n 8 riNDICF pa?40 ■■dei libri del mesebb Letteratura Paul Scott, La gemma della corona, Garzanti, Milano 1985, ed. orig. 1966, trad. dall'inglese di Roberta Rambelli, pp. 561, Lit. 15.000. L'azione si svolge in India nel 1942, durante le sollevazioni nazionalistiche che seguirono la disfatta britannica in Birmania. Fatti privati si intrecciano con avvenimenti pubblici: l'intera vicenda comunque ruota intorno alla violenza subita da due donne inglesi, un'anziana ispettrice scolastica che in seguito all'uccisione del suo accompagnatore indiano e all'incendio dell'auto si ammalerà gravemente e finirà suicida e una ragazza, nipote di un ex governatore, violentata da un gruppo di ignoti nel Bibighar di Mayapore. I personaggi nei due campi avversi si esprimono in azioni, lettere, rapporti e discorsi resi con mirabile abilità e ricchezza di sfumature. Masolino d'Amico dice che Paul Scott "ha una capacità [che] si vorrebbe dire shake- speariana di penetrare nella testa e nelle motivazioni di tutte le sue creature, nessuna delle quali è proposta all'ammirazione o alla riprovazione totale". In questa vasta commedia umana che abbraccia civiltà e razze assai diverse troveremo dominatori britannici talvolta perplessi e dubbiosi sul proprio ruolo e indiani, come Kumar, allevato in un'esclusiva "public school" inglese, che provano quasi repulsione per il proprio paese. E. Bernieri Jack London, Storie di Boxe, SugarCo, Milano 1985, introd. e trad. dall'inglese di Mario Maffi, pp. 143, Lit. 6.500. Storie di Boxe è composto di due racconti, La Bistecca (pubblicato anche nel recente La boxe, Tranchida 1985) e 11 Bruto delle Caverne, quest'ultimo tradotto per la prima volta in Italia. Una breve ma esauriente introduzione di Mario Maffi e poche V i Y j jl lettere che Jack London e Sinclair Lewis si sono scambiati intorno al 1910 completano il volume. In questo ridottissimo epistolario si parla di un fenomeno tutt'altro che infrequente all'epoca: scrittori più giovani o semplicemente semiprofessionisti vendevano ad altri più affermati intrecci che non avevano il tempo o la capacità di sviluppare in prima persona. Il Bruto delle Caverne appartiene a questa categoria. I due racconti presentati in questo libro sono simmetrici. Nel primo si racconta la storia di un giovane pugile, cresciuto sulle montagne e straordinariamente dotato dalla natura, che arriva con incredibile facilità a un passo dalla conquista del titolo mondiale. Decide però di abbandonare il mondo della boxe quando scopre, aiutato dalla donna amata, la corruzione su cui è costruito. In La Bistecca, al contrario, il protagonista è un pugile ormai anziano, alla fine della carriera, sfinito da una vita di stenti ma ancora costretto a combattere per procurare il necessario alla sua famiglia. In un combattimento con un più giovane avversario, nello scambio decisivo, le forze gli vengono meno, ed è sconfitto perché gli è mancata, appunto, una bistecca. F. Garnero wltold gombrowicz, Parigi Berlino. Diario 1963-1965, e/o, Roma 1985, ediz. orig. 1966, trad. dal polacco di Francesco Cataluccio, pp. 138, Lit. 16.000. L'enorme Diario di Gombrowicz, di cui questo Parigi Berlino non è che una minima parte, si potrebbe definire, come suggerisce la postfazione di Cataluccio, una via di mezzo tra gli Essais di Montaigne e lo Zibaldone leopardiano: l'autobiografia, spesso camuffata o distorta, volutamente disordinata, lascia spazio e respiro alla riflessione, allo spunto critico, al moralismo dissacrante e pungente che definisce forse la cifra dello scrittore polacco. Queste riflessioni sparse su due grandi capitali europee (una delle quali, Parigi, è forse la capitale europea) sono quanto di più feroce si possa ieggere: dietro Io splendore e l'intellettualismo della grand ville, dietro l'ordine (peraltro devastato dagli eventi bellici) della capitale prussiana Gombrowicz scopre la falsità e l'ipocrisia, l'inautenticità di una vita prigioniera di una forma che la uccide. Ma, accanto ad osservazioni e strali polemici che assumono a volte il tono della predica, vigila fortunatamente un senso dell'ironia e dell'autoironia capace di sollevare queste pagine dal semplice sfogo risentito di chi, giunto da lontano, non è più capace di raccapezzarsi. F. Rondolino mm MfflHHHHHHXHMHHI Anton Cechov L'isola di Sachalin, Editori Riuniti, Roma 1985, ed. orig. 1890, trad. dal russo e cura di Giuseppe Garritano, pp. 300, Lit. 16.500_ Spinto dal desiderio d'informarsi e d'informare, e dall'interesse per i problemi sociali del suo tempo, Cechov partì per Sachalin nel 1890. Il viaggio era stato accuratamente preparato su testi giuridici e storici e sugli scritti di esploratori russi e stranieri. Nella visita ai vari istituti della colonia penale egli usò, oltre all'osservazione diretta, schede e strumenti statistici: il risultato e un agghiacciante reportage sulla vi- ta inumana di forzati, coloni e uomini liberi, donne, bambini, oltre alla descrizione di usi e costumi di ghiliaki, tungusi, jakuti e aino. L'alcool e il gioco servono da antidoto contro la disperazione e quando anche questi falliscono si ricorre spesso all'aconito per porre fine ai propri giorni. Le donne per vivere sono costrette alla prostituzione, ma le più misere sono le donne libere che hanno seguito mariti e padri deportati perché non fruiscono nemmeno del sussidio dello Stato. I direttori delle case di pena sono assai diversi tra loro, alcuni colti e raffinati riempiono l'ozio con studi di botanica e entomologia, altri finiscono talvolta uccisi dai forzati, come un certo Derbin che viene assassinato da un detenuto addetto al forno e che cadendo nell'impasto lo arrossa del suo sangue. Eserciti di cimici "come crespi neri da lutto " infestano le camerate e i locali della vita comunitaria. Nelle stesse famiglie dei funzionari numerosi sono i casi di tubercolosi e malattie mentali. Disorganizzazione, igno- ranza e approssimazione dominano fra i funzionari statali preposti alla colonia penale e allo sviluppo agricolo dell'isola. Anche la caccia e la pesca sono affidate a dilettanti, ai quali nessuno insegna qualcosa. La stessa amministrazione della colonia e antieconomica e si prevede che con la costruzione della transiberiana il lavoro dei forzati potrà essere sostituito da mano d'opera più qualificata, con il conseguente declino della colonia penale. La prigione non insegna nulla, né un 'arte, né un mestiere ed e ben lontana da rispondere al fine istituzionale della rieducazione dei criminali, che vengono invece inaspriti con pene supplementari, lesive della dignità umana, come la fustigazione. Nella colonia penale si continua a uccidere per pochi copechi e le pene inflitte rendono ancora più rozzi e crudeli coloro che le infliggono. E. Bernieri emarginazioni a torino 35 ORE: LAVORARE TUTTI, VIVERE MEGLIO! Riduzione d'orario: perché? Riduzione d'orario: quanta? Come? Riduzione d'orario: sì, ma chi paga? Riduzione d'orario: altrimenti cosa? / costi della disoccupazione pagati dalla gente sono diventati insostenibili. Da anni si toglie il lavoro offrendo, peraltro non sempre, assistenza. Da anni si dibatte a tutti i livelli se ta riduzione degli orari di lavoro comporterebbe un aumento dell'occupazione. Riduzione degli orari e redistribuzione del lavoro, non più come argomento di dibattito, "utopia", ma scelta; certamente non unica, comunque inderogabile, per costruire ta storia de! futuro attraverso ta cronaca attuate. Questi sono i nodi affrontati net convegno di novembre '94 promosso dalla FIM CISL Piemonte, mettendo a confronto te opinioni di qualificati protagonisti di fronti contrapposti di questa battaglia (dirigenti del sindacato IG Metal! tedesco, rappresentanti del padronato, sindacalisti italianil. L. 10.000 I LIBRI POSSONO ESSERE RICHIESTI DIRETTAMENTE IN LIBRERIA COOPERATIVA DI CULTURA LORENZO MILANI VIA PERRONE. 3 10122 TORINO TEL 011/516279 ALLA FIM CISL REGIONALE VIA NICOLA PORPORA. 9 10155 TORINO TEL 011'2052323 LA VORO E NON LA VORO. VECCHIE E NUOVE EMARGINAZIONI A TORINO