Milionario depresso dì Carlo Bordoni harold Robbins, L'immortale, Mondadori, Milano 1985, trad. dall'inglese di Mario Bonini, pp. 353, Lit. 20.000. Pare che ogni giorno, nel mondo, si vendano mediamente 25.000 copie di libri di Harold Robbins: così assicura il risvolto di copertina de L'immortale (Descent from Xanadu, 1984), l'ultimo successo dello scrittore americano, già avviato a superare felicemente il cinquantesimo migliaio di copie. Assai modestamente, questa traduzione ha coperto appena due giorni di vendite dell'immenso mercato-Robbins. È un'inezia, si dirà, ma per il nostro bel paese, dove il "sì" suona, ma anche dove suonano i lugubri rintocchi dell'analfabetismo di ritorno, della non-lettura e della videodipendenza, è pur sempre un bel risultato. Chi è Robbins, questo mago capace di simili miracoli in un settore in crisi come quello editoriale? Trovatello, cresciuto in un orfanotrofio di New York, un nome imposto che sembra studiato apposta per fame un "nom de piume" (in Italia si sarebbe chiamato Esposito), il giovane Harold deve aver scontato duramente la ventura di nascere in una società dove il denaro e le credenziali familiari hanno un peso preponderante. La sua scommessa con la vita l'ha portato a prodursi nel solo esercizio che gli fosse concesso: l'arrivismo. Ed è arrivato, se oggi può considerarsi lo scrittore più ricco del mondo. La scelta del "mestiere" non è casuale; era l'unica strada possibile (assieme a quelle di artista o di attore) che impegnasse un minimo capitale iniziale, l'ingegno. E di ingegno nello scrivere, Robbins ne ha. Le sue storie raccontano della società americana nei suoi aspetti più appariscenti, delle classi sociali elevate, della jet-society, del bel mondo della finanza, del cinema e della televisione. Un mondo che non è stato mai il suo, che forse ha odiato o ha invidiato, ma che adesso può permettersi di guardare con indifferenza e cinismo. Da Gli eredi a L'uomo che non sapeva amare, forse il suo titolo più conosciuto, i suoi romanzi raccontano immancabilmente di rapporti sociali stravolti dalla frenesia, dall'ambizione, dal desiderio di accumulare ricchezza e potere personale, dall'ansia di arrivare a tutti i costi. Questo anziano signore (è sulla settantina) è riuscito a tradurre nel settore editoriale il mito del self-made man\ con i suoi libri ha costruito una fortuna. E tutti sanno quanto sia difficile fare soldi scrivendo. Il suo nome è, per l'americano medio (e per tutti quei mercati dove è diffusa l'idea pragmatica della laboriosità premiata), non solo la garanzia di un prodotto standard: è l'esempio vivente della bontà e della sostanziale giustezza degli ideali della nuova frontiera. L'America positiva dell'individualismo accentuato, stanco della politica (ma che della politica si serve al momento opportuno), delle certezze di incidere sulla realtà. Tutto questo è puntualmente rintracciabile in L'immortale, un romanzo senile che inizia come un libro di spionaggio e finisce come un rosa. Senza allegria e senza speranza. È la storia di un miliardario, Judd Crane, l'uomo più ricco del mondo (raccontata, guarda caso, dallo scrit- tore più ricco del mondo), che cerca di comprare il sogno mitico dell'uomo, l'immortalità. Si sottopone a una serie di cure d'avanguardia, elaborate dalla dotteressa Zabiski, ge-rontologa jugoslava di gran fama, coadiuvata dalla bella Sofia Ivanvic, incrocio non ben definito tra Mata Hari, Emmanuelle e Madame Curie. Il tutto è occasione per giri del mondo in Jumbo privato, rapidi quanto cinici interventi in affari a suon di miliardi (di dollari), scene d'azione, un pizzico di violenza, panorami struggenti e amori in tutte le salse. Robbins è maestro del ritmo; la lettura si snoda rapida e senza intoppi. Anche se il privilegiare il ritmo dell'azione, come ricordava Guido Almansi sul numero di marzo de "L'Indice", finisce per sacrificare lo spessore psicologico dei personaggi. O l'una o l'altra cosa, non sembrano esservi vie di mezzo. E Judd Crane, col suo enorme "io" egocentrico, pon è certo un protagonista che si adatti a incisive introspezioni. Tutto il testo è teso come una corda di violino a rappresentare i casi della vita al massimo grado, l'esperienza unica, irripetibile di un individuo eccezionale che si può permettere tutto. Ogni decisione, ogni sviluppo, ogni particolare sono descritti al meglio delle loro possibilità: il che, francamente, finisce con lo stancare anche il lettore più ingenuo. Forse si stanca anche lo stesso Crane che, dopo essersi costruito una dimora imprendibile all'interno di un vulcano spento dell'America del Sud (con tanto di citazione della mitica Xanadu edificata da Kubla Khan e cantata dal Coleridge), decide di piantarla di giocare e chiude bottega. L'immortalità tanto cercata, rischia di trasformarsi in un'eterna noia. La visione ecumenica ed ottimista di Robbins si va chiudendo sempre più: che fare con tutti quei soldi accumulati — sembra leggersi tra le righe del romanzo, per bocca del miliardario depresso — se non si può comprare la felicità? Per fortuna la retorica è rinviata oltre l'ultima pagina, resta un sospetto extra-testuale, una riflessione inespressa. Che cosa resta al nostro Judd Crane-Rob-bins, se non l'accettazione di una tranquilla vecchiaia, accanto alla donna amata e al figlio che non ha mai conosciuto? Malgrado l'attualità, il riferimento ai temi politici di oggi (l'elezione di Reagan, la morte di Andropov), la disinvoltura sessuale e l'assunzione continua di cocaina (vero status symbol dell'elite), i temi — come si vede — sono quelli di sempre. La vecchia letteratura popolare è ancora maestra dell'intrattenimento, regina indiscussa del piacere della lettura. La funzione rassicurante del romanzo di consumo è ancora una volta riconfermata. È il best-seller, da prodotto sofisticato dell'industria editoriale, non può discostarsene: in fin dei conti si tratta di dare in pasto al lettore-consumatore un prodotto ben confezionato che risponda ai gusti della massa. Come il suo incredibile personaggio,. Robbins non cerca più l'immortalità, ma si accontenta del contingente. Far proprio il "carpe diem" non sarà molto fine, e neppure da uomo di lettere, ma rende. Il che, tradotto, significa che nessuna storia della letteratura lo accoglierà tra gli eletti, ma il suo paradiso di scrittore si è già realizzato in questa frazione di tempo, sulla terra. Insomma, secondo una logica vitale: pochi, maledetti e subito. Il cucciolone nel futuro di erremme dibbì ray Bradbury, 34 racconti, Oscar fantascienza, Mondadori, Milano 1984, pp. 376, Lit. 8.000. Ha dato dignità alla fantascienza. No, è l'autore di chi non ama la fantascienza. Non è classificabile in nessun genere, è un poeta. Le polemiche su Ray Bradbury in passato furono feroci, ma il suo nome era soprattutto un paravento per lodare, denigrare o non capire la science fiction. Alla fine prevalse la pacatezza, impersonata della cosiddetta "legge di Sturgeon " (Theodore Sturgeon, un ottimo scrittore americano di letteratura fantastica): "Il 90% della fantascienza e spazzatura, ma anche il 90% di tutta la letteratura lo è ". Questi 34 racconti (riproposti dagli Oscar) appartengono al 10% da salvare. Si avverte, negli scritti di Bradbury, che l'autore non è pagato a centesimi!parola (come accade spesso in Usa). Anzi, un'accusa che gli è stata frequentemente rivolta, è di preoccuparsi troppo dello stile, trascurando i fatti, il tessuto narrativo. Bradbury e nato nel 1920 nell'Illinois. Inizia a scrivere negli anni '40, con lentezza si fa un nome, soprattutto con i racconti (in pratica ha al suo attivo due soli romanzi, Fahrenheit 451 e II popolo dell'autunno ). Cronache marziane è il libro che lo ha reso popolare, soprattutto in Europa e che, secondo alcuni, ha reso la fantascienza "rispettabile " (ma è un giudizio condiviso solo da coloro che abitualmente non frequentano la letteratura avveniristica); tanto che il libro fu inserito in Italia nella prestigiosa Medusa e in Francia (nel 1951) Les temps mo-dernes ne pubblicò un estratto, considerandolo esemplare del progressismo di Bradbury. La sua scrittura è in bilico fra sogno e nostalgia. Da una parte il desiderio adolescenziale di divenire il più grande mago del mondo, di materializzare l'irreale e far uscire dal cilindro conigli bianchi e ippopotami rosa. Dall'altra il tenero coinvolgimento emotivo della provincia americana, famiglia matriarcale, serate passate sulla sedia a dondolo nel portico. Se questo può apparire troppo nostalgico o melenso, nei 34 racconti, possiamo anche scontrarci con tre donne condannate dalla solitudine al ricamo perpetuo, in attesa della fine del mondo, "senza più giornali dai quali ritagliare ricette". Un "cucciolone" come Bradbury è sempre alla ricerca di amore. Non c'è quasi mai violenza, non c'è sesso, manca lo scorrere del tempo; tutto resta cristallizzato nel sapore dei gelati delle mattinate estive, quando con ipiedi già ombrati dalla polvere i bambini si incontravano sotto la grande quercia, tra i rumori quieti di una campagna preindustriale. E i bambini sono spesso i narratori delle meraviglie paesane e quotidiane, oppure inconsueti protagonisti, come in Addio (che ricorda un po' Tamburo di latta di G. Grass), dove si incontra "un ragazzetto di 12 anni, con un certificato di nascita nella valigia a dimostrare che era nato 43 anni prima ". Non mancano racconti con un solido gusto dell'assurdo. C'è la poesia d'amore di una centrale elettrica. O la vera e unica macchina del tempo (non è altro che una vecchia soffitta). Solo la famiglia rende liberi: "Fuori i bambini aspettano la colazione e i vestiti hanno bisogno di bottoni. E poi, per quanto tempo si può guardare un tramonto ? E chi vuole che un tramonto duri più di due minuti}". Mensile della Cooperativa Nuovo Sapere Scienza Esperienza Il «giornale» scientifico italiano che cerca per voi le informazioni sugli effetti sociali della produzione scientifica; vi offre le riflessioni di ricercatori, docenti, operatori sui problemi della scienza in rapporto alla salute, all'ambiente, alle tecnologie, agli armamenti; vi aggiorna sulle discussioni scientifiche in corso nel mondo; vi conduce lungo i sentieri affascinanti o perversi della fantascienza. In tutte le edicole e nelle migliori librerie Per un anno (11 numeri) L. 40.000 - l'abbonamento può partire da qualsiasi mese Per abbonarsi inviare un assegno bancario intestato a Cooperativa Nuovo Sapere, via Valtellina 20, 20159 Milano