SH N. 8 pag. 33 La Traditone Un Freud riemerso di Annalisa Levi Montalcini Alessandro Serra, traduzione dall'inglese di bruno bettel-heim, Freud e l'anima dell'uomo, Feltrinelli, Milano 1983, ed. orig. 1982, pp. 135, Lit. 14.000. Meditato durante i quarant'anni della permanenza di Bettelheim negli Stati Uniti, Freud e l'anima dell'uomo mette in discussione le scelte della traduzione inglese delle Opere di Freud, la monumentale Standard Edition curata da Strachey, approvata da Freud stesso nei suoi ultimi anni e difesa in seguito dalla figlia Anna fino alla sua morte. Per discutere e correggere la traduzione inglese di alcuni dei più importanti concetti psicoanalitici, Bettelheim ricostruisce intorno a ciascun termine la dimensione culturale, l'alone di significati e risonanze che li connotava quando Freud, col suo talento di scrittore, li aveva scelti. Bettelheim cita in apertura un esempio della distorsione del linguaggio e del pensiero di Freud, operata nella Standard Edition : vecchio, in uno dei suoi ultimi scritti, Freud sta discorrendo del ricordo di un episodio occorsogli molti anni prima sull'Acropoli, e usa, per descrivere il modo con cui il ricordo ricompare, l'espressione "tauchte im-mer wieder auf, "riemergeva sempre" in cui "auftauchen" vale "salire alla superficie"; più oltre, dice che questo ricordo "mich... so oft heim-sucht", lo "visita" così spesso; e in "heimsuchen" echeggia la "Maria Heimsuchung", festa che nella cattolica Vienna celebra la visita di Maria a Elisabetta, visita in cui ella apprende molte cose su se stessa. Il testo inglese traduce "has troubled me so often"-, ma "troubled", "turbato", nella sua pruderie vittoriana non trasmette nulla di quanto era contenuto in "auftauchen" e "heimsuchen" , che parlano della vita interiore, della sua profondità e oscurità. Freud, dice Bettelheim, stava parlando in un modo del tutto nuovo di qualcosa che è dentro di noi, e di cui l'arte, la poesia, la letteratura, il mito, la religione sapevano e parlavano da molto tempo. Egli dedicò molta attenzione a legare le nuove e rivoluzionarie affermazioni della psicoanalisi a questi altri universi simbolici; voleva che il lettore potesse sentire dentro di sé e dentro il proprio mondo di immagini e di riferimenti culturali il nuovo che la psicoanalisi veniva mostrando. Così la scelta del termine "complesso di Edipo" per denominare una certa costellazione di sentimenti, in un tessuto culturale strettamente legato alla tradizione classica, porta con sé la ricchezza di temi e la profondità e molteplicità di significati delle tragedie di Sofocle la cui essenza, come l'essenza della nostra umanità, "non è il nostro essere vittime del destino, ma lo sforzo di scoprire la verità su noi stessi". In Eros vi è il bellissimo giovane, amato e vezzeggiato dalla madre Venere, che vuole allontanarlo da Psiche, che lo ama a sua volta; Venere inganna Psiche, facendole credere Eros orribile e disgustoso; Psiche deve scendere agli Inferi per potersi legare ad Eros. E nella scelta del termine "psicoanalisi" Bettelheim sente vibrare la bellezza di Psiche, sempre rappresentata nell'iconografia classica come una giovinetta bellissima, con ali di farfalla o di uccello, spesso colta nel gesto ardito e timoroso di sollevare la lampada per illuminare la creduta bruttezza di Eros; nel connubio con "analisi" la bellezza e la fragilità di Psiche ammoniscono con quanta cura, rispetto e considerazione occorra acco- starsi a Psiche. E quando Freud, ne Il disagio della civiltà per indicare il fine della psicoanalisi dice "Es ist Kulturarbeit etwa u/ie die Trocken-legung der Zuydersee" ("è un'opera di civiltà come ad esempio il prosciugamento dello Zuiderzee"), la metafora è intesa richiamare il poema di Goethe, dove Faust, che ha lottato per comprendere il mondo e se stesso, al termine della sua vita sente che il compito di strappare un pezzo di terra al mare dà un senso finale e compiuto alla sua lotta "fra la luce e le tenebre"; è l'eco di Faust che dà senso alla metafora, e "Kulturarbeit" non è " reclamation work", "bonifica", come traduce la Standard, ma l'opera di strappare agli elementi primigeni nuovi spazi per la cultura: lavoro spirituale, in cui i risultati pratici, in primo piano in un lavoro di "bonifica", sono in ombra e secondari rispetto al "Kulturarbeit" . Allo stesso modo, in Die Traum-deutung (L'interpretazione dei sogni) Bettelheim sente echeggiare "die Sterndeutung" (l'interpretazione delle stelle, l'astrologia) che porta con sé l'idea di "un mondo di tenebre e di incertezza", che sfida ogni interpretazione troppo precisa e definita, mentre il vocabolo inglese "ìnterpretation" promette troppa chiarezza, troppa oggettività. Bettelheim usa questi esempi, e altri ancora, per difendere appassionatamente l'idea che la psicoanalisi è uno strumento sofisticato e complesso, per gettare qualche luce sulle profondità del nostro inconscio, per comprendere qualcosa di noi stessi, e contro un modo di fraintendere la psicoanalisi fino a trasformarla in un sistema di spiegazioni prefabbricate in cui incasellare il comportamento di un altro. Ricostruendo l'ambito culturale in cui la psicoanalisi nacque, in cui coesistono, per lunga tradizione, " Geisteswissenschaften ", "scienze dello spirito", che applicano il metodo storico, e "Naturwis-senscbaften", "scienze della natura", che applicano il metodo matematico, Bettelheim rivendica l'appartenenza della psicoanalisi alle "Geisteswissenschaften" e per questa via alla grande tradizione filosofica tedesca. La psicoanalisi americana. dice Bettelheim, è uno stravolgimento completo della disciplina fondata da Freud, e mostra i percorsi linguistici che hanno favorito e mediato questa distorsione, il cui scopo, all'origine, era stato quello di renderla più scientifica, più accettabile quindi nella cultura anglosassone, dove il discorso scientifico è di matrice empiristica e positivistica e ha criteri di oggettività e concretezza molto più rigidi del discorso scientifico tedesco. A questo sforzo si riconducono molte delle scelte compiute nella traduzione inglese: per esempio, "Mutterleib", grembo materno, diviene "uterus" ("chi mai vorrebbe tornare a un utero?"); "Zerlegung", scomposizione, divisione, è tradotto con "anatomy"\ per altri termini, accuratamente coniati da Freud da parole di uso comune, e quindi ricche di significato, vengono tradotti in un greco o latino di stampo medico: "Eehlleistung", atto mancato, diviene "parapraxis", "Besetzung", investimento, è tradotto con "cathexis", e "Schaulust", piacere del guardare, diventa "sco-pophilia"\ e tuttavia nessuno di questi tradimenti del testo freudiano è così disperante per Bettelheim come l'ostinazione a travisare sistematicamente "Seele" e "seelisch" (anima, e il suo aggettivo, dell'anima) con "mind" e "mental" (mente e mentale). Un punto molto interessante, perché coinvolge anche la traduzione italiana delle Opere, è l'analisi di Bettelheim delle ragioni per cui Freud scelse, per denominare le tre istanze psichiche che si dividono il territorio dell'anima umana, i termini "das Ich, das Uber-Ich, das Es", sostantivando pronomi personali di uso comune e quotidiano, scelti proprio per la loro capacità di facilitare la comprensione intuitiva di ciò che Freud intendeva comunicare. "Das Es", in particolare, è il pronome neutro di uso comune in tedesco, quello che si usa in espressioni come "Es hat mir durcbzuckt " (mi è venuto in mente), o "Es war etwas in mir, was stàrker war als ich " (vi era in me qualcosa che era più forte di me), dove la forma impersonale suggerisce che c'è qualcosa di sconosciuto dentro di noi che produce certi effetti; in tedesco inoltre "das Kind", il bambino, è neutro, e ogni bambino tedesco ha vissuto un tempo in cui si parlava di lui come di "es " e questo ricordo lontano rafforza la comprensione intuitiva dell'Er, il mondo inconscio, e dei suoi legami con l'infanzia. Bettelheim critica molto duramente la scelta di tradurre questi concetti con "the Ego, the Super-ego, the Id" invece che con i corrispondenti pronomi personali inglesi; l'uso dei termini latini serve di nuovo allo scopo di estraniare il lettore dal testo, di dare corpo ai concetti della psicoanalisi non dentro di noi, ma in uno spazio separato, altro, facendo diventare la psicoanalisi una scienza che si applica agli altri, i quali hanno forse un "ego " (e un egoismo) che "io" intuitivamente non ho. Anche nella traduzione italiana, che è spesso più fedele di quella inglese, come mostra l'accurato lavoro di confronto di Alessandro Serra, le scelte su questo punto si sono un pò fermate a metà strada; se "das Ich " diventa "Io", sembra indicare una direzione che è in parte smentita subito dopo, con la scelta di "Super-Io", per "Ùber-Ich"; "super", ricalcato sul latino di "Super Ego", in italiano — secondo lo Zingarelli — "conferisce valore superlativo ad aggettivi e sostantivi" e sembra diverso dall' "ùber" tedesco e dall' "upper" inglese proposto da Bettelheim, più affini invece all'italiano "sopra". Ma il vero problema della traduzione italiana è la scelta di non tradurre "das Es", e di lasciarlo lì misterioso e totalmente estraneo al nostro tessuto linguistico. E chiaro che la sua traduzione in italiano presenta non pochi problemi; l'italiano, erede dell'elegante concisione latina, sopprime regolarmente il pronome neutro soggetto. Noi diciamo "mi è venuto in mente", o "qualcosa mi ha spinto a..." dove il tedesco usa "es"\ "ciò" (in francese "le fa"), è erudito, lontano dall'uso corrente. Forse "la Cosa", maiuscola, oscura e inquietante come la letteratura e la fantascienza hanno ben descritto, tende, nel linguaggio parlato, a indicare stati e fenomeni per i quali non troviamo altri nomi e sembra poter alludere a ciò che è in noi inconscio; è un problema difficile, ma è stimolante pensarci; e il pregio del libro di Bettelheim è proprio questo: aiuta a riflettere sulle cose che sembravano note, a cogliere sconnessioni e vuoti nel tessuto continuo delle nostre certezze. □ Da tradurre Letteratura viva ma incatenata dì Elena Croce Walter Helmut Fritz, Cornelias Traum, Hoffmann und Campe, Hamburg 1985. Non avevo più incontrato Walter Helmut Fritz da quei primi anni sessanta che erano ancora tanto animati da "dialogo " (un termine che già allora aveva un 'enfasi sospetta) con scrittori di tutto il mondo letterario, europeo ed americano — ed è stata veramente una gradita sorpresa ricevere il suo ultimo libro, Cornelias Traum. Avevo a suo tempo apprezzato le sottili qualità stilistiche del narratore e poeta, ed è stato quindi un piacere ritrovarle in questa raccolta di brevi prose raffinate e intense. Il "sogno" di Cornelia potrebbe essere stato realmente sognato, dato che a una reale "Cornelia " è dedicato il volume; ed esso evoca lo spettacolo, visto dal balcone di una casa parigina, di una grande folla che assiste a quello che si suppone sia il funerale della letteratura: ma la supposizione viene subito smentita, perché, conclude il sogno, in realtà i presenti sapevano che la letteratura era viva. Fra viva ma incatenata, in ceppi di cui non si era in grado di liberarla. In sostanza Walter Helmut Fritz è uno dei pochi scrittori che respingono la lamentosa sfiducia odierna nella sopravvivenza della letteratura. Scrittore di sfumatura letteraria sottolissi-ma, Fritz non si presta a citazioni rapide: e sarebbe anche abbastanza laborioso stabilire il confine tra la prosa poetica e l'aforisma, spesso sottile e complesso. Ma egli possiede anche una rara qualità di ritrattista, di cui dà una prova molto notevole nel suo ritratto di Cesare Pavese. "Io lo incontrai in Santo Stefano Belbo, dove egli era venuto per una breve visita da Torino: per farsi raccontare, così egli disse, di questo e di quello, di ciò che la gente pensa, o dice. Che cosa è stato portare via — lui e le sue figure — dal villaggio ? Forse, egli supponeva, il fischio del treno, che lo aveva fatto sognare di cose meravigliose come le stazioni e le città. Egli parlava diBrancaleone, dove aveva vissuto come confinato: della propria tendenza alla instabilità; della sua perdita di orientamento; della sua passione per il lavoro, anche se l'indomani doveva tutto ridursi in cenere; dell'essersi spesso considerato imbecille; che la vita prendeva tanti pretesti per legarci le mani; che a un determinato momento egli non aveva più realizzato altro che libri; che era stato sempre portato al rimanere da parte, alla monomania; che per lo più egli si era sentito fresco come uno spicchio d'aglio, ma con ciò aveva anche condotto un 'esistenza miserabile; che sarebbe stato disposto a pagare montagne d'oro a un assassino che lo pugnalasse nel sonno. Dopo morto egli avrebbe vissuto come una pietra, come la dura terra, col sorriso immoto dell'uomo che ha capito. Il raffreddarsi delle sue vene sarebbe stato un risveglio che egli non aveva mai provato. Mi ricordo che prima che egli si allontanasse nella piazza che si stendeva vuota sotto il sole di mezzogiorno, menzionò la beatitudine della prugna e del grappolo d'uva ".