n T « L'WP!£E ^ VILLAGGIO GLOBALE da BUENOS AIRES Francesca Ambrogetti Doveva essere un omaggio per i suoi cento anni, ma Emesto Sabato è scomparso poco prima di compierli, e la versione aggiornata della sua biografia scritta nel 1997 dalla giornalista Julia Constenla è stata pubblicata subito dopo la morte dello scrittore, avvenuta il 30 aprile di quest'anno. Sabato, uno dei grandi nomi della letteratura latinoamericana del secolo scorso, era nato a Buenos Aires il 24 giugno 1911. Amica di famiglia, la biografa gli è stata vicina fino alla fine e conosceva come pochi il percorso vitale dell'autore di Sopra eroi e tombe. Nel suo libro, Sabato, el hombre, Julia Constenla non parla se non di sfuggita dell'opera letteraria di Sabato, ma racconta le vicende dello scrittore e il suo tempo in modo tale da consentire di capire meglio il suo straordinario lascito. Quella che l'autrice ha definito nel sottotitolo la "biografia definitiva" di Sabato si dilunga sulle origini calabresi della famiglia, suoi difficili rapporti con il padre e la meravigliosa intesa con la madre e sull'inizio di quella che sembrava una promettente carriera scientifica. Interrotta per sempre dalla scoperta della letteratura come la migliore possibilità di espressione, una passione che negli ultimi anni della sua vita ha poi abbandonato per la pittura. Dal ritratto di Julia Constenla emerge la figura di un uomo che ha sempre scritto tormentato dai suoi fantasmi e poi da due tragedie, una personale e una collettiva. L'autrice dedica un lungo capitolo all'esperienza di Sabato come presidente della commissione nominata dal primo governo democratico dopo la dittatura militare degli anni settanta per indagare sulle violazioni dei diritti umani durante quel periodo buio della storia argentina. Quando presentò il rapporto "Nunca Mas" (Mai più) sugli orrori della repressione disse che per lui era stata "una discesa all'inferno". Julia Constenla racconta poi l'immenso dolore dello scrittore per la morte di Jorge, il maggiore dei suoi due figli. E la sofferenza per la lunga malattia della moglie Matilde, alla quale era molto legato nonostante le numerose infedeltà. Il libro descrive accuratamente i luoghi della vita dell'autore, dal minuscolo appartamento dove andò ad abitare dopo il matrimonio, alla capanna dove si rinchiuse per mesi per scrivere il primo libro, alla casa dove ha trascorso gli ultimi anni. Parla dell'impegno politico, dei viaggi, delle amicizie, degli amori e dell'umorismo di Sabato, un aspetto poco conosciuto della sua personalità. Include, infine, la corrispondenza con alcuni noti scrittori, tra cui Umberto Eco, Julio Cortàzar, Carlos Fuentes, e un interessante scambio di lettere subito dopo la rivoluzione cubana con un altro Ernesto famoso nel mondo, il Che Guevara. da BERLINO Irene Fantappiè Il premio letterario più importante di tutta l'area di lingua tedesca, il Buchner-Preis, in passato conferito a grandi nomi come Gottfried Benn, Gùnther Grass, Paul Celan, H. M. Enzensberger, Ingeborg Bachmann, Christa Wolf, è stato assegnato quest'anno a Friedrich Christian Delius. Sulle pagine dei maggiori quotidiani e dei siti letterari non sono mancate le polemiche, che non si appuntavano però sui retroscena politico-salottieri del premio né tanto meno sulle case editrici più o meno capaci di "spingere" i loro autori fino alla gloria e al cospicuo assegno. Non si è trattato neppure di polemiche sull'autore: Delius è bravissimo, come ammettono anche i più scettici, ma in Germania da tempo, ormai, sono lontani gli anni in cui i nomi come Boll mettevano a tacere tutti, e allora abbiamo ancora bisogno di incoronare un vate durante una cena di gala? Ci si divide tra chi invidia l'insindacabile autorevolezza delle accademie letterarie francesi, che quando consacrano consacrano davvero (e offrono tartine migliori), e chi vorrebbe iniziare a premiare non più i nomi ma i progetti o i quartieri. Ma torniamo a Delius. Classe 1943, Delius è nato a Roma dove il padre era pastore evangelico ed è poi tornato a vivere in Germania. Dopo il dottorato in ger- manistica e l'attività editoriale presso Wagen-bach e Rowohlt è diventato scrittore a tempo pieno di romanzi e racconti. Vive tra Roma e Berlino. Celebri i suoi La domenica che vinsi i mondiali, Ritratto della madre da giovane, Il mio anno da assassino, tradotti anche in italiano. Meglio però celebrare il riconoscimento conferito a Delius ricordando un suo lavoro meno famoso, uno dei primi pubblicati, ignoto ai lettori italiani: Wir Unternehmer (Noi imprenditori) del 1966. Delius si è dato la pena di leggere le cinquecento pagine di verbale stilato durante la riunione degli imprenditori del partito di centrodestra tedesco, la Cdu/Csu, ne ha tagliato i quattro quinti e, senza aggiungere ima sola parola (esclusa qualche frase di giuntura in corsivo), l'ha trasformato in un poema in versi. Delius ha solo tagliato il testo e inserito i capoversi: l'ordine dei materiali è rimasto lo stesso. Ne è nato un florilegio fatto da un autore tanto parziale quanto silenzioso. Il suo proposito è rendere l'immagine che quegli imprenditori hanno di loro stessi, condensare il "sedimento politico" presente nelle loro parole. Citarli, significa costringerli a dire la verità. Nell'introduzione Delius cita Martin Walser: "Anche chi usa la lingua per nascondere rivela quel che vuole nascondere". La sua critica è in primo luogo linguistica, o comunque è politica solo nella misura in cui la decadenza della lingua è la decadenza dell'essere umano. Perché non è un caso, scrive Delius, che "una 'politica senza ragione' e una lingua di questo genere procedano tenendosi per mano. Questa politica ha bisogno di questa lingua, che serve all'occultamento, alla dissimulazione, all'illusione". da LONDRA Simona Corso Dopo il successo di In the Country ofMen, finalista al Man Booker Prize 2006 e apparso in traduzione italiana con il titolo di Nessuno al mondo (Einaudi, 2006), lo scrittore libico-egiziano Hisham Matar ci regala un altro gioiello dal titolo vagamente kunderiano: Anatomy of a Disappearance (Viking, 2011). "Ci sono volte in cui l'assenza di mio padre pesa come un bimbo seduto sul petto" esordisce Nuri, l'elegante venticinquenne che in un mattino d'autunno ritorna nel vecchio appartamento del Cairo, chiuso da undici anni, per rimettere insieme le macerie della sua giovane vita. La storia torna indietro al 1972, a una vacanza invernale sul lago di Ginevra, quando Nuri, allora quattordicenne, e Mona, la giovane moglie del padre, aspettano invano Kamal, il padre di Nuri, che la notte prima del suo previsto arrivo al Montreux Palace è stato rapito dalla polizia di regime del suo paese d'origine. La storia, quindi, fa ancora un passo indietro: una vacanza di due anni prima, in un albergo di lusso sul mare di Alessandria, dove il dodicenne Nuri e suo padre cercano goffamente di costruire una nuova intimità dopo la misteriosa morte della madre di Nuri, avvenuta due anni prima. Ed è lì che Nuri e suo padre incontrano Mona, la seduttrice con il costume giallo, metà inglese e metà egiziana, di cui entrambi si innamorano. Il romanzo esplora strato dopo strato l'esperienza doppiamente angosciosa, per un adolescente, della perdita e dell'ignoranza delle forze che l'hanno provocata. A poco a poco Nuri sembra perdere tutto: perde la madre, perde l'intimità con il padre, nel momento in cui cominciava a conquistarla, per una donna che seducendo entrambi li rende nemici; perde il padre stesso, sequestrato per la sua attività di dissidente; perde la complicità con Mona, perde infine il senso della sua identità, sempre più difficile da preservare mentre intorno a lui coloro che dovrebbero contribuire a plasmarla spariscono di scena come ombre nella notte. Dove risiede l'essenza di una persona amata e perduta, si chiede Matar? Con un linguaggio limpido, elegante e asciutto, l'autore ci immerge nel doloroso disorientamento del suo giovane protagonista e nella sua ricerca di verità. Il lettore non può non vedere le ovvie associazioni con la vicenda autobiografica dell'autore (figlio lui stesso di un dissidente libico arrestato dal regime di Gheddafi nel 1990 e da allora sparito), ma sente anche di essere di fronte a un grande romanzo. 66T Vademecum": tre titoli all'an-V no in previsione, caratteri di copertina più moderni e vezzosi del consueto, lucidi su carta bianca opaca, rossi squillanti e grigio canna di c'*-fucile, un disegnino; costola rossa come i caratteri in copertina, per un progetto grafico (di Anita Horn), di nuovo, dopo il disegno di Mario Piazza /46xy della serie "Quodlibet-Abitare", dove è appena uscito Lordine complicato. Come costruire un'immagine di Yona Friedman, esterno alla casa editrice, che è invece solita fare, benissimo, tutto in casa, grafica, impaginazione, immagini. Prefazione di un nome molto conosciuto, brevi guide per muoversi nel mondo, un'aria sbarazzina che amplia l'offerta di Quodlibet e le permette di affacciarsi a scaffali dove sinora era assente. Primo titolo: Scambio casa, istruzioni per l'uso di Vanessa Strizzi e Andrea Villarini, prefazione di Curzio Maltese. "Greenwich", di Nutrimenti, la collana che ha introdotto in Italia i testi di Percival Everett, Julia Glass (che forse tornerà con un secondo titolo) e Heather McGowan, chiude, in seguito alla separazione fra la casa editrice e Leonardo Luccone di Oblique, riconosciuto padre del progetto. Chiude e riapre sotto altro nome: "Green-wich.2", mutata nella natura, negli intenti (vi confluirà la narrativa contemporanea della casa editrice, anche italiana) e nel disegno grafico: rimangono le tracce di scrittura, che nella serie precedente alludevano con forza all'officina del libro, cambia il marchio, che si allarga e perde lo sfondo verde; sempre disegnata da Ada Carpi, sembra voler tentare strade più consuete e riposizionare l'intero marchio in un ambito più facilmente accessibile; in quest'ottica anche l'adesione a Beat, il marchio di libri tascabili che accoglie best seller di diverse case editrici (Neri Pozza, minimum fax, Nottetempo), primo titolo: Larmadio della vergogna di Franco Giustolisi. "Zenit": Dalai editore, in collaborazione con il Gruppo 2003 (riunisce scienziati italiani che lavorano in Italia e figurano nègli elenchi stilati dall-'Institute for Scientific Information di Philadelphia), si affaccia anche alla scienza. Con I nipoti di Galileo di Pietro Greco, apre una collana di divulgazione scientifica. Gli intenti sono interessanti e non scontati, anche se vagamente corpora- tivi: far conoscere, oltre alla discipli-, na, le persone che la praticano, con un occhio privilegiato al mondo italiano, che ha così poca visibilità, fondi, attenzione. Grande titolone in colore e caratteri bastone su fondo bianco per il titolo in alto, subito sotto l'autore e il nome della collana, piccola illustrazione e, in basso, due strilli riferiti al testo. "Ad occhi aperti" invita a stare la collana nata nel 2010 da Ets, unica nel panorama italiano per intenti e raffinatezza della realizzazione. In brossura, a 10 euro per una cinquantina di pagine; sono libri illustrati da un apparato iconografico ricco e affascinate, che si propongono di raccontare, e aiutare a decifrare, il vasto mondo delle immagini e degli strumenti che le veicolano, a un pubblico scolare. La prima uscita, Lanterne magiche di Elodie Imbeau, era uscito nel 2006 da Actes Sud, ma è qui trasfigurato in una veste grafica raffinata e molto efficace, applicata anche al secondo titolo uscito ora, C'era una volta la televisione di Silvia Moretti, illustrato con eleganza e divertimento da Karim Freschi. Il progetto della collana comprende anche la struttura dei testi, i percorsi di lettura, la composizione delle pagine e indica come rigore scientifico, divulgazione e divertimento possano convivere con successo. "Aculei" che si vogliono appuntiti quelli nuovi da Salerno che con questa collana continua l'opera, intrapresa con "I Sostenibili", di riposizionamento del proprio marchio, legato a una produzione scientifica colta e di settore, e che ora tenta la strada ge-neralista. La "Aculei", diretta da Alessandro Barbero, entra nel mercato della saggistica di attualità individuando temi molto dibattuti, ai quali si propone di accostarsi con rigore scientifico e taglio divulgativo; organizzata intorno a titoli monografici (Cristiani perseguitati e persecutori di Franco Cardini; Faccia da italiano di Matteo Sanfilippo), è stata disegnata dallo studio Bayer+Con-ti+Associati che le ha dato una veste bianco puro; il titolo gridato in nero a caratteri bastone, stretto a occupare la copertina da margine a margine nel quarto superiore; l'autore in grigio nel quarto inferiore, nome più piccolo per lasciare spazio al marchio della casa editrice; nel centro l'illustrazione, spesso monocroma, è ridotta a simbolo stilizzato (due spade a far la croce per Cardini, un Borsalino nero per Sanfilippo).