Poesia
Di vetro e di fiato
di Camilla Miglio
Paul Celan MICROLITI
a cura di Dario Borso,
pp. 172, €18, Zandonai, Trento 2010
OSCURATO
a cura di Dario Borso,
pp. 105, €11,50, Einaudi, Torino 2010
La pubblicazione dei due volumi di Paul Celan, Microliti, raccolta di aforismi, prose, frammenti di poesie e di poetica, e Oscurato, "canzoniere deformato e ribaltato" (scrive Dario Borso, curatore di entrambe le edizioni), indirizzato alla moglie e al figlio dal chiuso della clinica psichiatrica, può essere considerata un punto di svolta nel discorso su Celan in Italia. Una lettura così serrata è possibile forse solo ora, dopo l'apertura degli archivi, che hanno in parte chiarito il presunto ermetismo dei suoi versi. Un ermetismo da Celan sempre respinto. Si pensi alla dedica delle sue poesie al poeta Michael Hamburger, suo traduttore in inglese: "Niente affatto ermetico!". Queste edizioni in cui vita e scrittu-
Celso Mariti '
ra sono così evidentemente intrecciate sottraggono Celan alla vulgata feuilletonistica che ha accompagnato spesso i carteggi con la moglie, con le amate Bachmann e Shmueli, o le testimonianze postume che calcano la scena pubblicistica con nuove rivelazioni eroticopoietiche: si veda Brigitta Eisenreich, Celans Kreidestern (La stella di gesso di Celan). Non della leggenda disforma del poeta disperato, né della versione euforica del seduttore deraciné si sentiva il bisogno. Si sentiva il bisogno di una lettura attenta alle circostanze reali e concrete della scrittura eppure (la parola è di Celan) "antibiografica", come questa dei Microliti e di Oscurato. Ne emerge chiaramente la via stretta di chi ha scelto, non liberamente, di abitare nient'altro che la lingua, per finire poi colpito, aggredito proprio sulla propria parola, accusato di plagio, come accadde a Celan per mano della vedova del poeta Yvan Goll.
I Microliti, frammenti di un senzapatria, il primo in rumeno scritto nel 1947 a Bucarest, l'ultimo in francese scritto nel 1970 a Parigi, testimoniano proprio il cammino polifonico (rumeno, tedesco, francese, con sullo sfondo gli echi di traduzioni da undici lingue) di un poeta che radicalmente pensa se stesso e la storia a partire dalla lingua, e pensa la lingua come luogo di massimo pericolo per la libertà e integrità dell'umano, ma anche luogo dove l'umano può avere ancora "Spielraum", spazio. Leggiamo: "E dipendeva dalle parole se si tornava a tastare le cose".
Sono frammenti di corpi litici, estratti o depositati nella tettoni-
ca della scrittura. Pensati, a partire dal '60, come legittima difesa contro i lapidatori, in attesa di diventare "cristalli", testimonianza "incontrovertibile" della "realtà" della propria poesia. Il contrario del plagio. "Vetro, fiato, scritto", scrive Celan in uno degli ultimi microliti, del 1970, a proposito della poesia di Man-dei 'stam.
L'edizione italiana (prima traduzione mondiale), a differenza di quella tedesca, segue l'ordine cronologico, e non tipologico o di genere. In questo modo il pensiero poetante, l'osservazione corrosiva di storia, vita e scrittura si colgono nel loro farsi; come una doppia spirale di Dna, esse si agganciano senza rispecchiarsi. Vige la legge che un aforisma definisce dei "vasi comunicanti": la scrittura, la lettura fluisce e rifluisce attraverso la materia "spugnosa, porosa" del corpo (fisico di chi scrive, della sua psiche sofferente); la poesia si lascia attraversare e assorbe letture contemporanee, nomi e circostanze, realia contundenti dell'esistenza, pronti anche a ferire chi legge. Come suggerisce la copertina dell'edizione italiana, una Danae di Anselm Kiefer, la pioggia di materia stellare, non più oro ma dura e spuria materia piovuta da un altrove, penetra nei pori della vita e negli intervalli della scrittura.
La poesia si piega sotto "l'accento acuto del presente" ma l'io che scrive è pure infinitamente dal qui e ora. Leggiamo: "Patria del poeta è il suo poetare", il poeta cerca asilo non nelle sue quattro mura ma nelle sue "quattro parole". Ciascuna poesia è fazzoletto di patria, lontana stellarmente da ogni altra poesia e dalla vita stessa. La poesia è "luogo casuale del tempo linguistico", imprevedibile congiunzione di parole, "per un tempo limitato", che, rinunciando alla
ca per una lingua "grigia", ma al tempo stesso "polisemica" e "senza maschera". La scrittura si fa analogon del "fenomeno dell'interferenza, azione reciproca di onde coerenti che s'incontrano" (...), "mutamento nel contiguo, nel successivo, nell'opposto". Il lettore italiano di Microliti potrà osservare contiguità e interferenze che il traduttore ha ottenuto con grande labor limae. Due esempi: in un frammento di prosa la contiguità fonica tra "Un-sinn" ("Assurdo") e "Unsereins" ("Uno come noi") viene compensata dalla scelta della risposta successiva ("Appunto"). E così altrove: "Dico luce, non dico buio, ma si rifletta: l'ombra che ciò proietta!" (dove la rima "licht-wirft" viene recuperata nell'italiano "rifletta-proietta"). E non si tratta di rime estetizzanti.
Per questo il curatore avverte dell'intento ironico della rima e del timbro della poesia che apre il volume Oscurato, reso in italiano con felici soluzioni in assonanza, che rimanda in modo chiaro e polemico a Gottfried Benn. Alla postfazione di Giorgio Orelli, che proprio di questa poesia illustra lo strumentario retorico e prosodico, sembra rispondere uno dei microliti: "Una poesia non può esser mai il risultato della maestria del rispettivo poeta". Un'idea del genere "apre solo uno degli accessi". Mallarmé è stato pensato fino in fondo e messo a testa in giù soprattutto dall'ultimo Celan. L'edizione documenta proprio la contiguità fra scrittura pubblica, sofferenza e scrittura destinata alle persone amate che pure hanno rischiato di venire uccise dalla stessa mano che scrive.
Oscurata, offuscata è la poesia di questo quaderno di versi: dalla reclusione in clinica, dal coma, dai farmaci, dal delirio. Il gesto di oscurare è anche parte del lavoro del poeta. Il poeta che - dice Celan "ombreggia" - cerca l'ombra delle parole. Proprio quest'ombra sembra cercare l'edizione italiana di Oscurato, in un continuo rimando fra testo e paratesto. A differenza dell'edizione tedesca, essa segue un or-
rima, alla musicalità armonica, si volge allo "sconfinato".
La traduzione produce nell'italiano un ductus, un lessico, un discorso celaniano, coerente con la programmatica dichiarazione di Celan del 1966: "E non musi-cizzo più"; con la scelta cromati-
dine che anche in questo caso documenta il concrescere della scrittura con il tempo, con l'ambiente di pensiero e vita intorno alle poesie. La scrittura porta i segni della situazione psicotica, di una condizione di vera e propria cattività in clinica psichia-
trica, tra il '65 e il '66, dei plurimi shock ipoglicemici. Qui ricorrono, ripensati e riscritti sotto il peso della sofferenza e corrosi dall'acido del sarcasmo, frammenti di temi e motivi àelTopus celaniano: l'amore, il tempo, la scrittura, la follia, la distruzione attraverso il linguaggio. Un esempio, la modulazione della scrittura dell'abisso, inaugurata da una rima ironica e dissacrante: "L'abisso senza gradi / si spalanca da sé - / Arriva il cala e cadi": l'abisso non è stato mai metafora, pensiamo alla poesia Davanti a una candela dove è "crepaccio del tempo". Ma qui si fa esperienza fisica e diretta, è il coma indotto, si tocca con il corpo. Ecco anche il controsalmo: "dei / crollati all'insù / stridulo / salmo". E il cadere verso l'alto non è certo una citazione da Elegia duinese di Rilke, ma l'inscrizione nell'opera dell'esperienza del coma, che nella lettera a Giséle viene riferita come un precipitare "in paradiso", ma, avverte il curatore in nota, raccoglie l'eco dell' Ulisse di Joyce, Circe: "don'fall upstairs!" e del Nibelungenlied.
Il richiamo alle letture che hanno accompagnato quello che Celan percepisce come "internamento" in clinica, è un fatto fondamentale per capire l'"ombra" di queste poesie. Fa luce sulla struttura relazionale del suo scrivere e sul motivo che ha reso l'accusa di plagio così micidiale. Queste poesie intrecciano relazioni di contiguità e continuità con le letture del momento (Joyce, Wolfe, Conrad, l'Iliade, Lao-Tse) e altre di lunga durata e memoria (bibliche, politiche, scientifiche, mineralogiche, filosofiche). Parole sottolineate in libri altrui sono il picchetto cui annodare fili relazionali da piantare nella propria scrittura, nella propria carne, quasi spine, o uncini. Il rapporto con una realtà riscritto in poesia rende le parole multiverse, tra vita e morte: "Non scriverti / tra i mondi, // imponiti alla / varietà dei significati, // confida nella scia di lacrime / e impara a vivere". Ma la prima stesura chiudeva con: "impara a morire". In questa correzione (dalla morte alla vita) c'è forse tutto Celan. La vita nel verso, e la morte, l'ombra che la parola allunga su chi legge. Questo precario esporsi in congiunzioni di parole, frammenti di vita e lettura, fatti e memorie riscrive letteralmente la storia: "Ricordo: / anche pre-cordare, avanpensiero e custodia di ciò che potrebbe essere". Proprio in questo ricordare in avanti, che cita il Kierkegaard della Ripetizione, consente di "vivere le poesie. Affinché restino vere". Mettiamo in tasca ancora due sassolini: "Le poesie non cambiano certo il mondo, ma cambiano l'essere-nel-mondo". Ci insegnano a pregare in un modo diverso, "a mani sgiunte".	■
Terreni metafisici
di Salvatore Ritrovato
Henri Cole AUTORITRATTO CON GATTI
a cura di Massimo Bacigalupo,
pp. 248, €20, Guanda, Milano 2010
Rende finalmente giustizia alla qualità del poeta Henri Cole (1958) l'ampia antologia curata da Massimo Bacigalupo, Autoritratto con gatti, collocata meritatamente nella storica "Fenice". Nato in Giappone da padre americano e madre francese di origine armena, Cole vive per lo più negli Stati Uniti (dove insegna presso varie università), con significativi soggiorni in Italia e in Giappone, e pubblica il primo volume di poesie nel 1986. Scrive sei raccolte di versi, raccoglie importanti riconoscimenti e negli ultimi dieci anni dà alla luce le sue raccolte più mature e intense: Euomo visibile (1998), Terra, di mezzo (2003), Merlp e lupo (2007). Da queste Bacigalupo seleziona 57 testi per. comporre un ritratto compiuto di un poeta importante sinora del tutto trascurato da noi. Cole appartiene pienamente alla tradizione poetica anglo-americana, e coltiva come modelli soprattutto Elizabeth Bishop e James Merrill, per quanto riguarda la dimensione affatto terrena dell'esistere.
Inoltre, nelle raccolte mature riesce a superare l'ipoteca formalista che è anche tipica di certa tradizione americana, riprendendo alla lontana il vigore visionario di Whitman e Dickinson. Sulla via di una chiarezza interiore, che si materializza in una lunga serie di "autoritratti", Cole scopre quello che dichiara essere il suo metodo (tanto nella vita, quanto nella poesia): dire la verità, essere fedele all'esperienza. Dal privato al pubblico, dagli esseri umani agli animali, dai luoghi ai paesaggi, abbraccia l'esistenza senza preconcetti, con il metro dell'"impegno nella verità delle emozioni". Per questo adotta prevalentemente, con perspicuità e ironia, una formula di quattordici versi, una sorta di sonetto ma libero da costrizioni rimiche. Entro il perimetro stabile dei versi il poeta svolge l'energia di un tema con appassionante chiarezza, esprimendo una ricchezza di significati che scioglie i ricordi aggrumati, altrimenti insondabili, fino a raggiungere, nell'autoanalisi del percorso esistenziale, una trasparenza insieme risentita e affettuosa. Umilmente teso all'ascolto e al dialogo con la realtà - e chi interloquisce con maggiore prontezza pare non sia l'umano, ma l'animale e il vegetale - Cole trova nella poesia l'inquietudine dell'apologo e talvolta una dimensione allegorica (come nella sequenza Apollo) capace di restituire movimenti ed epifanie della psiche. La poesia di Cole non cerca funzioni salvifiche, ma dà al lettore la possibilità di accedere al senso di una vita cangiante, in fieri, pienamente vissuta.	■ camilla.miglioSuniromal. it salvatore.ritrovato@uniurb.it
C. Miglio insegna letteratura tedesca all'Università La Sapiènza di Roma
S. Ritrovato insegna letteratura italiana presso l'Università di Urbino