N. 3 pag. 29 Libri di Testo 4 narne le parti. A partire da Cartesio, la filosofia moderna è così costretta a un immane lavoro di ricostruzione epistemica — sul cui complesso an- damento, per ragioni di spazio, il lettore ci consentirà di sorvolare — che si concluderà soltanto con He- Con Hegel si conclude anche il volume su La filosofia moderna. E non se ne prevede un terzo (se la se- duzione del mercato scolastico non farà cambiare idea all'autore) perché con Hegel l'episteme ha compiuto il suo circolo, è tornata al suo punto di partenza pur nell'estrema distanza segnata dal processo di maturazione. Dopo Hegel, quando la filosofia non si è rivolta contro le pretese dell' episteme di porsi come sapere definitivo, non ha fatto che ripren- dere forme di sapere epistemico ri- conducibili a quelle preesistenti. Ora non resta che attendere che l'Occidente, liberandosi dalla tiran- nia scientifico-tecnologica, com- prenda che l'episteme si pone non solo come principio contemplativo, ma come principio produttivo che vuole trasformare il mondo. È evidentemetne in vista di que- sto rischiaramento della coscienza occidentale obnubilata, e non in funzione di una preparazione scola- stica del lettore, che Severino ha scritto, con innegabile acutezza e chiarezza, i due volumi in questio- ne. I drastici tagli della filosofia me- dioevale e rinascimentale e l'assenza della filosofia post-hegeliana si giu- stificano soltanto se si intende l'ope- ra di Severino come una introduzio- ne storica al suo specifico modo di intendere l'episteme. Ma Severino vuole andare oltre: egli intende por- tare soccorso a quei poveri giovani che non si raccapezzano su manuali scritti da chi pretende di insegnare la filosofia senza capirla. Vi trovano di tutto: scienze dell'uomo, logico-ma- tematiche, della natura — tutte in- negabilmente filiazioni della filoso- fia. Ma nel grande garbuglio la filo- sofia è soffocata. Severino intende "liberare la filosofia dalla calca". Se ci riesca o meno, dipende da ciò che si intende per filosofia. Quel che sembra comunque legittimo sospet- tare è che così liberata la filosofia se- veriniana mal si riconnetta poi con le sue filiazioni storiche, che forse non hanno avuto la fortuna di nascere adulte exfi esaurire la loro storia nel- la circolarità metafisica. Un solo esempio: la storia dell' episteme, afferma Severino, è la storia stessa dello stato etico, perché la verità ha un carattere pratico. E ciò è vero fin dai progetti politici di Platone e Aristotele. Ma che relazio- ne intercorre tra la storicità di questi progetti e il carattere eterno e defini- tivo del sapere epistemico? Dall'esposizione di Severino, sem- brerebbe di poter evincere che la teoria aristotelica della schiavitù na- turale sia una necessaria conseguen- za dell 'episteme. Il tramonto dell 'episteme nella scienza moderna — egli afferma — coincide col "tra- monto della concezione assolutistica nella concezione democratica dello Stato". Come intenderà quest'affer- mazione quel giovane che in filoso- fia si raccapezza poco, al quale Seve- rino paternamente si rivolge? Severi- no tace sornione, pago d'averlo po- sto di fronte a un nuovo, forse più inestricabile garbuglio. □ n diritto da insegnare di Luigi Bobbio Enzo Roppo, Metello Scapa- rone, Manuale di diritto pub- blico, Laterza, Bari 1984, pp. 448, Lit. 14.000. Può darsi che la riforma (in un fu- turo incerto e non vicino) arrivi ad introdurre l'insegnamento delle scienze sociali nell'area comune del- la scuola superiore unificata, collo- candole, nella formazione di base, accanto all'italiano, alla storia, alla matematica e alle scienze naturali; ma, nell'attesa (ormai cronica), con- viene ragionare sullo stato di cose presenti. Il quale appare stabilizza- to, da oltre cinquant'anni, nel mo- do seguente: tra le scienze sociali soltanto le due più antiche e consoli- date, cioè il diritto e l'economia, hanno fatto il loro ingresso nella scuola e esclusivamente in funzione professionale. Benché l'attuale ordi- namento scolastico non preveda la distinzione tra area comune e area di indirizzo, è evidente che entrambe le materie sono state pensate come discipline dell'area di indirizzo: so- no infatti escluse dai licei e dagli isti- tuti tecnici industriali (salvo una ra- pida e quasi inutile comparsa nell'ultimo anno) e sono invece soli- damente insediate negli istituti commerciali. Prendiamo il diritto: il curricolo stabilito per i ragionieri (che, essen- do il più ampio e completo, funzio- na da modello rispetto a quelli degli altri sotto-indirizzi commerciali) si articola nella sequenza: diritto pub- blico (in terza), diritto civile (in quarta), diritto commerciale (in quinta). Si parte dalla costituzione e dallo stato per arrivare alla società per azioni e alle cambiali ed è evi- dente che la conoscenza di queste ultime è il vero obiettivo didattico dell'intero processo formativo. Gli aspetti generali della disciplina sono pensati come propedeutici rispetto agli aspetti più tecnici dell'ultimo anno. Occorre aggiungere che i pro- grammi ministeriali contengono un'impostazione culturale formali- stica molto antiquata e difficilmente difendibile oggi. Basta pensare che l'approccio allo studio del diritto pubblico (in terza) non si basa sulla costituzione, ma su una teoria gene- rale del diritto fortemetne impre- gnata di contenuti privatistici, tra cui spicca la teoria del negozio giuri- dico (il che tra l'altro crea grossi pro- blemi sul piano didattico). L'impalcatura è quindi molto ri- gida, sia nelle finalità che nei conte- nuti culturali, ma forse non di più che in altre discipline. Eppure in questo settore essa è stata ossessiva- mente riprodotta dai numerosi ma- nuali in circolazione nelle scuole. Quell'opera di aggiornamento cul- turale che è stato intrapreso dall'edi- toria scolastica in tutte le discipline di "area comune", con il risultato di scardinare e rimodellare contenuti e curricoli, è quasi del tutto mancato nel campo del diritto. C'è da chiedersi perché. Le ragio- ni sono probabilmente molte: la so- stanziale marginalità di questo inse- gnamento nella scuola, la chiusura formalistica della tradizione giuridi- ca italiana, un certo conservatorismo degli insegnanti. Ma forse l'elemen- to più influente è proprio costituito dalla funzione professionale che è istituzionalmente assegnata a questa disciplina e che determina una sorta di strettoia che retroagisce su tutta l'impostazione dell' insegnamento. C'è infatti nella scuola (e non solo) l'idea che le discipline culturali sia- no il regno della libertà, mentre le discipline professionali siano il re- gno della necessità. E una cattiva idea (che nuoce ad entrambe), ma che appare assai persistente: si pos- sono riscrivere da cima a fondo con criteri nuovi i manuali di storia, le grammatiche, le antologie e i testi di matematica, ma il diritto e la ragio- neria (per fare due esempi) restano sempre uguali a se stessi. Dato questo quadro, il panorama dei manuali di diritto non presenta grande varietà: ci sono i manuali di serie A (in genere riduzioni di ma- nuali universitari curati dagli stessi autori) che offrono un buon livello culturale, ma soffrono un po' dell'adattamento e ci sono i manuali di serie B (i più diffusi) che usano un approccio apparentemente sempli- ce, ma in realtà aridamente classifi- catorio e in definitiva poco com- prensibile. Questa lunga premessa ha lo sco- po di mettere in risalto le novità che, malgrado tutto, si sono prodotte an- che in questo campo. Il Manuale di diritto pubblico scritto da Metello Scapatone, con la collaborazione di Enzo Roppo, che è uscito quest'anno completando il corso di diritto dell'editore Laterza (i primi due volumi dedicati rispetti- vamente al diritto civile e al diritto commerciale, entrambi a cura di Roppo, erano già stati pubblicati l'anno scorso), è invece un testo pensato e scritto appositamente per la scuola superiore. L'autore ha de- dicato una grande attenzione nell'evitare le locuzioni tipiche del gergo giuridico-forense che rendono spesso così diffìcile il contatto con questa disciplina, riuscendo a tra- durre i concetti giuridici in un lin- guaggio chiaro e accessibile e nello stesso tempo molto rigoroso. L'im- pianto del manuale ripercorre abba- stanza fedelmente e senza importan- ti innovazioni le prescrizioni mini- steriali. E, tuttavia, all'interno dei singoli argomenti offre informazioni aggiuntive che esulano da una logica strettamente giuridica: cerca di indi- viduare, di volta in volta, la genesi storica delle istituzioni, ne mette in luce le funzioni sociali, apre alcuni squarci sul loro funzionamento ef- fettivo. Accenna diffusamente al molo dei partiti, al "sottogoverno", alle caratteristiche del sistema politi- co. Tali informazioni extragiuridi- che sono inserite con misura ed qui- librio, ma forse un po' sotto tono. Aiutano lo studente a comprendere i risvolti politici concreti delle regole formali della costituzione, ma non danno interamente conto degli ef- fettivi problemi che le istituzioni politiche si trovano di fronte negli stati contemporanei. Indubbiamente non è facile trova- re un giusto equilibrio tra l'impian- to giuridico e l'impianto politologi- co nell'analisi dello stato, soprattut- to quando l'oggetto della trattazio- ne è, per forza di cose, il diritto pub- blico. Ma forse si tratta essenzial- mente di una questione di ottica: se lo studio del diritto pubblico è con- cepito prevalentemente come prope- deutico allo studio del diritto priva- to, come avviene nell'attuale ordi- namento, un'impostazione giuridi- co-formale può essere, in definitiva, abbastanza accettabile e le correzio- ni extragiuridiche apportate nel ma- nuale di Scaparone possono apparire più che sufficienti. Se invece si pen- sa che l'insegnamento del diritto pubblico abbia un significato di per sé, nel senso di offrire a ragazzi di sedici anni un quadro intelleggibile delle strutture, delle funzioni, dei problemi delle istituzioni pubbli- che, allora l'approccio giuridico for- male si rivela decisamente parziale (e in qualche caso addirittura fuor- viarne), e va integrato — in modo robusto — con altri approcci. □ Benedetto Vertecchi Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti. Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 190, Lit. 1.400 Questo manuale, rivolto agli insegnanti di tutti i livelli scolastici, è, però, fatto a mi- sura dell'insegnante di scuola media, che vie- ne condotto via via dalla lettura dei program- mi ministeriali, attraverso i principali proble- mi della didattica (qualità della formazione, profitto, valutazione, strumenti di verifica, vari tipi di prove, ecc.), fino alla formulazio- ne dei giudizi e alla compilazione delle sche- de finali. Articolato in dieci argomenti e altrettanti capitoli, presenta in ciascuno, con grande chiarezza espositiva, l'informazione essenzia- le sullo stato del problema, un 'ipotesi di di- scussione per chi voglia ulteriori approfondi- menti, e proposte di attività: si tratta spesso di esempi di attività didattica destinata all'al- lievo, e qualche volta, invece, di attività per l'insegnante stesso (analisi del suo ruolo, in- terviste ai colleghi, inchieste sulla condizione degli allievi, riflessione storica, ecc.). L'obbiettivo è, dunque, non soltanto di addestrare l'insegnante all'uso di alcuni stru- menti tecnici, ma di arricchirne la consapevo- lezza intorno alle finalità sociali della scuola. Vertecchi così prosegue e sviluppa quel di- scorso sulla valutazione in cui si è specializza- to da circa dieci anni. Egli si assume qui in modo esplicito (più che in passato) anche il compito di ricordare agli insegnanti che alla valutazione, nella scuola come nella società, nessuno sfugge e che valutazione vuol dire se- lezione. Su questo punto spiacevole il ma- nuale offre ragionamenti molto semplici e fin troppo persuasivi, anzi quasi catechistici. Ancora un 'osservazione: in un libro utile, com'è questo, e ricco di suggerimenti pratici che toccano varie materie, si nota l'assenza di proposte operative che riguardino l'esperien- za letteraria e artistica (che fare, per esempio, della narrativa in scuola?); si ha l'impressione di una rinuncia a trasferire in questo campo i criteri esatti che valgono altrove a promuove- re e verificare gli apprendimenti. (l.d.f.)