J N. 6 10 rftf Una vasta documentazione storica e una conoscenza profonia degli scritti alla base iella ricca biografia del filosofo di Kónigsberg La maniacale puntualità altrui di Antonino Falduto SO JS il I •ite 3 ^ CO I primi studi biografici che compaiono all'indo- mani della morte di Kant, nel 1804, sono per- lopiù tentativi di mettere in questione l'onestà umana e intellettuale di quello che era stato il fi- losofo più influente del tempo, e di ingenerare sospetti sulle sue convinzioni religiose e politiche. Per arginare l'influenza di quel genere di pubbli- cazioni e per presentare una versione meno ten- denziosa della vita di Kant, Ludwig Ernst Borow- ski, Reinhold Bernhard Jachmann ed Ehregott Andreas Christoph Wasianski, tre amici che lo avevano frequentato in momenti diversi della sua vita, ne tracciarono un efficace ritratto. Questi tre biografi, tuttavia, forse perché tutti teologi, non erano propensi a dipingere Kant come il filosofo libertino "onnistritolante", Y allerzermalmender Kant che emergeva dalla descrizione di Moses Mendelssohn. Sicché domandarsi chi fosse Im- manuel Kant non è affatto, ora come allora, una questione piana. In Kant. Una biografia (ed. orig. 2001, a cura di Stefano Bacin, pp. 663, € 60, il Mulino, Bologna 2011), Manfred Kuehn, studioso tedesco che in- segna da anni negli Stati Uniti, si propone di ri- spondere alla questione andando oltre i molti stereotipi che circondano la figura di Kant; non occorre infatti essere conoscitori esperti della fi- losofia critica per aver sentito parlare delle con- suete passeggiate di Kant, su cui si regolavano gli orologi di tutta Kónigsberg. L'analisi accurata della documentazione storica e la profonda co- noscenza degli scritti kantiani sta alla base della presentazione di Kuehn, la quale si presenta co- me uno strumento fruibile anche da chi desideri semplicemente farsi un'idea di chi fosse questo grande personaggio della storia della filosofia. In questa sua presentazione Kuehn lascia parlare insieme l'uomo e il pensatore, alternando alle scene di vita quotidiana, ai banchetti e ai collo- qui privati, le riflessioni filosofiche e le dispute con altri grandi pensatori. La stretta connessione tra vita e riflessione determina la scelta di intro- durre l'esposizione della filosofia trascendentale ben oltre la metà del libro; la Critica della ragion pura era stata propriamente un'opera della matu- rità: Kant l'aveva pubblicata quasi all'alba dei suoi sessant'anni. Così, da principio, si fa la conoscenza del gio- vane Kant, della sua vita domestica nella Kónig- sberg prussiana (l'attuale città di Kaliningrad, sul lembo di terra russo sul mar Baltico, tra la Li- tuania e la Polonia), del rapporto con i fratelli, della sua frequentazione di una scuola di orien- tamento pietista, dell'iscrizione all'Università Al- bertina di Kónigsberg. Arrivano quindi i tempi in cui Kant, come precettore, si allontana dalla sua città natale: sarà la prima e unica volta che Kant lascerà Kónigsberg per un periodo relativa- mente lungo, dal 1748 al 1754, quando tornerà per redigere lo scritto per l'abilitazione all'inse- gnamento. Il giovane magister impartisce in que- gli anni le proprie lezioni privatamente, vive, se- condo l'uso del tempo, dei soli compensi che ri- esce a racimolare dai suoi studenti: nelle sue le- zioni non si impara la "filosofia", ma "a filosofa- re: non a ripetere i pensieri, ma a pensare". Sono gli anni i cui nasce l'immagine del galanter magi- ster. Kant è attento al proprio aspetto e alla ma- niera, fiero protagonista dell'alta società regio- montana. Kuehn fa risalire la prima grande svolta nella vita di Kant al 1764, quando il filosofo compie quarant'anni. Come Kant stesso scrive ndYAn- tropologia del 1798, è solo a quest'età che un uo- mo raggiunge la maturità e si forma un carattere stabile. Quest'idea sembra valere per la vita del filosofo: in quegli anni Kant affianca al razionali- smo puro di stampo wolffiano uno spiccato inte- resse per l'empirismo newtoniano. Solo nel fati- dico 1769, Hume arriva a svegliarlo dal "sonno dogmatico della ragione", come avrà a dire diver- si anni dopo nei suoi Prolegomeni. Il futuro fon- datore della filosofia critica si presenta, a quest'e- poca, come un pensatore eclettico e indipenden- te, un autentico Selbstdenker. Questa grande svolta viene coronata nel 1770 con la nomina a professore ordinario di logica e metafisica, dopo gli insuccessi delle candidatu- re del 1756 e del 1758, e svariati rifiuti di catte- dre che lo avrebbero allontanato dalla sua Kó- nigsberg (come nel caso della cattedra a Erlan- gen nel 1769 e quella a Jena nel 1770). Neppu- re quando, nel 1778, gli si propone l'opportuni- tà di andare a Halle, con uno stipendio miglio- re e in un'università più prestigiosa, sulla catte- dra che era stata di Wolff, Kant si risolverà a partire. Alla base della sua riluttanza Kant ad- duce cause oggettive: l'età, la salute cagionevo- le; tuttavia sembra proprio l'ansia di cambia- mento ad aver rivestito un ruolo preminente nelle sue scelte. Nel 1770, Kant presenta la dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et prin- cipiis, che contiene in nuce molti dei temi della fi- losofia critica. I risultati di una lunga ulteriore ri- flessione su questi temi vedranno la luce solo nel 1781, nella Critica della ragion pura. Il decennio trascorso è assolutamente silenzioso: Kant con- duce una vita sobria e severa, lavora incessante- mente all'elaborazione della propria filosofia. Non pubblica nulla e in soli cinque mesi mette in- sieme il testo della prima Critica. Ciò ha dato ori- gine a una serie di interpretazioni divergenti sul- la natura dell'opera, la quale, secondo Kuehn, non è stata scritta di getto, ma composta in ma- niera rapida sulla base di svariati appunti accu- mulati negli anni. A differenza di molti altri studiosi, Kuehn ritie- ne che nella stesura dell'opera sia stato parti- colarmente rilevante il ruolo di Joseph Green, un rispettato commerciante della colonia inglese di Kónigsberg, amico di Kant, il quale non si preoc- cupava "tanto di seguire i propri affari quanto piuttosto di leggere i libri inglesi su nuove scoper- te e invenzioni", e che "conduceva una vita da eremita". Kuehn racconta di come Kant abbia dis- cusso con Green l'intera Critica prima di affronta- re la stesura: cosa, questa, che sembra trovare ri- scontro nella presenza di "molte espressioni (...) che si possono far risalire al linguaggio dei com- mercianti, come 'prestito', 'capitale', e altre". Il pe- so esercitato dall'influenza di Green è questione dibattuta all'interno della ricerca kantiana; indub- biamente, però, Kuehn ha ragione a ricordare che lo stereotipo della puntualità maniacale da cui è derivata l'immagine già menzionata dell'"orologio regiomontano" riguardava Green e non Kant: è il commerciante inglese quello che procede per mas- sime immutabili e che fornisce a Hippel, il futuro sindaco di Kónigsberg, il modello della sua pièce Uuomo dell'orologio. Nell'esposizione della filosofia critica Kuehn prende l'avvio da quella che ritiene esserne la questione centrale: che cosa possiamo conoscere a prescindere da ogni rapporto con l'esperienza? La risposta di Kant è chiara: non si può afferma- re nulla circa il mondo senza appoggiarsi alla no- stra esperienza. Pur senza addentrarsi nel detta- glio, Kuehn riesce a presentare l'ostica filosofia kantiana in maniera piena e senza mai ricorrere ai consueti stereotipi banalizzanti. Dimostrando- si un'altra volta ancora un attento studioso del- l'illuminismo, Kuehn mostra come la via della ri- flessione critica sia - per Kant e oltre Kant - un cammino in salita: tanto nella fase della sua ela- borazione quanto nel corso della sua ricezione Kant e i suoi accoliti sono ripetutamente interve- nuti a precisare e chiarire il significato di questa grande rivoluzione filosofica. Una seconda svolta importante nella vita del fi- losofo interviene, secondo Kuehn, nel 1783, quan- do Kant acquista la casa in cui vive: nonostante i profondi mutamenti nel suo tenore di vita egli continua a condurre, a differenza dei suoi colleghi, una vita sociale molto intensa. Anche in questo ca- so Kuehn riesce a smentire l'immagine diffusa di un Kant solitario e isolato, sostituendo a essa quel- la di "una persona molto socievole e amante della compagnia". Quanto alla vera e propria riflessione filosofica Kuehn non dimentica affatto di sottolineare che Kant non è stato soltanto il critico radicale della metafisica dogmatica, ma anche uno dei riforma- tori più rivoluzionari in fatto di etica: nel 1785, l'anno in cui esce la Fondazione della metafisica dei costumi, Kant presenta al mondo filosofico l'imperativo categorico, la volontà buona, la di- gnità umana, la libertà intesa come autonomia dalla volontà dalle sollecitazioni dei sensi, e altre sue concezioni che rivelano la modernità kantia- na in ambito morale. Purtroppo, anche Kuehn cade nel difetto della ricerca morale kantiana in ambiente anglofono, e trascura eccessivamente la Critica della ragion pratica. A questa presentazione della riflessione metafisi- ca e morale Kuehn fa seguire quella di un Kant "fi- losofo dell'illuminismo", paladino della libertà di espressione e critico del clericalismo sterile e pros- simo al feticismo. In questo contesto si inseriscono le polemiche di Kant contro la politica religiosa di Federico Guglielmo II: la Religione nei limiti della semplice ragione (1792) non viene pertanto intesa semplicemente come un contributo di filosofia della religione, ma come una vera e propria presa di posizione politica a favore della libertà di pen- siero. Kuehn ricorda che Kant saluta con grande favore le notizie della Francia rivoluzionaria, an- corché egli non ne condivida gli esiti irrazionali. Anche lo scritto Per la pace perpetua (1794), in cui Kant dà voce all'esigenza di costituire un ordine globale pacifico, viene presentato entro questo contesto. Pochi anni prima, nel 1790, la Critica del- la capacità di giudizio aveva completato la "trilogia critica": le considerazioni sul gusto e sull'organiz- zazione della natura. Sono ormai gli anni della vecchiaia: il 1786, l'anno della morte dell'amico Green, segna la terza e ultima svolta nella vita del filosofo. La de- cisione di ritirarsi in una vita più defilata avviene proprio nel momento in cui le sue idee incomin- ciano a diffondersi in maniera quasi egemonica in Germania e altrove, inaugurando gli anni del- la cosiddetta aetas kantiana. Molti filosofi, ma non solo filosofi, si dirigono a Kónigsberg per far visita a Kant. Nella seconda metà degli anni no- vanta, i suoi conoscenti riportano l'immagine di un uomo assai cambiato: le sue facoltà mentali sono in rapido declino e sembra assai improba- bile che egli possa ancora fornire qualche contri- buto al dibattito filosofico. Kuehn osserva che, effettivamente, in questi anni Kant non scrive più nulla di nuovo; tuttavia, sia la Metafisica dei costumi (1797) sia YAntropologia da un punto di vista pragmatico (1798) rappresentano importan- ti tentativi di raccogliere e ordinare materiali e carte su cui Kant aveva lavorato per un tempo lunghissimo. Seguono gli scritti tardi: il Conflitto delle facol- tà del 1798, i volumi curati dai suoi collabo- ratori quando il filosofo era ancora in vita (la Lo- gica del 1800, la Geografia fisica del 1802 e la Pe- dagogia del 1804) e, infine, YOpus postumum (una gran mole di schizzi, bozze e appunti su questioni cui Kant stava lavorando nei suoi ulti- mi anni di vita). Kant muore nel 1804; due mesi dopo avrebbe compiuto ottant'anni. Probabil- mente morì soddisfatto della vita che aveva vis- suto: sì disciplinata e dedita allo studio, ma mai - come Kuehn mostra bene - chiusa nel solo la- voro; neppure quando, nel 1803, scriveva: "Se- condo la Bibbia, la nostra vita dura settant'anni, o al massimo ottanta, e quando fu ottima, non è stata che fatica e lavoro". ■ antonino.faldutoSgmail.com A. Falduno insegna filosofìa moderna alla Johannes Gutenberg-Universitat di Mainz