Dopo la scomparsa della poetessa polacca Pressanti, ingenue domande di Krystyna Jaworska SI" ¥ 6 vivere? - mi ha scritto qualcuno / a V_^cui io intendevo fare / la stessa domanda". Con queste parole, in Scorcio di secolo, Wislawa Szymborska terminava il suo elenco delle illusioni e delle delusioni del secolo breve per poi chiosare: "Non ci sono domande più pressanti / delle do- mande ingenue". In effetti la poesia di questa mi- rabile autrice è all'insegna di domande senza ri- sposta. Acuta e arguta osservatrice, prendeva spunto da un dettaglio per costruirvi attorno, con fatica e sudore mascherato da apparente leggerez- za (come scrisse in Sotto una piccola stella), un bre- ve ed elaborato componimento in cui il tema scel- to, spesso di grande rilievo, veniva formulato sotto un'angolatura inattesa. Debitrice della tradizione della poesia femminile polacca del periodo inter- bellico e dell'esperienza di quella linguistica post- bellica, cultrice della poesia francese, autrice colta e lettrice curiosa, non faceva trasparire il suo ba- gaglio culturale, se non di rado e limitatamente a riferimenti per lo più noti ai lettori (si pensi a liri- che come Monologo per Cassandra o Sullo Stige). I suoi componimenti si leggono in un attimo come se fossero aforismi o mini racconti e risultano at- traenti anche per i non appassionati di poesia. Nei suoi versi domina la quotidianità, ma non manca- no accenni a drammatici eventi della storia, a fe- nomeni del mondo della natura, agli interrogativi sul senso della vita, sempre però con un approccio semplice, comunicativo, e in questo tono minore si è rivelata maestra nell'esprimere con pochi tratti questioni esistenziali importanti. La caratterizza un certo distacco e la vocazione a osservare il mon- do in disparte. Anche in politica, dopo un breve periodo di adesione al comunismo durante lo stalinismo, prese le distanze dal regime fino ad avvicinarsi all'opposizione, senza però più aderire a nessun credo politico e mantenendo un atteggiamento laico verso la vita, testimo- niato anche dal funerale civile celebrato so- lennemente a Cracovia il 10 febbraio scorso, dopo la sua scomparsa avvenuta il 1° feb- braio, all'età di ottantotto anni. In Italia, al pari di molti altri paesi, è ama- tissima. La sua popolarità è un autentico fe- nomeno culturale. Le traduzioni dei suoi libri di poesia si vendono ovunque, persino nei su- permercati. A fine dicembre 2011 una sua piccola antologia poetica ha inaugurato la nuove serie di classici venduti in allegato al "Corriere della Sera", ennesimo esempio di 1 come il fascino di quei versi sia riuscito a in- frangere il tabù antico per cui la poesia sa- Hi rebbe un genere letterario elitario e quindi di difficile gestione commerciale: la popolarità dei versi di Wislawa Szymborska è testimoniata dal fatto che essi sono spesso citati anche fuori dal- l'ambito letterario, in contesti diversissimi, dalla politica alla fisica, dalla filmografia alla musica leg- gera. Come mai tutto ciò? Indubbiamente questo si de- ve alla peculiarità del suo stile. A quel modo di pen- sare obliquo, mediato, per cui i fatti non sono narra- ti in modo diretto, frontale, solenne, ma in tono mi- nore, attraverso una prospettiva laterale: il senso del- l'assenza per la morte dell'uomo amato è reso dallo smarrimento e dagli immaginari pensieri di rivalsa del gatto lasciato in un appartamento vuoto; la com- plessità dell'animo umano è resa per contrapposizio- ne con l'astratta tautologica perfezione formale del- la struttura a strati della cipolla, quasi un'eco centri- peta delle fughe di Bach. L'abilità nel capovolgere il senso presunto, atteso, del componimento con l'ulti- mo verso (l'uso della pointe in cui era specialista Ma- ria Pawlikowska), la preziosità quasi da concettismo barocco della costruzione, mimetizzata sotto un'ap- parente spontaneità, la mancanza di certezze e il nar- rare sentimenti comuni ai più, ma in modo talmente inusitato da renderli unici, sono tutti elementi che la rendono cara ai suoi lettori. Un merito non indifferente, però, va anche al tra- duttore, Pietro Marchesani, studioso di letteratura polacca scomparso poche settimane prima di Szymborska che nutriva nei suoi confronti stima e amicizia profonda, testimoniata da un lungo carteg- gio e dal cuscino di rose rosse con il quale la poetes- sa volle rendergli estremo omaggio alle esequie. Mar- chesani aveva una sensibilità e una passione per la versione poetica quasi maniacale. Poteva passare set- timane intere a rimuginare un verso in un'incessante e ostinata ricerca della resa migliore. I suoi allievi (tra cui la sottoscritta negli anni in cui insegnò all'Uni- versità di Torino, dov'era succeduto nell'incarico a Marina Bersano Begey, altra grande studiosa di po- lonistica) hanno avuto modo di ascoltare spesso le sue considerazioni sulle difficoltà insite nella tradu- zione poetica e su come in alcuni casi per trovare la soluzione più indicata fosse opportuno attingere ai classici della letteratura. Francesista di formazione, Marchesani possedeva una solida base culturale e una grande sensibilità letteraria che gli consentivano di muoversi con eleganza e intuito quasi empatico tra gli autori. Sapeva cogliere in versi apparentemente semplici e immediati, ma in realtà cesellati e costrui- ti sin nei minimi dettagli, quali quelli della Szymbor- ska, l'intrinseca ricchezza e la preziosa complessità. Amava per esempio narrare gli sforzi compiuti per rendere Vincipit di Le due scimmie di Bruegel. Nella poesia il tema della coercizione viene reso giustapponendo due elementi: un sogno e un qua- dro. La protagonista sogna di dover passare all'e- same di maturità la prova di storia, significativa- mente chiamata "storia degli uomini", a significa- re che accanto a questa vi sono le storie delle altre creature che popolano la terra, e a darle l'imbec- cata sono appunto le due scimmie del quadro di Bruegel, che allusivamente fanno tintinnare piano MANAGER ' -ic-ttrti! " __M ........ ililiii" ' Shackleton - Manager's House le catene. Fin qui la trama. Ma la potenza del com- ponimento si deve anche al ritmo, al "respiro dei versi" come ama dire Valeria Rossella, altra fine conoscitrice della poesia polacca contemporanea, raffinata poetessa e traduttrice. "Tak wyglqda mój wielki maturalny sen" inizia solenne il polacco, Come rendere quel metro anapestico? Dopo vari tentativi Marchesani è giunto alla versione "Que- sto di maturanda è il mio gran sogno", ricorrendo all'endecasillabo con cesura alla settima sillaba, per accentuare il peso delle cinque sillabe finali. L'ispirazione gli era venuta, mi disse, dalla poesia leopardiana. Il ritmo muta, diventa breve, spezza- to, nei versi seguenti, ma egualmente, nella sua versione, il traduttore segue l'autrice. Pur essendo fedelissimo allo spirito dell'origina- le, Marchesani sapeva distaccarsene quando si ren- deva conto che ciò che in polacco suonava natura- le, in italiano avrebbe stonato, anche per la diver- sità tra le due lingue. Il polacco, al pari delle altre lingue slave, è lingua flessa, morfologicamente ric- ca sia nella flessione nominale che in quella verba- le e per questo da un lato incline ai neologismi e al- la semantizzazione della grammatica e dall'altro capace di grande precisione concettuale. Tutt'altro il respiro dell'italiano, in cui, al pari delle altre lin- gue romanze, sono sparite le declinazioni e il nes- so tra i termini e il senso dell'enunciato è legato al- l'ordine della frase. Come mantenere la concisione dell'originale in una lingua che richiede frasi più ampie per dire la stessa cosa e come ricreare il rit- mo e la melodia se non si può facilmente spostare l'ordine degli elementi che compongono la frase? Non esistono traduzioni impossibili, ma solo tra- duttori pigri, soleva asserire Stanislaw Barariczak. Marchesani pare essere la dimostrazione di questa tesi. Definiti gli elementi portanti della poesia si metteva all'opera cercando, limando, rifacendo, correggendo fino a trovare una soluzione ritenuta adeguata dal suo orecchio ipercritico e ipersensibi- le. Si permetteva persino giochi di virtuosismo estremo, come nel caso di Compleanno, raro esem- pio in cui Szymborska ricorre a un verso regolare, l'endecasillabo a rima baciata. In questo componi- mento la metrica è fortemente marcata da assonan- ze e consonanze che rimbalzano come echi, ampli- ficando il senso di fatata meraviglia per la ricchezza del mondo, per un'opulenza di creature e immagini osservate con stupore e ironia, e rese con il ricorso a un'enumerazione tale da accostare in modo inso- lito animali, minerali, piante, come se fossero alla rincorsa in un caleidoscopio. Il traduttore sostitui- sce immagini e riferimenti e ricrea nuovi giochi in- cantati grazie a una perizia che si avvale di un'eccel- lente padronanza della lingua madre e delle sue possibilità oltre che, naturalmente, di un'ottima co- noscenza della lingua dell'originale. Per queste, ma, come vedremo, anche per altre ragioni, il nome di Wislawa Szymborska in Italia non può essere dis- giunto da quello di Pietro Marchesani. Prima di ricevere il premio Nobel questa minuta signora dotata di grande senso dello humour era sconosciuta in Italia, anche se già tradotta al- l'estero, in Germania, Svezia, Gran Bretagna, Stati Uniti. In Italia sue singole poesie era state tradotte in antologie o su riviste, ma ov- viamente si trattava di operazioni dalla diffu- sione assai limitata. Marchesani tradusse ini- zialmente quattro poesie tratte dalla raccolta Gente sul ponte, nel 1993, per un'edizione fuori commercio del geniale, raffinato e be- nemerito editore Vanni Scheiwiller, la cui moglie, la grafica Alina Kulczyriska, amica di Wislawa Szymborska, aveva illustrato il volu- metto e aveva sostenuto (e forse ispirato) edi- tore e traduttore a cimentarsi nell'impresa. Poi, nel gennaio 1996, venne stampata, sem- pre da Vanni Scheiwiller, l'intera raccolta Gente sul ponte. Il conferimento inatteso del Nobel nello stesso anno spinse quindi l'edi- tore Adelphi (che già aveva in catalogo le opere di un altro Nobel polacco, Czeslaw Milosz) a lanciarsi nell'impresa. Tradurre è fatica, e affinché questa produca i suoi frutti, soprattutto quando si ha a che fare con la letteratura di una lingua poco nota, è assoluta- mente indispensabile che le opere tradotte escano da grandi editori con una distribuzione adeguata: così Marchesani soleva ricordare ai propri interlo- cutori. Altrimenti si tratterà solo di encomiabili operazioni da bibliofili, ma senza impatto sulla cultura d'arrivo. La sua attività gli ha dato ragione. Tutte le sue raccolte italiane di poesie di Szymbor- ska hanno già avuto numerose ristampe, compreso il volume in cofanetto delle Opere uscito nella pre- ziosa collana "La Nave Argo" nel 2008, dove, oltre alle poesie, si può leggere anche una scelta delle re- censioni di Letture facoltative (volume uscito sem- pre da Adelphi nel 2006, tradotto da Valentina Pa- risi e curato da Luca Bernardini), e inoltre brani della Posta letteraria, le spassose ma garbate rispo- ste agli aspiranti scrittori che la poetessa pubblica- va su un periodico. L'edizione completa delle poe- sie in edizione tascabile con testo a fronte, La gioia di scrivere (2009), è già all'ottava ristampa, con 65.000 copie vendute: si tratta di uno dei rarissimi casi in cui un autore di una lingua non veicolare è stampato con l'originale. ■ krystyna.jaworska@unito.it K. Jaworska insegna lingua e letteratura polacca all'Università di Torino m