QUINTO: NON UCCIDERE LA PICCOLA IMPRESA Complementarietà dinamica diseguale. Quali modalità per una politica orientata al network? 56 adeguate politiche atte a favorire processi di apprendimento e di riorganizzazione, non sono in grado di tenere il passo con l'evoluzione tecnologica e di mercato dei sistemi produttivi per cui finiscono per rifluire nell'area della marginalità ed essere quindi rimpiazzate da altre imprese. In tutto ciò non va neppure trascurata l'influenza della situazione congiunturale. Rallentamenti o flessioni nei processi di crescita possono stimolare atteggiamenti e comportamenti autoritari e centralizzatori da parte della grande impresa. Questa rafforza il controllo sulla rete dei subfornitori, può riportare al proprio interno produzioni e servizi prima decentrati all'esterno, tende comunque a scaricare i costi delle difficoltà congiunturali sui soggetti più deboli. Nei casi sopra richiamati e in altri analoghi potremmo forse parlare di complementarietà dinamica diseguale, nel senso che le interrelazioni tra grandi e piccole imprese vengono progettate e gestite a partire da una strutturale asimmetria di potere e di forza. Non interessa, in definitiva, tanto la flessibilità o anche la creatività della singola impresa quanto la flessibilità e l'elasticità delle piccole imprese nel loro insieme, che proprio in funzione del loro ricambio interno si presentano come un aggregato estremamente duttile, attraverso il quale la grande impresa aumenta le proprie capacità di adattamento. In quest'ottica, ciò che Steindl scriveva - quasi cinquant'anni fa - sembrerebbe conservare ancora una qualche attualità: «Le imprese minori risultano singolarmente destinate alla sconfitta, ma socialmente condannate a riprodursi e perpetuarsi. Esse rappresentano una sorta di cordone ombelicale tra la collettività e il sistema industriale. Ma mentre nei riguardi della collettività esiste un sostanziale ricambio stante l'esigenza di promozione sociale dei lavoratori, piccoli commercianti, etc. desiderosi di diventare imprenditori, ogni mobilità risulta esclusa verso l'alto. Sulle imprese marginali vengono a scaricarsi le esigenze di sviluppo e di redditività delle grandi imprese le quali costituiscono un nucleo stabile nell'ambito della struttura industriale che si avvale dell'ammortizzatore ciclico costituito dalle imprese minori»2. Progettare nel dialogo Anche se "complementarietà dinamica" e "circolarità virtuosa" tra grandi e piccole imprese, tra queste e l'ambiente, possono presentare limiti e contraddizioni, esistono oggi le condizioni per discorsi progettuali diversi, per la loro sperimentazione e progressiva generalizzazione. Tra imprese di diversa dimensione e contesto sociale possono instaurarsi relazioni di reciproca convenienza in vista di una crescita più equilibrata e ricca di stimoli all'innovazione. Le relazioni tra grandi e piccole imprese possono passare da un gioco a somma zero a un gioco a somma positiva. Il "surplus" alimenta ed è alimentato da una ben radicata concezione del "bene comune", dell'interesse dell'intera comunità nel cui ambito le relazioni tra grandi e piccole imprese si manifestano. Vi è cioè sinergia e arricchimento reciproco. Tutto ciò non è automatico o acquisito una volta per tutte. Resta pur sempre fondamentale la volontà e la responsabilità dei soggetti, la loro intenzionalità etica, la concretizzazione delle opportunità e delle condizioni potenzialmente favorevoli. L'esplici-tazione dei valori e dei principi condivisi, la ricerca e costruzione del consenso, la progettazione di nuove formule organizzative diventano essenziali. Come già osservato, il dialogo non si esaurisce all'interno delle imprese ma si allarga al territorio, alla realtà sociale e culturale in cui le imprese (specie di piccola dimensione) sono radicate. Stato, comunità locali, organizzazioni sindacali, istituzioni scientifiche sono parti in causa, protagonisti che concorrono a una regolazione più generale. In quest'ottica le possibilità di intervento pubblico (ad esempio politica industriale) non sono disegni sovraordinati, calati dall'alto, ma bensì costruiti attraverso la partecipazione e il coinvolgimento dei diversi soggetti ai quali si forniscono input di regolazione e di riequilibrio nonché condizioni strutturali per la valorizzazione delle loro specificità, favorendo la crescita dei più deboli e responsabilizzando socialmente le capacità di condizionamento dei soggetti più forti.