N 3 [INDICE P.g 0 ■■dei libri delmeseBì Io sono un campione _(travisato)_ _di Marisa Bulgheroni__ Bernard Malamud, Il Miglio- re, Mondadori, Milano 1984, traduzione di Mario Biondi, pp. 243, Lit. 16.000. La traduzione del letterario nel vi- sivo, del linguaggio narrativo nel ci- nematografico, è diventata una delle attuali modalità di sopravvivenza del testo scritto; che può sdoppiarsi nel film (come il romanzo di Tornasi di Lampedusa nel Gattopardo di Vi- sconti), trasmigrare in esso, miste- riosamente dilatandosi e irradiando segrete luminescenze (come il rac- conto di Conrad nei Duellanti di Ri- dley Scott), o, più spesso celarsi, irri- conoscibile, in travisamenti e distor- sioni (come II grande Gatsby di Fitz- gerald nell'omonimo film di Jack Clayton). Le variazioni sono infinite senza che l'effetto dell'operazione nel circolo vizioso del consumo cul- turale subisca mutamenti: il testo garantisce per il film, che a sua volta lo ricicla. Tra le abbaglianti immagi- ni del grande schermo e le fantoma- tiche figure del nostro teatro menta- le si stabilisce un rapporto di intensi- ficazione, di ibridazione o di ripu- gnanza; ma il libro viene "visto" e il "film" si fa "leggere". L'episodio della geminazione non è mai casuale perché la marea del visivo porta a galla relitti strani o eccellenti da in- gigantire o da sfigurare secondo le leggi di una moda che ora sembra radicata nel desiderio, ora impegna- ta a deviarlo, in entrambi i casi im- ponendosi con l'autorità stagionale di una natura simulata, inflessibile quanto la Natura stessa. Mutilato di ali e artigli, elegante- mente imbalsamato nel film di Ber- ry Levinson II Migliore e, grazie ad esso, imposto all'occhio ciclopico del grande pubblico visivo, appare oggi in edizione italiana il primo roman- zo di Bernard Malamud, pubblicato in America nel 1952 con il titolo The Naturai (ossia il superdotato di ta- lenti naturali, ma anche l'innocen- te, bersaglio di corruzione e follia). In altre parole: il libro di un grande scrittore, mai tradotto finora perché arcano e inquietante, sottilmente in- cantatorio come le altre sue opere e tuttavia a esse poco affine, rinasce in un'altra lingua in virtù del bizzarro imprimatur che gli viene dalla pre- senza, in copertina, di Robert Red- ford, guanto e palla da baseball in un campo di grano. Quel volto dalla patina dorata, il volto dell'eterna giovinezza americana tragica e vin- cente, non l'avremmo mai assegnato al notturno eroe di Malamud, Roy Hobbs, "veterano delle guerre del baseball", che contemplandosi allo specchio dopo una partita sfortunata scorge, di sé, una testa simile a una "pietra frastagliata posata su spalle dolenti", palpitante "dal suo inter- no pietroso": quasi l'accidentata morfologia di un guerriero ferito e imprigionato, ma vivo e destinato a sopravvivere alla sconfitta. Alla distorsione fisica del campio- ne corrisponde un travisamento del suo molo. L'aspra allegoria di Mala- mud, nella quale la ricerca del suc- cesso è un percorso circolare dissemi- nato di prove e di rischi mortali, e associata ai cicli di sterilità e rigene- razione delle leggende arturiane, si riduce, nel film, a un'ambigua va- riante del sogno americano che ban- disce o cancella la morte. Malamud, l'interprete del dolore ebraico come voce dell'angoscia storica, il singola- re cantore della gioia e del lutto, si è misurato frontalmente, alla sua pri- ma prova romanzesca, con l'Ameri- ca e i suoi nuovi eden. Nel baseball, lo sport più ossessivamente america- no, ha visto non soltanto i fondali nascosti di sudore e squallore, ma uno spazio mitico nel quale si rinno- vano rimali arcaici. Una dura storia sportiva alla Ring Lardner "riscritta da T.S. Eliot", ha detto Leslie Fie- "migliore" del film, Robert Red- ford, riesce a evitare fortunosamente l'ignobile fine, sommerso da una pioggia trionfale di luci e di applau- si. I neri succhi onirici di Malamud svaporano nelle fantasmagorie visive di Levinson. L'attacco al mito americano del successo comporta il pericolo del si- lenzio. Battezzato da una critica re- ticente nell'America del maccarthi- smo, The Naturai è stato risuscitato nell'America di Reagan solo per es- sere seppellito come la mazza di Roy Hobbs. Resta, per il pubblico italia- no, l'occasione dell'incontro con un libro che merita di rinascere alla let- tura. Letteratura Tommaso Landolfi Rien va, Rizzoli, Milano 1984, pp. 209, Lit. 16.500. Estrema frammentarietà, lucido interrogarsi in un impietoso scanda- glio psicologico sono le caratteristi- che di questo diario, o meglio, ab- bozzo di diario di Landolfi, scritto tra il giugno 1958 e il I960, già ap- parso nel 1963. Vi compaiono, uni- Einaudi Sebastiano Vassalli La notte della cometa Come cancellare la vicenda di un uomo e d'un poeta dalla memoria collettiva: un romanzo-verità su Dino Campana e la sua leggenda (« Supercoralli », pp. 239, L. 18 000). Andrej Amal'rik Rasputin Il «monaco nero» e la corte dell'ultimo zar La vita d'una delle figure più enigmatiche e leggendarie della storia russa, raccontata con vivace piglio narrativo da un grande storico (« Saggi », pp. xi-267, L. 26 000). Luigi Malerba Storiette tascabili Una nuova raccolta che prosegue il successo delle «Storiette». Illustrazioni di Adriano Zannino («Libri per ragazzi»,pp. n8,L. 16000). Ricordo di Eduardo De Filippo L'erede di Shylock Soggetto di Eduardo. Versione in tre atti di Luciana Luppi. L'ultima commedia della Scuola di Drammaturgia diretta da De Filippo («Collezione di teatro», pp. 73, L. 3000). Biblioteca di storia dell'arte Memoria dell'antico nell'arte italiana I. L'uso dei classici A cura di Salvatore Settis. Storici, storici dell'arte e archeologi ricostruiscono in un dialogo a più voci la presenza dell'antico e della sua memoria nell'arte italiana, dalla conservazione più raffinata alle distruzioni più clamorose, allo studio e all'assimilazione da parte degli artisti (pp. xxvn-477, L. 70 000). Lu Gwei-Djen Joseph Needham Aghi celesti Per capire la storia e le civiltà cinesi da un'angolazione diversa e avvicinare, anche da un punto di vista scientifico, le più antiche tecniche terapeutiche (« Saggi », pp. xxvii-322, L. 63 000). dler di The Naturai: la vicenda di uno degli ultimi campioni di una "cultura che non sa più se idolatrare o distruggere i propri eroi". Ed è ve- ro: la carriera del giovane Roy Hobbs, interrotta dal colpo di pisto- la di una maniaca, assassina di atleti famosi, ripresa a trentaquattro anni, minacciata dalla malattia, troncata dalla corruzione, è ricalcata su episo- di accaduti a personaggi popolari negli annali del baseball (a Eddie Waitkus, a Babe Ruth). Ma Roy, re- gale nel nome e nel talento, ha di proprio una mazza che si è intagliata nel candido legno di un albero squarciato dal fulmine, una mazza che splende nel sole come un ramo dorato, che intercetta il volo della palla come un cacciatore la preda, e che, alla fine, egli seppellirà nella vana speranza che ne rinasca un nuovo albero. Nel suo forzato vagare in cerchio Roy incontra figure fem- minili che tentano di arrestarlo o di salvarlo, alla cui magia, bianca o ne- ra, egli cede: re spodestato, piange, nell'ultima pagina del romanzo, "molte lacrime amare", mentre il 23 I Gennaio 1985 j Lire 2.000 affari privati Una minaccia da non sottovalutare. | La proposta De di ■ finanziamento alle scuole I private | metro' scuola i andata e ritorno' La mobilità da e per I la scuola. Prima parte: I parlano i nuovi assunti j giovani oggi ■ (di L. Bobbio) | sperimentazioni! normalizzate i (di T. Pera) j semiotica: ! teste, testi & i black & decker | (di M. Bonfantini' tamente alle tenerissime notazioni familiari e alla spietata autoanalisi delle proprie debolezze, curiosi "fo- gliolini" sparsi, commentati e criti- cati dall'autore stesso, che sono tra le pagine più gustose del libro. Per il resto, sono gli assilli di sempre: la cronica mancanza di quattrini, l'odiata il senso di un'assoluta e de- finitiva impotenza che inchioda il suo agire, mentre ne affina — come è ben evidente — il sentire. Pur non annoverandosi tra le opere meglio riuscite di Landolfi, per la fatica che richiede la lettura, Rien va può tut- tavia costituire, per chi privilegi l'approccio autobiografico, lo sti- molo decisivo a una più ampia co- noscenza dell'opera di questo au- tore a torto trascurato. (p.l.) Abbonamento a Lire 10.000 (ccp. I 5 numeri | 14450100] I Lire tu.uuu (ccp. t44buiuu ■ Intestato a Rossoscuola, J str. della Magra 5/b, | 10156 TORINO) 1 Numeri saggio su richiestaj Gustave Flaubert Lettere a Louise Colet, Feltrinelli, Milano 1984, ediz. orig. 1887-1892, trad. dal francese a cura di Maria Teresa Giaveri, pp. 256, Lit. 15.000. Nel densissimo epistolario flau- bertiano, questo centinaio di lettere a Louise Colet documenta la prima fase (1846-48) della relazione tra il giovane Gustave e la già affermata scrittrice ed offre un'illuminante te- stimonianza di un monologo d'amore: non ci sono pervenute in- fatti le risposte dell'amata, ma solo le missive dell'innamorato, pervase di un ardore tutto verbale prima, poi di una calma devozione. Tutta- via ben ci si possono figurare le pro- teste della donna per la fugacità e la rarità degli incontri (sei in due an- ni), la gelosia e le recriminazioni di ogni genere, nel leggere come Flau- bert vi opponga gli inderogabili ob- blighi della sua volontaria reclusio- ne, dello studio e della lettura, le esigenze, insomma, della sua arte, contrapposte a quelle dell'amore. Un ampio apparato introduttivo e di note informative correda ed anima di riferimenti preziosi queste intense pagine del "solitario di Croisset", nient'affatto letterarie, anzi, quasi trascurate nella loro immediatezza. (p.l.) Albert Caraco Post mortem, Adelphi, Milano 1984, ed. orig. 1968, trad. dal francese di Tea Turolla, pp. 130, Lit. 7.500. La letteratura francese di questo secolo, e in particolar modo del do- poguerra, è arricchita da uno stuolo di scrittori-pensatori di provenienza orientale: pensiamo a Jabès, a Cio- ran e a Caraco, nato a Costantinopo- li da una famiglia ebraica. Scritto in occasione della morte della «Signora Madre», Post mortem è un'opera di limpidezza estrema, in bilico tra l'aforisma e l'elogio fùnebre, tra la memoria e la riflessione filosofica. La figura della madre, di volta in volta amata o detestata, ma comun- que sempre presente, diviene il luo- go della riflessione, il cardine attor- no al quale ruota una sofferta medi- tazione sull'esistenza che non conce- de nulla alla facile consolazione, ma neppure al pessimismo banale e di maniera: "Mia madre fu l'unico av- venimento di quella che non oso chiamare la mia esistenza, la sua vit- toria è totale e io non ho carne se non quanta ne serve per sentirmi spirito". (f.r.)