pag. 5 L 'intervista Il signor Palestina allo specchio TUNISI. Nel bunker ricavato da una villa alla periferia dì Tunisi, il calore è soffocante. Abu Amar, nome di battaglia di Yasser Arafat — è lui che aspettiamo — sembra non ami l'aria condizionata. Verso l'una e mezzo del mattino il presidente dell'Organizzazione perla liberazione della Palestina, arriva. Queste sono le sue ore. Di notte, ci dicono, sono i momenti migliori per parlare con lui perché, dopo le quotidiane diciotto ore di lavoro, più due ore di sonno verso l'alba e altre due nel pomeriggio avanzato (è così da vent'anni), è sovente più disteso e loquace, ha più voglia di parlare. Quando entra nella vasta sala del bunker, e sorridente e alla mano. Divisa verde oliva, berretto militare — che alterna alla tradizionale ke-fìah palestinese e, quando visita i paesi freddi, al colbacco—, cinturone e pistola al fianco. Fa le presentazioni padre Ibrahim Ayyad, un prete cattolico di quasi ottantanni, popolarissimo e rispettato, sempre in giro per il mondo — nonostante l'età portata con giovanile baldanza — quale ambasciatore itinerante dell'Olp. Arafat si siede e si toglie il berretto. Buon segno di distensione e di agio perché di solito non ama affatto mostrare il suo cranio lucido e pelato. Gli mostro subito l'edizione italiana del libro di Alan Hart e gli chiedo se si riconosce nel personaggio che ne esce: "E il suo punto di vista — risponde maliziosamente — non dico che menta ma in alcuni particolari non è molto accurat.o". In realtà sembra che la fatica dell'autore britannico abbia avuto l'imprimatur del "vecchio ", come lo chiamano i suoi. Anche se Ahmed Abdel Rahman, il portavoce ufficiale dell'Olp, poco prima mi aveva detto, con altrettanta malizia, che prima dì una biografia di Arafat, si tratta di "un libro di Khaled el As-san su Arafat" (Khaled el-Hassan è uno strettissimo collaboratore del presidente dell'Olp). Abdel Rahman mi dice anche delle difficoltà che il libro, evidentemente scritto per un pubblico americano (c'è una continua sottolineatura della moderazione dell'organizzazione palestinese) sta incontrando per trovare un editore negli Stati Uniti (come ne ha trovate del resto anche per uscire in Inghilterra). Mentre i paesi arabi hanno risolto il problema alla radice: per il momento c'è solo un giornale del Kuweit che lo sta pubblicando a puntate. Per il resto niente. In Italia, dove il libro è stato appena pubblicato, l'occasione è servita a qualche giornale per scaricare addosso ad Arafat, col pretesto della recensione, una forte dose di grossolani insulti personali. Non succede solo in Italia — dice Arafat —. Si tratta di una vera campagna di stampa in corso anche nella Germania Occidentale, negli Stati Uniti e in Francia. È una campagna promossa dal Mossad, il servizio segreto israelianó, e dalla Cia contro l'Olp, la sua leadership e me personalmente. Non è la prima volta e nonsarà l'ultima. Vogliono danneggiare l'immagine della nostra organizzazione dopo i successi che abbiamo colto su diversi terreni, in temi e internazionali, politici e diplomatici. Ce io aspettavamo e sappiamo che continuerà. Successi? Ma — gli chiedo — è vero o no che, nei territori occupati, oggi ci sono già quasi cinquantamila coloni israeliani e che, di questo passo, entro il 1990 potrebbero essere non meno di centomila? Quale spaziofisico rimarrà per un futuro stato palestinese? Nei territori occupati noi arabi palestinesi siamo 2 milioni e 200 mila e di Maurizio Matteuzzi re dai territori occupati senza che questo provochi una guerra civile? Il punto è che non è tanto necessario un governo forte quanto un governo abbastanza coraggioso da prendere la decisione di fare la pace in Palestina. C'è oggi un governo israeliano così coraggioso? Noi la no- pace e l'opzione politica, sarebbe utile per voi riconoscere il diritto all'esistenza e alla sicurezza di Israele e forse rinunciare anche alla lotta armata? Secondo la carta delle Nazioni unite, qualsiasi popolo che si trova sotto occupazione ha il diritto di Tullio Pericoli: Yasser Arafat loro, in tutto, sono 3 milioni e 200 mila. Loro non possono confiscare e annettersi fino in fondo le nostre terre perché in quel caso Israele diverrebbe uno stato binazionale e cesserebbe di essere quello stato etnicamente puro che è la sua ragione di essere. Non siamo gli indiani d'America, noi. I palestinesi hanno il più alto livello di acculturazione della regione, perfino più alto di quello degli israeliani, per vostra informazione — lo sapevate questo? —, e anche il tasso di natalità è maggiore fra gli arabi che fra gli israeliani. Per questo non abbiamo fretta. Questi israeliani sono veramente degli sciocchi. A Beirut hanno subito la loro prima sconfitta e poi li abbiamo sconfitti un'altra volta nella guerra di resistenza nel Libano meridionale, che non è soltanto libanese, ma palestinese e libanese. A tuo avviso Abu Ammar — così Arafat preferisce essere chiamato — et potrebbe essere, oggi, un governo israeliano così forte da potersi ritira- stra decisione l'abbiamo presa, e non da ora, e abbiamo proposto agli israeliani la pace in cambio della restituzione della terra. Questo è il punto numero uno dell'accordo del febbraio scorso fra re Hussein di Giordania e me. Non ho dubbi che questa proposta produca effetti all'interno stesso della società israeliana e, per la prima volta, c'è gente in Israele che ne parla e la prende in considerazione, negli ambienti intellettuali, nei partiti, nei movimenti per la pace. Lo sapete che attualmente ci sono almeno 24 deputati del parlamento israeliano che accettano il principio dell'autodeterminazione per il popolo palestinese in vista di un suo stato indipendente? Come tu sai, Abu Amar, Israele e i nemici dell'Olp prendono a pretesto il mancato riconoscimento preventivo da parte vostra dello stato ebraico e la lotta armata dei palestinesi per rifiutarvi riconoscimento e trattative. Non credi che dopo avere-scelto di privilegiare la ricerca della usare qualsiasi mezzo a disposizione per resistere. Fin dal '74, quando intervenni all'assemblea generale dell' Onu con un ramo d'ulivo nella destra e una pistola nella sinistra, dissi: non lasciate cadere questo ramo d'ulivo. In molti si rifiutarono, allora e dopo, di raccogliere quell'invito che ho ripetuto ancora nel febbraio scorso, quando ho firmato l'accordo con re Hussein offrendo pace in cambio della terra. La risposta a queste due offerte è stata finora sempre una sola: genocidio, massacri, invasioni, confisca delle proprietà arabe, annessione delle nostre terre, colonizzazione selvaggia, più oppressione contro il mio popolo. Nessuno deve mài dimenticare che noi siamo le vittime. Se noi riconoscessimo Israele prima che Israele riconosca i nostri diritti nazionali, perderemmo il nostro stesso diritto all'esistenza. Posso chiederti se ripensi con qualche senso di autocritica alla fase, iniziata dopo il "Settembre nero " giordano del '70- '71 e chiusa ufficialmente dopo il '74, in cui avete utilizzato lo strumento del terrori- L'organizzazione per la liberazione della Palestina in quanto tale non ha mai utilizzato il terrorismo nelle sue azioni. Lo hanno utilizzato alcuni elementi e alcuni gruppi palestinesi ma sotto la loro esclusiva responsabilità. Noi abbiamo esplicitamente dichiarato di essere contrari a qualsiasi attività terroristica. Siamo, questo è certo, a fianco della resistenza del nostro popolo. Sono gli occupanti israeliani che usano il terrorismo contro di noi e dichiarano poi che i terroristi siamo noi. In questo modo le vittime sarebbero i terroristi e i terroristi sarebbero i buoni. Ci sono fior di terroristi noti e confessi che siedono al governo e nel parlamento israeliani. Abu Ammar come vedi il futuro dei rapporti tra l'Olp e la Siria? Noi stiamo assistendo in realtà a una vecchia cospirazione. Prima dell'invasione israeliana in Libano, nel giugno dell'82, eravamo stretti alleati, noi e i siriani. Ma appena quattro giorni dopo l'inizio dell'attacco, i siriani cessarono di combattere e si accordarono con il mediatore americano Philip Habib. Questo è stato l'inizio del dissidio fra noi. Scusa, Abu Ammar, ma a me sembra che l'inizio del dissidio vada collocato molto più indietro nel tempo, almeno dieci anni prima. Si tratta di una lunga storia. È vero solo in parte. I contrasti nacquero quando i siriani invasero il Libano nel '75-'76, proprio mentre noi e i nostri alleati libanesi stavamo cercando di arrivare a un accordo su basi progressiste e democratiche. A loro questo non garbava. Dopo di che, però, riuscimmo a superare i contrasti fra noi, o a tenerli sotto controllo, fino al momento dell'attacco israeliano in Libano. Ora tuttavia Assad è costretto a giocare al buio perché non ha carte in mano, dato che le sue possibilità di influenzare le decisioni palestinesi sono praticamente nulle. Certo ci sono alcuni elementi palestinesi fedeli a Assad, qua e là, ma non sono attivi oppure non contano. Questo è il principale successo che abbiamo ottenuto sui siriani. Siamo riusciti a impedire loro di giocare con il sangue e il destino del popolo palestinese, come stanno giocando ora con il popolo libanese. Tu parli di qualche elemento qua e là, poca roba. Ma quanto poca? In realtà non si tratta neppure di palestinesi ma di siriani che si muovono sotto il controllo dei servizi siriani. Il nostro popolo li ha completamente isolati. Perfino nel campo profughi di Yarmuk, vicino a Damasco, durante gli scontri inter-palestinesi, si sono avute grosse dimostrazioni a favore dell'Olp e della sua leadership. Che rapporti hai con Ahmed Ji-bril, leader del "Fronte popolare-Comando generale", tuo acerrimo avversario e notoriamente agente dei siriani?