N TlNDICF pag. 42/11 ■■dei libri del meseBH Letteratura Sam Shepard, La luna del falco, Feltrinelli, Milano 1987, ed. orig. 1981, trad. dall'americano di Del- fina Vezzoli, pp. 94, Lit. 12.000. Vero West anche in quest'opera di Sam Shepard (n. 1943), drammatur- go, sceneggiatore, attore e scrittore ormai notissimo anche in Italia. At- traverso una struttura a frammenti — brevi episodi in prosa o poesia — Shepard recupera l'esuberante tradi- zione americana delle tali tales, sto- rie "eccessive" di donne, sbornie e nemici che i cowboys della frontiera raccontavano davanti al fuoco del campo o al saloon. Ma se il West urbanizzato degli anni '70 lascia ai cowboys ormai solo un fìnto scenario di prateria, gli Indiani, per felice pa- radosso, sono tornati a essere davve- ro quelli di un tempo, così padroni della magia, cosi diversi dai bianchi. Fondamentale è, infine, la colonna sonora di questo libro, tutto "canta- to nella progressione... [di] accordi in Do, La minore, Fa, Sol" della mu- sica maledetta degli arrabbiati, quel rock'n'roll "più rivoluzionario della rivoluzione". Ode, dunque, a Dylan e ai Rolling Stones; che "si fotta Ja- mes Taylor e tutti quegli sdolcinati della chitarra che scelgono ballate da ginnasio". P. Giorgis Robert Louis Stevenson, Emi- grante per diletto, Einaudi, To- rino 1987, trad. dall'inglese e cura di Giovanna Mochi, pp. 133, Lit. 10.000. Leggendo le pagine di questo dia- rio di viaggio in cui lo scrittore e poeta scozzese racconta del suo pri- mo passaggio in America nel 1879, tornano in mente, per affinità e per contrasto, i grandi libri d'avventura, da Melville a Joseph Conrad. Tra gli emigranti imbarcati sul "Devonia" che lasciano l'Inghilterra con la spe- ranza di un futuro migliore e alle spalle una realtà di povertà e squallo- re, stipati in terza classe ai limiti del- la sopportabilità umana, emergono di tanto in tanto i tratti di celebri figure romanzesche. L'interesse di questo testo, che si colloca in uno spazio narrativo al confine tra cro- naca, autobiografia e finzione lette- raria, sta sia nel suo valore documen- tario, sia nella riflessione sul ruolo della scrittura e l'identità di un nar- ratore allo stesso tempo uguale e di- verso dai suoi compagni di viaggio. Il mito di una certa America Wnit- maniana, culla della democrazia, si incrina lungo il percorso verso ovest, da Glasgow a New York e da ui, attraversate le pianure del Mid- "e West, in California dove l'epo- pea dell'emigrante per diletto tra "veri" emigranti si conclude sull'im- magine di un'alba dorata e silenziosa nella baia di San Francisco. A. Bertolino E Cyril Connolly Acquario ed. orig. 1936, trad. dall'inglese di Francesco Cavallone, Serra e Riva, Milano 1987, pp. 150, Lit. 18.000 Tra i temi più cari alla narrativa britannica di questo secolo vie la critica al sistema educativo inglese (le elitarie "public schools" Oxford e Cambridge, ecc.) e al tipo di individuo che esso produce. Scritto nel '34, il romanzo di Connolly, che a suo tempo fece scandalo, narra, appun- to, di un viaggio sul continente di un giovane borghese, neolaureato, con ambizioni critico-letterarie. Lo scena- rio è una Costa Azzurra di fine estate, in cui si muove una popolazione di artisti, cosmopoliti — clienti, appun- to, di "bassa stagione" — con i suoi amorazzi, le sue fazioni, le sue futili beghe e baruffe: più che un "acqua- rio", una specie di pozzanghera lasciata negli anfratti di una scogliera dal ritrarsi della marea (appunto il "rock pool" del titolo originale), che il protagonista inizialmen- te si illude di poter studiare con disincantata obiettività. Ma per imparare davvero bisogna immergersi nell'ac- qua, non basta guardare: sperperati i soldi della sua piccola rendita nel tentativo di stabilire la propria supe- riorità, o di comprarsi l'affetto degli abitanti dell'acqua- rio, il nostro eroe finisce per naufragare in un mare di debiti, di sesso e di Pernod. Riuscirà a riprendersi, cioè a trasformare la sua esperienza in consapevolezza e ma- gari scrittura? Il finale aperto del romanzo non pare concedere molte chances all'immaturità emotiva di que- sto esemplare umano. Eppure rimane al lettore un sospet- to: mercenaria, degradata e banale qual è, questa vita di boheme che dovrebbe risultare troppo complessa per l'incauto e presuntuoso oxoniano, è, in realtà, largamen- te riducibile alla misura del denaro, e del cinismo, e assieme a quella di un vago e lacrimoso sentimentalismo — le uniche note al giovinotto. Forse per questo l'impres- sione finale è che, anche in assenza ai una più compiuta capacità di sentire, sarebbe semplicemente bastata una più cospicua rendita a garantirgli un piacevole, e poco problematico, tuffo nell'"acquario". L. Villa Mercè Rodoreda, Aloma, Giunti, Firenze 1987, ed. orig. 1936, trad. dal catalano e nota cri- tica di Anna Maria Saludes Amat, pp. XI-152, Lit. 15.000. Mercè Rodoreda è una delle mag- giori scrittrici di lingua catalana con- temporanee. Vissuta in esilio in Sviz- zera fin dagli anni '30, si è dedicata ad una forma di scrittura marginale con passione, con strana caparbietà, con una consapevolezza dell'assur- do. "Scrivere in catalano all'estero — diceva — è come aspettare che cre- scano fiori al Polo Nord". "Aloma", scritto nel '36, è la storia di un addio alla giovinezza, a un mondo vivace e felice (come fu davvero la Catalogna degli anni '30 a statuto autonomo, conosciuta da Mercè Rodoreda), di uno spostamento progressivo verso il mondo degli adulti. Aloma, nella tradizione trobadorica catalana, è la castellana nobile e pura cantata da Ramon Llull; in questo breve ro- manzo diventa invece la cifra di un'esistenza critica e tormentata. La protagonista è una ragazza orfana che vive nella grande casa paterna insieme al fratello e alla cognata, ag- girandosi, come un'ombra, nelle sof- fuse atmosfere di grettezza e meschi- nità che la circondano. Pur essendosi sempre opposta all'amore, con quel- la tenacia ai chi si sente esposto alla forza delle passioni e dei baci senza fine, diventerà ragazza madre con pacata rabbia e orgoglio. Su questo intreccio breve e banale, che odora quasi da romanzo d'appendice, si in- nesta un'efficacissima prosa minima- le che registra con pazienza il quadro di una povertà sonnacchiosa e di una fragile solitudine femminile. B. Ventavoli Lou Andreas-Salomé, Fe- nicka. Dissolutezza, Lucarini, Roma 1987, ed. orig. 1898, trad. dal tedesco di Alberto Scarponi, pp. 137, Lit. 12.000. La dicotomia fra amore e libertà e la scelta di indipendenza, soprattut- to psicologica, dall'uomo costitui- scono il tratto comune alle esperien- ze femminili narrate da Lou Salomé nei due racconti che compongono questo volume. Fenicka, la protago- nista del primo, che ha scelto lo stu- dio e l'attività intellettuale per con- quistare la propria autonomia, pensa di poter continuare a realizzare se stessa attraverso l'amore, da lei inte- so come raggiungimento della pace interiore per mezzo del superamen- to della mera razionalità; scoprendo però che, nella società in cui vive, un rapporto amoroso richiede alla don- na una dedizione troppo intensa e fjer lei limitante, relegandola al ruo- o di moglie e di madre, Fenicka ri- nuncia all'amore e sceglie la libertà. Nel secondo racconto, Adine è com- battuta fra il desiderio di sottomis- sione, "le gioie da schiave di donne da lungo tempo estinte", e la consa- pevolezza di non poter tollerare l'a- more di un uomo che volesse assog- gettarla condizionando lo sviluppo della sua individualità; riconoscendo tuttavia nella sottomissione e nella dipendenza l'unica forma per lei possibile di amore, Adine si trova nell'impossibilità di amare. Partico- lare importanza, soprattutto nell'ul- timo racconto, è attribuita da Lou Salomé, allieva di Freud e psicoanali- sta, all'inconscio, alle "impressioni nervose occulte, incontrollabili" che incidono sulla nostra vita. L. Amore Gaetano Pampallona, Nel tempo uguale, Giardini, Pisa 1987, pp. 116, Lit. 15.000. Il volumetto fa parte di una colla- na di poesia che intende distinguersi per i criteri di bellezza e la difesa dell'"umano". Una collana destinata a chi alla poesia non chiede la novità a tutti i costi, né le esperienze di una ricerca linguistica d'avanguardia ma il piacere della lettura. L'intenzione poetica di Pampallona è, di fatto, quella di dare una forma alla propria esperienza della condizione umana, nello sforzo di disegnare una mappa che permetta, se non altro, una mag- giore consapevolezza, un migliore inserimento nel "congegno" della vi- ta. D'altronde, fin dalle prime pagi- ne il poeta esprime l'esigenza di una visione lucida e attenta, come stru- mento necessario alla sua volontà d'azione: "Ora conviene il cuore for- te", "Ora conviene il passo / prima che mi trabocchi il sangue". La ten- sione morale ed intellettuale del di- scorso poetico raggiunge a volte ac- centi spigolosi che sembrano voler dimostrare l'inutilità di un canto, che, se troppo levigato, condurrebbe a una perdita di limpidezza lirica. Ma sempre, soprattutto nelle poesie d'amore, dove il fraseggio si fa più sereno e pacato, ogni cosa è detta senza eccessi, con il solo fiato indi- spensabile a chi sa inutile il tentativo eli divincolarsi dalla stretta amorevo- le e possessiva della vita, che "disvela infine / i suoi sottili segreti, / essere semplicemente obbedita". U. Betori Mario De Sà-Carneiro, La confessione di Lucio, Sellerio, Palermo 1987, ed. orig. 1914, trad. dal portoghese e introduzione a cu- ra di Luciano Allamprese, pp. 119, Lit. 15.000. Mario de Sà-Carneiro, 1890-1916, portoghese, grande amico di Pessoa, morto suicida a 26 anni a Parigi, nel- la metropoli del cosmopolitismo e dell'arte, inquieto sperimentatore di tutte le proposte delle nuove avan- guardie europee, ha lasciato pochis- simo dietro di sé, qualche novella, qualche poesia. Questo breve ro- manzo è prezioso più che per la sto- ria, quella di un crimine che aleggia intorno all'eterno tema del doppio, per le atmosfere autobiografiche che evoca. E un affresco di giovani arti- sti, esuli dal mondo per vocazione, che tentano di realizzare, a cavallo tra Lisbona e Parigi, il paradigma dell'equivalenza tra arte e vita, co- struiscono con ricercato entusiasmo la compattezza dei cenacoli, che bru- ciano le loro esistenze in un'esplo- sione di sensualità e creatività. Ot- tanta paginette tra fissazioni e deliri, un inno all'amicizia, una poetica del- la sensualità, e il sogno di catturare nelle reti del proprio sentire qualco- sa che sfugge, continuamente. E Ma- rio de Sà-Carneiro, avvelenato dalle finzioni dell'arte, è sicuro di intuire questo "oltre" nella banalità perico- losa della vita di tutti i giorni, e di nutrirlo col senso di infinita nostal- gia che l'oceano portava con sé lam- bendo Lisbona. B. Ventavoli La donna inglese nel secolo di Cromwell Antonia Fraser L'OMBRA DI EVA _ Rusconi!— LE PAROLE E LE IMMAGINI DEI 35 GIORNI Libro fotografico + cassetta L. 20.000 FIAT AUTUNNO 80 PER NON DIMENTICARE immagini e documenti di una lotta operaia Il volume può essere richiesto a: S. Alberione: Via Tripoli. 3 - 10136 Torino Tel. (011) 32 14 64