N.4 Idei libri del mese| Norman Manea La casa della lumaca, un testo inedito Teresa Prudente Virginia Woolf, un globo con una faccia sempre celata Elisabetta d'Erme James Joyce: recuperi e nuove traduzioni Krystyna Jaworska Le pressanti, ingenue domande di Wislawa Szymborska Mario Cedrini A che serve la saggistica tradotta (così) male? Luigi Guarna L'Italia di Berlusconi vista dalla Casa Bianca Marina Roggero ed Enrico Castelnuovo Quattro secoli di bibliofilia e mecenatismo sabaudi Giovanni Vian Il Concilio Vaticano II: una questione aperta Paolo Bagnoli Piero Gobetti editore Un testo inedito dello scrittore rumeno La casa della lumaca di Norman Manea La magia della parola è uno dei gran- di doni della nostra caducità. Ricor- do ancora adesso l'emozione che, torna- to dal Lager, provò il vecchio - qual ero io all'età di nove anni - nel ricevere in regalo per il giorno solenne del suo com- pleanno un libro di fiabe romene. Quel pomeriggio d'estate dell'anno 1945, nel silenzio della camera dove ero solo nel- l'universo, scoprivo la lingua affascinante di un narratore geniale, una lingua ipnotica, mi- racolosa. Entravo allo- ra, dopo anni di caccia- ta e sventura, nell'ir- realtà, più forte della realtà stessa, dell'esplo- razione del mondo di ogni dove e di noi stes- si: così conobbi la pere- grinazione nel sogno e l'aggressione del dub- bio, l'interrogazione sul senso dell'esistenza e la vulnerabilità umana. La mia rinascita nella lin- gua romena ha fatto da intermediaria, nell'ado- lescenza e in seguito, fi- no alla vecchiaia ameri- cana di oggi, nei grandi attimi di confusione e fascinazione, di dubbio e vitalità, di ispirazione e inquietudine di una, per altro movimentata, traiettoria esistenziale. Dopo il Lager Trans- nistria la precarietà del quotidiano era accre- sciuta dal fatto che pas- savo dalla dittatura di Antonescu a quella so- cialista soffrendo non solo per la mancanza di molte cose, ma anche, e soprattutto, di una bi- blioteca di famiglia in cui tanti altri miei con- cittadini, esenti dalle tà a Bucarest seguirono Proust, Thomas Mann e Lautréamont e, nel periodo suc- cessivo, di relativa liberalizzazione, mi fu- rono compagni Kafka e Joyce, Faulkner e Bulgakov, Babel' e Sàbato, Dos Passos e Camus, Kawabata, Svevo e Bruno Schulz. Mi pervennero, per vie pressoché clande- stine, anche i libri di Kòsder, Solzenicin, Chestov, Nadezda Mandel'stam e Ray- Shackleton - EubalaenaAustralis Opere di Norman Manea tradotte in italiano mie traversie, potevano trovare una ridotta di resistenza allo spirito primitivo dell'Utopia divenuta tirannide. Allora cominciò per me la malattia e la tera- pia della letteratura. Nell'avventura dell'i- gnoto vissuta tra le pagi- ne trovai ben presto pa- renti più significativi di quelli elencati nel regi- stro dello stato civile, in- terlocutori più perspicaci di quelli che avevo intorno e un rifugio privilegiato che mi sottraeva al caos diurno e notturno del calendario. La mia generazione ha sopportato, nel- l'Europa dell'Est, i rigori di una censura ubiqua e di una propaganda dogmatica al- trettanto ubiqua. Cercavamo di salvarci con la lettura. La caccia frenetica ai libri inaccessibili assumeva le forme più esoti- che e pericolose. Nell'adolescenza vissuta sotto lo stalinismo, leggevo tutto quello che riuscivo a procurarmi. Non soltanto i prodotti del "realismo socialista" o X'Anti- Diihring di Engels, ma anche gli indimen- ticabili capolavori della letteratura classica russa e francese, la poesia di Eminescu e la prosa di Caragiale. Negli anni di universi- Ottobre, ore otto, Serra e Riva, 1990. Un paradiso forzato, Feltrinelli, 1994. Clown. Il dittatore e l'artista, Il Saggiatore, 1995, 1999, 2004. Ottobre, ore otto (ed. definitiva), Il Saggiatore, 1998, 2005. La busta nera, Baldini & Castoldi, 1999; nuova ed. Il Saggiatore, 2009. Il ritorno dell'huligano. Una vita, Il Saggiatore, 2004, 2007. La quinta impossibilità. Scrittura d'esilio, Il Saggiatore, 2006. Felicità obbligatoria, Il Saggiatore, 2008. Il rifugio magico, Il Saggiatore, 2011. Saul Bellow, "Prima di andarsene". Una conversazione Words&Images con Norman Manea, Il Saggiatore, 2009. (Tutte le traduzioni sono di Marco Cugno, eccetto il racconto L'interro- gatorio, in Felicità obbligatoria, tradotto da Luisa Valmarin e la Conver- sazione con Saul Bellow, tradotta dall'inglese da Ada Arduini). mond Aron. L'effetto formativo della let- tura non può essere ignorato. Non siamo solo il prodotto di una famiglia o di un am- biente sociale, di una religione o di una et- nia, di una ferita e di un ripudio, siamo an- che, alla fin fine, il prodotto delle nostre letture: i libri sono, per riprendere l'imma- gine di un grande poeta romeno del No- vecento, Ion Barbu, un "gioco secondo" della biografia; la bibliografia costituisce una genealogia libraria più importante, spesso, di quella iscritta negli archivi del- l'ereditarietà. Gli esseri-personaggi che vivono negli scaffali delle biblioteche co- stituiscono una seconda popolazione del mondo, che ci parla della mente e dell'a- nima di quella presente nel censimento del pianeta, esercitando un'influenza più duratura degli scandali quotidiani. Essi sono i nostri permanenti "compagni di viaggio", di disperazione e speranza. Il nostro antenato Filone dell'antica Alessandria osava affermare che solo l'in- telletto dà la vera misura e la vera immagi- ne della divinità e che la natura intellet- tuale del Logos rappresenta un'affinità spirituale tra gli esseri umani più profon- da di quella nazionale o organica ed è la premes- sa della filiazione divi- na. La dittatura mi co- strinse a riconoscere, al- la fine, che non vivevo soltanto in una lingua, come mi illudevo di cre- dere, ma in un paese, e, quando stavo per soffo- care, abbandonai, senza abbandonarla, l'infelice storia del luogo. Presi con me la sola ricchezza che possedevo, la lingua in cui vivevo, amavo e sognavo, come fa la lu- maca che porta con sé la sua casa nelle sue pe- regrinazioni. Essa costi- tuisce tuttora il rifugio intimo delle incertezze, il codice dell'interiorità e della creatività che cerca la propria voce. L'esilio è una disloca- zione e un esproprio che tocca l'essenza più profonda dell'io. Per uno scrittore, essere espropriato della sua lingua equivale a una catastrofe cosmica, co- me diceva il senza pa- tria Cioran che riuscì, tuttavia, a conquistarsi una nuova identità nel- la lingua di Montaigne. Ho vissuto la violenta esperienza dell'esilio a un'età non più giovani- le, attento alla pedago- gia benefica dell'esposi- zione delle vecchie ac- cumulazioni alla cosmo- gonia della nuova spon- da. "Es-patriato" per la seconda volta a causa dei capricci per nulla benevoli della Storia, vi- vo da più di vent'anni nella Capitale Dada de- gli esuli, nella casa della "lumaca romena", ma anche all'incrocio co- smopolita di molte culture. Il "trauma pri- vilegiato" dell'esilio ha agevolato impor- tanti nuove esplorazioni del mondo e del mondo che ho dentro di me. Prendo atto, oggi - con una più intensa consapevolezza dell'universalità - della cacofonia dell'at- tualità, della vertiginosa mercificazione della cultura e delle coscienze nella nostra epoca di transazioni e surrogati, di persi- stente pervertimento del Logos. La degra- dazione della lettura proprio quando è più accessibile che mai non è il solo paradosso di cui ci fanno dono i nostri simili. La mia gratitudine per la storia della parola diven- ta sempre più patetica. ■ Bard College, New York, 3 febbraio 2012 (Traduzione dal rumeno di Marco Cugno).