parabola del loro falli- mento all'interno del dispositivo sociale ma, soprattutto, le panoramiche su una Delhi a tutt'oggi infestata dai privilegi del potere e immortalata nelle oziose se- rate dei golf club, infiacchita da diplo- matici e colonizzata nella sua appendice meridionale dai nuovi ricchi, che trova tuttavia nel romanzo di Taseer una dis- taccata ma convincente celebrazione. da NEW YORK Alfredo Ilardi Nel settore delle relazioni internazio- nali, il volume di Henry Kissinger, On China (Penguin Press) è il ponderato consuntivo della "realpolitik" del suo au- tore. Se la presidenza di Richard Nixon è ricordata per il Watergate, spesso si di- mentica che segnò anche 'l'inizio delle relazioni Usa-Cina e Kissinger, come se- gretario di stato, ne è stato l'assiduo tes- sitore. Il libro si impone per una visione pragmatica della convergenza d'interessi di Washington e Pechino, prima in fun- zione anti sovietica e poi, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, come due giganti sempre più economicamente dipendenti. Dopo l'I 1 settembre 2001, la protezione degli Stati Uniti dalla minaccia del terro- rismo è un tema di ricorrente attualità e una costante preoccupazione delle am- ministrazioni in carica, con uno sviluppo esponenziale di operazioni destinate a restare segrete. Due giornalisti, Diana Priest e William M. Arkin, con Top Secret America. The Rise of the New American Security State (Little Brown and Com- pany), si sono avventurati nel sottobosco di questo mondo invisibile e hanno cer- cato di disegnarne la mappa. Emerge da questa indagine coraggiosa un'inquietan- te realtà, che ha tutte le sinistre caratteri- stiche di uno "stato nello stato". Andan- do indietro di un secolo, un pacco di let- tere ritrovate casualmente offre lo spun- to a Dorothy Wickenden, in Nothing Daunted. The Unexpected Education of Two Society Girls in the West (Simon & Schuster), di far rivivere la decisione di due giovani laureate all'esclusivo Smith College di abbandonare la buona società di Auburn, New York, sulla costa Est, per trasferirsi nel selvaggio West. Il libro è la ricostruzione attenta e affettuosa del lungo viaggio, in treno, in carro e a ca- vallo, che le due giovani donne affronta- rono nell'estate del 1916 per raggiungere il loro posto di insegnanti e della loro permanenza tra cowboy e minatori in uno sperduto posto di frontiera nel Nord-Ovest del Colorado: un mondo de- stinato a sparire con la prima guerra mondiale per entrare poi nella leggenda. La pubblicazione della corrispondenza di uno scrittore è un'occasione privile- giata per confrontare l'autore con la sua opera. Quando la corrispondenza è del più incontornabile poeta di lingua ingle- se del Novecento (The Letters of T. S. Eliot. 1898-1925, Yale), il "grande fab- bro", come lo definì Ezra Pound, l'occa- sione è carica di aspettative. Tuttavia, i due volumi, curati tra l'altro dall'ultima moglie Valerie, pur coprendo il periodo più creativo di Eliot (Prufrock, 1917; The Waste Land, 1922), non contengono rive- lazioni letterarie sorprendenti, ma offro- no sul piano umano un profilo inedito e gustoso di questo compunto impiegato di banca, sommerso da minuzie ammini- strative, scadenze e impegni sociali che sembrano trovare la loro sintesi nel fa- moso verso: "Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè". da LONDRA Florian Mussgnug Pubblicizzata in tutta Europa, la retro- spettiva su Leonardo alla National Gal- lery continua ad attirare masse di spetta- tori. Esaurita da settimane la prevendita dei biglietti, i volenterosi si mettono in fila alle sei del mattino sperando di ag- giudicarsi uno dei cinquecento biglietti messi in vendita ogni giorno. Intanto, qualche centinaio di metri più-in là, alla Royal Academy, i biglietti per la nuova mostra su David Hockney vanno a ruba. Ma qual è il segreto di tanto successo? Il semplice numero di musei e gallerie che adornano Londra, senza pari nel mondo, può essere una spiegazione. Ma il suc- cesso delle mostre londinesi ha a che fa- re anche con l'arte della curatela, l'abili- tà di creare spazi ed eventi memorabili. Prendiamo, ad esempio, una recente e fortunata mostra alla Tate Britain. John Martin, pittore romantico inglese specia- lizzato in incisioni e grandi tele su temi religiosi, non sembra l'artista più adatto ad attirare le masse. Ma come non la- sciarsi invitare dai colori squillanti e leg- germente inquietanti degli enormi po- ster che reclamizzano l'evento, arguta- mente intitolato: John Martin: Apocalyp- se? In un'epoca in cui il cinema di cas- setta attinge all'apocalissi, la pittura di un artista di disastri biblici sembra più attuale che mai. E il curatore Martin Myrone ce lo dimostra, presentando la mostra in uno spettacolare allestimento di luci e suoni, proiezioni di vecchi film apocalittici, una sessione con 2 popola- rissimo scrittore Will Self e corredando- la persino di un blog, in cui gli spettato- ri possono comporre collettivamente una narrazione interattiva su temi apoca- littici. La mostra Postmodernism: Style and Suhversion 1970-1990, allestita al Victoria and Albert Museum, offre un esempio diverso di curatela riuscita. Di nuovo, l'impatto meramente visivo della mostra è difficile da battere. Passeggian- do tra abiti firmati illuminati al neon, ri- costruzioni in scala reale di edifici post- moderni e giganteschi schermi che proiettano video musicali degli anni ot- tanta, lo spettatore trova difficile resiste- re al fascino del design postmoderno, per quanto scettico possa essere sul suo credo consumistico. Si riconosce lo stile riuscito e ormai familiare del museo: le grandi mostre che ricostruiscono un'e- poca sono diventate un marchio di fab- brica del Victoria and Albert, almeno a partire dalla celebre mostra sull'Art Nouveau allestita nel 2000. Esportate in tutto il mondo, tali mostre sono diventa- te la fonte di guadagno principale del museo e rendono possibile, anche in tempi di crisi finanziaria, l'ingresso gra- tuito alle collezioni permanenti. Come è gratuito l'ingresso al British Museum, al- la National Gallery e a tutti i principali musei della città. Una delle grandi glorie di Londra. Refusarlo Sul numero delTTndice" di gennaio • a p. 11 abbiamo sbagliato la didascalia delle opere di Eugenio Comencini che sono Vigna Rionda e Monfalletto e non Villa Rionda e Villa Monfalletto come er- roneamente scritto • a p. 32 il nome del recensore Adolfo Mi- gnemi è comparso per errore con una vo- cale sbagliata (Migmemi) • a p. 37 nel testo recensorio di Paolo Vi- neis compare un'errata grafia del nome di Montesquieu, con l'omissione della prima u • a p. 37 di questo numero la numerazione della rubrica Camminar guardando è 19, mentre quella precedente di dicembre era 17. Abbiamo volutamente saltato il numero 18 perché in precedenza aveva- mo ripetuto per errore il numero 15. Da ora in avanti seguiremo in modo ligio una numerazione crescente e senza salti. Ce ne scusiamo con lettori, autori e recensori.