MERCATO, MERCATI
Generazione, trasporto e
distribuzione di elettricità
sono compatibili con asset-
ti di mercato diversi.
Una breve storia dell'Enel,
dal 1963 fino alla pesante
dipendenza dall'estero di
oggi.
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ta. In alternativa i tre stadi possono essere
scissi e gestiti da imprese diverse. Per que-
sto motivo il tema della competizione e
quello dell'interconnessione fra fasi di
produzione sono per il settore elettrico
strettamente collegati e non possono esse-
re considerati in modo disgiunto in un di-
segno del futuro assetto del settore elet-
trico.
Il sistema integrato consentirebbe di sfrut-
tare i vantaggi che derivano da una gestio-
ne coordinata delle diverse fasi. Vi sono
infatti numerosi indizi, derivanti dalla teo-
ria e da alcuni lavori empirici, che sembre-
rebbero indicare come il ricorso al merca-
to comporti, rispetto alla gestione inte-
grata, costi aggiuntivi derivanti dalla mole
e dalla complessità delle informazioni ne-
cessarie per collegare la generazione alla
distribuzione all'utente finale e dai rischi
derivanti da comportamento opportunisti-
co di uno dei due operatori coinvolti nel
contratto.
E però anche vero che tali rischi verrebbe-
ro minimizzati proprio dalla presenza di
un mercato realmente concorrenziale, con
un elevato numero di operatori attivi,
mentre al contrario la presenza di una
grande impresa integrata operante a fian-
co di operatori specializzati introdurrebbe
nel mercato una forte asimmetria nel-
l'equilibrio dei poteri contrattuali.
Ai tempi in cui nessuno dubitava
In Italia la nazionalizzazione e la creazio-
ne dell'Enel è avvenuta nel 1963 e ha con-
centrato in un'unica impresa pubblica tut-
te le attività settoriali. Il cammino per-
corso negli altri Paesi europei, da una
struttura non regolata a un monopolio di
Stato, è stato seguito nel nostro Paese con
un ritardo di qualche anno rispetto alle al-
tre nazioni europee. Le uniche eccezioni
al regime di monopolio erano rappresen-
tate dalle attività delle imprese municipa-
li, dagli autoproduttori aventi un consumo
superiore al 70% e da piccolissimi produt-
tori e distributori. E si trattava realmente
di eccezioni marginali, visto che le quote
di produzione dell'Enel nel 1990 andava-
no daH'83f6% nella produzione al 90% nel
trasporto e al 92,7% nella distribuzione. Il
ruolo dell'Enel, come monopolista, è du-
rato, praticamente immutato, per tre de-
cenni durante i quali il peso nell'attività
elettrica nazionale è andato anche legger-
mente crescendo, per una riduzione del
ruolo degli autoproduttori. Durante que-
sto periodo l'Enel ha anche portato avanti
una notevole opera di razionalizzazione.
La situazione ereditata dalle imprese na-
zionalizzate era molto disomogenea, per
quanto riguarda dimensione d'impresa,
stili gestionali, efficienza tecnica. Ma le di-
screpanze maggiori riguardavano la diffu-
sione sul territorio e la qualità dei servizi
offerti in aree diverse. All'Enel va dunque
riconosciuto il merito di aver migliorato
l'efficienza, sia nella produzione sia nella
distribuzione.
Attualmente la produzione interna deriva
principalmente dalla fonte termica (petro-
lio e gas, 78,2%); un ulteriore 20,2% della
produzione lorda deriva dalla fonte idroe-
lettrica. Il referendum contro il nucleare
del novembre 1987 ha portato all'esclusio-
ne di questa fonte di energia dalla produ-
zione nazionale. Tale decisione ha avuto
implicazioni rilevanti sia sulla capacità
produttiva nazionale sia sui costi di produ-
zione. Il risultato di entrambi questi effetti
è stato un'accresciuta dipendenza dal-
l'estero e in particolare dalla Francia, che
può vendere (per la grande disponibilità
dovuta proprio all'impiego massiccio di
centrali nucleari) energia a un prezzo infe-
riore ai costi di produzione di molte cen-
trali italiane. Le importazioni rappresen-
tavano nel 1992 più del 17% delle fonti
totali, di cui la quasi totalità proviene da
Svizzera e Francia. L'Italia ha così il
preoccupante primato di essere il Paese
europeo con il saldo commerciale più pe-
santemente negativo; e il secondo motivo
di preoccupazione deriva dalla constata-
zione che la capacità di interscambio con i
Paesi confinanti è praticamente saturata.
La moratoria di cinque anni che impegna-
va il Governo a non realizzare impianti
elettronucleari è scaduta a fine '92, ma