N. 8 pag. 34 Parole spezzate. Enciclopedia della mistica _dì Filippo Gentiloni_ La mistica. Fenomenologia e riflessione teologica, a cura di Ermanno Ancilli e Maurizio Papa-rozzi, Città Nuova editrice, Roma 1984, 2 voli., pp. 670 e 766, Lit. 120.000. Nel voi. I saggi di: Ermanno Ancilli, Pier Luigi Boracco, Jesus Castellano Cervera, Suor Giovanna della Croce, Réginald Grégoire, Giovanni Helewa, Salvatore Lilla, Bruno Maggioni, Maurizio Paparozzi, Romano Penna, Federico Ruiz-Salvador, Bruno Salmona, Manlio Simo-netti, Giulia Sfameni Gasparro, Tomas Spidlik, Agostino Trapé, Roberto Zavalloni. Nel voi. II saggi di: Daniel Acharuparambil, Ermanno Ancilli, Jordan Aumann, Bonifacio Baroffio, Camillo Becattini, Charles André Bernard, Bruno Callieri, Robert Caspar, Jesus Castellano Cervera, Sofia Cavalletti, Tulio Goffi, Eugenio Gur-rutxaga, Alvaro Huerga, Jesus Lopez-Gay, Giovanni Marchesi, Roberto Moretti, Gaspare Mura, Germano Pattato, Antonio Que-ralt, Carlo Rocchetta, Bruno Sai-mona, Bernardino Schreiber. "Dissi al mandorlo: / — Fratello, parlami di Dio. / E il mandorlo fiorì". Questa poesia orientale (citata da Tulio Goffi, voi. II, pag. 150) potrebbe rappresentare la sintesi — dato e non concesso che una sintesi sia possibile — di un'opera monumentale (due volumi, per un totale di circa 1500 pagine) a più voci, dedicata alla mistica e curata da Ermanno Ancilli e Maurizio Paparozzi. La mistica è il titolo, Fenomenologia e riflessione teologica, il sottotitolo: si poteva anche titolare "Le mistiche", al plurale, tale è la ricchezza e l'articolazione delle esperienze che i due volumi prendono in esame e tanta è la difficoltà di indicare qualche minimo comune denominatore, pur nei limiti che i curatori si sono chiaramente dati. Un limite, soprattutto (peccato che non appaia anche in copertina): si tratta di mistica cristiana, anche se l'ultima parte affronta mistiche anche non cristiane, ma in maniera volutamente ridotta, pur se con serietà scientifica (un confronto fra le varie mistiche, poi saggi sull'induismo, il buddismo, il neoplatonismo, la mistica ebraica, l'islamismo, nonché l'esperienza dell'"assenza" di Dio nel pensiero contemporaneo). Una vera preziosa enciclopedia, dunque, della mistica cristiana, nella quale il lettore troverà molte cose che o non trova facilmente altrove o trova diffuse e disperse. Sei le parti, quasi sei libri. Nella prima alcune fondamentali eustioni introduttorie, di carattere antropologico e linguistico. La seconda parte è biblica (Antico Testamento, Paolo, Giovanni). La terza lunga parte è dedicata ad alcuni mistici scelti come tappe fondamentali del percorso cristiano. Vale la pena di ricordarli, anche se qualcuno potrà lamentare qualche assenza fra questi dodici "grandi" (Ek-hart, ad esempio): Origene, Gregorio Nisseno, Agostino, "Dionigi", Bernardo, Gregorio Palamas, Ruu-sbroec, Teresa di Gesù, Giovanni della Croce, Francesco di Sales, Serafino di Sarov e Solov'ev. L'ordine, ovviamente, è cronologico: si noterà subito che soltanto i due ultimi toccano gli ultimi due secoli (Serafino morì nel 1832 e Solov'ev nel 1900) e che sono ambedue orientali: negli ultimi secoli il nostro occidente — protestante, ma anche cattolico — ha diffidato della mistica o l'ha considerata legata soltanto a casi particolari, socialmente ed anche eccle- Perché e come la mistica può interessare anche la cultura laica, che in questi ultimi anni ha mostrato di rivolgerle un'attenzione fino a poco tempo fa impensabile? E come parlare di un'esperienza che quasi tutti gli autori, nel lungo arco di 1500 pagine, continuano a dire ineffabile? Le prime domande ammettono ri- chiamata a dire ciò che non le è possibile dire" (II, 492). E anche: "La parola, da dentro l'esperienza da cui emerge, è chiamata a tacere per dirsi in un'altra parola ancora" (II, 486). Parola-simbolo, naturalmente, o, se si preferisce, mito: ricordando sempre che non si tratta di concettualiz-zare astrazioni, ma di narrare "racconti di salvezza" (II, 490). Racconti di nubi illuminate e di notti che attendono l'aurora. "Il mio Amato, le montagne, le valli solitarie, boscose, le strane isole remote, i fiumi sonori, il sibilo dei venti amorosi" come canta Giovanni della Croce (Cantico, 13). Proprio qui, nel linguaggio, una cultura contemporanea stanca di Beata Angela Da Foligno, La via della croce, a cura di Rienzo Colla, La Locusta, Vicenza 1985, pp. 52, Lit. 6.000. La serie dei piccoli volumetti de La Locusta si arricchisce di una nuova "perla " mistica, pubblicando, nel settimo centenario della conversione della Beata Angela da Foligno (1249-1309) il breve testo di una sua via crucis, un gioiello piuttosto sconosciuto della letteratura religiosa medioevale. La Locusta continua così a riproporci in veste sempre elegantissima preziosi testi mistici facilmente leggibili anche perché brevi e ben presentati: dopo Eckhart, Silesio, ecc. ora Angela da Foligno, prima peccatrice e poi santa e grande scrittrice (de La via della croce esisteva una rara edizione del 1919; il testo, comunque, è stato rivisto sulla base di un codice conservato nella Nazionale di Firenze). "Studiati dunque, anima, di togliere la tua croce, la quale ti dà poca fatica e infinito riposo, poca guerra e perfetta pace, poca tristizia e infinita delizia, poca pena e infinito diletto " (pag. 46). I sedici capitoletti della Beata Angela sono preceduti da un saggio di Domenico Giu-liotti, del 1923. (f.g.) sialmente irrilevanti. Un motivo di più per apprezzare lo strumento che ci fornisce ora l'editrice Città Nuova. Nel volume II le altre parti, più sistematiche. La quarta parte è dedicata alla teologia della mistica, la quinta alla sua fenomenologia, la sesta, come si è già detto, alla mistica non cristiana. Seguono indici accurati (in quello dei nomi, alcune assenze possono meravigliare, quelle ad esempio di outsiders significativi per la religione e la cultura: perché neppure una menzione di William Blake né di Simone Weil? Ma il mare della mistica è veramente infinito, come illimitate sono le coste che bagna). Di fronte a questo strumento di navigazione nel gran mare della mistica cristiana il lettore si pone alcune domande inevitabili. Queste, fra l'altro: la mistica è soltanto per qualche spirito eletto, per iniziati? È distacco alienante dall'umanità? Quale posto vi hanno i famosi fenomeni straordinari, estasi, ecc.? sposte piuttosto facili, anche se, ovviamente, articolate nei dettagli. La mistica cristiana, ripetono unanimi gli autori, non è essenzialmente legata a spiriti particolarmente eletti né a fenomeni straordinari: gli uni e gli altri ci possono essere, ma non sono essenziali né costitutivi. E niente alienazione: "Questo movimento di attrazione e di attenzione verso l'interno non allontana il mistico (cristiano) dagli uomini; al contrario, quanto più è al centro di se stesso, tanto egli è più vicino a loro: li abbraccia li serve e li ama con l'amore stesso di Dio" (Ermanno Ancilli, I, 39). Più difficile la risposta alle altre due domande, a cominciare dall'ultima, quella sul linguaggio. Il mistico mette in crisi la parola, ma è costretto a servirsene: predilige il silenzio, ma lo rompe continuamente. Molto bello il saggio che Germano Pattaro dedica alla questione del rapporto silenzio-parola nel linguaggio mistico (II, 483-506): "Una parola 'spezzata', nel senso che essa è Il mondo d el l'a ga pe di Achille Erba mediazioni di parole vuote può incontrare la ricchezza dell'immediatezza dell'esperienza mistica, "nel senso che questa tende ad annullare ogni distanza. Il soggetto cerca l'immediatezza nell'unità desiderata. Ogni mediazione dialettica gli è estranea..." (II, 504). Il mistico risponde con la notte della nuda croce a quella richiesta di svuotamento o sradicamento che molta cultura contemporanea esprime. L'incontro, allora, se c'è, è ai piedi dell'albero "che è, appunto, al principio e alla fine. E questo il modo di Giovanni della Croce: 'Sotto l'albero del melo, è là che a me fosti fidanzata. Là ti diedi la mano e ritrovasti l'onore dove tua madre fu disonorata' (Cantico 28)" (II, 504). Tullio Vinay, L'utopia del mondo nuovo. Scritti e discorsi al Senato, Claudiana, Torino 1984, pp. 355, Lit. 16.000. Molti sono certamente al corrente della vicenda parlamentare di Tullio Vinay, iniziata nel 1976 e terminata nel 1983. Meno noto è l'impegno civile, saldamento ancorato alla sua fede evangelica, da lui esplicato prima, nel 1946, nella promozione del villaggio ecumenico di Agape (Piemonte), per "la riconciliazione e la comprensione tra i popoli e le fedi"; poi, nel 1961, nella fondazione del Centro Servizio Sociale di Riesi (Sicilia). Questo volume contiene appunto gli editoriali pubblicati dal Vinay nel bollettino del centro e i discorsi da lui pronunciati al senato. Nei primi egli si rivolgeva a una ristretta comunità di credenti; nei secondi, alla più vasta comunità degli uomini. La laicità della sede in cui presentiamo il volume potrebbe forse indurre a prescindete dalla prima serie di scritti. Senonchè la varietà di linguaggio delle due sezioni del libro non riesce a nascondere l'identità di contenuti ideali, in base anche al principio esplicitamente affermato dal Vinay: ciò che è vero in teologia, deve esserlo anche in politica. Il suo pensiero, peraltro, — va subito detto, a scanso di equivoci — è assolutamente privo di ogni connotazione integralistica, come osservano sia il senatore Anderlini nella prefazione, sia Carlo Galante Garrone nella postilla. Anzi, per quanto possa sembrare paradossale a lettori non al corrente del movimento teologico contemporaneo, è proprio la teologia del Vinay a sottrarre il suo pensiero all'influsso invadente dell'integralismo. E quindi necessario tentare di cogliere, in via preliminare e in una prospettiva di storia culturale, gli elementi teologici che fondano il porsi del Vinay nei confronti della politica. Si tratta di un tentativo non certo agevole per l'indole pratica e non teoretica di questi scritti; tuttavia, a una lettura attenta, essi ci rinviano in maniera distinta l'eco di precise correnti teologiche, diversamente distribuite nel tempo. Innanzi tutto è essenziale per la comprensione dell'atteggiamento religioso del Vinay il concetto di agape o amore gratuito di dio per l'uomo, che egli sembra avere mutuato dal teologo luterano Anders Nygren e, più specificamente, dalla sua opera di vasta risonanza europea: Eros e Agape (trad. it. Bologna, Mulino, 1971), apparsa negli anni '30, dove l'agape, appunto, è indicata come l'elemento connotativo fondamentale del cristianesimo rispetto alle altre esperienze religiose. Non meno essenziale è il tema della fede nella resurrezione del Cristo, elemento portante della teologia dialettica di Karl Barth. Altro fattore necessario per una adeguata comprensione e valutazione dell'impegno religioso e civile del Vinay è l'esigenza di uno stretto collegamento tra la teologia e la vita; esigenza che egli stesso riallaccia all'esperienza tra l'eroico e il profetico della chiesa confessante nella sua opposizione al regime nazista, ma che, in termini più generali, gli deriva verosimilmente dal movimento ecumenico sono nei primi decenni del '900 tra le confessioni protestanti con un forte impegno □