i ■ ■■n BTINDICF « ■ dei libri del meseBH Quel fantastico rogo di Silvano Peloso ADELPHI ENEA SILVIO PICCOLOMINI PAPA PIO II I commentarii Edizione con testo latino a fron- te, note e indici a cura di Luigi Totaro «Classici Adelphi», due volumi in cofanetto, pp. 2764, L. 180.000 Dopo cinque secoli, finalmente rivelato nella sua integrità un monumento del Rinascimento italiano. Le memorie di un gran- de Papa letterato, politico e guer- riero. DOUGLAS R. HOFSTADTER Godei, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante « Biblioteca Scientifica », pp.870, L. 60.000 II libro più intelligente sull'intel- ligenza artificiale. Mezzo milione di copie vendute in America e Inghilterra. ALBERTO SAVINIO Narrate, uomini, la vostra storia «Biblioteca Adelphi», pp. 354, L. 20.000 Una galleria di ritratti « pietosi e terribili», da Nostradamus a Isa- dora Duncan. Il libro considerato da molti il capolavoro di Savinio. ALEXANDER LERNET-HOLENIA Il conte di Saint-Germain «Biblioteca Adelphi», pp. 208, L. 16.000 Un intreccio vertiginoso che at- traversa i secoli. Il romanzo che svela in tutta la sua complessità l'arte narrativa di Lernet-Holenia. KENNETH GRAHAME L'età d'oro Illustrato da Maxfield Parrish «Biblioteca Adelphi», pp. 184, 19 tavv. f.t., L. 18.000 Le avventure e i sogni di cinque ragazzi in una casa di campagna inglese. Un libro che è esso stes- so la felicità dell'infanzia. MARINA CVETAEVA Il poeta e il tempo A cura di Serena Vitale «Biblioteca Adelphi», pp. 260, L. 18.000 Da Novalis a oggi, rare volte l'az- zardo della poesia come assolu- to ha trovato una formulazione così drastica, così soverchiante come in questi saggi della gran- de poetessa russa, qui per la pri- ma volta raccolti in volume. HENRI MICHAUX Brecce A cura di Diana Grange Fiori «Biblioteca Adelphi», pp. 304, L. 16.000 Una «antologia personale» che attraversa gli scritti di Michaux dal 1927 al 1983, composta dal- l'autore per I lettori italiani. Per chi non conosce Michaux una guida perfetta alla sua opera; per chi lo conosce, un libro nuovo, ricco di sottili rivelazioni. josé saramago, Memoriale del convento, trad. di Rita Desti e Carmen M. Radulet, con una nota di Rita Desti, Feltrinelli, Milano 1984, pp. 319, Lit. 18.000. "... Dissero solo addio, nient'al- tro, perché né gli uni sanno costruire frasi, né gli altri le sanno capire, ma col passar del tempo si troverà pure qualcuno per immaginare come queste cose avrebbero potuto esser dette, o fingerle, e, fingendole, le storie arrivano a essere più vere dei fatti veri che raccontano, anche se è già difficile mettere parole diverse in luogo di queste...". Tanto ambiguo nella forma quanto apparentemente contraddittorio nella sostanza, que- sto passo dal Memoriale del conven- to del portoghese José Saramago — autore già noto in patria attraverso prove come Levantado do Chào (Al- zato da terra, 1980) e ora approdato al successo intemazionale con questo ultimo romanzo che è del 1982 — potrebbe essere espressione ideale del testo. È un testo, infatti, tutto costruito sul confronto sottile fra realtà e immaginazione, fra storia e letteratura, dove lo scambio dei ter- mini e qualche volta il loro reciproco smarrirsi in un unico gioco mistifica- tore, rimanda al respiro di quel Fer- nando Pessoa che del Novecento portoghese (ma ormai anche euro- peo) appare sempre più come punto di riferimento costante. Sullo sfondo dunque la storia: la costruzione fra il 1713 e il 1730 del mastodontico convento di Mafia, voluto da re Giovanni V come voto di ringraziamento per la nascita dell'erede e parallelamente, ma in singolare antitesi,la costruzione e il volo della Passarola, dell'aerostato di padre Bartolomeu Lourengo de Gusmào. Riferiscono le cronache, l'8 agosto 1709, che egli, preceden- do di molti decenni l'esperimento dei fratelli Montgolfier, dava in Li- sbona concreta attuazione a un anti- co sogno, essendo poi per questo perseguito dall'Inquisizione fino al- la pazzia e alla morte, avvenuta in Toledo il 18 novembre 1724. Una storia di cui è insieme sconosciuto artefice e vittima il protagonista del romanzo, Baltasar Sette-Soli, solda- to/muratore/ingegnere che perde una mano in guerra contro gli spa- gnoli, partecipa con il suo uncino- protesi alla costruzione del convento e successivamente con la sua compa- gna Blimunda Sette-Lune, che dalla madre veggente esiliata dall'Inquisi- zione in Angola ha ereditato strani poteri, aiuterà padre Bartolomeu a costruire il suo aerostato "fatto di so- le, ombra, nuvole chiuse, calamite e lamine di ferro". Così la storia dei grandi affidata ai libri s'incrocia con le storie degli umili dimenticati dal tempo, ma re- suscitati da una finzione che para- dossalmente solo al di là della storia può rintracciare il sudore e il sangue di cui essa è pure in tessuta, finendo quindi per essere "più vera dei fatti che racconta". A conclusione della vicenda l'ultimo appuntamento fra reale e immaginario è costituito dal rogo su cui bruciano insieme Balta- sar Sette-Soli e Antonio José da Sil- va, il Giudeo, uno dei maggiori au- tori drammatici del Settecento por- toghese, la cui sentenza sancita dall'Inquisizione fu eseguita il 17 ottobre 1739- Il macabro rituale dell'auto da fé con la sua insensata crudeltà costi- tuisce dunque il tragico contrappeso al sogno di libertà e di evasione rap- presentato dal magico aerostato, che può volare solo grazie alle volontà degli uomini in esso imprigionate. Al tempo stesso il romanzo insiste a ricostruire un mondo che nei suoi aspetti paradossali supera qualsiasi finzione letteraria: un re il cui passa- tempo principale è ingravidare le monache, ma che non riesce ad ave- re un erede legittimo; l'infante Francisco che si diverte a sparacchia- re dalle finestre del palazzo, in riva al Tago, sui marinai che stanno ap- pollaiati sui pennoni delle barche solo per provare la sua buona mira; un predicatore che cesella le parole e nasconde i pensieri; un monco e una strega a rappresentare con la loro fa- tica e le loro pene "il popolino di bianchi, neri e mulatti di tutti i co- lori"; una città come Lisbona che più delle altre "è una bocca che ma- stica troppo da una parte e troppo poco dall'altra"; il suono magico del clavicembalo di Domenico Scarlatti, altro personaggio "storico" del ro- manzo, ad accompagnare il sorgere di un'utopia che non si realizzerà mai. Un puzzle in apparenza indi- stricabile, un complicato gioco di in- castri come quel modello di minia- tura della Basilica di S. Pietro che Giovanni V, nel suo sogno di gran- dezza e di potere, si affanna ogni giorno a tentar di ricostruire. E a complicare ulteriormente il gioco bisogna aggiungere la presen- za costante dell'autore/narratore che, moltiplicando i punti di vista, scombina assetti precostituiti e altera i normali equilibri narrativi in un variegato esercizio di stile. E chiaro che da questo punto di vista il Me- moriale del convento si presenta co- me un libro tutt'altro che facile e va reso merito alla perfetta traduzione italiana di Rita Desti e Carmen Ra- dulet di aver saputo trasporre nella sua varietà e nella sua complessità una girandola di usi stilistici e ma- niere espressive: dalla lunga digres- sione in termini di documento stori- co, agli slittamenti sinonimici, ai giochi di parole che, unitamente ai frequenti ricorsi al codice gnomico, recuperano sia la tecnica del canta- storie sia codici culturali e stilemi di lunga tradizione in Portogallo, a partire da Camòes e dai poeti del Cancioneiro de Resende. Al centro dell'attenzione è sem- pre il dialogo fra il narratore e il let- tore/spettatore, sottoposto però a continue modifiche rispetto ai suoi costituenti fondamentali attraverso un uso intensivo dei procedimenti retorici della aversio. Accelerazioni e ritardi improvvisi movimentano così di continuo la scrittura deviandone la linearità e rompendone l'unifor- mità. Il tempo del discorso viene spesso bloccato sul singolo fram- mento, che in questo modo si estra- nia dal testo divenendo una specie di emergenza dell'improvvisazione. Tutto ciò, insieme ai diversi tipi di ironia sul testo, produce scarti meta- linguistici che verificano la comuni- cazione estraniandola improvvisa- mente per poi riattivare il contatto frammento per frammento. La por- tata del procedimento non è limita- bile evidentemente ad una mera questione stilistica e il suo impiego estensivo implica una precisa scelta nel modo d'uso della parola lettera- ria. La logica drammatica che ordina narrativamente una serie di signifi- cati non compare più come unico piano referenziale rispetto a quello della scrittura. Tutte le interpolazio- ni, le emergenze circostanziali, le annotazioni locali che l'autore trac- cia sui margini del testo deviano la impersonalità della norma scritta, portatrice di un senso esterno che si identifica con la rappresentazione del mondo o con l'espressione di una verità che la trascende, verso il momento meno solenne della sua produzione, verso l'azione a volte scomposta e contraddittoria di chi cerca di dar vita a un testo strappan- do la parola a un silenzio che la pre- cede e la genera. Il rapporto dell'au- tore con il testo da lui prodotto, e di entrambi con la realtà di cui sono o vorrebbero essere espressione, è dunque l'interrogativo più impor- tante attorno a cui ruota anche que- sto Memoriale del convento. E non è un caso che fra tanta storia e tante storie il tarlo del dubbio si insinui qua e là nel romanzo a mettere in discussione lo scenario stesso su cui hanno recitato i vari personaggi. E ciò a cui alludono, a conclusione della loro piccola disputa filosofica, il predicatore padre Bartolomeu Lourengo de Gusmào e il musicista Domenico Scarlatti: "... pensando bene a ciò che si dice e come, signor Scarlatti, si espongono e contrap- pongono, il più delle volte, fumo e nebbia, e non si conclude un bel niente. A questo non rispose il mu- sicista e il padre concluse, Ogni pre- dicatore onesto lo sente quando scende dal pulpito. Disse l'italiano stringendosi nelle spalle, Rimane il silenzio dopo la musica e dopo il se- mone, che importa che si lodi il ser- mone e si applauda la musica, forse solo il silenzio esiste davvero... ". dimmi li Che cosa c'é dietro