infatti si fonda su un vero e proprio patto implicito fra tre attori, Ministero della Pubblica Istruzione, enti locali e sindacati di categoria, nessuno dei quali è responsabile della qualità del servizio. Patto implicito e scellerato perché i suoi costi finanziari e reali ricadono non sui contraenti ma sulle due altre categorie escluse dal patto stesso: le famiglie utenti e il personale direttivo e docente delle scuole. Sindacalisti e amministratori locali continuano a esercitare il controllo di un consistente numero di posti di lavoro che possono procurare consensi a carico del bilancio statale, con la buona coscienza di contribuire all'obiettivo "sociale" della salvaguardia dell'occupazione. Gli utenti e i responsabili del servizio scolastico che pagano il costo del patto, direttamente, in termini di qualità del servizio e di possibilità di qualificazione professionale, e indirettamente, in termini di carico fiscale e di incremento del deficit pubblico, sono in generale intimiditi da due argomentazioni accesamente sostenute da chi invece di quel patto si avvantaggia: a) l'occupazione di centocinquantamila bidelli realizza un importante obiettivo collettivo, l'occupazione appunto, e chi ne denuncia lo spreco vuole in realtà abbattere lo stato sociale; b) gli sprechi vanno combattuti controllando piuttosto che a ogni livello, dal ministro all'ultimo bidello, ciascuno non approfitti della propria posizione e faccia onestamente il proprio dovere. La prima argomentazione è visibilmente priva di fondamento: non vi è infatti nulla di sociale nel destinare quattromila miliardi a scopi improduttivi; sarebbe molto più "sociale" impiegarli per migliorare il servizio scolastico o per pagare lavoratori destinati a compiti veramente utili. La seconda obiezione è fuorviarne: i quattromila miliardi sarebbero sprecati anche nel caso che tutti i dipendenti della Pubblica Istruzione, cioè della più mastodontica organizzazione produttiva del mondo sviluppato (più di un milione di addetti), compissero scrupolosamente ed eroicamente il loro "dovere". Un certo eroismo, nel caso dei bidelli, è in effetti necessario, dato che si chiede loro di riempire di contenuti una mansione definita in negativo e assente in tutti gli altri sistemi scolastici. È evidente che lo spreco-bidelli potrebbe essere progressivamente recuperato solo attribuendo reale potere decisionale ai due soggetti esclusi e obiettivamente danneggiati dal patto scellerato. Attribuendo cioè autonomia decisionale e finanziaria agli istituti scolastici e potere di scelta agli utenti. Se ad esempio questi ultimi potessero spendere un "buono scuola" di valore pari al costo per allievo attualmente sostenuto dallo Stato e dagli enti locali presso scuole dotate di reale autonomia nella gestione finanziaria e delle risorse umane e responsabili verso l'utenza, ne risulterebbero sicuramente premiati comportamenti più razionali. Un sistema di questo tipo, attuato in diverse forme in tutti i sistemi scolastici europei, rimetterebbe in valore due importanti risorse: la capacità di controllo degli utenti, oggi ridotta a diritto di lamentazione, e la capacità di organizzazione razionale delle risorse e di miglioramento qualitativo del servizio del personale direttivo e insegnante oggi mortificato dalla burocratizzazione. L'interesse delle famiglie ad avere un buon servizio e quello degli insegnanti di essere valutati per quello che effettivamente sanno fare sarebbero finalmente muniti di reale potere, quello di scelta e quello di autorganizzazione, in un confronto trasparente. E lo Stato potrebbe controllare la sua spesa e perseguire il miglioramento del servizio grazie all'azione di queste risorse aggiuntive che non costano. In questo contesto si potrebbe anche trovare una soluzione equilibrata al problema della progressiva trasformazione e sostituzione delle inutili figure ausiliarie della scuola in nuove professioni educative. Ma per giungere a una soluzione efficiente di questo tipo è necessario che il patto scellerato si rompa. Ciò può avvenire a due condizioni: che qualche fattore oggettivo modifichi la ferrea logica delle reciproche convenienze degli interessi che oggi traggono vantaggio