■ ■■■■■■■■■■■MHnBHn N. 3 V-jvy -V? Come ricostruire e interpretare la complessità di un colpo di Stato itiùi- Un istante di storia e la verità letteraria di Franco Marenco CO e o k a k CU • ^ k • Kà co E ormai una specialità di Javier Cercas di con- centrarsi su un microepisodio della storia del suo paese, di penetrare nelle immagini che lo fissano per sempre, di ricostruirne lo sfondo e di interrogarsi sulle sue ragioni, sul suo significato più profondo - e scriverci su un bel libro. Nel grande Soldati di Salamina (ed. orig. 2001; Guan- da, 2002) l'immagine da indagare era quella del legionario spagnolo che si imbatte nel falangista in fuga dal plotone di esecuzione e lo ignora, sal- vandogli la vita; nell'altrettanto grande Anatomia di un istante (ed. orig. 2009, trad. dallo spagno- lo di Pino Cacucci, pp. 466, € 18,50, Guanda, Parma 2010) è l'immagine dell'irruzione del te- nente colonnello Antonio Tejero nel Parlamento di Madrid, il 23 febbraio 1981, alla testa di un drappello di congiurati ______ che sparano raffiche al- l'impazzata, con Adolfo Suàrez, il primo Presi- dente della Spagna post- franchista e democratica, che resta seduto nel suo scranno al centro della scena, immobile e impe- netrabile come una sfin- ge. E il golpe-, il momento fatidico che contiene in sé la voglia di rivincita del franchismo, la rabbia di un esercito recalci- trante alla normalizzazio- ne, l'ostilità dei partiti verso il governo di Suà- rez, il distacco del paese, la pusillanimità dell'inte- ro Parlamento (esclusi due altri personaggi- chiave, il vicepresidente Manuel Gutiérrez Mella- do e il comunista Santia- go Carrillo, gli unici due a non obbedire ai rivol- tosi, a non stendersi a terra). Cercas - l'occhio incol- lato su quello dell'unica camera televisiva che continuava a inquadrare la scena - scompone que- sto istante in molteplici sequenze, le popola con i protagonisti della politi- spagnola dall'inizio fittizi? Come tutti i veri scrittori della contempo- raneità Cercas non si lascia sopraffare dal dilem- ma, e lo risolve con sovrana ironia: "Questo mio libro (...) pur non essendo un libro di storia (...) non rinuncia del tutto ad essere letto come un li- bro di storia; e neppure rinuncia a rispondere a se stesso oltre che alla realtà. E quindi, pur non essendo un romanzo, non rinuncia del tutto a es- sere letto come un romanzo...", ecc. Avvertenza (implicita) ai lettori: se proprio volete distingue- re la storia dalla finzione rivolgetevi altrove: e questa avvertenza noi sottoscriviamo, trovando fortemente avvincente quell'oggettivo, essenzia- le, penetrante modo di immaginare, di far rivive- re un'azione documentata fin nei minimi parti- colari eppure sempre così sfaccettata, così enig- Mettersi da parte, eroicamente di Enrico Castelnuovo ca della guerra civile fino ai nostri giorni, e procede scavando con magistrale intensità le motivazioni caratteriali, psicologiche, ideologiche che quel gol- pe hanno alimentato, drammatizzato, assegna- to al futuro. Un lavoro di storico - come rileva Alfonso Botti sull'" Indi- ce" di gennaio, e come attesta la trentina (!) di fittissime pagine di bibliografia - ; ma la questio- ne non si ferma qui, anzi si riapre subito con l'annosa, se non secolare, domanda: quanto di questo libro è storia, cronaca di una realtà fat- tuale, e quanto è finzione, narrazione letteraria, messa in forma di una personale interpretazione, di una personale retorica? Quanto di quelle im- magini fissate dalla cinepresa e perpetuate da in- finite repliche mediatiche pone, e non risolve, il problema del genere - realismo, invenzione, spettacolo - cui appartengono? Il libro si apre con queste parole: "(...) ho letto che un quarto degli inglesi pensa che Winston Churchill sia un personaggio di finzione"... e il seguito è chiaro: quanto Suàrez, i congiurati e tutti gli altri ritor- nano a loro volta a noi come personaggi reali, e quanto come personaggi romanzeschi, televisivi, Madrid 23 Febbraio 1981. Nell'aula del con- gresso di Madrid dove si sta votando la fi- ducia a un nuovo primo ministro in mezzo al tu- multo e agli, spari delle guardie civili comandate dal tenente colonnello Tejero che, come solo la realtà può permetterlo, assomiglia a un perso- naggio - "yo soy el teniente, yo soy el te- niente, yo soy el te- niente coronel de la guardia civil" - del Poema del cante jon- do (1921) di Federi- co Garda Lorca, mentre tutti i deputa- ti si gettano a terra al riparo dei loro ban- chi tre personaggi re- stano immobili sui loro banchi. Sono Adolfo Suàrez, il ca- po del governo di- missionario, Santiago Carrillo il segretario del partito comunista spagnolo e il generale Manuel Gutiérrez Mellado, un ministro del governo Suàrez. Appartengono a una nuova classe di eroi, gli eroi della ritirata (una definizione che fa qua- si pensare al grande Kutuzov) che Hans Magnus Enzesberger ha definito come gli eroi del nostro tempo: il generale Wojciech Jaruzelski, Michail Gorbacev, o, appunto, Adolfo Suàrez. Coloro che salvano o risolvono una situazione metten- dosi, finalmente, da parte. Le loro storie, le loro motivazioni possono es- sere diverse, simili le loro situazioni: un primo ministro già franchista che ha governato il pae- se verso la democrazia e che ora è sul punto di lasciare il potere, il segretario di un partito co- munista un tempo egemone, ora in pieno decli- no, un vecchio generale che un tempo aveva combattuto a Madrid sul fronte opposto a quel- lo di Carrillo, era di- venuto un fedele ser- vitore del re e dello stato democratico ed è odiato dalla casta militare. Alcune tele- camere riprendono la scena che, osservata da diversi punti di vi- sta, si prolunga con poche varianti per molte e molte inter- minabili ore. I tre eroi, impassi- bili, non si piegano. Dietro di loro, nei pa- lazzi di Madrid, nelle caserme della Spa- gna, si dipana un in- treccio di golpe che finiranno per fallire. Sarà il re che dirà l'ul- tima parola ma sono il capo di un governo dimissionario, il se- gretario di un partito comunista in rapida disce- sa, un generale detestato dai suoi pari, a tenere la scena per il lungo tempo, in cui i diversi golpe si sviluppano, si intrecciano, si confondono, si per- dono. Tre eroi del nostro tempo, tre protagonisti di una vicenda già antica narrata in un modo sor- prendentemente, splendidamente contempora- neo. Tre personaggi che hanno trovato un auto- re. Un grande libro. matica e sfuggente. Onore dunque allo storico che è ritornato su quelle vicende allineando i fat- ti, esaminandoli uno a uno, mettendoli in rap- porto; e onore allo scrittore che li ha ricostruiti e interpretati e ridotti a stile senza perdere di vista la labirintica complessità che presenta un colpo di stato, la sua preparazione, le sue incognite, il suo fallimento - e i dubbi che continua a genera- re, oggi come ieri, nell'autore non meno che in chiunque ne esamini a mente fredda gli sviluppi. La tesi che emerge dalla lettura è che il golpe che conosciamo sotto l'infausto nome di Tejero fosse composto da tre golpe l'uno sull'altro, cia- scuno dipendente dalla volontà, aperta o dissi- mulata, di un capofila. La sua debolezza si rivelò nel momento decisivo, quando le tre direttive su cui muoveva si scoprirono contraddittorie; e a esporne la contraddittorietà fu il re, quando eli- minò ogni dubbio sulla sua fedeltà alla nuova Costituzione. Dal punto di vista politico, poi, a Cercas preme di mettere in relazione i due mag- giori golpe scatenati in Spagna dall'esercito nel Novecento, quello di Franco nel 1936 e quello di Tejero nel 1981, per chiedersi se il fallimento del secondo, e le conseguenze di tale fallimento, possano rappresentare il ristabilimento della de- mocrazia abolita dopo il successo del primo: la sua risposta è sì, contro coloro che sostengono come la nuova democrazia fosse inquinata da un patto fra vecchi franchisti come Suàrez e vecchi comunisti "annacquati" - e all'occorrenza euro- comunisti - come Carrillo. Molti altri attori presero parte a quella tragedia, non finita in farsa ma in severe condanne. NellV ____ natomia di Cercas essi appaiono in ritratti me- morabili, come si convie- ne a "veri" personaggi ro- manzeschi. Uno in parti- colare va ancora menzio- nato, ed è l'onnipresente Suàrez - primattore ma certo non "eroe", perché anche lui investito da una luce cruda di politico tut- tofare, simulatore e ambi- zioso, eppure coraggioso negli anni decisivi della "transizione", che lo in- nalzano insieme a Carril- lo a vero difensore della democrazia. E colpisce il parallelo che Cercas isti- tuisce fra questo esperto navigatore della politica con un personaggio che più romanzesco non si può, protagonista ed eroe non di un romanzo ma di un film, il Generale della Rovere di Roberto Ros- sellini: non un grande film, ammette Cercas, ma eccezionale nell'inqua- drare una figura di asso- luta doppiezza, un colla- borazionista infingardo che, sotto la pressione degli eventi - meglio, del- la Storia - improvvisa- mente si mette a recitare la parte dell'eroe della Resistenza, e la recita tan- to bene che ne muore. Come quel personaggio anche Suàrez, prosperato sotto il franchismo con i metodi del franchismo, si trasforma improvvisa- mente in artefice e difen- sore della democrazia, capace - forse - di una estrema testimonianza nel momento più critico. Già, forse: perché nella sua ricerca di una "verità letteraria" - "la verità letteraria non è la verità storica, né quella giornali- stica: è una verità d'altro tipo (...); una verità mo- rale, poetica" (intervista a Bruno Arpaia, "Il Seco- lo XIX", 8-2-2002) - Cercas è bene attento a non concludere la sua indagine con delle certezze: la scena da anatomizzare, l'irruzione di Tejero nel- l'aula del Parlamento, a dispetto della sua spetta- colarità non rivela fino in fondo il suo segreto: l'a- natomia dell'atto eroico di Suàrez, che ignorò l'or- dine di gettarsi a terra sotto la minaccia delle armi, non può che far nascere alcune inverificabili ipo- tesi, rette tutte da un "chissà". ■ marencof@tin.it F. Marenco è professore di letterature moderne comparate all'Università di Torino