Art elibro Disegnare con le forbici, tagliare nel colore di Liliana Dematteis Henri Matisse JAZZ Un libro d'artista della collezione mlngardi ed. orig. 1947, pp. 64, €299, Electa-Fondazione Matisse, Milano, 2012 La stampa in facsimile di Jazz è sicuramente un'iniziativa meritoria che consentirà ai nu- merosi bibliofili che di questo importante libro hanno potuto vedere molto spesso soltanto al- cune tavole, di poterlo guardare e leggere proprio come si fa con un'opera d'arte. Infatti la pratica del libro d'artista come forma d'arte autonoma aveva messo in luce la volontà, da parte di alcu- ni artisti, di rapportarsi a un pubblico più vasto di quello che abitualmente frequenta mostre o musei, utilizzando mezzi, tecni- che e forme differenti per creare l'opera. Alcuni importanti artisti della prima me- tà del secolo scorso (futuristi e avanguar- die astratte, ma anche dadaisti e surrealisti, senza dimenticare gli artisti del Bauhaus), rivendicando una rea- le responsabilità intel- lettuale e sociale, si ri- trovarono d'accordo sull'idea comune di mettere il te- sto al servizio della pratica arti- stica, inventando così nuove for- me di libro: dalle straordinarie invenzioni tipografiche e paroli- bere marinettiane ai fantastici romanzi-collages di Max Ersnt, passando attraverso la Boi te en valise di Duchamp e avanti fino al minimalismo californiano di Ed Ruscha, che viene considera- to l'inventore del "moderno" li- bro d'artista. Jazz di Matisse si inserisce per- fettamente, e ne è un caposaldo, nella storia del libro d'artista, poi- ché ne raccoglie ed esalta alcune delle caratteristiche fondamenta- li, a partire dal testo che riprodu- ce la grande, armoniosa e lineare calligrafia dell'artista, ed è conce- pito come parte integrante del- l'organizzazione visuale del tutto. Gli spazi bianchi, la consi- stenza, il peso e il formato della carta, il senso di ordine e di intervallo che si percepisce nello sfogliarne le pagine, l'alternanza fra la purezza del colore e la spontaneità lineare dello scritto rendono questo libro uno dei più limpidi esempi di libro d'artista, pur mantenendo alcune caratteri- stiche pertinenti invece al libro il- lustrato: il formato inusuale o co- munque fuori dalle dimensioni tradizionali, la carta lussuosa, la stampa artigianale molto ricerca- ta, la bassa tiratura, il bel libro per bibliofili, insomma. In queste tipiche edizioni francesi nate alla fine dell'Ottocento, il pittore mette il suo lavoro, la sua creati- vità e le sue immagini al servizio del testo letterario o poetico e - anche quando vi realizza delle ve- re e proprie tavole illustrate e ma- gari firmate - esso viene cataloga- to e veicolato con il nome dello scrittore, dando a questi la supre- mazia delle lettere sulle arti pla- stiche per cui - è lo stesso Matis- se a scriverlo - "il pittore diviene un secondo violino" che deve "lasciare il passo" allo scrittore che l'artista mette in luce "illu- strandolo" nel senso etimologico del termine, come egli stesso fa nello stesso anno in cui esce Jazz, illustrando Les fleurs du mal di Charles Baudelaire. Agli antipodi dunque del "nostro" libro, che è concepito dall'artista, cui appar- tiene l'idea e la sua esecuzione. Se l'impressionismo è la pittu- ra dell'atmosfera, il fauvismo, di cui Matisse è protagonista, è la pittura del colore ed egli ne è il cantore abbagliato; la luce, quel- la che trae da se stesso e che ri- ceve dal mondo esterno, dai nu- merosi viaggi e soggiorni in Nord Africa, a Thaiti, in Ameri- ca o sulle colline di Vence e poi di Cimiez, dove si trasferisce nel 1941. Su queste luminose colline il vecchio, circondato da un lusso inaudito nella sua grande e fa- stosa casa fra uccelli rari, vasi preziosi e tes- suti orientali", dopo un duplice importante intervento chirurgico trascorre gli ultimi tre- dici anni di vita. Mal- grado la carrozzella e le stampelle, o forse anche a causa di que- sto, Matisse dà il suo contributo più audace e indubbiamente più fecondo all'arte del nostro tem- po: i papiers découpés. Diversi dai papiers collés cubisti o dai colla- ges surrealisti, questi papiers dé- coupés sono degli elementi con- creti e fissi, forme-colori-luce in- dissolubilmente legati e adattabi- li alla superficie piana: "Disegna- re con le forbici, tagliare a vivo nel colore - diceva l'artista - semplifica la pittura". Fra i suoi primi significativi la- vori in cui utilizza la tecnica dei papiers découpés vi è appunto Jazz, cui lavora a partire dal 1945 e per un paio di anni. Il volume gli è stato richiesto dall'amico Efstratios Tériade, l'editore di "Verve", importante rivista d'ar- te sulla cui copertina compaiono spesso opere dell'artista; e verrà stampato in sole cento copie nu- merate e firmate. Nella prepara- zione delle tavole è aiutato dal suo assistente che gli prepara pi- le di grandi fogli di carta bianca pennellata uniformemente con i colori a gouache della Linei, marca prescelta perché i suoi co- lori corrispondevano esattamen- te agli inchiostri da stampa in uso nelle tipografie del tempo e che avrebbero quindi garantito una riproduzione assolutamente fedele dei colori prescelti (verde giapponese scuro e chiaro, verde smeraldo, giallo cadmio scuro, rosso cadmio scuro, rosso e vio- la persiano, giallo ocra...). Con piccole forbici d'acciaio Matisse ritaglia le forme nella carta colo- rata, a mano libera (salvando an- che gli scarti), e le dispone sul muro con l'aiuto di spilli. Que- sto processo è particolarmente lungo, durando talvolta dei me- si, in cui l'artista "muove" le sue forme spostandole e scambian- done gli elementi o aggiungen- done di nuovi innumerevoli vol- te, fino a quando la composizio- ne lo soddisfa, in uno studio "di- venuto simile ad un giardino paradisiaco colmo di colori, for- me botaniche, elementi decora- tivi". Matisse considera Jazz come un'improvvisazione ritmica e cromatica, e questo titolo gli evoca la struttura del ritmo e la sua ripetitività interrotta da azio- ni o improvvisazioni inattese. Prepara egli stesso il progetto grafico del volume decidendone il ritmo per dare al colore il mas- simo di leggibilità: per ogni illu- strazione a piena pagina cinque pagine di testo e ogni mezza pa- gina, tre pagine di testo. Con lo stesso concetto sceglie di usare la propria calligrafia anziché il ca- rattere tipografico, scrivendo in una dimensione corsiva molto grande per rendere la scrittura decorazione e relazionarsi al me- glio con il carattere delle stampe a colori: "Queste pagine, d'al- tronde, servono solo per accom- pagnare i miei colori, un po' co- me gli aster, che nella composi- zione di un mazzo di fiori impor- tanti hanno un ruolo che è pura- mente visuale". Le tavole multi- colori che si susseguono nel libro sono costellate di elementi deco- rativi, fregi, bande colorate, al- ghe marine, foglie, coralli e for- me che galleggiano in campi di colore brillante e uniforme. Ov- vio che per giungere a una tale condensazione suggestiva, come riconosce anche Matisse, "biso- gna evidentemente avere dietro di sé tutta l'esperienza acquisita, e aver saputo conservare la fre- schezza dell'istinto", mettendo l'accento sul come non vi sia per lui alcuna frattura fra i suoi vec- chi quadri e i papiers découpés: "Soltanto con maggiore assolu- tezza, con maggiore astrazione sono giunto ad una forma decan- tata fino all'essenziale, conser- vando dell'oggetto che in altri tempi presentavo nella comples- sità del suo spazio il segno che basta e che è necessario a farlo esistere nella forma che gli è pro- pria e per l'insieme nel quale l'ho concepito". ■ info@gallariamartano.it L. Dematteis dirige la galleria Martano di Torino; studia e colleziona libri d'artista Nuova luce sui manoscritti sistini di Fabrizio Lollini I CORALI BENEDETTINI DI SAN SISTO A PIACENZA a cura di Milvia Bollati pp. 175, 115 ili. h/n e col., €25, Compositori, Bologna 2011 L'abbazia di San Sisto a Pia- cenza ebbe sempre un ruo- lo decisivo nella mappa religiosa dell'Italia padana. Dalla sua fon- dazione nel IX secolo fino alle soppressioni napoleoniche di ini- zio XIX secolo, con la conse- guente dispersione di tante opere artistiche e altri oggetti, già nel Settecento, l'abbazia aveva cedu- to una celeberrima eccellenza, la Madonna di Raffaello ora a Dre- sda, detta appunto Sistina. I suoi corali vennero trascritti e decorati in un lasso di tempo abbastanza dilatato, che dagli studiosi è stato collocato tra il 1470 e il 1495 circa. I quattordi- ci tomi, con la chiusura del 1810, al termine di complicate vicende, quasi tutti pervengono infine a raccolte americane, tra cui soprattutto la Hi- spanic Society of America di New York, che ne acquista otto. Uno invece rimane in Europa (collezione, poi Museo Civico, Amedeo Lia di La Spezia). L'associazione newyorchese decide pochi anni fa di passare in ven- dita da Christie's i volumi in suo possesso, che sono acquistati da un collezionista. E grazie alla sua disponibilità, e alla partecipazio- ne delle istituzioni locali, che il ciclo miniato è stato studiato in un volume monografico ed esposto dal novembre 2011 al febbraio 2012 in una bella mo- stra presso i Musei Civici di Pa- lazzo Farnese a Piacenza che vie- ne riproposta - a cura di Arteli- bro al Museo Civico Medievale di Bologna, fino al 2 dicembre. La prima fase del lavoro di de- corazione, attorno al 1470 o po- co dopo, è dominata dalla figura di un miniatore tardogotico lom- bardo che la critica identifica con il "Secondo Maestro del- ic0rau benedettini di San Sisto » a Piacenza l'Antifonario M". Il passaggio dalle forme più eleganti dell'ozz- vraige de Lombardie alla sempli- ficazione secca che vediamo nel- la gran parte delle scene nel ciclo piacentino si spiega con una progressiva banalizzazione, ma anche, forse, con l'ampio inter- vento di una bottega (in questo senso andavano alcuni anni fa i dubbi sul catalogo del miniatore da parte di alcuni studiosi). Una seconda tranche di lavori include la maggioranza dei tomi, e viene realizzata da un equipe di miniatori probabilmente coordi- nata da Bartolomeo Gossi da Gal- larate. Con lui lavorarono al ciclo di San Sisto altri miniatori: si identifica tra loro Francesco da Castello, milanese, che sappiamo dal 1473 apprendista presso la bottega di Bartolomeo. Ma si se- gnala anche un artista che inter- viene con grande frequenza nei corali piacentini, come il graduale 4, ora a Baltimora, in cui realizza una miniatura accompagnandola dalla scritta "S[ancte] Benedicte ora prò me Bernardo", che viene letta in riferimento al promotore (o uno dei promotori) della serie liturgica: lo si denomi- na dunque "Bernardo Master" o, in modo meno suggestivo, "Pri- mo maestro dei corali di San Sisto". È impor- tante anche il "D. Ni- cholaus Ordinis Cistferciensis]" che firma l'unico intervento che esegue nel tomo ora a Boston, e lo data 1475, consentendo dunque di ipotizzare per questa fase una cronologia attorno appunto al 1475-80, confortata anche da raf- fronti con le opere e i documenti pertinenti ai percorsi di Bartolo- meo e di Francesco. Il "Bernardo Master" costituì probabilmente una figura ponte nella decorazione dei corali, poi- ché lo troviamo presente anche nella realizzazione più tarda del- la serie, il salterio-innario in due sezioni, per le quali si propone una data attorno al 1495. Qui, il ruolo leader è quello del maestro anonimo che partecipa a un'al- tra importante serie per una se- de benedettina del ramo di San- ta Giustina, quella di San Salva- tore a Pavia. Ma troviamo anche Matteo da Milano, forse il più celebre artista del libro dell'area lombarda a cavallo tra Quattro e Cinquecento, al cui periodo gio- vanile vengono ricondotti nume- rosi interventi in questi tomi: le sue opere iniziali, in cui figurano molti dei ritrattini di monaci e altre, più importanti, figure reli- giose che punteggiano la serie di San Sisto, mostrano una qualità davvero strepitosa. Lo splendido catalogo, ricco di immagini, ha come autori dei saggi Ivo Musaja Somma, Marco Petoletti, Pier Luigi Mulas, Sil- via Davoli, Joanne Overty Filip- pone, Bonifacio Baroffio, Eun Yu Kim; schede di Luca Di Pal- ma, bibliografia a cura di Clau- dia Campagna. ■ f abri zio. Ioli ini @unibo. it F. Lollini insegna storia dell'arte medievale e storia della miniatura all'Università di Bologna