Ecologica letteraria e strategie per sopravvivere Anche le formiche, nel loro piccolo, insegnano di Walter Giuliano Se si digita su Internet "Anthill" compaiono le immagini degli enormi formicai che ospitano, a ogni latitudine, le popolazioni di uno degli insetti sociali più interessanti e studiati, in stretta concorrenza con le api che hanno procurato nel 1973 a Karl von Frisch il Premio Nobel per gli studi pluriennali sul loro linguaggio. In tempi più recenti sono state le vespe di Panama a ispirare e a mettere a disposizione di Zygmunt Bauman, teorico della società liquida, la metafora con cui spiegare che alle società umane è di gran lunga più conveniente l'accoglienza e l'integrazione degli "stranieri" che il loro respingimento. Per Edward O. Wilson le formiche, studiate per decenni, sono il pretesto per compiere una mirabile sintesi tra saggistica e romanzo, tra scienza e letteratura, territorio solitamente poco praticato. Anthill (ed. orig. 2010, trad. dall'inglese di Luca Fusari, pp. 342, € 18,50, Elliot, Roma 2010) è un testo che si legge con divertita scorrevolezza e ci riporta alla consapevolezza della comune appartenenza al mondo animale e alle leggi di natura. L'ottantunenne autore americano, scienziato e professore, padre della moderna sociobiologia, tra i più autorevoli entomologi al mondo e forse il più grande esperto di formiche mai esistito, ha già vinto per ben due volte il Premio Pulitzer, a dimostrazione delle sue qualità di scrittura. Tuttavia non si era mai cimentato con un'opera di pura fantasia letteraria, in cui le sue amate formiche riescono comunque a essere protagoniste. Anzi, sembra quasi che l'autore entri in scena proprio lì, anche se non era certamente apparso impacciato nel resto del romanzo, dove incontriamo certezza di dettaglio naturalistico, che raramente accade di leggere, e attenzione precisa alla determinazione scientifica delle specie che il protagonista incontra e descrive. Scenario della storia è la regione del No-kobee, territorio selvaggio dell'Alabama dominato dal lago, rifugio segreto del protagonista Raff, che fin da piccolo vi trascorre le sue giornate imparando a osservarlo in profondità e a conoscerlo in ogni suo dettaglio. E già qui la particolarità narrativa di Wilson si distingue, con elenchi di animali e piante scanditi con esattezza scientifica, specie per specie, seguendo le regole della sistematica. Anche in questa maniera l'autore offre la consapevolezza, al lettore attento, di trovarsi in un ambiente naturale ricco di biodiversità, anche se siamo ben coscienti che la stessa non si misura certo unicamente in termini di quantità delle specie. La giovinezza di Raff lo guida nell'irrefrenabile desiderio di esplorazione del territorio. Quello, lo sappiamo, è un periodo irripetibile della vita, l'unico in cui sembra possibile dare libero spazio al fecondo connubio di fantasia e conoscenza che passa attraverso una sorgente inesauribile di curiosità che chiede di essere appagata. Raff, nella quotidiana conoscenza che si costruisce nel rapporto intenso con la scoperta dell'ambiente, della vita e di se stesso, ma anche nel confronto con quella che i grandi gli vogliono trasmettere con gli insegnamenti che vengono dalle loro esperienze, si trova nella condizione di sentirsi davvero parte integrante della natura. Ma durerà poco e l'intima complicità sarà interrotta dalla sorte inesorabile che il suo percorso formativo prevede. Lo ritroviamo infatti adulto, pienamente inserito in un'esistenza apparentemente banale con le sue regole e i suoi ritmi, completamente integrati nell'ecosistema umano, che lo conducono ogni giorno in ufficio, tre volte la settimana in palestra, al poligono di tiro la sera, tanto per distrarsi un po'. Ma il ragazzo che aveva confidenza con la foresta e con i suoi abitanti dov'è finito? Non è del tutto scomparso, il suo istinto non è stato cancellato. E ancora parte integrante del vero ecosistema globale cui tutti apparteniamo. La parte centrale del romanzo, rappresenta il trionfo narrativo che evidenzia la padronanza assoluta di chi possiede la materia scientifica e la sa condurre all'interno di trame più generali e complesse, sino a farne paradigma di una possibile quotidianità piuttosto che di un percorso di vita. La quarta delle sei sezioni in cui è articolato il romanzo (scelta non casuale trattandosi dell'ordine degli insetti) è un gustoso capolavoro, che unisce il dettaglio e la precisione scientifica a una scansione da poema epico, nel quale si racconta la vita del formicaio. Protagoniste, le formiche della colonia del Sentiero, che si affrontano nelle lotte che abitualmente seguono la morte della regina ed entrano poi in conflitto con la vicina colonia del Ruscello, in una guerra totale, senza esclusione di colpi, con arrembaggi suicidi, episodi di cannibalismo, omicidi. Alla fine ne nascerà una Supercolo-nia che, per la sua prolificità, entrerà ben presto in sovranumero, distruggendo l'ambiente circostante e le sue stesse fonti di cibo. La Supercolonia smarrisce l'equilibrio con la natura e sarà destinata a cadere dal filo. La sua dimensione eccessiva giunge- rà a infastidire anche gli umani, frequentatori delle zone naturali per i loro picnic. A quel punto interverranno pesantemente con gli insetticidi a disperdere i fastidiosi insetti. Proprio l'attimo prima del possibile librarsi in volo di uno sciame di nuove regine. Dalla catastrofe emergerà, poco dopo, la colonia del Bosco, ridotta a rifugiarsi in un nido piccolo e nascosto, che potrà tornare a vivere tra i pini d'Alabama. Inutile evidenziare la metafora che sta dietro questo racconto e che ben si adatta allo stato odierno delle colonie degli umani sulla terra. Subito dopo Wilson ci riporta a Nokobee, minacciata da una vendita che ne farà, con tutta probabilità, oggetto di un insediamento immobiliare. Raff, nella parte del libro che va sotto il titolo E Arsenale, deve armarsi con tutti gli strumenti legali possibili e lo fa frequentando la Harward Law School, "grande formicaio di cervelli". Lì vive anche la scoperta della passione e dell'amore nell'incontro con JoLane, dea dell'amore pienamente inserita nelle ideologie degli anni settanta, destinata a lasciarlo per un prestante californiano, con la scusa dell'impegno in un progetto di sostenibilità ad Haiti. Raff abbandona il movimento studentesco "Gaia force" e torna pronto per Le guerre di Nokobee, con l'obiettivo di salvare il piccolo mondo della sua infanzia da affaristi immobiliari, costruttori, fondamentalisti religiosi in attesa del Secondo Avvento, che potrà arrivare solo con la distruzione della natura voluta da Dio. Il giovane, sottratto alle sue passioni naturalistiche per essere avviato agli studi in legge, trova allora l'occasione per mettere a frutto la sua preparazione nel difendere le sue amate terre del Nokobee, messe a repentaglio dall'aggressività umana preda di una compulsiva predisposizione a sfruttare, con la speculazione edilizia, ogni angolo libero di terri- torio naturale. Padroneggiare la legge gli consente di escogitare, dall'interno del sistema, modi astuti e sottili per conciliare gli interessi dei privati con la salvaguardia dell'ambiente, che è ricchezza per tutti. Il finale è ancora epica, avventura, e completa magnificamente un lavoro che alla letteratura associa elementi di filosofia, di storia delle trasformazioni territoriali, di etologia delle formiche... alla fine tutto riunito in un tributo poetico alla bellezza della natura e in un appello a farsi carico della sua difesa. D'altra parte, Wilson già negli anni novanta ha iniziato a occuparsi delle questioni ambientali e della guerra in corso - mai dichiarata e fortemente sottovalutata - tra la società umana e la natura, pubblicando una serie di lavori: In cerca di natura (1996), E'armonia meravigliosa: dalla biologia alla religione, la nuova unità della conoscenza (1998), Il futuro della vita (2002), La creazione: un appello per salvare la vita sulla terra (2006). Anthill fa parte di questo filone di impegno civile e ben esemplifica una nuova tendenza letteraria che ha assunto pian piano consistenza negli Stati Uniti dove, intorno alla necessità di una rinnovata attenzione nei confronti della salute del pianeta, è chiamato a raccolta il mondo degli scrittori. La letteratura può dare un contributo importante alla sensibilizzazione sulle tematiche ambientali. Lo crede il movimentò che va sotto i nomi di ecocritica, scrittura ambientale, letteratura ecologica. C'è chi scommette che messaggi complessi transitano più facilmente attraverso la storia, la narrazione o altri linguaggi della contemporaneità. Non a caso discipline come la meccanica quantistica, piuttosto che la genetica, sono oggi insegnate attraverso i fumetti e i cartoni animati. Le nuove proposte di coinvolgimento della letteratura sui temi della crisi ambientale partono dalla constatazione che essa non riguarda solo gli equilibri naturali, ma coinvolge aspetti sociali e culturali, spesso acuendo disuguaglianze e conflitti. E dunque necessario ridisegnare un nuovo umanesimo che ci aiuti a rivedere in termini più complessi la nostra relazione con l'ambiente, che sostituisca alla contrapposizione natura-cultura la reciprocità bioculturale. La letteratura, come elemento essenziale della nostra evoluzione, non può essere separata dalla natura e dalla rete ecologica che ne segna la nostra appartenenza. L'interrogativo che oggi in molti si pongono è: quale contributo può offrire, consapevolmente, la letteratura a una presa di coscienza generalizzata, non più dilazionabile, sulle tematiche ambientali? Nel momento in cui ci si prepara a celebrare il ventennale della Conferenza mondiale sull'ambiente di Rio de Janeiro (1991), considerata storica per aver lanciato le parole d'ordine dell'ecoso-stenibilità e delle difesa della biodiversità, non si può che constatarne un sostanziale fallimento. Sembra di vivere in un mondo incosciente, che continua per inerzia a utilizzare vecchi e superati parametri. Un mondo che non si rende conto che dalla metà degli anni settanta dello scorso secolo ci sono stati accadimenti nella scienza che non possiamo ignorare e che impongono di passare dalla superata dimensione riduzionistica a una visione della complessità in grado di inventare una bioeconomia senza la quale non è dato futuro. Questa consapevolezza è però distante non solo dalla coscienza civile dei cittadini, ma anche dalla classe dirigente e di governo, che avrebbe il compito di immaginare il futuro per il bene della collettività non solo presente, ma anche di quelle generazioni che concepiamo e che, dunque, verranno senza prospettive di domani. La mancanza di immaginazione è il dato più preoccupante del presente. Siamo formiche operaie tutte proiettate nel garantirci il presente, incapaci di allevare regine che ci assicurino un futuro. ■ giva@valtergiuliano.it