, 0 L'INDICE , ■■ DEI LIBRI DEI MESE ■■ X Narratori italiani Trovarsi senza cercarsi di Gianluigi Simonetti Autobiografia tridimensionale di Andrea Tarabbia Walter Siti RESISTERE NON SERVE A NIENTE pp. 316, €17, Rizzoli, Milano 2012 Rispetto ai romanzi che lo avevano preceduto, Resi- stere non serve a niente di Wal- ter Siti sembra introdurre due novità. La più evidente, di or- dine tematico, affiora già nelle pagine iniziali, quando Siti nar- ratore e personaggio prende la parola per annunciare l'espul- sione dalla sua opera di ogni traccia di erotismo omosessua- le, un motivò che dal libro di esordio, Scuola di nudo, del 1994, si sviluppa incessante- mente fino ad Autopsia dell'os- sessione, del 2010. Il narratore fa in modo anzi che l'abiura scaturisca proprio dalla fredda accoglienza riservata AYAutop- sia: "La condanna di Antonio Franchini (l'editor della Mondadori) a proposito del mio ul- timo romanzo era sta- ta esplicita, lapidaria nella sua rozzezza: 'Sei tornato a scrivere un libro per froci'". La censura omoses- suale prelude alla se- conda novità, che ma- tura intorno a pagina 50, quando Siti pro- mette di rinunciare all'altra sua più tipica abitudine formale, il ricorso ali 'autofiction. Il resto di Resistere non serve a niente, cioè il grosso del libro, sarà in- fatti dedicato al racconto in ter- za persona della vita di un al- tro; nella fattispecie, di Tom- maso Aricò, ricco bankster d'assalto, che dopo averlo co- nosciuto a una festa propone al personaggio Walter Siti di af- frescare la storia della propria ascesa sociale, garantendogli i denari, i materiali e i documen- ti anche psicologici per farlo: "Devi dirmelo tu chi sono". Da qui in poi Siti non sarà che lo scriba, Aricò il committente e insieme il protagonista del libro che stiamo leggendo. Quanto contano queste novi- tà in Resistere non serve a nien- te, e cosa cambiano nell'assetto complessivo della narrativa di Siti, ovvero in quello che sem- pre più si impone come il più articolato, sottile e ambizioso progetto narrativo italiano de- gli ultimi vent'anni? Rispetto all'abiura dell'omosessualità la scelta della narrazione onni- sciente è una mossa forse più strutturale, ma meno inattesa; un po' perché assicurando la fuoriuscita dall'autobiografia il finale di Troppi paradisi già la lasciava presagire, un po' per- ché il Contagio e Autopsia, con le loro generose concessioni al- l'indiretto libero, avevano di fatto spostato l'interesse del lettore su identità e ambienti esterni ed estranei, almeno in parte, al personaggio Walter Si- ti. Ma nel loro insistere sia pu- re molto ambiguamente su un ideale di conoscenza attraversa il desiderio, Contagio e Autop- sia restavano, nonostante tutto, "libri per froci"; se in Resistere l'io si fa più decisamente da parte è proprio grazie alla ri- mozione dell'eros omosessuale, che allenta la presa soffocante dell'ossessione privata per apri- re uno spazio di identificazione più ampia: non più con l'alteri- tà, vera o presunta, dell'eros perverso, ma con il male tout court. L'ambiente che esploriamo attraverso Tommaso Aricò è in- fatti quello della finanza inter- nazionale, investigata nei suoi nessi organici con il mondo del crimine organizzato: rapporto che non è più di semplice e oc- casionale alleanza, ma di vera e propria complementarità, di collaborazione anche filosofica. L'obiettivo, ai livelli più elevati del sistema, è tanto l'arricchi- mento personale, quanto la conquista dell'autorevolezza e del sapere necessari a coman- dare il mondo: "Il denaro non serve per comprare ma per comprendere e quindi dirigere". Per cui il cosmo, co- me illustra la parabo- la etologica racchiusa nel secondo capitolo, viene ridotto sostan- zialmente a carcere e biologia - carcere au- toimposto e biologia "in situazione", sotto- posta agli stimoli di misteriosi e amorali scienziati nell'ombra. Tanto più l'econo- mia globale si fa immateriale e ipercinetica, tanto più al suo in- terno evapora la distinzione tra ciò che legale e ciò che non lo è; mentre tra la gente comune il concetto di libertà si complica e si confonde la frontiera tra fondamentale e accessorio, chi sporcandosi le mani agisce nel- la sala macchine del potere vive alla lettera il problema di non sapere più bene cosa possiede, e che farne. A queste vette il denaro si disincarna, e il profit- to e il consumo si svelano più che mai surrogati di assoluto, per un'umanità che si abboffa di beni materiali ma non smette di aver bisogno di sacro. Perciò la crisi dell'economia occiden- tale, per come il libro la descri- ve, colpisce non tanto e non so- lo il capitalismo industriale, quanto il modello di individuo nato con la modernità, invento- re e depositario dei diritti uma- ni; la stanchezza dell'Occidente "padrone-delle-merci" coinci- de pertanto con la nascita di nuove categorie morali e psico- logiche, con l'ascesa di un poli- teismo non soltanto religioso, ma anche culturale ed econo- mico, e soprattutto con la fine della democrazia, svilita sul piano simbolico e di fatto già esautorata da inedite e sotterra- nee oligarchie transnazionali: "La disuguaglianza si sta ri- prendendo il proprio ruolo gra- zia alla tecnica che diffonde l'opportuno tasso di apatia". Se "ciò che apparentemente è sta- to superato è lì pronto a ritor- nare", si tratta soprattutto di capire quali nuove forme assu- meranno le nostre paure più antiche, e quali evasioni ci in- venteremo per fuggirle. Sul piano dei contenuti, come si vede, Resistere non serve a niente aggiorna e sviluppa la precedente ricerca di Siti più che intraprendere un nuovo cammino. Il personaggio stesso a cui l'autore presta il nome è costretto ad ammetterlo, con- traddicendo sul finire del libro le proprie stesse abiure, di fron- te a Tommaso che rilutta a farne un complice: "Ti ho delegato a vivere temi che sono i miei". I temi in questione sono l'iper- trofia del sé, pronta a rovesciar- si in frantume, alienazione e an- nullamento; l'intransitività del desiderio; l'immagine come or- gano respiratorio del consumo, e il consumo come sede spuria e miserabile in cui il mito si osti- na a sopravvivere. I precedenti romanzi di Siti non alludevano forse, dietro i nudi maschili, al- la tabula rasa dell'umanesimo, alla metamorfosi dell'io, ai nuo- vi commerci tra economia e in- finito? Per quasi vent'anni, at- traverso i suoi "libri per froci", la narrativa di Siti ha parlato di queste cose, e di tutte queste cose insieme. Mentre l'editoria italiana ci abituava a una prosa di intrattenimento, spacciata generosamente per "romanzo", che parla, nel migliore dei casi, di una cosa sola (d'infanzia, di adolescenza, di anoressia; di precariato, di fabbrica, di ma- fia...), i romanzi di Siti, come tutti i veri romanzi, parlavano di tutto, anche quando sembra- vano insistere sulle più idiosin- cratiche delle ossessioni; e par- lavano degli altri, anche quando fingevano di descrivere un indi- viduo isolato, sgradevole e tutto sommato marginale. Certo, una storia non diventa esemplare solo perché l'autore la dichiara come tale ("Mi chiamo Walter Siti, come tut- ti"); affinché l'esperimento funzionasse era necessario da un lato incidere in profondità, dall'altro moltiplicare i test, in- crociare i dati, interrogarsi sul- le corrispondenze. Infatti Resistere non serve a niente pullula, già a una pri- ma e rapida lettura, di simme- trie e sottofondi; vive di collega- menti orizzontali (tra parti di- verse dello stesso libro) e verti- cali (con spezzoni dei libri pre- cedenti); sa all'occorrenza con- traddire anche le proprie censu- re, e ritrovare le antiche osses- sioni, lasciandole lampeggiare in un dettaglio rivelatore. In Troppi paradisi gli omosessuali erano considerati gli alfieri del- l'integrazione consumistica; in Resistere non serve a niente quel ruolo di avanguardia lo svolgo- no i mafiosi; all'intercambiabili- tà delle maschere resiste l'ambi- zione romanzesca di capire il mondo attraverso un esempio: "Penso incongruamente a Ni- cola Gratteri quell'unica volta che l'ho ascoltato in una libreria milanese; uno dal pubblico gli ha chiesto come fanno i mafiosi a scegliersi i prestanome e lui ha risposto 'fanno come gli omo- sessuali, che si trovano senza cercarsi'". ■ gianluigisimonettighotmail.com G. Simonetti insegna letteratura italiana moderna all'Università dell'Aquila Sandro Bonvissuto DENTRO pp. 170, € 17,30, Einaudi, Torino 2012 Tre racconti, tre momenti di- stinti e disgiunti della vita di un uomo raccontati da un'unica voce che dice "io" e viaggia a ri- troso nel tempo: questo è Den- tro, libro d'esordio di Sandro Bonvissuto, l'"oste filosofo" ro- mano il cui volto è molto somi- gliante a quello che campeggia in copertina. Si sarebbe tentati di credere che ci sia molto dell'au- tobiografia, in questi tre ritratti, benché l'autore si sia premurato di assicurare che, al di là di alcu- ni spunti, l'io narrante non corri- sponda a quello dell'autore: le esperienze che Bonvissuto rac- conta sono però osservate da molto vicino, e ruotano intorno a luoghi, ambienti e frequentazio- ni con cui l'autore mostra di aver avuto una certa confi- denza. Di fatto, Dentro è un'opera che si legge come una confessione, come il bilancio dei primi quarant'anni di vita di chi l'ha scritto, ed è in questo senso che il libro ha una sua ragion d'essere: l'at- tenzione spasmodica al particolare, alle picco- le cose del quotidiano, le riflessioni brevissime e spesso fulminanti che attraversano il te- sto rendono infatti Dentro un non-romanzo, una non-narrazio- ne che, se non portasse il lettore a immaginare qualche legame tra fatti narrati e vita vissuta, mo- strerebbe la corda in molti pas- saggi e sarebbe - perché non dir- lo? - meno interessante. E in- somma il gioco, sicuramente vo- lontario, di corrispondenze tra fiction e realtà che tiene in piedi il libro. Prendiamo II giardino delle arance amare, primo episodio della triade: l'io narrante vi rac- conta un'esperienza trascorsa in carcere, e lo fa senza specificare il crimine che ve l'ha condotto né l'istituto di pena né i motivi che, dopo un periodo relativa- mente breve, portano alla scar- cerazione. Il tentativo, insomma, è quello di rendere universale e paradigmatica un'esperienza-li- mite, e di approfittare del conte- sto per riflettere sulla condizio- ne umana. Per questo, Bonvissu- to più che narrare descrive: co- m'è fatta la cella, come ci si vive, come sono i bagni, a che ora si può fare la doccia e così via. Il racconto, insomma, sembra co- struito per rispondere a doman- de su "com'è fatto" il carcere e su "come funziona" la vita in cella. Non ci sono veri personag- gi, ma "tipi" che interagiscono tra loro; i dialoghi sono pochissi- mi e tutti volti a far capire a chi narra e a chi legge quali sono le regole di comportamento in ga- lera. Non c'è una vera e propria storia, non c'è uno sviluppo del discorso: è una lunga fotografia esistenziale che inquadra una condizione e la commenta (il modello è sicuramente il Sartre del Muro). Il secondo episodio, Il mio compagno di banco, è forse il più riuscito della raccolta, fatte salve le prime, lunghissime pa- gine in cui Bonvissuto si perde a raccontare delle comunissime sensazioni da primo giorno di scuola. Il pezzo decolla letteral- mente quando, quasi per caso, il narratore scopre un legame di sangue con il proprio compa- gno di banco: i due instaurano una "diarchia" e vivono per un intero anno scolastico in com- pleta simbiosi. Anche qui, pe- rò, non si narra: si fotografa. Bonvissuto descrive un rappor- to umano senza svilupparlo narrativamente: i due protago- nisti non hanno nome, la vicen- da si svolge in ambienti anoni- mi, senza personaggi e pratica- mente senza azione. Ma l'intui- zione della "diarchia" è felice, la lingua è secca ed efficace ed è affascinante e profondamente umana l'assoluta gratuità con cui i protagonisti si trovano e respirano all'unisono. L'ultimo episodio, Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad an- dare in bicicletta, sco- va un momento del- l'infanzia del narrato- re, che per non sentir- si escluso dal gruppo chiede al padre di in- segnargli ad andare in bici. Mentre descrive la vita quo- tidiana di una borgata romana, Bonvissuto porta il narratore al cospetto di un padre con cui non ha mai avuto un vero rap- porto: il momento in cui il figlio chiede al padre di fargli da mae- stro è il migliore di tutto il libro, e rivela anche un'insospettabile vena comica che fa da contro- canto a massime come "non è la morte l'avversario della vita, ma il tempo" o "la solitudine è una condizione indispensabile". Ecco, il tono vagamente sa- pienziale, da "insegnamento di vita", che percorre Dentro (e che è fortissimo nel primo rac- conto) è l'aspetto che rende il libro una proposta particolare fna, allo stesso tempo, in alcuni punti difficile da accettare. Se lo si accetta, è perché si è por- tati a immaginare che, come si diceva, ci sia molto di vero in ciò che viene raccontato. Detto in parole povere: una massima di vita tramandata da chi è sta- to davvero in carcere è perdo- nabile e persino preziosa; la stessa massima, lo stesso giudi- zio sull'esistente fatti senza il supporto di una solida struttu- ra narrativa e messi così, nero su bianco, da uno che ha fatto molta meno vita di quella che racconta, non lo sarebbero. Il patto narrativo che Dentro mi- ra a stabilire con il lettore - al netto di una lingua precisa e af- filata, di un sicuro talento nel- l'osservazione dei comporta- menti umani e della capacità di elevarli a paradigma - è insom- ma fondato su un equilibrio precario. ■ tarabbia.andrea@gmail.coti A. Tarabbia è scrittore Walter Siti \\ Resistere non serye f ' a niente