N 3 rlNDICF Pag 9 ■h dei libri del mese|b De Amicis di classe _di Alberto Madrìgnani Sebastiano Timpanaro, Il so- cialismo di Edmondo De Ami- cis. Lettura del "Primo maggio ", Bertani, Verona 1984, pp. 213, Lit. 11.000. Capita raramente d'incontrare un libro nel quale l'autore trovi un ter- reno simpateticamente significativo, che gli si offre come il luogo ideale per riproporre una serie di riflessioni di grande attualità, forse proprio in quanto "inattuali". Le ricerche stori- che spesso soffrono di un complesso di ibernazione a cui masochistica- mente le sottopone l'autore. Il cano- ne della scientificità e della serietà è ostentato come strumento di difesa e come salvacondotto accademico. In tempi poi come i nostri di spocchio- sa diffidenza nei confronti delle ideologie, il critico scopre le bellezze della critica oggettiva, stilata con asettica piacevolezza, fuori da ogni contaminazione soggettivistica. Or- bene, questo ultimo volume di Se- bastiano Timpanaro è un esempio di come si possa fare critica storica co- niungandola ad un metodo ricco d ' implicazioni ideologiche-politi- che, senza giocare a fare lo studioso superiore, che si astrae dalla contem- poraneità per gustarsi le sue stoiche gioie di intellettuale sereno e distac- cato. Già nel titolo Timpanaro dice con onestà l'argomento fuori moda della sua ricerca e ne circoscrive l'ambito. Se ne può subito dedurre che De Amicis è stato un socialista o meglio, novità davvero sorprendente, uno scrittore socialista. Sull'argomento esiste un certo numero di luoghi co- muni, di sentenze storiche e allusio- ni maligne che hanno fissato l'im- magine di De Amicis come quella di un socialista dal cuore in mano, tut- to buone intenzioni e niente cervello politico. E Timpanaro invece s'im- pegna a contrastare questa leggen- da, le sue fonti e le sue diramazioni. Il testo preso in considerazione è quel romanzo socialista, Primo mag- gio, a cui molto lavorò De Amicis senza mai decidersi a pubblicarlo e che solo quattro anni fa è stato dato alle stampe. In tale occasione si sol- levò una delle tante polemiche (nel- la quale si potrebbe vedere, forse, retrospettivamente un sintomo di quel nuovo corso del partito sociali- sta che ora ci contrista e governa quotidianamente), che ebbe l'effet- to di allontanare anziché avvicinare la conoscenza di un testo destinato a rimanere nella leggenda delle ipote- si anziché nella pratica della lettura vera e propria. Timpanaro ha opera- to secondo la sua prassi di consuma- to filologo, avvicinandosi al testo così com'esso è , senza prevenzioni o strumentalizzazioni. E ha così "sco- perto" quello che tutti avrebbero dovuto vedervi, cioè un romanzo politico di dichiarata impostazione socialista. Timpanaro ha mostrato con prove irrefutabili che il famigerato De Amicis, oggetto di un secolo di facili denigrazioni da parte dei critici im- pegnati, aveva osato pensare e met- ter sulla pagina un romanzo steso se- condo il punto di vista operaio. Nel Primo maggio il tanto calunniato bozzettismo s'incontra con la vo- lontà di costruire un romanzo socia- lista, nel quale le storie dei perso- naggi, i loro caratteri, le loro vicende individuali e private confluiscono in una storia generale, che ha una sua fisionomia collettiva. L'ispirazione deriva nientemeno che dalle teorie di Marx, sulle quali lo scrittore ha cercato di modellare le strutture por- tanti della sua storia. Con la sua in- telligenza di storico della cultura mai generico o banalizzante. Tim- panaro ha messo in luce la portata di questo marxismo dello scrittore, la sua autenticità che si travasa nelle direttive del romanzo e nella volontà di darci lo spaccato di una storia so- ciale della nuova Italia secondo una discriminante che mette in moto tutte le componenti della logica del- la lotta di classe. E non si tratta solo della lotta politica vera e propria, quella guerreggiata negli scioperi o nelle sommosse, ma di quel con- fronto fra interessi e intelligenze sul quale si fonda la dinamica della so- cietà capitalistica (e qui De Amicis ha reso un omaggio a Zola e alla sua intelligenza di scrittore sociale anti- cipando, nei suoi modi, certa lette- ratura neorealistica del secondo do- poguerra). Timpanaro ci ha dato una sua let- tura del romanzo provandosi a illu- minare in tutte le sue implicazioni la pagina deamicisiana, con l'appoggio di rimandi e citazioni che dimostra- no la serietà della preparazione al ro- manzo da parte di De Amicis, la sua volontà di appoggiare la politica del partito socialista del tempo con un'opera che ne raccogliesse gli sti- moli e si caricasse della responsabi- lità di una nuova cultura, proprio in anni in cui la separazione fra cultura politica e cultura letteraria stava a si- gnificare più che mai la supremazia dell'egemonia borghese. A questo Timpanaro che scopre per tutti noi la possibilità e, entro certi limiti, la necessità di prendere in considera- zione il De Amicis socialista, si af- fianca il Timpanaro che nutre la ve- rità della ricerca sulla pagina di tutta la sua passione ottocentesca di mar- xista, che non trova disdicevole o in- congruo studiare in De Amicis il si- gnificato di un episodio della storia della cultura di classe in Italia. An- che De Amicis diventa un'occasione per approfondire questo discorso sulla cultura italiana dell'Ottocento, sulla quale egli ha scritto appassio- nati e decisivi saggi, ormai conside- rati dei classici anche da chi discute o rifiuta il suo punto di vista. Non c'è da meravigliarsi dunque che Timpa- naro si soffermi quando può per ar- ricchire e continuare il suo discorso sul marxismo in Italia, sulle sue spe- cificità, le sue debolezze originarie, sul suo "idealismo", e ricondurre al discorso sul materialismo che è la proposta di Timpanaro, il filo rosso che passa attraverso tutta la sua in- gente opera il filologo, storico, filo- sofo e critico. Questo libro su De Amicis rivela la coerenza e il signifi- cato di una linea politico-culturale, che proprio in questi nostri tempi di esaltazione per il pensiero debole o marginale rivela la sua perdurante efficacia di analisi e di proposta. Cronache in stile di Fabrizio Rondolino Italo Calvino, Collezione di sabbia. Gar- zanti, Milano 1984, pp. 221, Lit. 18.000. Non è possibile comprendere l'opera re- cente di Calvino (soprattutto Palomar e gli ar- tìcoli di giornale, ora raccolti in volume) se non sì presta attenzione allo stile, se non ci si interroga sul problema e sul significato della scrittura. Perlo più ridotta a mero supporto e a forma vuota, oppure sfruttata artificiosa- mente per equilibrismi e barocchismi verbali, la scrittura (almeno in Italia) da tempo ha cessato di essere un problema. Poco importa se la compatta trama formale del grande ro- manzo ottocentesco è andata irrimediabil- mente in pezzi; poco importa se la tradizio- nale suddivisione tra parola descrittiva e paro- la evocativa rischia di girare a vuoto, incapace di rendere conto del travaglio che conduce il nome alla cosa: gli scrittori continuano nel lo- ro stanco lavoro come se niente fosse. La crisi della letteratura è innanzitutto un problema distile. In Calvino, al contrario, la riflessione sullo stile procede di pari passo con la creazione letteraria o giornalistica, ne diviene parte co- stitutiva, ne illumina il valore più vero. La scrittura è la traccia di uno sguardo che cerca di incrinare la patina opaca delle cose, e insie- me è lo strumento che permette ogni volta la ricomposizione delle disjecta membra del reale: la superficie increspata della pagina scritta non è più il racconto o la descrizione di una realtà, ma diviene la registrazione, accu- rata e malinconica, dello sguardo capace di afferrare le cose e di imprimere loro un senso. Per questo i confini tra descrizione cronachi- stica, invenzione fantastica e narratività si fanno sempre più labili: per questo gli argo- menti trattati dagli articoli di Collezione di sabbia privilegiano una mostra o un luogo geografico: la metafora galileiana della natu- ra come libro aperto da decifrare (si leggano le pagine sui giardini giapponesi) si intreccia in Calvino all' atteggiamento barocco che ve- de nella collezione di mirabilia di ogni sorta l'immagine del mondo più veritiera. La lim- pidezza cristallina della scrittura depura gli articoli e i saggi da ogni tentazione virtuosi- stica, allontana il loro oggetto dalla zona d'ombra della realtà per sospenderlo nel chia- rore soffuso della parola. Lo sguardo e la pa- rola che ne serba l'eco, offrono alle cose il do- no del linguaggio, ne profanano il silenzio immemoriale, le dischiudono alla comunica- zione. Come nell'ultimo Peter Handke, così in Calvino pare di assistere ad una nuova con- sapevolezza del mondo, aurorale e felicemen- te disincantata. Non più le parole, né le cose, definiscono il centro di gravità della pagina, il cui vero protagonista è l'atto del vedere: i giochi di luce, i colori, le prospettive e le dis- solvenze increspano l'ovvietà del mondo, lo salvano dall'oblìo, "perché vedere vuol dire percepire delle differenze, e appena le diffe- renze si uniformano nel prevedibile quotidia- no lo sguardo corre su una superficie liscia e senza appigli". W LINEA D'OMBRA rivista bimestrale di storie, immagini, discussioni ORA ANCHE IN EDICOLA IN NUOVA VESTE GRAFICA E NUOVO FORMATO, RICCAMENTE ILLUSTRATA IN QUESTO NUMERO: Elsa Morante, Pro o contro la bomba atomica Racconti di Roland Barthes, Raymond Queneau, Pierre Mertens, Vittorio Caronia, Grazia Cherchi Un racconto a fumetti di Altan Interviste con Wim Wenders, Peter Stein, Robert Crumb Un'inchiesta sui giovani scrittori italiani Saggi e interventi di Edoardo Masi, Alfonso Berardinelli, Goffredo Fofi, Filippo La Porta, Marino Sinibaldi, Ugo Volli, Gianni Volpi, Gianfranco Bettin, Franco Serra, Alessandro Baricco, Alberto Cadioli Distribuzione nelle librerie: PDE - Viale Manfredo Fanti, 91 - 50137 Firenze - Tel. 055/587242 Distribuzione nelle edicole: Messaggerie Periodici spa - Via Giulio Carcano, 32 - Milano - Tel. 02/8438141-2-3 Abbonamenti: abbonamento annuale a sei numeri L. 30.000 da versare sul conto corrente numero 25871203 intestato a "Linea d'Ombra"