All'inizio della sua attività, alla metà dell'Ottocento, l'Ansaldo costruiva caldaie a vapore, le centrali ener- getiche della prima rivoluzione industriale; oggi pro- getta e costruisce centrali convenzionali e nucleari per la produzione di elettricità. La prima locomotiva a va- pore costruita in Italia uscì dal suo stabilimento di Sampierdarena nel 1854; e da allora diverse genera- zioni di locomotive, automotrici e locomotori ancora diffondono il marchio di fabbrica che a tutt'oggi è si- nonimo di trazione elettrica nel settore dei trasporti. Nata per fornire beni strumentali all'industria, l'An- saldo ha esteso progressivamente il suo impegno pro- gettuale e costruttivo dalle singole macchine e loro parti al modo di usarle, dai primi apparati elettrici di comando fino alle più recenti e sofisticate strumenta- zioni elettroniche per la gestione di interi processi pro- duttivi, accreditandosi come protagonista della odierna sistemistica. La linearità delle ascendenze genealogiche delle odierne esperienze industriali dell'Ansaldo è dovuta al modo in cui essa è riuscita a coniugare per oltre centotren- t'anni l'attività di progettazione e di ricerca con la la- vorazione meccanica per costruire macchine, impianti e sistemi sia per il trasporto che per la produzione, la trasformazione e l'uso dell'energia. Tale circostanza spiega come questa impresa sia riuscita a restare sem- pre "in fase", per così dire, con i momenti di moder- nizzazione dell'economia e della società e soprattutto aiuta a comprendere la posizione che essa occupa at- tualmente nel sistema industriale italiano e sul merca- to internazionale. Quando si ricostruisce la storia di una impresa è indi- spensabile di solito individuare le premesse necessarie affinché essa possa esprimere in un dato momento tut- te le potenzialità di cui è capace. Nel caso dell'Ansal- do queste premesse riguardano non solo origini, peculiarità ed evoluzione di un'esperienza industria- le, ma anche le scansioni del processo che ha fatto del- l'Italia un paese industriale e i caratteri dello stesso modello complessivo del suo sviluppo. Questi elementi specifici di identità aziendale si sono venuti configurando nel corso di più decenni e con il concorso di molteplici circostanze. Alla presenza nel- l'area genovese delle condizioni che propiziarono la nascita dell'Ansaldo venne infatti ad aggiungersi quasi subito l'azione di fattori esterni di ordine più genera- le. In particolare, politiche che consentirono a questa impresa di sopravvivere nel contesto di un mercato in- terno poco evoluto o comunque ristretto, in coinciden- za con fasi discendenti del ciclo economico e con i momenti di caduta della spesa pubblica per inve- stimenti. Occorsero scelte innovative che apparvero talora te- merarie nell'avviare nuove esperienze costruttive e che ebbero successo grazie al capitale di professionalità che nel frattempo si era accumulato ai più diversi livelli della organizzazione aziendale. Fu necessario poter contare ad un certo punto su un proprietario, TIRI, capace di orientare la sua condotta non in base sol- tanto ad obiettivi di immediato tornaconto economi- co, ma a traguardi di medio e lungo periodo, e di sviluppo dell'intera economia. Il mercato interno e in particolare la domanda pub- blica si prospettarono a volte in alternativa al merca- to internazionale e a volte si combinarono in giuste dosi con gli ordini provenienti dall'estero. Si dovette- ro verificare trasferimenti di tecnologie nell'ambito aziendale da un comparto produttivo all'altro e da la- vorazioni attivate per ragioni belliche a quelle desti- nate ad altre produzioni. Insomma, per capire che cosa sia oggi l'Ansaldo oc- corre chiamare in causa parecchi e cruciali capitoli del- la sua ricca, lunga e travagliata storia. Una storia che resta tutta da scrivere, nonostante alcuni non trascu- rabili contributi già disponibili. In realtà già quel che si conosce a tutt'oggi della vicenda ansaldina è suffi- ciente a fornire alcuni punti di riferimento per stabili- re almeno le debite proporzioni tra le innovazioni che si vengono realizzando e quanto è accaduto in altre analoghe e precedenti occasioni. Il lascito ottocentesco è quasi emblematizzato dalla de- nominazione Ansaldo, il nome dell'ingegnere che par- tecipa alla fondazione dell'impresa nel 1853 insieme ad altri uomini d'affari genovesi tra i quali figurano personaggi di spicco nell'ambito nazionale come Raf- faele Rubattino, Giacomo Filippo Penco e Carlo Bom- brini. Al chiudersi del secolo XIX, grazie anche alla attività direttiva di Giuseppe Orlando, l'impresa ha as- sunto le inconfondibili caratteristiche di grande azien- da meccanica che, insieme a caldaie a vapore, loco- Archivio Storico motive e macchine utensili per l'industria, costruisce navi; navi che riesce a vendere anche all'estero grazie all'intraprendenza del suo agente Ferdinando Maria Perrone. L'ingresso di quest'ultimo nell'impresa nel ruolo di proprietario-imprenditore al posto dei Bom- brini — nelle cui mani si era concentrata la proprietà — crea le premesse di un nuovo capitolo della storia aziendale. Tra il 1902 e il 1914, l'orizzonte entro il qua- le emerge la strategia di espansione dell'Ansaldo si am- plia dapprima con l'esperimento di collaborazione con l'impresa inglese Armstrong e poi, ad opera di Mario e Pio Perrone, figli di Ferdinando, con una politica volta a soddisfare attraverso una integrazione produt- tiva verticale il proprio fabbisogno di prodotti side- rurgici. A partire dal 1915 tale orizzonte sembra ulteriormente estendersi con facilità e al di là di ogni prevedibile aspettativa grazie ai profitti di guerra ed alla strategia aggressiva con la quale i Perrone perse- guono il disegno di fare dell'Ansaldo un grande grup- po polisettoriale (minerario-siderurgico-meccanico- elettrico), per restringersi però quasi subito a seguito delle difficoltà della riconversione produttiva post- bellica e dell'indebitamento. Alla fine del 1921 i Per- rone devono abbandonare la guida dell'impresa; la sopravvivenza dell'Ansaldo viene assicurata da un sal- vataggio attuato dalla Banca d'Italia, la quale deve darsi carico per un certo tempo dei compiti di azioni- sta di controllo. Il quadro delle esperienze tecniche esce però ulteriormente arricchito anche da questa tumul- tuosa fase di espansione: circostanza, questa, che co- stituisce un non secondario fattore della vitalità dimostrata da questa impresa nel corso degli anni Venti. La storia dell'Ansaldo negli anni Venti e Trenta co- stituisce un buon terreno di verifica dei problemi che si pongono quando è lo Stato a doversi dar carico di compiti imprenditoriali per sopperire alle carenze dei privati. Fra il 1922 e il 1935, infatti, si fanno partico- larmente sentire le conseguenze negative non tanto dei ridimensionamenti che hanno accompagnato il salva- taggio, quanto piuttosto della assenza di una adegua- ta azione direttiva da parte della proprietà, costituita prima dalla Banca d'Italia e poi da un gruppo etero- geneo di azionisti di cui fanno parte i principali grup- pi industriali e finanziari del triangolo industriale. La svolta è rappresentata nel 1933 dal passaggio dell'An- saldo sotto il controllo dell'IRI. Tra il 1935 circa e la fine del secondo conflitto mondiale la vita dell'Ansal- do è segnata dalla presenza al suo interno di condi- zioni di sviluppo che sono foriere di esiti contraddittori: da un lato, infatti, affidata dall'azio- nista IRI alle cure di un imprenditore preparato e di- namico come Agostino Rocca, l'azienda è posta nella condizione di sviluppare tutte le potenzialità di cui il suo passato la rende ormai capace in campo meccani- co, elettromeccanico e cantieristico; dall'altro, però, è coinvolta in una nuova congiuntura di riarmo e in una avventura bellica che la risospingono verso un in- dirizzo produttivo destinato abbastanza presto a ripro- porre problemi di riconversione che questa volta saranno tanto più drammatici perché accompagnati da distruzioni materiali. A differenza di quanto era accaduto tra le due guer- re, i problemi della riconversione-ricostruzione del se- condo dopoguerra vengono a saldarsi con quelli derivanti dai mutamenti delle condizioni del merca- to dovuti sia alla competizione internazionale, sia al- l'impatto dell'evoluzione tecnologica su alcuni comparti produttivi in cui l'impresa da sempre era presente. Nel lungo e travagliato processo di ripensamento, ag- giornamento e rilancio delle esperienze industriali del- TAnsaldo, si possono cogliere tre momenti particolarmente significativi: il primo si colloca intorno al 1966, anno in cui viene abbandonata l'attività can- tieristica ed intrapresa quella nucleare; il secondo tra il 1977 e il 1978, quando viene avviata una razionaliz- zazione dell'attività delle imprese a Partecipazione Sta- tale operanti nel settore elettromeccanico; e infine, il terzo, nel 1982, quando viene realizzata una riorga- nizzazione societaria che sanziona il nuovo ruolo as- segnato all'Ansaldo come capofila del raggruppamento di imprese dell'FRI-Finmeccanica operanti nei settori dell'energia, dei trasporti e in ge- nerale della sistemistica. La parola d'ordine attorno alla quale si è venuto così ridefinendo il programma industriale della società, è stata ancora una volta quella dell'esordio di metà Ottocento: fornire beni strumen- tali e attrezzature di base per la modernizzazione del- l'economia e della società.