NS l'INDICE- ■■dei libri del mesehh wmmmmmmmmmmmmmam"-*! INDICE mmmmmmmmssm ■■dei libri del meseBH Filosofia dell'azione e storicità di Alessandro Dal Lago rodiger Bubner, Azione, lin-guaggio e ragione. I concetti fondamentali della filosofia pratica, ed. orig. 1976, trad. dal tedesco di Bruno Argenton, Il Mulino, Bologna 1985, pp. 292, Lit. 25.000. Anche in Italia comincia a diffondersi l'interesse per la filosofia pratica, per la riflessione sui fondamenti filosofici della teoria dell'azione. Ne è prova non solo l'attenzione che a questo tema hanno tributato riviste come "Il centauro", "Laboratorio politico" o "Il Mulino", ma anche la pubblicazione del libro di J. Ritter su Metafisica e politica (Marietti, 1983) e di questo saggo di Bubner. Venuta a mancare la fiducia nella capacità sintetica del marxismo, ridiventa urgente il bisogno filosofico di riflettere sui fondamenti dell'azione, reagendo alla dispersione del problema nelle diverse scienze sociali. Se la necessità di questo chiarimento concettuale emerge vistosamente nella cultura di sinistra, esigenze non diverse si manifestano in altri ambiti culturali, come quello cattolico, con il richiamo ad esperienze teoriche eterogenee come l'etica di Lévinas o la sociologia sistemica diLuhmann. Nella cultura tedesca, la filosofia pratica è frutto invece di una tradizione consolidata. Si pensi soltanto all'indubbio spessore filosofico della sociologia politica di Weber o del pensiero costituzionale di Schmitt o di Kelsen, e soprattutto a quei pensatori come Hannah Arendt, Voege-lin e Strauss che, dopo l'emigrazione, hanno ravvivato la filosofia politica americana. In tempi più recenti gli interessi della filosofia pratica hanno incluso la riflessione sul linguaggio e la comunicazione, incorporando così alcuni esiti della filosofia analitica e dell'ermeneutica, e si misurano così col più recente e ambizioso tentativo di fondate una teoria generale dell'azione, la teoria della competenza comunicativa di Habermas. A tutte queste linee di ricerca si richiama il libro di Bubner, che si propone un duplice scopo: presentate sinteticamente le elaborazioni della filosofia pratica e criticarne gli assunti fondamentali; in poche parole, il problema di Bubner è stabilire se sia possibile un modello razionale minimo capace di tendete conto degli elementi essenziali della prassi. Il primo campo di ricerca con cui ogni filosofia pratica deve evidentemente misurarsi è costituito dalla teoria sociologica dell'azione. Ad essa è dedicato il primo capitolo del saggio di Bubner, il cui obiettivo è discutere la nozione sociologica di senso. La lettura che Bubner dà di questo problema pone subito una difficoltà. Nella tradizione sociologica, sia classica (Weber) sia più recente (Luhmann), l'attribuzione di un senso soggettivamente inteso all'azione è un procedimento ideal-tipico. In altri termini, la teoria considera il senso come una possibilità limite, ma non sostiene che l'azione socialmente significativa sia necessariamente dotata di un senso razionale. Per Weber, la categoria del senso serviva a misurare i diversi gradi di sensatezza dell'agite, ma non escludeva la possibilità di azioni ripetitive, di routine, basate su un'adesione immediata al valore, alla tradizione o al carisma, in breve su gradi di razionalità diversi e lontani dal tipo ideale del senso. In modo analogo la riflessione di Luhmann, indipen- dentemente dal suo funzionalismo esasperato, ha messo in luce negli anni '60 il molo di meccanismi circolari come la fiducia (Vertrauen) nell'azione sociale quotidiana. Offrendo una lettura troppo sbrigativa della teoria sociologica dell'azione (in cui, ad esempio, le posizioni di Weber sono appiattite su quelle del neo-kantismo), Bubner elimina un problema sociologicamente e filosoficamente rilevante, quello di una teoria che renda conto dell'opacità e della contingenza dell'azione. È da questo punto di vista che il modello della competenza comunicativa di Habermas, ancorato ai presupposti trascendentali dell'equità, della trasparenza e della reciprocità, sembra oggi scarsamente utilizzabile. La patte più interessante del saggio di Bubner è senz'altro quella che discute la tradizione della filosofìa dell'azione, a partire dalla distinzione di teoria e prassi e tra prassi e produzione nel pensiero greco. In contrasto con la poiesis, produzione di opere che assumono un'esistenza autonoma rispetto a chi le ha prodotte, la prassi si definisce come attività che non è vincolata ad un fine esterno a sé. I due tipi di agire sono distinti in base al diverso scopo, "l'in-vista-di-cui", eteronomo nel primo caso, autonomo nel secondo. Bubner riprende questa distinzione in evidente contrasto con le posizioni che fanno coincidere produzione e prassi sociale, tecnica e azione. Si manifesta in questa opposizione non solo la ripresa dei fondamenti aristotelici della teoria dell'azione, operata soprattutto da Hannah Arendt e da Joachim Rittet, ma l'enfasi su un'idea di finalità creativa dell'azione, svincolata sia dal dominio della razionalità strumentale di tipo sociologico sia dalla fatalità del processo produttivo. E a partite da questa nozione aperta dell'"in-vista-di-cui" che Bubnet procede a una critica delle teorie contemporanee, soprattutto linguistiche e comunicative, dell'azione. Per Bubnet ogni teoria dell'azione vincolata in qualche modo all'analogia con processi di tipo naturale, e cioè di poiesis, tradisce la sua funzione genuina. Ciò vale per le concezioni teleologiche, come in definitiva le teorie sistemiche e fun-zionalistiche, che ripetono la fatalità dei processi vitali, sia pet ogni equi- parazione di azione e linguaggio, come avviene negli sviluppi della filosofia analitica. Qui Bubner ha buon gioco a dimostrare che l'indebito allargamento della nozione di "gioco linguistico" (presente in modi diversi in Wittgenstein, Austin e Winch) all'azione sociale banalizza la nozione di prassi. L'applicazione delle norme sociali e la capacità degli attori di progettare dei corsi di azione all'interno di determinati contesti sociali vengono impoverite dall'analogia con l'applicazione delle regole grammaticali. Tuttavia, ancora una volta, Bubner, nella sua giusta polemica contro le teorie dell'azione basate su qualche tipo di determinismo (sociologico, produttivo, linguistico) finisce per rendere esangue la sua nozione di scopo, di azione liberamente vincolata a un "in-vista-di-cui". Ciò appare nella sua svalutazione della no- zione di gioco. Dire che il "gioco", categoria notoriamente sfuggente, esula dalla filosofia della prassi perché sprovvisto di scopi, significa impoverire la nozione di agite. Le indagini sul gioco, da Huizinga e Simmel fino a Goffman, hanno mostrato empiricamente come una dimensione ludica sia inseparabile da qualsiasi tipo di azione. Ciò non vale soltanto, come aveva già mostrato Gadamer, pet l'attività estetica (che rientra nella poiesis), ma anche per ogni attività autenticamente interumana, pubblica. Si potrebbe mostrare perfino come la razionalizzazione dei comportamenti (dall'etichetta sociale alla regolamentazione dei rapporti giuridici e politici) contenga un elemento ludico. Esiste un piacere dell'applicazione delle regole, manifesto non solo nei giochi di società ma anche nelT agire dichiaramente razionale. D'altra parte Hannah Arendt, che ha posto più di ogni altro il problema dell'autonomia dell'agire pubblico, riconosceva nel modello delia polis un esempio insuperato di analogia tra agire pub- blico e comportamento liberamente ludico. Bubner cerca di recuperare la concretezza dell'agire "in-vista-di-cui" (che si dilegua obiettivamente se viene svincolato da qualsiasi determinismo) grazie alla rivalutazione della nozione kantiana di "massima". In contrasto con la regola, che presuppone — secondo Bubner — dei comportamenti "regolati", in qualche modo coatti, le massime costituiscono un'orizzonte al tempo stesso aperto e soggettivo dell'azione. Vincolanti solo pet i soggetti, che se le danno liberamente, le massime non presuppongono uno sfondo normativo ma sono il terreno in cui si esplicano e si confrontano praticamente le azioni dei soggetti. D'altra parte le massime, proprio perché elaborate e messe alla prova nella prassi effettiva si contrappongono all'etica teorica, che ha la pretesa di disciplinate, con l'istituzione di un regno dei fini, l'azione. Dopo aver criticato i vari tipi di legalismo in materia etica, Bubner ritorna ad Aristotele individuando nella phronesis, il ragionamento etico effettivo basato sui sillogismi pratici, la possibilità minima di una prassi razionale. Qui la saggezza pratica, svincolata da qualsiasi riferimento all'esteriorità della ragione formale, si misura con la sola condizione di validità delle norme, la storicità. Con questo termine si intende non l'incombere di un regno dei fini ma la validità contingente, prospettica, degli orientamenti dell'azione. Nell'agire effettivo 1'"in-vista-di-cui" emerge nell'ambito delle possibilità determinate storicamente. L'agire umano è aperto, rifugge dai determinismi e dai vincoli formali, ma si piega al tempo stesso all'effettualità storica delle norme. Il libro di Bubner costituisce un'interessante correzione rispetto alle pretese universalistiche che sembrano dominare ancora la filosofia pratica. Se è lecito impiegare un termine fin troppo diffuso, il richiamo alla phronesis costituisce una variante debole in campo etico. Tuttavia, se la ragione pratica viene abbandonata in favore di una pratica razionale concreta, la storicità delle norme testa un concetto abbastanza misterioso. La phronesis aristotelica acquistava senso e concretezza all'interno di un contesto, la città-stato, irripetibile. Aristotele poteva dire di sfuggita, poiché ciò andava da sé, che le sue opere di etica erano trattati di politica, presupponevano un patto storico tra i cittadini. Ma evidentemente oggi, come anche Bubner riconosce, niente del genere è immaginabile. Se questa nozione vuole acquistare la concretezza che Bubner esige dalla filosofia pratica, è necessario ritornare a quei contenuti sociologici di cui Bubner si sbriga un po' troppo rapidamente nella prima parte del libro. Dopo la giusta critica delle pretese astrattamente razionali dei vari tipi di etica, Bubner si arresta, con le due nozioni di phronesis e storicità, davanti a un dilemma tuttora aperto: o reintrodurre, sia pure debolmente, un criterio normativo, finendo in una sorta di circolarità; o delegare a un'analisi esteriore, scientistica, l'indagine sulle pratiche effettive dell'agire, riproponendo il funzionalismo, e in fondo il cinismo dell'analisi sociologica. E il dilemma che attraversa il tentativo sincretistico di Habermas: l'oscillazione tra la riproposizione di un regno dei fini, con la coloritura etica della pragmatica universale, e l'ancoramento alla logica sociologica della razionalizzazione, come appare nei suoi ultimi scritti sulla modernità. Un dilemma a cui Bubner non sembra sfuggire, e che dovrà essere riaffrontato al momento della pubblicazione dell'edizione italiana della Theorie des kommunikativen Handelns dij. Habermas. □ ISABEL ALLENDE D'AMORE E OMBRA Una storia d'amore all'ombra dell'orrore di una società oppressa. Il nuovo romanzo dell'autrice di La casa degli spiriti, il clamoroso bestseller che ha fatto il giro del mondo. "I Narratori" Premio Comisso 1985 Quarta edizione ANTONIO TABUCCHI PICCOLI EQUIVOCI SENZA IMPORTANZA Una voce narrativa europea che nasce in Italia. Un libro pieno di mistero come la vita. "I Narratori" Seconda edizione GIANNI CELATI NARRATORI DELLE PIANURE Un piccolo "Mille e una notte" sui fatti della vita, ambientato nelle pianure del Po. "Chi legge queste pagine è toccato da una scarica di energia" (Giuliano Gramigna, Corriere della Sera). "Una meravigliosa inconsistenza di fatti che diventano parabole" (Alfredo Giuliani, La Repubblica). "I Narratori" JEAN-PAUL ARON I MODERNI Un corrosivo pamphlet sugli avvenimenti culturali francesi dal '45 a oggi. La summa di un'epoca e l'opera sovversiva di uno spirito libero. Un libro della vita contro la glaciazione recente del pensiero, della letteratura e delle arti. "Saggi" THÉODOREFLOURNOY DALLE INDIE AL PIANETA MARTE Il caso Hélène Smith: dallo spiritismo alla nascita della psicoanalisi Da un grande psicologo ginevrino, il sorprendente "caso" romanzesco di un'indagine che ha saputo aprirsi alla scena dell'inconscio contemporaneamente a Freud. "Saggi" GIORGIO CELLI ECOLOGI E SCIMMIE DI DIO Il caso più unico che raro di una divulgazione scientifica di prorompente vivacità e insolita arguzia letteraria. "Saggi" GIANNI MANCHETTI I SOLITI NOTI Agnelli, Pirelli, De Benedetti e pochi altri: capitalisti con capitale delle banche Le più grandi famiglie di capitalisti, la mappa del potere economico italiano. "Presenze"