J N. 6 Idei libri del mese| 37 Memorabili di Senofonte, a cura di Fioren- za Bevilacqua, pp. 683, € 140, Utet, Torino 2011 Di alcuni episodi della vita di Socrate Se- nofonte fu probabilmente testimone, di altri ebbe solo notizia: reali esperienze, raccon- ti di seconda mano e soprattutto la volontà di consegnare al pubblico la "sua" figura del filosofo sono all'origine dei quattro libri dei Memorabili. L'opera fu composta in una data imprecisata ma successiva di alcuni anni al processo e alla morte di Socrate (399 a.C.), anche in risposta a detrattori postumi come il sofista Policrate (392 a.C.), e presenta ricordi di vicende e dialoghi in cui il filosofo è l'indiscusso protagonista. Da molto tempo la critica, rinunciando a vedere nel testo una testimonianza del ve- ro Socrate, riconosce come Senofonte ne abbia manipolato l'immagine in un raccon- to dove si riflettono piuttosto gli interessi dell'autore, un aristocratico ateniese che alla fine del V secolo a.C., quando muove- va i primi passi sulla scena politica, ebbe modo di incontrare il filosofo e frequentarlo, sia pure in modo superficiale. Questa nuo- va versione dei Memorabili ha due sicuri meriti: il primo è la grande attenzione per il testo greco, che Fiorenza Bevilacqua ha ri- visto sulla base della edizione della Collec- tion des Universités de France\ nella Nota critica la curatrice indica i punti in cui, con argomentate motivazioni, sceglie di disco- starsi dal modello di riferimento, e ne dis- cute altri dove la lezione della vulgata pre- senta innegabili difficoltà. Il secondo meri- to è la notevole informazione, che si ap- prezza sia in una parte introduttiva davve- ro esauriente e aggiornata, sia nelle note che corredano tutto il lavoro; si segnalano in particolare le sezioni dedicate alla disa- mina delle molteplici sfaccettature del pen- siero del Socrate senofonteo, anche in rap- porto con la rappresentazione platonica del filosofo. Elisabetta Berardi Seneca, Fedra, a cura di Alfredo Casamento, pp. 275, €23, Carocci, Roma 2011 Una summa della Fedra senecana. Que- sta una possibile definizione del volume di Alfredo Casamento dedicato al dramma che il filosofo scrisse in data non chiara, ma da collocarsi presumibilmente fra i suoi pri- mi esperimenti con il genere della tragedia, e destinato ad avere enorme successo, co- me paradigma di teatro tragico, fra il Tre- cento e il Settecento. Il lettore vi troverà na- turalmente il testo, basato sull'edizione di Zwierlein, ma criticamente riveduto da Ca- samento (che diverge in una trentina di ca- si); una traduzione; un ampio saggio critico introduttivo, che guida passo passo alla let- tura dell'opera e la colloca nel flusso delle innumerevoli Fedre letterarie, da Euripide al cinema degli anni sessanta; un commento continuo; una bibliografia aggiornata e divi- sa per temi (dalle edizioni al Fortleben). Nell'approccio alla traduzione del dramma, punto sempre delicato, Casamento ha op- tato per la prosa (evitando versi o pseudo- versi); il cursus mantiene comunque una rit- micità piuttosto accentuata, e la lingua scel- ta è un italiano alto, tragico-epico ma con una patina arcaizzante non eccessiva, che potrebbe funzionare in una rappresentazio- ne di teatro di prosa (ammesso e non con- cesso che le tragedie di Seneca siano pen- sate per la rappresentazione). Il commento, pur non pensato per la lettura continua, ma come riferimento esegetico ad locum, non si risolve, come spesso accade, nella cita- zione di una pletora di loci intertestuali (che pure non mancano), ma mantiene anzi una sua leggibilità autonoma. Per l'equilibrio ge- nerale del lavoro, la completezza e l'aggior- namento, il volume di Casamento è proba- bilmente oggi il lavoro di riferimento per chi intenda accostarsi alla Fedra di Seneca. Massimo Manca frase iniziale, è la superiorità del pensiero sul corpo: solo sapere che cosa è bene può indurre ad agire rettamente e alla felici- tà. Dal momento che "causa dell'errore è l'i- gnoranza del meglio", l'essere umano è piuttosto stolto che malvagio: se tale idea può sembrare socratica, tutto democriteo è tuttavia il ruolo della volontà, per cui in defi- nitiva è improbo chi, pur conoscendo il be- ne, sceglie di compiere cose vergognose. Così, mentre l'intelligenza può cogliere il ve- ro e tradurlo in retto agire, il sapere enciclo- pedico fine a se stesso è arido, tanto che inutile è tentare di indurre all'intelligenza chi, come gli eruditi, "crede di possederla già". Di piacevole lettura, queste brevi mas- sime, in cui spiccano la coincidenza di buo- no, bello e vero e il richiamo costante al do- vere morale, alla giustizia, all'equilibrio e al- l'indifferenza verso i biasimi degli stolti, so- no portatrici di valori universalmente validi e che avranno echi costanti nella tradizione fi- losofica non solo antica. Manuela Callipo Democrito, Massime, a cura di Guglielmo Ruiu, pp. 280, testo greco a fronte, € 14, La Vi- ta Felice, Milano 2011 Delle cosiddette Massime di Democrate, vale a dire di una parte del corpus dei fram- menti etici di Democrito, Guglielmo Ruiu of- fre una nuova edizione con traduzione ita- liana e commento. Apre il lavoro un'ampia introduzione, in cui il curatore ripercorre la storia degli studi sull'autenticità della rac- colta e si pronuncia a favore della paternità democritea, respingendo il giudizio sulla presunta banalità delle sentenze e mo- strando come esse, attestate da fonti diver- se e legate da analogie tematiche, ben si inseriscano nel quadro del pensiero del fi- losofo. Ciascuna massima è seguita da un dettagliato commento, che tiene conto de- gli aspetti sia contenutistici e filosofici, sia stilistici, linguistici e filologici. Nonostante la mancanza di un vero e proprio apparato critico, in nota sono segnalate e discusse anche le varianti, se importanti per la con- stitutio textus-, grazie alla ricognizione dei cinque testimoni manoscritti, vengono in più di un'occasione corrette imprecisioni dovute agli editori precedenti. Sottile fil rou- ge tra tutte le sentenze, affermato fin dalla Gennaro Tedeschi, intrattenimenti e spet- tacoli nell'Egitto ellenistico-romano, pp. 157, € 12, Edizioni Università di Trieste, Trieste 2011 Le nostre conoscenze sul mondo dello spettacolo in età greco-latina sono legate in modo stretto alla conservazione dei testi (lirici o drammatici) utilizzati nelle diverse esecuzioni e rappresentazioni, o da esse derivati, e alla riflessione critica antica su tali forme letterarie o musicali, cosicché siamo ben informati sui generi maggiori (li- rica, tragedia, commedia) e sul loro svilup- po, soprattutto in età arcaica e classica, ma assai meno sappiano delle età succes- sive. Il volume di Gennaro Tedeschi colma proprio questa lacuna, poiché analizza nel dettaglio le testimonianze in lingua greca relative alle attività musicali e teatrali che hanno avuto una diffusione capillare in realtà periferiche come l'Egitto di età elleni- stico-romana, dal periodo tolemaico alla tarda età imperiale. L'autore, infatti, inseri- sce nel più vasto quadro storico-letterario coevo le notizie tratte dal materiale docu- mentario a nostra disposizione sulle pub- bliche esibizioni musicali (di citaredi, suo- natoci professioniste, auleti), sulle rivisita- zioni di più tradizionali rappresentazioni drammatiche (tragedia, commedia, dram- ma satiresco), sui professionisti dello spet- tacolo (in primo luogo omeristi, musici e danzatrici, ma anche oratori, retori e sofisti) e sulle nuove forme di intrattenimento che ebbero un grande successo di pubblico (pantomima, mimi e spettacoli che oggi definiremmo circensi). In chiusa sono rac- colti gli ottanta documenti utilizzati nella prima parte del lavoro e, per completare e agevolare la lettura, ogni testo greco è cor- redato da apparato critico e traduzione ita- liana. In particolare, la prima appendice ri- porta la documentazione sui contratti ri- guardanti gli artisti dall'età tolemaica fino al IV secolo d.C., mentre la seconda contiene un'ampia antologia di documenti sugli arti- sti in Egitto dal periodo tolemaico fino al VI secolo d.C. Amedeo A. Raschieri Yves Roman, Adriano, ed. orig. 2008, trad. dal francese di Marianna Matullo, pp. 468, € 26, Salerno, Roma 2011 Yves Roman, autore di questa monogra- fia sull'imperatore Adriano, è professore di storia antica presso l'Université Lumière Lyon 2 e ha al proprio attivo diversi libri sul- l'alto impero romano. Titolo originale dell'o- pera (2008) è Hadrien. L'empereur virtuo- se, dove virtuose, ha rilevato Luciano Can- fora sul "Corriere della Sera" del 25 no- vembre 2011, "indica persona al tempo stesso molto dotata, molto abile, e anche brillante". Sin dalla prefazione Roman cer- ca di fare i conti con quella che egli defini- sce una "celebre romanziera contempora- nea" e cioè Marguerite Yourcenar, l'autrice belga del romanzo storico Mémoires d'Ha- drien, risalente all'ormai lontano 1951. Ma Roman chiarisce subito che il suo libro non sarà una conversazione con il libro di Your- cenar poiché diverso è il compito dello sto- rico rispetto a quello del letterato. L'intro- duzione del volume di Roman è dedicata non a caso a una meticolosa classificazio- ne delle fonti, letterarie (Svetonio, Cassio Dione, la cosiddetta Storia Augusta: in ge- nere testimonianze avverse all'imperatore) ma anche di altro tipo (epigrafiche, numi- smatiche e ancora architettoniche). Qui ci soffermeremo da ultimo sull'aspetto delle ben note velleità letterarie dell'ellenizzante imperatore. Rimangono infatti assai celebri e molto dibattuti presso gli studiosi i versi che Adriano avrebbe composto in punto di morte: "Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t'appre- sti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi con- sueti" (traduzione di Lidia Storoni Mazzola- to). Rispetto a questi versi Roman forse propende però per l'interpretazione dete- riore, quella che riferisce pallidula nuduia non a loca ma ad animula. Giuseppe Solaro e o so co • tei -sì o •io o GQ Piero Treves, Le piace tacito?". Ritratti di storici antichi, a cura di Carlo Franco, pp. 228, € 20, Aragno, Torino 2011 Fin dal titolo del volume, stralcio di una conversazione tra Napoleone e Goethe, Carlo Franco ci introduce nella di- mensione del dialogo, o del dibattito, con e sui classici, che fu la dimensione della vita e dell'attività di Piero Treves (1911-1992). Ed è anche la dimensione del recente lavoro di Franco, che di questo storico del mondo antico si propone di mettere in luce il pensiero illuminante attraverso i percorsi delle sue discussioni erudite, l'importanza delle sue doman- de e risposte. "Le piace Tacito?" è in prima istanza una rac- colta di saggi in cui Treves ha ricostruito le linee degli studi di storia antica tra Ottocento e Novecento e illustrato la for- tuna alterna di storici e biografi greci e romani, come Tucidi- de e Tacito, Plutarco e Svetonio, dall'età neoclassica alle guerre mondiali. Ma è anche, e soprattutto, un libro su Tre- ves stesso, realizzato con una sapiente regia che, attraverso una disposizione meditata dei saggi, crea una galleria di ri- tratti di antichi, che acquisisce unità e senso alla luce del ri- tratto principale di Treves. Questo appare ad apertura del li- bro, nella nutrita introduzione di Franco, che con un chiaro e coinvolgente racconto guida il lettore tra le pieghe raffina- te di una personalità complessa e affascinante, che fu storico, giornalista, studioso, ma volle prima di tutto essere uomo. Un compito difficile per un ebreo e antifascista, figlio del grande socialista e nemico personale di Mussolini, Claudio Treves. La vita e l'opera di Piero ruotano intorno a questa difficoltà di vivere la propria libertà di uomo e di studioso di fronte alle discriminazioni razziali e alle censure del regime. Una difficoltà che diventa punto di vista privilegiato per una profonda comprensione dell'antico, per un'intima comunio- ne con i classici, in cui Treves cercò lezione e conforto, il mes- saggio di humanitas per esorcizzare la disumanità del pre- sente. Tutta la produzione di Piero Treves è perciò caratteriz- zata dalla compenetrazione tra antico e moderno, dai giova- nili commenti agli autori antichi fino alle opere mature, de- cisamente concentrate sulla storia degli studi classici. I saggi qui raccolti appartengono a questo campo di inda- gine, ma, oltre al contributo scientifico, offrono un'impor- tante lezione di metodo storico: Treves segue il percorso de- gli antichi attraverso i secoli, stagioni diverse e lontane della cultura europea, ma nello stesso tempo contesta le interpre- tazioni attualizzanti e tendenziose, politicizzate e strumenta- li, allegoriche e analogiche che di essi via via furono date. Ne restituisce in cambio la dimensione ideale, il messaggio etico e assoluto, il valore atemporale che li rende intramontabili maestri per tutte le epoche, sebbene sempre uguali a se stes- si. Questo è il contenuto della prolusione triestina del 1962, che, con una panoramica generale sugli studi di storia greca nel corso del XIX secolo, introduce i saggi sui singoli storici antichi, e ne offre la chiave di lettura. Non senza una nota polemica, Treves ripercorre le "storie della storia greca" scrit- te, e viziate, da più prospettive politiche e partigiane, dal- l'antibonapartismo di Niebuhr, al liberalismo repubblicano di Grote, al liberalismo romantico di Curtius, al razzismo di Beloch, per salutare poi la rinascita della storiografia genui- na nel ripensamento etico di De Sanctis, che, sulla scia di Jae- ger, individua nello studio della grecità la restaurazione dei valori umanistici, spazzati dalle guerre mondiali. E così Tucidide, Plutarco, Tacito e Svetonio, giudicati alla luce di istanze ora idealistiche e nazionalistiche, ora unitari- ste e razziste, sezionati dai cultori del tecnicismo scientista, hanno attraversato l'Ottocento, apprezzati e criticati, ma di certo non capiti. Tucidide, considerato in quanto narratore della sconfitta dell'Atene periclea, è anche, e soprattutto, te- stimone della religione della polis. Plutarco, prima che col- lettore di informazioni biografiche, è consapevole portavoce del senso dell'umanità, della forza della tradizione che, con- catenando passato e presente in nome del paradigma etico, assicura la vita della grecità sotto l'impero di Roma. La stes- sa lezione si deve leggere, in negativo, in Svetonio e Tacito, testimoni di una cultura latina in declino a causa della rot tura della tradizione, che toglie respiro morale alle Vite di Svetonio, e riversa nei resoconti storici di Tacito una dispe razione senza risposte. Antonalla Capano