Acrobazie e contraddizioni di un convertito di Tana De Zulueta Christopher Hitchens HITCH 22 Le mie memorie ed. orig. 2010, trai dall'inglese di Mario Marchetti, pp.m,€2i, Einaudi, Torino 2012 Di Christopher Hitchens, giornalista, polemista e scrittore, si diceva spesso: "O lo ami o lo odi". Il suo libro di me- morie esce in Italia a qualche mese dalla sua morte per tumo- re, avvenuta nel dicembre 2011, a Huston, nel Texas. Ed è que- st'ultimo doloroso capitolo della sua vita, quella della lotta contro una malattia terminale, narrato con coraggio e lucidità, che ha conferito a Hitchens una statura morale e, direi, una fama trans- nazionale che vanno al di là di quella del corrosivo polemista. La prefazione all'edizione tasca- bile originale, ripresa da quella italiana, fu scritta in ospedale, in piena consapevolezza della mor- te imminente, una postazione che dà al suo vecchio cavallo di battaglia, il rifiuto della religio- ne, una forza particolare. Le sue memorie sono, in buo- na parte, una tumultuosa galop- pata nei fasti del giornalismo del secolo scorso, quando un giovane brillante poteva ancora passare, senza soluzione di con- tinuità, dai banchi dell'universi- tà alle redazioni di Fleet Street e dintorni. Erano tempi in cui i giornalisti, chiusa la pagina, an- davano a bere, e nelle redazioni fumavano pure. (Non a caso, la foto di copertina dell'edizione inglese di Hitch 22, uscita nel 2010, ritraeva l'autore con una sigaretta in bocca: uno scatto quasi fuori tempo). Opinionista fin dalle primissime battute, Hitchens ha continuato a in- trecciare i suoi scritti con una qualche forma di militanza. La- burista dai tempi della scuola, diventò trotzkista, per poi pas-, sare, nel giro di pochi anni, al sostegno pubblico per le guerre dell'amministrazione di George W. Bush. Il libro è la storia di questa strana parabola, quella di un uomo alla ricerca della ri- voluzione, e che alla fine dice di averla trovata nella "American way", a suo dire l'unica rivolu- zione storica a cui sia rimasta una briciola di "verve", e che potesse tuttora offrire un esem- pio ad altri. La morte è presente nel libro fin dalle primissime pagine, con una strana premonizione. Il pri- mo ritratto, quello di sua madre Yvonne, che finì per togliersi la vita in un albergo di Atene, è quello più tragico. La sua storia, insieme a quella del marito uffi- ciale di Marina, rievocano il lun- go e grigio dopoguerra inglese dal quale Hitchens fuggì con tanto slancio. Fu solo molti anni dopo che i fratelli Hitchens sco- prirono che la loro madre era ebrea, cosa che lei era riuscita a nascondere per tutta la vita, per- fino a suo marito. Il capitolo in cui Hitchens ricostruisce la sua ascendenza ebraica, seguendo le tracce della famiglia fino alla cit- tà polacca di Wroclaw, è uno dei più interessanti del libro. Fu Yvonne a dare la spinta più decisa per garantire ai suoi figli la vita brillante che le fu preclu- sa. Hitchens riferisce di avere N. 10 Giornalismo sentito sua madre che insisteva per mandare i ragazzi al college, passo necessario per l'agognata promozione sociale: "Se qualcu- no in questo paese dovrà arriva- re in alto - affermò con decisio- ne - questo sarà Christopher". A Oxford il giovane Hitchens ma- nifestò subito un gusto spiccato per la compagnia e i diverti- menti dei ricchi, una propensio- ne che, come lui stesso ricono- sce, si conciliava male con la sua attività di militante di sinistra nel bollente Sessantot- to. Molti anni dopo, Hitchens si offese quando lo scrittore americano Tom Wolfe 10 prese a modello per 11 personaggio di un giornalista inglese tra- piantato in America, l'arrampicatore socia- le Peter Fallow, nel ro- manzo Bonfire of the Vanities. Di viaggi l'inviato Hitchens ne fece davvero tanti, ma uno dei più interessanti fu quello che fe- ce da studente a Cuba nel 1968, ospite in un campo governativo per giovani "internazionalisti". In questa situazione, scrisse, ri- sultò utile la sua familiarità con i ritmi spartani dei collegi inglesi. Il viaggio coincise con l'occupa- zione della Cecoslovacchia da parte dell'Unione Sovietica, evento che generò un certo ma- lessere financo nell'isola caraibi- ca. Già qui fa capolino, però, la propensione dell'autore a rive- dere i fatti alla luce dei suoi ulti- mi convincimenti. Solo così si può spiegare la sua assurda defi- nizione del film magistrale di Gillo Pontecorvo, La Battaglia di Algeri, proiettato nel campo, co- me "squallida e viscerale idealiz- zazione della guerriglia urbana". Altre volte fu più perspicace, come quando visitò il Pakistan CHRISTOPHER HITCHENS HITCH 22 li «l( MINORI! nel 2001, vedendo in quel paese il vero focolaio del nuovo terro- rismo. Ma ci fu un vizio, che lui stesso attribuisce alla sinistra trotzkista che aveva conosciuto, che non perse mai: quello di de- molire implacabilmente la per- sonalità dei suoi antagonisti. La ferocia con cui trattò Bill Clin- ton, per esempio, risulta incom- prensibile, rispetto al tocco leg- gero con cui scrisse del secondo presidente Bush, un uomo che commise a larghe mani un pec- cato per Hitchens im- perdonabile: quello di operare "nell'assoluta certezza", credendo che le proprie azioni fossero "giustificate da un'-autorità suprema". Più che i viaggi, un piacere al quale ri- nunciò con rammari- co solo alla fine della sua vita, per Hitchens hanno contato gli amici. (Della famiglia si parla assai poco, se non per notare che è stato un padre colpevol- mente assente). Il libro è dedi- cato al suo mentore e amico dai tempi di Oxford, il poeta e in- viato di guerra James Fenton. Sono numerose le celebrità nel pantheon di queste amicizie: gli scrittori Salman Rushdie, Mar- tin Amis, Gore Vidal e Julian Barnes, il grande intellettuale palestinese Edward Said, altri intellettuali di fama come Noam Chomsky. L'unica donna del gruppo è Susan Sontag. Il confronto con Michael Cher- toff, direttore della sicurezza in- terna di George W. Bush, o Paul Wolfowitz, presentato an- che lui come amico, può sor- prendere. Ma questi erano i nuovi riferimenti di Hitchens quando passò rumorosamente da sinistra a destra dopo gli at- tentati dell'I 1 settembre 2001. Il capitolo sull'Iraq comprende la cronaca di questa conversione, culminata nella cerimonia di con- ferimento della cittadinanza sta- tunitense, organizzata da Chertoff sotto uno svolazzo di bandiere nel giorno del compleanno di Tho- mas Jefferson. In questo capitolo, a dire il vero, la faziosità, anche a spese di fatti accertati, risulta fa- stidiosa. Le grandi manifestazioni in tutto il mondo che mobilitaro- no milioni di cittadini contro la guerra in Iraq sarebbero state pi- lotate da "islamisti". Ahmed Cha- labi, un oppositore iracheno fo- raggiato da Washington, poi in- cappato in guai giudiziari per i suoi affari poco chiari, viene dife- so come patriota integerrimo. Le armi di distruzione di massa, mai trovate, che giustificarono una guerra illegale, invece per Hit- chens c'erano, e se non c'erano, questo era comunque il momento giusto per attaccare il criminale Saddam Hussein senza pietà. Acrobazie intellettuali di fronte alle quali, a volte, nemmeno la prosa pirotecnica dell'autore riesce a reggere. (La traduzione di un libro così zep- po di citazioni, allusioni ed espressioni colloquiali non era semplice, ma è riuscita, e le note del traduttore sono chiare e uti- li). Scrivere, per Hitchens, era un piacere sostenuto dal suo grande amore per la lingua e la letteratura inglese. Era colto e curioso, capace di passare ore ad ascoltare o discutere di poesia. Anche in questo era probabil- mente un uomo del secolo scor- so: intriso delle sue più grandi contraddizioni, prima fra tutte quella della guerra combattuta nel nome della pace. ■ tanadezuluetaggmail.com T. De Zulueta è giornalista L'INDICE MOLTIPLICANO Oltre a leggere I JT i rivista anche presso V possibilità di tramite l'app potrai acquistare la •IM^M con la per un anno!