■HHHHBHasn HHHB9HSSH1 N. 8 pag. 11 Eppure è uno scrittore di Guido Almansi john Le Carré, La spia che venne dal freddo, ed. orig. 1963, trad. dall'inglese di Attilio Ve-raldi, Mondadori, Milano 1985, pp. 240, Lit. 18.000. Lars Ole Sauerberg, Secret Agents in Fiction. Ian Fleming, John Le Carré and Len Deigh-ton. London, Macmillan 1984, pp. 192, f 20. "Lo spionaggio offre a ogni spia la maniera di impazzire in una maniera che lui trova irresistibile". La citazione, che viene da un romanzo di Kurt Vonnegut, Mother Night (in italiano Madre Notte, recentemente riedito dalla B.U.R. con una introduzione di Luigi Brioschi), si adatta abbastanza bene a quasi tutti i romanzi di John Le Carré anche se forse l'intenzione ultima dello scrittore di spy-stories, di romanzi di spionaggio (da Le Carré e Graham Gree-ne: parlo dei migliori, naturalmente; non della mondezza alla Ludlum o alla Ken Follett), è quella di stabilire un rapporto ben più audace: non tra io spionaggio e la pazzia, come suggerisce Vonnegut, ma fra lo spionaggio e la vita di tutti i giorni. Ogni giorno, a ogni momento della giornata, anche se la nostra vita è piatta, banale e priva di emozioni, noi tradiamo e siamo traditi. Come diceva un critico, Michael Wood, in un articolo sulla New York Times Book Review (7 gennaio 1980), in qualche modo siamo tutti doublé agents: le storie di Le Carré sono una delle fantasie che possiamo ricamare intorno a noi stessi; fantasie basate sulla verità (dell'angoscia, del senso di colpa, dell'infedeltà, della mancanza di scopi o di ideali) ma intessute di comode o scomode menzogne. Certo, Le Carré è un maestro del genere anche perché sembra avere una esperienza di prima mano su come funziona il sistema di spionaggio; e anche se questa "prima mano" non fosse vera, lo scrittore è riuscito a convincere i suoi milioni di lettori della genuinità del prodotto romanzesco che lui confeziona intorno alle lotte e alle competizioni fra i diversi sistemi di spionaggio nazionale. Ma forse questa è solo una esca per attirare il lettore, il quale non vuole veramente la genuinità sul si-tema spionistico, che non lo riguarda; ma la falsità sul sistema e sulle varietà del tradimento, che lo riguarda e come. Sto cercando, forse con eccesso di zelo, di spingere verso la letteratura alta i romanzi di Le Carré: ma io credo fermamente che i migliori esempi di Trivialliteratur siano triviali solo per lettori triviali (ancora una volta mi trovo nei pasticci con questo aggettivo, triviale, che ha valori così diversi in italiano, tedesco, francese e inglese). Se pensiamo di leggere questi libri solo come letteratura di intrattenimento e di escapismo, noi imbrogliamo noi stessi: forse la cosa che conta meno in un thriller è proprio l'elemento thrilling (si veda John Bayley nel Times Literary Supplement dei 2 agosto scorso). Questo avviene al livello della coscienza individuale. Al livello della coscienza collettiva, o diciamo semplicemente europea, i migliori romanzi di Le Carré vertono sul problema della Germania. Bonn, questa città "permanentemente costretta a una condizione di impermanenza", capitale di una "democrazia senza democratici" sempre soggetta a un attacco di revanscismo, è un in-cubo-pericolo per l'Europa; e la Germania Orientale è troppo simile, nel sistema di governo e di amministrazione, ad una vecchia Germania non ancora dimenticata. Da una parte e dall'altra le nuove generazioni non si limitano più a rimproverare i loro genitori di aver permesso la folle avventura della guerra: li rimproverano di averla persa. In Chiamata per il morto, nella Spia che venne dal freddo, soprattutto nel più bel romanzo di Le Carré, A Small Town in Germany (tradotto in italiano col titolo Quel tanto fedele Mister Harting), Le Carré, pur così ha risonanze più profonde. E vero, Le Carré spesso si limita a dare due o tre tocchi geniali, e poi non si preoccupa di andare più in là: ma questo avviene perché le convenzioni del genere, che Le Carré segue fino a che gli fa comodo, non gli consentono un eccessivo arricchimento psicologico o behaviouristico dei personaggi (o forse non ne è capace, come la sua sola incursione nel romanzo non di spionaggio o poliziesco, The Naive and Sentimental Lover, sembrerebbe dimostrare); ma quei pochi tocchi lasciano il segno. Taylor il povero burocrate mandato cinicamente allo sbaraglio in Lo specchio delle spie, guarda l'orologio da polso con un ampio gesto circolare del braccio: scrittura, che è quello dell'alternanza di stile alto e di stile basso, di intensificazioni e di rarefazioni, di corse vertiginose e di passeggiate tranquille, di azioni e di pause nell'azione, di rumori e di silenzi. Quando è necessario, Le Carré scompare dietro la sua scrittura per ricomparire con una zampata, o con una osservazione di una intelligenza che sorprende nel contesto del genere letterario a cui il romanzo appartiene, o con una annotazione psicologica che ti permette di non dimenticare il personaggio a cui si riferisce. Prendiamo tre esempi di scrittura nell'ambito del romanzo di spionaggio: Ian Fleming, John Le Carré e Frederick For-syth. Sul pentagramma della scrittu- generoso nei suoi giudizi politici e morali (non esistono personaggi del tutto negativi nei suoi romanzi, che sono "novels without a villain", un progetto ancora più difficile della "novel without a hero" favoleggiata da Thackeray), non nasconde il suo profondo timore di fronte alla risorgente violenza dello spirito tedesco, alla capacità della Germania di ricordare il passato deformandolo a proprio arbitrio. Dice un funzionario dell'ambasciata britannica a Bonn all'eroe-traditore, Leo, che voleva regalargli dei dischi di musica: "Senti, non ne vale la pena; stai perdendo il tuo tempo. Appena ho finito di ascoltare e di imparare un disco cerco di impararne un altro. E poi mi accorgo che ho dimenticato il primo". "Allora dovresti essere un uomo politico", è la secca risposta di Leo, la coscienza inquieta del romanzo e del romanziere. La sorprendente vivacità dei dettagli che Le Carré sfrutta nel presentare personaggi, soprattutto minori, non è mai scialacquata al puro livello della persuasività della scena ma "era il suo stile: un uomo con esperienza militare". Nello stesso romanzo Leiser, la spia invecchiata e ormai fuori uso che viene tirata fuori dal cassetto per la stupidità di una filiale del servizio, quando descrive i dettagli più minuti delle sue avventure tiene la mano accanto al mento, "le sue dita sottili che si allontanano o si riuniscono in una forma di inconscia imitazione di ciò che avviene nella bocca". La segretaria dell'Ambasciata cammina in una maniera ciondoloni, tutta inglese: un modo di muovere un passo dietro l'altro dando ad intendere "non toccar -niente / non - sentir - niente / il -sesso - va - bene - per - i - proletari". Se questo non è uno scrittore... Perché alla fine quello che conta, come sempre, è la scrittura, e l'adeguatezza della scrittura al soggetto della scrittura. A volte Le Carré è tentato, anche dalle esigenze del mercato, di scrivere un libro troppo lungo come The Honourable Schoolboy,. Ma quando riesce a resistere a questa tentazione, Le Carré conosce il più diffìcile segreto della ra letteraria Fleming va sopra le righe (per sfuggire alla desolante banalità dei suoi pensieri); Forsyth va sotto le righe (per essere fedele alla sua vocazione di grande giornalista); mentre Le Carré lavora sulle cinque linee del pentagramma. Bisognerebbe prestare particolare attenzione alla differenza di stile tra The Spy Who Carne From The Cold, del 1963, e A Small Town in Germany, del 1968. Nel primo, romanzo austero e sobrio, Le Carré si avvicina alla scrittura con l'inchiostro invisibile di Forsyth (e il nuovo traduttore italiano, Attilio Veraldi, coopera valentemente a questa assenza di increspature con una lingua quanto più piana possibile): nessun manierismo, scarsi segni di intervento di una intelligenza autoriale, ampia delega di responsabilità di giudizio allo spirito caustico del triste eroe della vicenda, Leamas. Nel romanzo ci sono poche battute memorabili (non per incapacità dello scrittore ma per volontà di compattezza della trama); e quasi tutte sono nella bocca della spia. "A che cosa credi?" gli chiede la sua ragazza. E Leamas: "Credo nell'autobus undici che mi porterà a Hammersmith. Non credo che sia guidato da Babbo Natale ". A Small Town in Germany è scritto in uno stile molto più ricco e variato. La responsabilità per la "filosofia" o per 1'"ideologia" del romanzo si sposta dall'investigatore, Turner, all'autore, e viceversa, con rapide scorrerie nella mente dell'eroe assente, Leo Harting, il quale pur non comparendo nel romanzo colora di sé tutto quello che pensano gli altri. Le motivazioni per questo scarto stilistico fra i due romanzi sono difficili da definire, ma forse riguardano la differenza fra la Germania dell'Ovest, la cui sorte è strettamente legata a quella dell'Inghilterra, e dove quindi la passione politica dell'autore traspare più direttamente; e la Germania dell'Est, che in fondo "non ci riguarda". Ma si tratta anche di ricchezza stilistica: la capacità di variare il proprio stile, di esibirsi in manovre stilistiche diverse pur nell'ambito dello stesso genere letterario. Le Carré mi sembra un romanziere ripetitivo; a volte monotono; non sempre libero dalle pressioni commerciali del genere in cui si è inserito e che ora ha imparato in parte a controllare; nei suoi romanzi più di routine è uno scrittore formulaico nell'impianto dello spy-thriller; ma è uno scrittore. Forse non ha detto la parola definitiva circa l'ambiguità morale della spia, ma sarebbe poco saggio non tenere conto di quello che ha scritto in ogni futura esplorazione del problema. Le Carré ci ha lasciato inoltre un corpus di libri leggibili e rileggibili (questo della rileggibilità è il test che separa il ciarpame dello spy-thriller e della detective-fiction dalla vera scrittura). Il fatto che nessuno dei suoi romanzi vincerà un premio letterario importante è un segno dell'ottusità della organizzazione letteraria, quasi in competizione con l'ottusità dell'organizzazione spionistica. guida editori Il fiore azzurro ANDRÉ BRETON Arcano 17 A cura di Laura Xella pp. 125 Lire 15.000 PAUL VALÉRY La caccia magica saggi scelti da 'Variétés ' Pref. e cura di Marina Giaveri pp. 224 Lire 18.000 CARL EINSTEIN Lo snob e altri saggi A cura di Giusi Zanasi pp. 160 Lire 16.000 VALÉRY La caccia magica