In. 3 pag. 12 Da oggi H giornalista come poeta di Roberto Cagliero libreria Edgar Allan Poe, Scritti ritro- vati 1839/45, Shakespeare & Company, Brescia 1983, tradot- to e curato da Francesco Mei, pp. XVII + 264, Lit. 27.000. Pet Edgar Allan Poe il giornali- smo fu un'attività prioritaria e inevi- tabile: geniale nei prevederne svi- luppi e potenzialità commerciali, vi dedicò gran pane della carriera con brani di Poe giornalista, anche se si vorrebbero maggiori ragguagli sui criteri usati dal curatore per l'attri- buzione dei testi. Mei dichiara di aver adottato il metodo di Mabbott, curatore della edizione Harvard, ma Mabbott è morto prima che fossero pubblicati i volumi con gli articoli e i saggi di Poe, e i criteri che ha usato per l'attribuzione dei racconti non possono essere ugualmente validi per gli altri scritti. E ancora, si può su commissione del direttore, in cui loda i singoli autori senza analizzarli né spiegarli; sono articoli che è co- stretto a fare e in cui sembra incapa- ce di descrivere le doti di un libro: di solito così acuto nello scoprite errori e mediocrità letterarie, Poe ha una certa difficoltà a scrivere delle recen- sioni favorevoli. E nelle lettere agli amici, consiglia di non comperate la rivista. Nel novembre 1839 la disa- strosa situazione finanziaria della te- stata (che non può più permettersi di pagare i collaboratori) lo costringe a creare insoliti collages-, sezioni di vecchi articoli già pubblicati sul "Southern Literary Messenger", sag- gi scritti da altri e brani trafugati da RIZZOLI il proposito di fondare una critica americana, svincolare la letteratura nazionale dall'influsso inglese, at- taccare critici corrotti e tessere amici- zie importanti. Ma di questi molte- plici spunti Poe fece soprattutto un'arma pet promuovere la sua atti- vità di scrittore, forse credendo poco nei contenuti della scrittura giornali- stica ma certamente fiducioso nel suo apparato retorico: brevità, unità di effetto, tecniche di persuasione. Sono le stesse categorie che costitui- scono lo sfondo teorico dei racconti (che, come già sosteneva Ejchen- baum nel 1925, sono la forma prefe- rita della cultura americana, che prende così le distanze dal romanzo europeo). Ecco dunque una prova della modernità di Poe, che ignoran- do la distinzione tra letteratura e giornalismo, crea racconti e articoli in base agli stessi principi formali. Per Poe, e forse pet tutta l'America, il giornalista è un poeta. Si capisce dunque l'importanza di un volume in italiano, che oltre a presentare nuovi scritti di narrativa, raccoglie per la prima volta alcuni parlare di scritti ritrovati, quando al- cuni di essi (quelli che appartengono sicuramente all'opera di Poe) sono già inclusi nelle opere complete? Inoltre non può non notarsi l'inseri- mento di testi di scarso interesse, co- me quelli sui passaggi a livello o quello sui pattini a rotelle (che, fra l'altro, soltanto Quinn ha proposto di attribuire a Poe), quando la re- censione de 1 promessi sposi, in cui Poe loda la descrizione della peste e dei monatti, non è mai stata tradot- ta in italiano. Per capire meglio chi era il giorna- lista Edgar Poe, bisognerà guardare alla sua attività di redattore, pren- dendo spunto soltanto da alcuni tra i pezzi che Mei propone ai lettori ita- liani. Nell'estate del 1839 il "Bur- ton's Gentleman's Magazine" di- venta il rifugio finanziario di Poe, come sempre in gravi difficoltà eco- nomiche. Assunto come redattore, lo scrittore continua a sognate la creazione del "Penn", una rivista per cui è alla ricerca disperata di fon- di; e la collaborazione al "Gentle- man's" si riduce spesso a recensioni enciclopedie si fondono per dare vita a nuovi pezzi giornalistici. Nei nu- meri di luglio e novembre 1839 re- censisce due libri di moda (entrambi inclusi nella raccolta di Mei, gli arti- coli erano già conosciuti: il primo at- tribuito a Poe fin dal 1934, il secon- do ristampato in Complete Works, X, pp. 45-49). In essi Poe sfoggia una pomposa — e falsa — erudizio- ne, che non è dovuta a "lucidità ne- vrotica" (come l'ha in seguito inter- pretata Edmund Wilson) ma al gu- sto di irritare i giornalisti di provin- cia, ironizzando sull'appiattimento critico della loro produzione. Nello stesso periodo, la rivista "Gentleman's" pubblica anche un romanzo breve, tradotto da Mei con il titolo 11 corsaro. Una prima versio- ne del testo, intitolata The Tirate, era stata pubblicata nel 1829 da William Henry Poe, fratello dello scrittore, sulla rivista "North Ameri- can". Edgar Allan gli aveva scritto lamentando una fallita storia d'amore, e questo materiale episto- lare potrebbe essere stato usato da William Henry nella stesura del ro- manzo. Secondo Harvey Alien, bio- grafo di Poe, "è possibile che alcune parti" di The Pirate siano opera di Edgar Poe (.Israfel, p. 168). La secon- da versione venne pubblicata nei numeri di luglio-dicembre del "Gentleman's" con il titolo The Pri- vateer, e firmata da un certo Alexan- der Jones, medico del Maryland. Probabilmente Poe ricuperò questo testo per riempire degli spazi vuoti, apportando forse lui stesso delle mo- difiche alla prima stesura. Secondo lo studioso Claude Richard, autore di un fondamentale studio dal titolo E.A. Poe, joumaliste et critique (Klinksieck, Paris, 1974), il testo non è comunque attribuibile a Poe. Rimane la possibilità che Mei abbia scoperto nel corso delle sue ricerche degli elementi nuovi, che peraltro non sono evidenziati nella sua intro- duzione. Nel 1845 Poe entra al "Broadway Journal", da cui spera di trarre grossi profitti, e compra un terzo della te- stata. Il 25 ottobre ne diventa l'uni- co e sfortunato proprietario, poiché nel gennaio dell'anno successivo la rivista interrompe le pubblicazioni. Poe continua ancora a sognare una testata tutta sua; ma lo "Stylus", che sotto la sua direzione dovrebbe rac- cogliere le firme di Longfellow, di Hawthorne e degli intellettuali più in vista d'America, non vedrà mai la luce per mancanza di fondi. Sul "Broadway Journal" intanto, ricicla vecchi pezzi del "Messenger", inseri- sce racconti e saggi (non abbastanza notati nelle edizioni precedenti) e nasconde col tono polemico un af- fievolimento delle capacità critiche, che si esauriranno completamente entro la fine del 1845. Tra i pezzi che Mei ha scelto vorrei ricordare il discorso inaugurale per la rivista, che nell'originale è firmato da James J. Mapes, una serie di Re- gole di critica letteraria, il pezzo sa- tirico Barba e barbarie e la recensio- ne di una versione illustrata della Bibbia (che Richard elenca, nella sua bibliografia, tra i pezzi di dubbia at- tribuzione); tra i racconti invece, Il vescovo e la sua governante appare non firmato nel "Broadway Journal" del 18 ottobre 1845 (solitamente Poe firmava con lo pseudonimo di Lyttleton Barry): nessuno tra gli stu- diosi ha ritenuto di attribuirlo a Poe. In un lungo saggio, Pensieri di un uomo silenzioso, si parla di un volu- me dal titolo I vestigi della storia na- turale della creazione. Ma Poe, a cui Mei attribuisce il pezzo, in una let- tera datata aprile 1848 (quindi al- meno 3 anni dopo) scrive: "Non ho ancora visto I vestigi della creazione-, e non è saggio, e neppure sicuro, formarsi le opinioni sui libri a parti- re dalle recensioni" (citata da Quinn, p. 559). Al di là di queste incertezze sull'attribuzione e sul ritrovamento di pezzi già ristampati, il volume di Mei ha comunque il merito di ripor- tate alla luce un materiale che in Ita- lia è del tutto inedito. A parte i rac- conti e i saggi più famosi, ci manca ancora un'edizione che raccolga l'immenso lavoro critico e giornali- stico svolto da Poe. I suoi scritti sul romanzo vittoriano o sulla poesia ro- mantica non sono mai stati tradotti, eppure formano l'indispensabile ba- se per capire le sue teorie. Tant'è che Harold Bloom, in un recente artico- lo sulla "New York Review of Books", lo accusa di aver voluto esse- re il Coleridge americano. Secondo Bloom, Poe mostra inoltre una ten- denza a mescolare il corpo umano con il cosmo, a spingere il soggetto verso una immobilità gigantesca e ir- reversibile; nei suoi testi, come nel Freud di Al di là del principio di piacere, la vita troverebbe il suo più vero compimento nella morte. □