N. 9 pag. 47/VII Filosofia Francesco Mattei, Ragione e antiragione in R. Garaudy. Educazione alla prospettiva, Bulzoni, Roma 1987, pp. 164, Lit. 16.000. L'autore non intende limitare la propria indagine all'ambito descrit- tivo: il complesso percorso di Ga- raudy è fatto oggetto di un tentativo di valutazione globale. Attraverso l'interpretazione storiografica di Fi- chte, Hegel e Lenin si delineano i tratti del marxismo umanistico di Garaudy, di cui Mattei evidenzia gli aspetti più ambigui e delicati: procla- mata scientificità del marxismo e giustificazione idealistica del fonda- mento; affermazione di un'anterio- rità logica della materia rispetto al pensiero e, al tempo stesso, di una sua strutturazione dialettica; pro- gressivo spostamento verso una pro- spettiva sempre più fortemente an- tropocentrica che, accentuando le dimensioni della soggettività, della trascendenza, dell'arte, del mito, tra- passa in critica del marxismo stesso e della civiltà occidentale in genere, malata di individualismo e di razio- nalismo. Nel radicalizzarsi della cri- tica alla ragione; nella riformulazio- ne del problema religioso in chiave mistico-teologica, nella scoperta del- l'intersoggettività come amore (Mat- tei parla di volontarismo etico dal sapore fichtiano), sono ravvisati gli esiti di un procedimento teorico re- gressivo in cui ogni forma si risolve nella successiva senza lasciare trac- cia, trasformandosi cosi in un'occa- sione mancata di arricchimento e confronto. G. Maisto Piero Coda, Il negativo e la Trinità. Ipotesi su Hegel, Città Nuova, Roma 1987, pp. 456, Lit. 38.000. La teologia degli ultimi anni ha posto sempre più decisamente al centro della sua ricerca i contenuti più specifici del cristianesimo, la tri- nità e la croce, preferendoli ai temi più generali che avevano dominato verso gli anni '60, come la secolariz- zazione, la speranza, la liberazione, la dimensione politica. Contempo- raneamente la ricerca filosofica spe- cializzata ha messo sempre più in lu- ce l'importanza di questi temi più teologici in alcuni dei maggiori pen- satori della modernità, in particolare in Schelling e soprattutto in Hegel. Piero Coda, filosofo e teologo del- l'Università Lateranense, collega le due linee, dedicando un ampio e ag- giornatissimo lavoro alla presenza di questi temi in Hegel. V'è una specie di rapporto bipolare, per cui i moti- vi cristiani sono sì la fonte della ri- cerca del filosofo, ma questi ne trae ispirazione per dar forma al suo spe- cifico orientamento di pensiero, che è in sostanza razionalistico. E dentro questo orientamento Hegel ricondu- ce alla fine anche i temi cristiani: co- si, mentre li coglie nella loro centra- le importanza, insieme li snatura. Il risultato è una sorta di inestricabile intreccio di fedeltà e infedeltà al pen- siero cristiano, che per Coda confer- ma e documenta il celebre giudizio di Barth: per la teologia cristiana Hegel rappresenta un grande proble- ma, una grande delusione, forse an- che (per gli spunti che ancora le of- fre) una grande speranza. M. Pagano Moritz Schlick Forma e contenuto Boringhieri, Torino 1987, ed. orig. 1979, trad. dall'inglese e dal tedesco di Paolo Parrini e Simonetta Ciolli Parrini, pp. 182, Lit. 28.000. Moritz Schlick tenne a Londra nel 1932 tre lezioni intitolate La natura dell'espressione, La natura della conoscenza e La validità della conoscenza in cui la riesposizione dei principali temi epistemologici conte- nuti già nella grande Allgemeine Erkenntnislehre del '18 si avvale di numerosi contributi derivati dal Trac- tatus logico-philosophicus di Wittgenstein. In partico- lare Schlick accoglie le idee di Wittgenstein sul rapporto che intercorre tra le proposizioni del nostro linguaggio e i fatti del mondo, sul nullo valore informativo delle tautologie e sulla filosofia stessa, vista come attività anziché come dottrina. L'importanza di tale integra- zione filosofica fa di queste lezioni londinesi un docu- mento centrale, non solo dal punto di vista storiografi- co, della cosiddetta svolta linguistica della filosofia con- temporanea. L'ossatura dell'epistemologia di Schlick re- sta comunque invariata rispetto all'opera del '18, im- perniandosi anzi ancora più saldamente al principio enunciato da Stanley Jevons nel 1874 secondo cui "la scienza nasce dalla scoperta dell'identità nella differen- za". Per Schlick ciò significa che conoscere è essenzial- mente riconoscere qualcosa di nuovo come qualcosa di tà noto. Ma significa anche e soprattutto ribadire che % conoscenza intuitiva di contenuti isolati è un non- senso filosofico. La polemica di Schlick contro il valore conoscitivo dell'intuizione va molto oltre l'opposizione al bergsonismo per coinvolgere i punti salienti della metafisica tradizionale. E infatti principalmente Kant — un filosofo visto comunque e sempre con estremo rispetto — il termine di confronto di Schlick, per il quale è fondamentale dissolvere la falsa immagine che esistano giudizi sintetici a priori. Il merito di ripropor- re oggi queste lezioni del '32 è anche quello di contra- stare un'interpretazione del neopositivismo che lo vede rozzo, ingenuo e dogmatico: la precisa Introduzione di Parrini ci aiuta a vedere che quel movimento fu invece raffinato, scaltrito e — almeno nella persona di Schlick — tollerante. D. Voltolini Mario Alcaro, Natura e ra- gione. Galvano Della Volpe tra le due guerre mondiali, Marzo- rati, Milano 1987, pp. 64, Lit. 6.000. L'interesse di Della Volpe per il rapporto tra universale e particolare sul terreno gnoseologico e su quello etico-politico ne guida l'itinerario speculativo, sinteticamente ma chia- ramente ricostruito da Alcaro, dal- l'adesione all'attualismo gentiliano all'incontro col marxismo. Tale rap- porto può darsi solo come mediazio- ne, come unità debole contrapposta all'unità forte, idealistica, aprioristi- ca del processo conoscitivo: Della Volpe perviene a questa conclusione attraverso un progressivo recupero del dato empirico come irriducibile al soggetto. L'approdo definitivo a una visione storico-materialistica, se da un lato consente il perfeziona- mento della critica all'apriorismo lo- gico, dall'altro determina uno spo- stamento d'interesse dall'ambito te- oretico a quello pratico (ma è chiaro il parallelismo tra i due campi). Il rapporto tra etica ed economia è ora al centro della riflessione dellavol- piana. L'indebita deduzione della se- conda dalla prima, conseguenza del tradizionale apriorismo della perso- na, riposa su una concezione del do- vere-per-se-stesso cui Della Volpe contrappone la teoria dell'interesse- dovere: l'associazione umana è rea- lizzazione di una volontà che parte comunque, materialisticamente, dal bisogno; non può dunque essere lo Stato etico, ma solo la "società soli- dale", a farsi garante di un'universa- lità che superi egoismi e particolari- smi. G. Maisto AA.VV., Sartre e l'Italia, a cura di Ornella Pompeo Faracovi e Sandra Teroni, Belforte, Livorno 1987, pp. 270, Lit. 25.000. Frutto di un convegno svoltosi a Livorno nel 1985, il volume esplora il rapporto tra Sartre e l'Italia in due direzioni: l'interesse dello scrittore francese per ii nostro paese e la sua fortuna in Italia. Sandra Teroni ana- lizza ciò che il Sartre letterato ha tratto dai suoi viaggi in Italia, a parti- re dalla visita di Napoli nel 1933 che ispirò la novella Dépaysement. Mi- chel Contat e Geneviève Idt studia- no i frammenti editi e inediti di un libro progettato nel '52 e mai con- cluso: La Reine Albemarle ou le der- nier touriste. Michel Sicard legge cri- ticamente i due saggi sul Tintoretto. L'inglese Howard Davies ripercorre l'immagine dell'Italia nella rivista "Les Temps modernes". Nella se- conda parte, oltre alla panoramica riassuntiva di Giovanni Invitto sulla filosofia italiana e Sartre e alle preci- sazioni di Rovatti sul rapporto tra Sartre e Paci, si segnalano il saggio della Faracovi (che confronta le posi- zioni del "Politecnico", di "Società" e dei banfiani "Studi filosofici" in te- ma di engagement) e la partecipe te- stimonianza di Rossana Rossanda su Sartre e la sinistra italiana. Quello che se ne trae, anche dalle relazioni di Gianfranco Rubino sul Sartre cri- tico e psicografo e di Roberto Tessa- ri sul Sartre autore teatrale, è, tutto sommato, il profilo di una presenza diffusa ma senza scambi sostanziosi e vera incisività sulla nostra cultura. C. Piandola AA.W., Utopia e distopia, a cu- ra di Arrigo Colombo, Angeli, Mi- lano 1987, pp. 374, Lit. 28.000. Ma sarà poi così bella la vita, in questa famosa isola di Utopia? E ciò di cui si dubita dopo aver letto i 18 saggi che compongono il volume, e se ne dubita per due ragioni: primo, perché Utopia come costruzione della ragione sembra a tratti celare, e nemmeno tanto bene, le terrificanti sembianze di Distopia: lo suggeri- scono, ad esempio, la Fortunati nella sua analisi del Panopticon di Ben- tham e la Moneti che esamina le strutture ricorrenti dell'immagina- zione utopica; secondo, perché Uto- pia come attività della ragione lascia ancora tanti interrogativi aperti: avrà realmente la sua base nella natu- ra stessa dell'uomo, come vorrebbe Colombo? Sarà davvero il progetto politico in via di formazione storica che gelida un processo lineare e inde- fettibile, come sostiene Schiavone? O avrà ragione la Moneti nell'affer- mare che la nostra è un'epoca povera di utopia, nell'auspicare addirittura che non vengano più costruite uto- pie di alcun genere? Le sembianze del luogo in cui — ora con cautela, ora con entusiastica speditezza — si muovono gli autori del testo muta- no secondo l'itinerario seguito: rico- struita attraverso la sua genesi; rap- portata al fattore tecnologico, all'e- scatologia, al marxismo; fatta ogget- to di un approccio letterario; osser- vata attraverso lo sguardo dei suoi grandi ideatori, Utopia-Distopia ci appare da lontano cittadella espu- gnabile, sogno, mostro. G. Maisto Gottfried Wilhelm Leibniz, La Cina, Spirali, Milano 1987, trad. dal latino di Antonio Caiaz- za, trad. dal francese di Alessan- dro Atti e Anna Gloria Mariano, pp. 192, Lit. 25.000. In un'epoca ove il formarsi di una concezione immanente e areligiosa della coscienza pratica si appoggiò anche a un'immagine della cultura cinese quale millenario serbatoio di terrena saggezza morale, Leibniz si schierò tra chi riteneva il patrimo- nio della tradizione cinese integrabi- le sia con la fede cristiana che con la. coscienza moderna, con una vivida concezione universalista della verità. Si trovano qui la Prefazione e Recen- sione ad un volume di opuscoli sulla Cina da lui stesso curato, le Note allo scritto di un gesuita poco conci- liante (58 pp. contro 3 di note), alcu- ne lettere e l'importante Epistola a Remond sulla filosofia cinese — e so- prattutto sulla consonanza tra la fi- losofia leibniziana e la cultura cinese — che più che la recezione della ci- viltà cinese in Europa, mette in gio- co le peculiarità del razionalismo e spiritualismo leibniziani. Il criterio dì scelta è stato tradurre a tappeto quel che ha a che fare con la Cina nel volume IV sezione I dell 'Opera om- nia di Leibniz (Dutens 1768), finen- do per esempio col gabellare, com- plice un equivoco tipografico, un cenno bibliografico di Dutens per nota di Leibniz (p. 97, n. 1). Una svagata introduzione di C. Sini e al- cune imbrogliate note esplicative an- nacquano la bontà del libro. E. Pasini collana 'guide di cultura' Giovanni Filoramo - Carlo Prandi Le scienze delle religioni Un panorama dettagliato dei diversi approcci metodologici allo studio scientifico del fenome- no religioso nella società contemporanea. Una guida analitica e completa, pp. 240, L. 22.000 Morcelliana H Via G. Rosa. 71 - 25121 Brescia V