forma d'interrogativo, la risposta che mi sembra più soddisfacente e che Michele Risso e io abbiamo dato in un nostro libro di qualche anno fa: la correlazione, per lungo tempo ritenuta e ribadita certa, tra migrazione e malattia mentale deriva soprattutto dalla trasposizione e dalla trasformazione di problemi fondamentali — sociali, economici — che sono all'origine dell'immigrazione di massa, in una problematica d'altro tipo fondata sulla differenza biologica e la diversità etnica. A questa trasformazione indebita, che occulta la deprivazione e lo sfruttamento degli immigrati, la psichiatria ha dato un autorevole avallo. Impressionante la mole di ricerche, statistiche e interpretazioni (una cattedrale sintomatologica e clinica, scrisse Michele Risso) che fu prodotta dall'ipotesi del migrante alienato e della sua psichica vulnerabilità. Psicopatologia ed epidemiologia della migrazione, nate anche come risposta a politiche selettive e protezioniste rispetto ai flussi migratori, sono state a lungo il bastione di tendenze retrograde e biologizzanti. E in Italia hanno trovato facile entrata anche in questo dopoguerra sulla scia di indicazioni nordamericane. Oggi il disagio degli immigrati trova riconoscimenti e conferme senza dover ricorrere al paradigma della vulnerabilità psichica innata o ereditaria e legata alla costituzione e alla razza. In una bella ricerca sui gruppi eritrei a Milano (G. Alberio et al., La salute degli immigrati, 1989) le patologie che secondo gli studiosi francesi sono il risultato di una prima fase di adattamento, appaiono ancora presenti dopo un quindicennio di permanenza; in particolare la cosiddetta patologia da sradicamento si rivela specifica degli immigrati, ed è tuttavia comune a quei gruppi sociali che cambiano in maniera traumatica i loro modi di vita. Il malessere, il disagio sono dichiarati e alti, numerose le situazioni depressive e le somatizza-zioni. "Il vissuto dello stato di salute e di malattia è strettamente legato al tipo di rapporti che l'individuo intrattiene con la società", la salute significa anche integrazione nella comunità e armonia con il prossimo. Secondo gli operatori del Naga — un centro d'accoglienza di primo livello a Milano — i problemi psicologici degli immigrati non raggiungono il 5% dei casi, ma il dato è probabilmente sottostimato. Per valutare e conoscere meglio questo tipo di problemi, occorrerebbe una migliore interazione con le comunità straniere (Lia Bandera, Italo Siena, Immigrazione salute: un'esperienza sul campo in Stranieri in Italia, p. 469 sgg.). Secondo altri studiosi i tassi di disturbi psicopatologici si mostrano bassi (10% presso gli etiopi, 17% presso gli altri immigrati dai paesi africani: in tutto 1000 intervistati a Roma); la prevalenza dei disturbi psichici in popolazioni adulte generali si aggira infatti intorno al 15% (L. Frighi, M. Cuzzolaro, Immigrati a Roma da paesi extracomunitari: problemi di igiene mentale in Stranieri in Italia, p. 493 sgg-)- Questi dati sui problemi psicopatologici degli immigrati, che sono tra i più complicati da valutare e da scoprire, segnalano un'impasse maggiore: le popolazioni immigrate assistite nei vari centri sono a tal punto diverse tra loro per sesso, istruzione, provenienza e durata della permanenza in Italia, da fendere impossibile un confronto. Manca una documentazione unitaria. Un esempio: gli ambulatori della Caritas romana mettono in evidenza soprattutto una patologia del povero, urbano e senza fissa dimora, in cui prevalgono le malattie respiratorie, quelle infettive e dell'apparato digerente. La ricerca sugli ■eritrei a Milano, che si colloca da un diverso punto di vista, sottolinea i malesseri che derivano da difficoltà d'inserimento (patologia da sradicamento). Nelle ricerche di Luigi Frighi, di Massimo Cuzzolaro e dei loro collaboratori e in quella condotta dalla Siares e dal comune di Roma, la vulnerabilità dell'immigrato appare collegata all'età più avanzata, a un lungo soggiorno in Italia, a una bassa scolarità, alla sottoccupazione e al sesso femminile. Ma la percentuale più elevata di cure richieste dalle donne (72% secondo la ricerca Siares) può dipendere anche dalla regolarità della loro condizione giuridica (le colf hanno diritto all'assistenza di Roma, dove i minori sono aumentati circa del 50%. Le madri immigrate che lavorano affidano i figli a balie, a famiglie italiane, a istituti religiosi. Alla separazione familiare si aggiungono i problemi della scolarizzazione. Buona parte dei figli delle famiglie capoverdiane a Roma vive in collegio (si veda ancora la ricerca Siares), educata e istruita in una lingua diversa da quella d'origine. Questi bambini si sentono ormai italiani. Tutto finalmente lascia prevedere che anche in Italia, come in Germania, in Svizzera, in Francia la seconda generazione incontrerà i problemi delle due culture, dei due mondi di appartenenza. Nessuno pensa che il buon apprendimento dell'italiano gno della famiglia. Se corrisponde al vero che i ceti più deboli sotto il profilo dell'istruzione e a livello economico tendono comunque a usare i servizi più in funzione della cura che della prevenzione: allora tutti questi elementi e queste ipotesi chiedono di essere valutate con grande attenzione, quando si indaga sul comportamento della popolazione straniera immigrata nei confronti del nostro sistema sanitario. Dalla ricerca sui gruppi eritrei appare che soprattutto le donne e gli immigrati non regolari sono poco informati sui servizi. Un rapporto privilegiato si stabilisce, caso mai, con il medico di base ma si tratta di un rapporto fragile, minato dalla mancanza Premio Italo Calvino 1990 Bando 1) La rivista "L'Indice" bandisce per l'anno 1990 la quinta edizione del premio Italo Calvino, che prevede due sezioni: a. sezione dedicata alla narrativa. Potranno concorrere romanzi che siano opere prime inedite in lingua italiana, che non siano state premiate o segnalate ad altri concorsi-, b. sezione dedicata a testi teatrali per musica, in memoria dei libretti scritti da Italo Calvino. Questi testi dovranno essere in lingua italiana, inediti e mai rappresentati. 2) Per l'anno 1990 sono previste due giurie, una per ogni sezione del premio. Le giurie designeranno le due opere vincitrici, a ciascuna delle quali sarà attribuito per il 1990 un premio di lire 2.000.000 (due milioni). "L'Indice" si riserva il diritto di pubblicare — in parte o integralmente — le due opere premiate. La giuria potrà altresì segnalare altre opere, e proporne la pubblicazione. La giuria si riserva il diritto di non assegnare il premio. 3) Al giudizio finale delle giurie saranno ammesse quelle opere che siano state segnalate come idonee dai promotori del premio (vedi "L'Indice" settembre-ottobre 1985) oppure dal comitato di lettura scelto dalla redazione della rivista. Saranno resi pubblici i nomi degli autori e delle opere segnalate dal comitato di lettura. ' 4) Le opere devono pervenire alla segreterìa del premio presso la redazione de "L'Indice" (via Andrea Boria 14, Torino 10123) entro e non oltre il 31 luglio 1990 (fa fede la data della spedizione) in plico raccomandato, in duplice copia, dattiloscritto, ben leggibile, con indicazione del nome, cognome, indirizzo, numero di telefono dell'autore. Le opere inviate non saranno restituite. Per ulteriori informazioni si può telefonare il sabato, ore 10-12,30 al numero 011-542835. 5) L'esito del concorso sarà reso noto entro il 15 marzo 1991 mediante un comunicato stampa e la pubblicazione su "L'Indice". 6) Là partecipazione al premio comporta l'accettazione e l'osservanza di tutte le norme del presente regolamento. Il premio si finanzia attraverso la sottoscrizione di singoli, di enti e di società. Siamo lieti di precisare che la casa editrice Ricordi provvederà a pubblicare il testo teatrale per musica prescelto dalla giuria del Premio Calvino 1990. 1 v « i di fiducia (il medico viene spesso cambiato). Il giudizio sui servizi in generale è negativo, l'uso si limita ai momenti di emergenza. L'utilizzo di più strutture richiesto dai servizi è troppo complesso — dicono gli operatori — per rispondere ai bisogni dell'immigrato; gli mancano le fonti d'informazione, le difficoltà linguistiche e relazionali lo intralciano. Più adeguati sembrano gli specifici servizi per gli stranieri. Neppure la permanenza anche lunga in Italia migliora la situazione: conoscenza e uso delle strutture sanitarie non aumentano. Questo è molto grave e segnala la "quasi totale assenza di dialogo con i circuiti informativi essenziali e, quindi, una sostanziale estraniazione dal tessuto sociale locale" (A. Scivo-letto, Impatto degli extracomunitari con la città ricca: esperienza di una ricerca a Parma in Stranieri in Italia, p. 311). La lontananza dai servizi è spia dell'integrazione non avvenuta, dell'isolamento sociale, dell'emarginazione. Cosa s'impone per trasformare quesa situazione rischiosa, in cui a malattie e disagio fa riscontro l'esiguo impiego delle strutture sanitarie? Un osservatorio epidemiologico degli stranieri, senza dubbio, e un'indagine conoscitiva sulla condizione sanitaria degli immigrati. Ma la loro salute può essere protetta soprattutto attraverso la prevenzione di tipo economico e sociale: occorre assicurare lavoro, reddito, alloggio, e i diritti di cittadinanza; la regolarizzazione giuridica è assolutamente necessaria ma non sufficiente. Le diversità di lingue, culture, ruoli si possono superare, l'efficacia di alcuni centri di assistenza, formati da volontari, mostra una via d'uscita. L'operatore dovrebbe essere informato sulle caratteristiche dei gruppi immigrati, sensibilizzato ai loro problemi, in grado di comprendere e di apprezzare modelli culturali e stili di vita diversi per facilitare un rapporto di fiducia. La mediazione tra servizio e bisogni potrà riuscire più facilmente se gli operatori apparterranno agli stessi gruppi etnici degli utenti, soprattutto nella prima fase dell'incontro con la società nuova. Si potrebbero costituire ambulatori di primo livello con funzione di filtro e di accoglimento in cui inserire queste nuove figure professionali: gli operatori stranieri (infermieri immigrati sono previsti dalla legge). Attraverso momenti collettivi di informazione presso le comunità straniere, contatti e rapporti con i gruppi etnici si dovrebbero infittire. La salute è un diritto, la sanità un punto di vista parziale, limitato ma può servire per scoprire e verificare la complessità e le radici dei bisogni. sanitaria) e comprende anche interventi in casi di parto. Non è del resto una novità il diverso comportamento degli uomini e delle donne nei confronti della salute. Segnali d'allarme giungono per i figli degli immigrati, nati o cresciuti in Italia: la cosiddetta seconda generazione. Ma il termine, tanto diffuso, va usato con cautela perché la designazione può essere rischiosa, e il suo uso improprio. Il termine di seconda generazione tende infatti a drammatizzare la situazione dei figli degli immigrati e finisce per proporre un'immagine stereotipa di esclusione, di marginalità ereditaria che sembrerebbe tramandarsi intatta di padre in figlio, sottratta alle trasformazioni, ai cambiamenti. I figli degli immigrati stranieri aumentano con il passare del tempo. Questi bambini sono spesso costretti a vivere lontano dai genitori. L'effetto della disgregazione familiare — su 50 gruppi familiari solo 9 vivono insieme — si fa sentire nel centro di accoglienza per stranieri della Caritas possa bastare a uno sviluppo armonico, già probabilmente compromesso dagli anni di istituzionalizzazione. E del resto non si profila neppure l'inizio di una politica adeguata della scuola per questi ragazzi, mentre in Italia aumenta il numero dei minori che arrivano addirittura da soli. Ad accoglierli sembra che ci siano ormai soprattutto le istituzioni penali. Ma il controllo istituzionale selettivo sui minori extracomunitari, e più in generale il problema della criminalità degli stranieri, richiedono un altro discorso. Come e quanto si fa ricorso ai servizi sanitari di base o territoriali? In misura maggiore di quanto avviene per il ricorso ai servizi specialistici — ospedali e poliambulatori. Sull'uso dei primi influiscono parecchi elementi — sociali, culturali, psicologici—e non solo l'evento eccezionale o la malattia conclamata. I servizi territoriali hanno un complicato modello organizzativo che richiede un utente capace di informarsi, di attivarsi, magari anche di avere il soste- I PICCOLI GRANDI LIBRI Dal 7 maggio nelle migliori librerie, dal 18 al 23 maggio al Salone del libro di Torino, stand 161. Lindau, corso Vittorio Emanuele II, 39 -10125 Torino tel. 011 657468 Distribuzione Promeco, Milano.