N. 3 [INDICE pag. VII
j^hoei libri del meseii
Filosofia
Arnold Gehlen, Quadri d'epoca, Guida, Napoli 1989, ed. orig. 1986, trad. dal tedesco di Gianni Carchia, pp. 381, Lit 40.000.
L'obiettivo dell'analisi estetica e
sociologica presente in questo volume è l'individuazione della forma di espressione artistica specifica della nostra epoca a partire dal presupposto che ogni tempo sia definibile per il mutamento della razionalità dell'immagine artistica. La storia dell'estetica risulta cosi scandita in tre momenti: l'arte ideale, propria della feudalità, che evoca i mondi spiritua-
li precostituiti della religione, della mitologia, della storia; l'arte realistica, proprio dell'ascesa della società borghese, che ha come riferimento la natura; l'arte astratta che è libera da criteri stabiliti in anticipo e che è in relazione solo con la soggettività umana. La razionalità di questa forma d'arte si esprime nelle strutture percettive individuate dalla psicolo-
gia della forma, nella "razionalità dell'occhio". L'arte astratta ci fornisce "la libera, compiuta elaborazione formale del nostro effettivo, quotidiano stato di coscienza". Questa restrittiva definizione fa si che l'autore escluda dall'ambito dell'arte gran parte delle pratiche artistiche contemporanee, restringendone il campo a chi, come Klee, Kandinsky,
Mondrian, risponde ai criteri della sua "peinture conceptuelle". Una pittura cioè che è in grado di legittimare l'esistenza dell'immagine in base ad una concezione elaborata teoricamente in campo estetico che ad essa si accompagna come necessario commento.
Elio Pizzo
Jon Elster, Uva Acerba, Versioni non ortodosse della razionalità, Feltrinelli, Milano 1989, ed. orig. 1983, trad. dall'inglese di Fabrizio Elefante, pp. 212, Lit 30.000.
In Uva acerba confluiscono i due filoni di ricerca coltivati da Jon Elster: gli studi sulla razionalità e i suoi limiti (su cui il pubblico italiano già conosce il bellissimo Ulisse e le sirene, Il Mulino, Bologna 1983) e gli studi sul marxismo, ovvero sulla reinterpretazione in chiave analitica degli ideali e delle istanze critiche espresse dal marxismo, di cui viene invece rifiutato l'apparato concettuale e teorico.
Questo saggio propone un 'interpretazione del concetto marxiano di ideologia come caso di fallimento della razionalità di fronte alla pressione emotiva di eventi sfavorevoli. La versione tradizionale, secondo cui l'ideologia è una deformazione della realtà funzionale a interessi di classe è, secondo Elster, incompleta e analiticamente insoddisfacente perché non spiega il meccanismo d'insor-
genza delle credenze ideologiche che sono incompatibili con l'evidenza disponibile. Una possibile spiegazione, cui talvolta il marxismo ha alluso, è quella cospirativa, secondo cui sono i depositari dell'interesse a indurre artatamente la deformazione. Elster esclude nettamente questa ipotesi sulla base di un sofisticato argomento volto a negare che l'ideologia possa essere mai esito intenzionale di una strategia mirata dei gruppi oggettivamente favoriti dalla deformazione ideologica. Il tentativo di indurre in altri una credenza incompatibile con i dati disponibili è analogo a quello di provocare stati in sé desiderabili, quali la felicità, la serenità, la calma, che non possono essere suscitati a comando, ma vengono in essere solo indirettamente, nel corso del perseguimento di altri scopi. Scartata la genesi intenzionale, Elster propone, a spiegazione dell'insorgenza delle credenze e preferenze ideologiche, un meccanismo spontaneo, modellato sulla classica favola della volpe e dell'uva. Posta di fronte all'impossibilitàdi raggiungere l'oggetto desiderato, la volpe si convince che esso era indesiderabile. Questo è un meccanismo, noto
alla psicologia sperimentale come "riduzione della dissonanza cognitiva", grazie al quale il soggetto, sulla spinta di una forte pressione emotiva, ristruttura inconsapevolmente il campo percettivo e riduce così il disagio della frustrazione. Le credenze e le preferenze formatesi secondo questo meccanismo sono da Elster definite "adattive" e "ideologiche": l'ideologia sarebbe pertanto la risposta adattiva dell'individuo a condizioni sfortunate tramite soppressione o deformazione dei dati percettivi. Trasposta sul piano sociale, l'ideologia risulterebbe il prodotto spontaneo delle classi oppresse per rendere più sopportabile psicologicamente la loro condizione: così l'idea generale di Marx che le condizioni oggettive dei soggetti inducano ideologia risulta riempita da una spiegazione che trova riscontro in meccanismi individuali e, in particolare, in uno speciale caso di fallimento della razionalità.
Anna Elisabetta Galeotti
Franco Fanizza, Sergio Givone, Emilio Mattioli, Emilio Garroni, Antico e Moderno. L'Estetico e la sua Storia, Aestbetica, Palermo 1989, trad. dal tedesco di Michele Cometa, pp. 91, s.i.p.
Il libro è risultato da un seminario svoltosi a Palermo nell'ottobre del 1988 avente come tema la determinazione dell'ambito dell'estetica in rapporto alla sua storia. In esso, oltre agli interventi dei relatori, è presentata la traduzione della storia e bibliografia dell'estetica di Koller dove, per la prima volta viene formulato il tradizionale modello interpretativo che fa dell'estetica una disciplina filosofica nata nella modernità con Baumgarten e Kant. Per Fanizza, il cui saggio apre il volume^ una definizione dell'estetica oggi deve partire proprio dalla revisione del rapporto tra essa e la modernità, tramite l'analisi della sua nascita, delle commistioni tra sentimento estetico, religioso, morale, sociale, politico e tramite la restituzione alla coscienza estetica della forza che la fa essere momento essenziale della vita. Secondo Givone, l'estetica contemporanea che può apparire superflua è, invece, osservatorio privilegiato sul nostro mondo in cui si registra un
estetismo diffuso. Per ricomprenderne il ruolo, occorre rivederne la storia secondo un punto di vista consapevole della sua temporalità. Nel saggio di Mattioli viene proposto l'ampliamento della tradizione estetica alle poetiche e alla retorica dell'antichità. Nel suo intervento Garroni rilegge la nascita dell'estetica attraverso Batteux sullo sfondo della letteratura estetica del XVII sec.
Elio Pizzo
Plutarco, Moralia I. "La serenità interiore" e altri testi sulla terapia dell'anima, a cura di Giuliano Pisani, Biblioteca dell'immagine, Pordenone 1989, pp. LVII + 508, Lit 60.000.
La presente edizione si inserisce in un filone europeo di rivalutazione della produzione plutarchea come documento di un'epoca di grandi sistemazioni culturali e ha il duplice merito di rendere accessibile al lettore italiano un patrimonio di sapere vasto quanto complesso e di consentire una lettura integrata, per unità tematica. In questo primo volume sono raccolti trattati di argomento propriamente morale, nei quali Plutarco
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edizioni	#
QuattroVenti

Distribuzione P.D.E.
ACTA PHILOSOPHICA COLLANA DELL'ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI
TRAMONTO DELL'OCCIDENTE
A CURA DI
GIAN MARIO CAZZANIGA, DOMENICO LOSURDO, LIVIO SICHIROLLO
Livio Sichirollo, Tramonto dell'Occidente? Qualche considerazione introduttiva. - Remo Bodei, / ••grandi attimi» oltre il tramonto. Simmel, Lukàcs, Bloch. - Umberto Galimberti, La ragione dell'Occidente e lo sguardo clinico di Nietzsche. - Federico Gerratana, «In parte storico-, Oswatd Splengler tra mondo della storia e mondo come storia. - Michela Nacci, L'ombra di Babilonia. Anti-americanismo e crisi europea negli anni Trenta. - Domenico Losurdo, Tramonto e trasfigurazione dell'Occidente. Heidegger e la filosofia tedesca tra te due guerre. - Costanzo Preve, Lukàcs e Heidegger. Dal destino della tecnica ai rifiuto della gabbia d'acciaio. - Nicolas Tertulian, Heidegger et le nationat-sociatisme. Aspects et points de vue. - Giuseppe Bevilacqua, Appunti su Ernst Bloch e l'Italia. - Luciano Canfora, Diano e il «Tramonto dell'Occidente». - Hans Heinz Holz, Sulta struttura dialettica del concetto del Tao. Per una demistificazione.
(pp. 256, L. 28.000)
affronta la questione della virtù sotto diverse angolature: la nozione di virtù etica; se la virtù sia insegnabile; se vi sia progresso nella virtù; il rapporto tra virtù e vizio, se le malattie dell'anima, le passioni e i vizi da cui è affetta, siano peggiori delle malattie del corpo ecc. Ne emerge un quadro nel quale l'esser virtuosi è ritenuto condizione sufficiente della felicità e la virtù detiene il primato su tutti gli altri beni. Ma l'ideale etico non assume i toni rigoristici propri dello stoicismo, che, com'è noto, proponeva di estirpare le passioni dall'animo del saggio. Prevede bensì, la possibilità di curare le malattie dell'anima e di progredire nell'acquisizione della virtù stessa. Di qui l'insistenza di Plutarco sul fatto che il governo della parte razionale dell'anima su quella irrazionale debba esercitarsi non con la forza, ma con la persuasione; di qui ancora l'attenzione per le condizioni di insorgenza e le manifestazioni delle diverse passioni e i rispettivi metodi di terapia: di qui infine il richiamo al costante dominio di sé e l'esortazione a sopportare con ferma disciplina interiore quei mali che nessun uomo riesce ad evitare come la morte. Decisiva è la funzione che Plutarco assegna al ragionamento, che risiede in noi e che solo può garantire al sapiente la conquista di quella serenità interiore verso le circostanze esterne che già Democrito ed Epicuro avevano delineato. La traduzione è precisa ed accurata; a volte forse un po' aulica. II curatore del volume non nasconde affatto la sua predilezione per Plutarco, la cui saggezza gli appare "un viatico per la vita" di noi cosiddetti moderni. Ma forse il fascino degli antichi può anche risiedere nella loro inattualità.
Luciana Repici
Martin Heidegger, Concetti fondamentali, Il Melangolo, Genova 1989, ed. orig. 1981, trad. dal tedesco di Franco Camera, pp. 160, Lit 22.000.
Questo testo riproduce il corso che Heidegger tenne all'Università di Friburgo nel semestre estivo del 1941 e tratta temi per molti aspetti analoghi a quelli presenti nei Beitràge ZurPhilosophie, l'opera più sistematica tra quelle scritte dopo la cosiddetta svolta. Il libro è diviso in due parti, in cui il problema dell'essere viene
rimeditato a partire da due antiche sentenze. La prima attribuita a Pe-riandro, uno dei sette sapienti, suona come un invito ad "aver cura dell'ente nella sua totalità" e costituisce l'occasione per Heidegger di riformulare il concetto di differenza ontologica e di promuovere una forma di pensiero non dominata da quel pensiero calcolante che riduce l'ente a mero strumento. La seconda sentenza è il celebre frammento di Anassimandro che Heidegger affronterà nuovamente in un saggio degli Holz-wege e che qui traduce in modo originale, inevitabilmente già interpretativo: "Da dove proviene il sorgere dell'ente che di volta in volta entra nella presenza, là si produce anche la sua scomparsa, corrispondendo alla sua necessità necessitante". L'essere non va inteso metafisicamente come semplice presenza ma ricondotto nel suo fondamento di verità come alé-theia,
Marco Vozza
Tommaso Campanella, Mathematica, a cura di Armando Brissoni, Gan-gemi, Roma-Reggio Calabria 1989, pp. 177, s.i.p.
Negli altri scritti di Tommaso Campanella sembra non ci siano riferimenti a quest'opera. Fu pubblicata per la prima volta poco più di cinquantanni fa da Romano Amerio ("Archivium Fratrum Praedicato-rum", V, 1935) da un manoscritto non autografo conservato nell'Archivio dei Padri Predicatori in Roma. Sola testimonianza di un trattato campanelliano intitolato Mathematica sarebbe una lettera dell'arciduca Ferdinando di Stiria che nel 1609 chiedeva di avere, assieme ad altri, anche questo scritto. Dedicata in realtà alla geometria, è stata giudicata un'opera mediocre, se non addirittura irrilevante, nel contesto delle contemporanee indagini sulla geometria. La presente edizione riproduce il testo edito nel 1935, compreso l'apparato, mutando in parte la disposizione grafica delle suddivisioni interne dei capitoli. Alla Mathematica il curatore fa seguire la risposta di Campanella alla Quaestio singularis promossa da J.B. Pysson sulla grandezza del punto matematico e le lettere di altri savants coinvolti nel dibattito (fra i quali Gassendi e Mer-
senne) e inoltre le lettere di Campanella a Galileo, a de Peiresc e a Ferdinando de' Medici. Anche in questo caso si tratta di materiale già pubblicato, qui riunito a mostrare — si presume — i rapporti del frate domenicano con uomini di scienza e di lettere del suo tempo. Chiude il volume uno scritto del curatore sulla valutazione non certo benevola della filosofia di Campanella fatta dal contemporaneo Antonio Nardi.
Pietro B. Rossi
La razionalità pratica. Modelli e problemi, a cura di Enrico Berti, Marietti, Genova 1989, pp. 234, Lit 28.000.
I saggi contenuti in questo volume provengono da un seminario dell'Istituto internazionale Jacques Maritain, tenutosi a Treviso, volto a individuare i mutamenti dei paradigmi di razionalità e a riproporre la domanda sul senso dell'agire. Questi quesiti vengono posti nell'ambito della riabilitazione della filosofia pratica, in atto a partire dagli anni '60, con l'obiettivo di generare ulteriori interrogativi relativi allo statuto dei modelli di razionalità scientifica e al significato complessivo della ratio nel pensiero tardomoderno. Nel primo saggio del volume, Enrico Berti riporta la questione alle sue origini, alla teoria aristotelica delle differenti forme di razionalità e alla distinzione tra sapere teoretico, pratico e poietico. In un altro saggio, Marco Ivaldo prende in esame la posizione trascendentale kantiana nei confronti della ragion pratica: Paul Valadier affronta il tema della decostruzione nietzscheana del razionalismo platonico-cristiano; Antonio Ponsetto studia la ristrutturazione della ratio pratica operata da Weber e da Husserl mentre Antonio Pieretti esamina le nozioni di intenzionalità e di azione nella filosofia analitica.
Marco Vozza