Ogni strappo alla linea di massima testé ricordata seguita dalle banche è strappo che richiama una garanzia diretta o indiretta, attuale o futura, dello Stato (leggi, della fonte principale del risparmio forzato) nel caso in cui il rischio che si affronta si converta in sinistro. E questo rischio è tutt’altro che lieve: ne sanno qualcosa le aziende che hanno attinto al mercato del breve per ricostruire o convertire gli impianti nella speranza di poter chiudere la partita con credito a lunga (emissione di azioni, ad esempio) contando sull’inflazione. Non appena questa è stata contenuta in meno vistosi confini s’è rivelato l’errore d’impostazione dei loro piani e, sotto i pretesti più diversi, hanno dovuto premere e continueranno a premere sullo Stato. Per una via o per l’altra ci si imbatte sempre nello stesso ostacolo: la scarsezza di risparmio volontario rallenta la ricostruzione e cioè una maggior capitalizzazione dell’economia nazionale, capitalizzazione che in Italia, per l’alto tenore demografico, per la forte sperequazione della ricchezza e per la facile adattabilità ad un basso tenore medio di vita, è sempre stata assai scarsa. Non si può riattare la casa se i pochi affitti eh’essa produce (appunto perchè è uno stabile danneggiato) sono assorbiti dalle spese di mantenimento dei proprietari, non si riempiono i granai con i raccolti se la semente è consumata nella confezione del pane. Un'ulteriore compressione dei consumi, sia in alto, sia, e non per esigue categorie, in basso, derivante da una decurtazione dei redditi per un gioco più economico della produzione e della ripartizione della ricchezza, la riteniamo senz’altro tecnicamente possibile. Ma la realtà non è soltanto economica ma politica ed economica insieme e, se fosse soltanto economica, non è esclusivamente retta dai regimi tecnici che portano (quando ciò abbia un senso) ad un massimo del reddito totale. Ora, è da credere che la realtà del mercato in cui viviamo sia mutabile nel senso anzi detto e che lo sia a breve scadenza? La risposta che non voglia essere una semplice speranza, di qualunque genere essa sia, sta sulle ginocchia di Giove. Oggi come oggi, volenti o no, dobbiamo fare i conti con i fatti che hanno un linguaggio davvero poco lusinghiero. * * * Tutto ciò fa pensare che, se non la sola, almeno la preminente fonte nazionale di risparmio da destinare ai lunghi investimenti sia il risparmio forzato ottenuto con la pressione fiscale e con l'inflazione, fonte che anzitutto deve alimentare i bisogni dello Stato, tanto vasti e potenti da invadere e comprimere a loro beneficio i bisogni privati. Sicché, a parte gli aiuti che potranno venire dall estero, la proposta 5