ria magica, colpisce fino a qual pun- to l'intera produzione cinematogra- fica, ormai conclusa, sia autobiogra- fica e Bergman d'altronde non ne fa un mistero, rimandando anzi esplici- tamente il lettore, in un paio di casi, a sequenze dei propri films per ulte- riori informazioni. Il regista svedese appare tuttavia perfettamente consa- pevole del fatto che quello che inte- ressa non è tanto l'individuo privato quanto la genesi dell'artista Berg- man, e la scelta dei ricordi da scarta- re o da includere nella Lanterna ma- gica è finalizzata in questo senso. Bergman fornisce una serie di flashes acuti e talvolta impietosi di colleghi come Ingrid Bergman, Greta Garbo e Charlie Chaplin, solo per nomi- narne qualcuno, racconta dell'incon- tro con Herbert von Karajan e di quello meno felice con Laurence Olivier, mentre rifiuta categorica- mante ed esplicitamente di parlare degli amici più intimi, come non tratta dei rapporti con l'ultima mo- glie Ingrid. Sul lavoro esercita quel- l'autodisciplina che aveva conosciu- to nella casa paterna e che è rimasta leggendaria: nessuna traccia deve tra- sparire dei suoi guai, l'insonnia, i cronici crampi allo stomaco, il suo caos interiore: odia infatti il tumul- to, l'aggressività, le esplosioni emoti- ve e considera una prova a teatro un vero e proprio lavoro, non una tera- pia privata per il regista e per gli attori. Parlando di cinema, Bergman sostiene che un film quando non è documento deve muoversi nello spa- zio dei sogni, uno spazio di cui indi- vidua il padrone assoluto in Tarkov- skij, e a cui hanno accesso inoltre Fellini, Kurosawa e Bunuel, come pure Méliès, mentre Antonioni, se- condo Bergman, pur essendovi stato vicino, cadde sopraffatto dalla pro- pria noiosità. Per quanto riguarda Bergman stesso, ritiene di essere riu- scito ad accedervi solo sporadica- mente e mai in seguito a tentativi consapevoli che a suo parere sono sfociati in penosi insuccessi. Non è affatto indulgente con la propria opera, anzi, critica e indica i punti deboli delle singole realizzazioni. Il capitolo sulla famigerata causa fiscale del 1976 con il fermo di poli- zia e il successivo esilio volontario dalla durata di quasi nove anni, occu- pa un posto centrale nel libro. La vicenda viene rappresentata come la vera catastrofe della vita di Bergman, quella che l'ha scosso profondamen- te e che gli ha lasciato dentro un'a- marezza indelebile. Tutto il libro si configura come una lunga opera di rivelazione di un essere umano che si strappa un velo dopo l'altro dal volto nel disperato tentativo di giungere all'essenza del- la propria personalità, di scoprire quel nucleo formato di insicurezza e di senso di colpa che gli fu inculcato nell'infanzia e che l'avrebbe accom- pagnato per tutta la vita rendendolo infelice come uomo, ma che al tem- po stesso fu sorgente e nutrimento della sua arte. Certamente non tra- spare alcuna volontà di abbellire i fatti o di esaltare se stesso, ma Berg- man non cede nemmeno alla tenta- zione di lasciarsi andare in una mes- riNDICF ■■dei libri del meseBh Pag- sinscena lacrimosa, masochistica o esibizionista della propria storia che viene rappresentata mantenendo sempre una sottile distanza artistica, senza sentimentalismi in uno stile stringato, disincantato e quasi schi- vo, antiretorico per eccellenza. Un'opera d'arte coinvolgente, dove nel privato viene sempre indicato l'aspetto tipico, composta con vir- tuosismo ed elaborata con la massi- ma cura. L'autore della traduzione, che già si è cimentato con risultati apprezza- bili in una serie di versioni dallo sve- dese, ha adottato giustamente il cri- terio della massima fedeltà al testo originale. Qualche svista, come è inevitabile, c'è, ma sono poche. Pie- L'Intervista L'infanzia da conservare Federico Fellini risponde a Lietta Tornabuoni Federico Fellini dice di avere con Ingmar Bergman il legame migliore: "Tra chi fa lo stesso mestiere ed ha modo di incontrarsi attraverso il la- voro, c'è un tipo di amicizia che è forse l'ideale: totalmente non vissu- ta, indolore, non compromettente, somiglia al rapporto tra sognatore e personaggio sognato, o tra due che si sognino reciprocamente". Ma i due maestri del cinema europeo si sono incontrati anche personalmente; hanno avuto in comune progetti ir- realizzati e caute corrispondenze; di- versissimi per natura e cultura, ap- partengono alla stessa generazione, lavorano da sempre nel medesimo universo di immagini. Guardando gli affreschi Avevo dormito profondamente su una panchina, all'ombra, ora le campane chiamarono alla messa e io entrai in chiesa senza far rumore, a piedi nudi. La moglie del parroco mi prese per mano e mi fece sedere accanto a sé, davanti, sotto il pulpito. Io avrei preferito sedermi nella cantoria, un po' dietro le quinte, ma la signora era incinta a uno stadio avanzato, non c'era modo di sgusciar via. Subito mi scappò la pipì e mi resi conto che quella tortura sarebbe durata a lungo. (Le messe solenni e il cattivo teatro sono le cose più lunghe del mondo. Se qualche volta ti capita d'aver la sensazione che la vita corra troppo veloce, va'in chiesa o a teatro. Lì il tempo si ferma, ti pare che l'orologio si sia bloccato, allora è proprio come dice Strindberg in Temporale: la vita è breve, ma può essere lunga mentre la si vive). Come tutti quelli che sono stati in chiesa, in qualsiasi epoca, mi sono messo a osservare i dipinti al di sopra dell'altare, il trittico, il crocifisso, le finestre dipinte e gli affreschi. C'erano Gesù e i ladroni feriti e insanguinati; Maria appoggiata a Giovanni — ecco tuo figlio, ecco tua madre. Maria Maddalena, la peccatrice, chi se l'era scopata l'ultima volta? Il cavaliere gioca a scacchi con la Morte. La Morte sega l'Albero della vita, un poveretto terrorizzato è seduto su in cima e si torce le mani. La Morte conduce la danza verso la Terra Oscura, tiene la falce come una bandiera, tutti quanti ballano formando una lunga fila e dietro a tutti viene il giullare. I diavoli badano a che proceda la cottura, i peccatori precipitano a capofitto nelle fiamme, Adamo ed Eva hanno scoperto la propria nudità. L'occhio di Dio sbircia da dietro l'albero proibito. Alcune chiese sono come acquari, non c'è uno spazio libero, dappertutto un rigoglio di uomini, santi, profeti, angeli, diavoli e demoni. Questa e l'altra vita coprono muri e volte. Realtà e immaginazione hanno costituito una solida lega: peccatore, guarda la tua opera, guarda quel che t'aspetta dietro l'angolo, guarda l'ombra alle tue spalle! Per alcuni anni insegnai alla scuola drammatica di Malmó. Una volta dovevamo preparare un saggio ma non sapevamo cosa rappresentare. Mi vennero allora in mente le chiese della mia infanzia con tutte le loro immagini. In pochi pomeriggi scrissi un breve dramma che intitolai Pittura su legno e che presentava parti adatte per tutti gli allievi. Il più bel ragazzo della scuola era purtroppo il meno dotato, sarebbe andato a lavorare all'operetta. Gli fu assegnata la parte del cavaliere: i saraceni gli avevano tagliato la lingua, era muto. Pittura su legno si trasformò poco a poco nel Settimo sigillo, un film disuguale cui tengo molto perché venne girato con mezzi poverissimi, facendo appello alla vitalità e all'amore. Nel bosco notturno della strega, dove viene giustiziata, s'intravedono tra gli alberi le finestre delle case di Ràshunda. La processione dei flagellanti attraversò il terreno dove doveva essere costruito il nuovo studio. La scena della danza macabra sotto la nuvola scura fu girata a velocità precipitosa quando la maggior parte degli attori aveva già concluso la sua giornata. Tecnici, elettricisti, un truccatore e due villeggianti ignari di cosa stessero facendo si vestirono con i costumi dei condannati a morte. Una macchina da presa senza sonoro venne messa infunzione e la scena fu girata prima che la nuvola si dissolvesse. (da Ingmar Bergman, Lanterna Magica, pp. 249-250) Fellini ha scritto, con il bellissimo Fare un film pubblicato nel 1980 dal- la Diogenes Verlag e in Italia da Ei- naudi, una autobiografia d'autore che ora rinnega come tale: "Mi han- no spesso invitato a scrivere un'au- tobiografia. A volte sarei stato tenta- to, per sapere finalmente cosa davve- ro e successo nella mia vita, ma ho sempre rifiutato: mi sembra presto, molto presto". Bergman ha scritto adesso l'autobiografia Lanterna ma- gica , pubblicata da Garzanti: è natu- rale parlarne con Fellini, che non ha ancora letto il libro ma che, molto sollecitato, accetta di commentarne le parti che gli vengono sottoposte, di porre a confronto due esistenze e esperienze, di rispondere ad alcuni interrogativi. Nell'autobiografia di Ingmar Berg- man si ritrovano elementi dell'infan- zia presenti anche nella sua vita o nel- la sua opera: la passione affascinata per il circo, a esempio; oppure un ten- tativo di uccidere la sorellina neonata simile a quello che lei ha raccontato in Amarcord. Le sembrano coincidenze curiose? No, normali. I bambini, a parte vocazioni diverse, esprimono ovun- que le stesse fantasie, la stessa ten- denza a favoleggiare e mitizzare: è la naturale condizione in cui vive il bambino. E nella generazione di Bergman e mia, vivendo in provin- cia, qual era lo spettacolo? L'unico, vero spettacolo era il circo. Ogni bambino dotato di fantasia ha rice- vuto dal circo un'impresione poten- te e indelebile; per chi ha scelto poi d'esprimersi nello spettacolo, la me- moria del circo è assoluta. Il circo rimane il simbolo d'una vita di spet- tacolo completa: è un modo di esi- stere e insieme di rappresentarsi. E cosi rassicurante: fare il pagliaccio, mascherarsi, urlare, buttarsi per ter- ra, stare tra le luci e le cavallerizze, e poter poi continuare a vivere in que- sto universo sempre, anche quando lo spettacolo è finito, spostandosi di citta in città. ...Cosa si può ricordare di più profetico? Il desiderio, il ten- tativo d'assassinare fratello o sorella appena nati è un momento normale dell'aggressività criminale del bam- bino verso l'invasore arrivato a oc- cupare il suo territorio, a spodestar- lo e privarlo dei suoi privilegi: io l'ho visto, un bambino che cercava d'infilare una forchetta nell'occhio Auguri agli amici coli nei su una bella superficie. Dal confronto con l'originale emerge però una serie di divergenze, piccole modifiche, per la maggior parte tagli, talvolta minimi ma a dire il vero altre volte sostanziali, che, come è probabile, Bergman ha effet- tuato sulle ultime bozze e che esigen- ze imposte dai tempi reali di pubbli- cazione evidentemente non hanno permesso di far riportare nel testo italiano. C'è solo da augurarsi che si provveda alle dovute correzioni pri- ma delle ristampe che sicuramente verranno eseguite presto, in modo da riprodurre il testo nella sua stesu- ra definitiva. Alfabeta, n. 101, nuova serie, ot- tobre 1987, Editrice Cooperativa Intrapresa (Via Caposile, 2, Mila- no), pp. 48, Lit. 6.000. Linea d'Ombra, n. 20, nuova se- rie, ottobre 1987, Linea d'Om- bra Edizioni srl (Via Gaffurio, 4, 20124 Milano), pp. 80, Lit. 6.000. Per una volta facciamo eccezione alla regola. Infatti, questa non è una recensione ma un augurio affettuoso a buoni amici, nuovi e antichi. Che trovino i tanti lettori, intelligenti e appassionati, che si meritano. Che conservino quell'autonomia edito- riale che ci lega a loro e di cui tutti siamo, credo giustamente, fieri, per- ché ci consente, qualche volta, di formulare giudizi autorevoli. "Alfa- beta" (che ha aggiunto il sottotitolo "Mensile di informazione cultura- le") nella sua nuova veste si è dotata di uno scheletro più solido e più arti- colato: dibattiti e commenti ("A più voci"), "pacchetti" di recensioni a li- bri di uno stesso ambito tematico o disciplinare, un inserto di informa- zioni culturali ("Cfr."), uno o due "Saggi" più lunghi ed, infine, qual- che "Prova d'artista", non solo grafi- ca. Anche la rinnovata "Linea d'Om- bra" contiene rubriche che, oltre tut- to, hanno il pregio di indicare il loro contenuto senza bisogno di ulteriori spiegazioni ("Editoriali", "Il conte- sto", "Poesia", "Storie", "Narrare la scienza", "Incontri", "Saggi"). Tutta- via, la novità più importante è la tra- sformazione in rivista mensile che consente a Goffredo e agli altri amici di non proporre "solo" mirabili let- ture, ma anche di scatenare la loro verve di castigamatti dal cuore d'oro (mi ricordano il cugino cattivo di Pe- ter Rabbit di Beatrix Potter: "Que- sto è un consiglio feroce e cattivo. Osservate la sua barba [per la verità il testo originale dice baffi], le sue unghie e il suo codino rivolto allin- sù"). Perciò, "Consigli/sconsigli" di Grazia Cherchi, documenti prege- voli come, nel numero di ottobre, l'interrogatorio maccartiano di Charlie Chaplin, un inedito di Aldo Capitini, e aiutami a dir bravi. (&■ g m.) Inviamo a Tullio Pericoli e alla sua mano, incidentalmente impe- dita a disegnare, un augurio affet- tuoso. In questo numero siamo stati costretti a fare a meno di lui; per fortuna si tratta di un'assenza temporanea.