dei libri del mese Da (rum) Tradurre Henry James al lavoro di Sergio Perosa_ The Complete Notebooks ofHenry James, a cura di Leon Edel e Lyall H. Powers, Oxford University Press, New York 1987, pp. 663, $ 30. Proprio mentre usciva la mia re- censione dei Taccuini di Henry Ja- mes ("L'Indice", gennaio 1987), mi arrivavano dall'America The Com- plete Notebooks of Henry James. L'e- dizione originale del 1947 (su cui era condotta la traduzione italiana) con- tava circa duecento pagine in meno. Quale novità e quali nuovi mate- riali contengono i Complete Notebo- oks (d'ora in poi CNB)? Ovvero, che tipo di operazione rappresentano? Essi sono innanzitutto pubblicati con totale scrupolo di fedeltà filolo- gica e per così dire materiale ai ma- noscritti: tutto quello che c'è cosi com'è, senza cambiare una virgola o spostare una riga, con ampie ea esau- rienti parti esplicative. Ciò compor- ta un notevole rimescolamento ri- spetto all'edizione del '47, che ordi- nava i taccuini in ordine cronologico e il più possibile unitario. Nella pri- ma parte, i Notebooks 1878-1911 ven- gono separati dagli American Jour- nals 1881-1905; poi vengono date le Note staccate e gli appunti per un libro mai completato su Londra (1907-1909). La terza parte raccoglie le Note dettate (1900-1915) e i memo- randa per gli editori (essenzialmente, il noto "scenario" per il romanzo The Ambassadors). Tutto questo materiale, ordinato cronologicamente nei Taccuini del '47, finiva per costituire una sorta di narrativa continua o protratto con- trappunto dell'opera jamesiana. La nuova disposizione, con la sua di- scontinuità, interrompe quella "nar- rativa" e mette in evidenza lo stacco — più che la continuità — fra le varie fasi della carriera jamesiana, privile- giandone i momenti separati e gli aspetti tematici. C'è indubbiamente una differen- za, non solo di stile, ma di composi- zione e approccio, fra gli appunti vergati a mano da James e quelli che egli prese più tardi a dettare alla dat- tilografa: nei CNB essa risalta palma- re, enfatizza che anche negli appunti James era e voleva mostrarsi essen- zialmente artista. Così, i Diari ame- ricani e le Note londinesi, qui giu- stapposti e non più sparpagliati, of- frono come due blocchi unitari su due grandi temi centrali della sua UNA PRIMA ASSOLUTA narrativa, la patria natia e quella adottata. Gli appunti in progress per i ro- manzi e i racconti, che registrano es- senzialmente un dialogo di James con se stesso, nel vivo nel calore e nelle titubanze della scoperta, della concezione o della stessa composi- zione delle opere, vengono separati dalle loro "presentazioni", più medi- tate e formali, predisposte per gli editori. Risalta, per il filologo, la lo- ro peculiarità, laddove nell'edizione del '47 risultava invece la continuità, il flusso quasi ininterrotto — pur nella frammentarietà degli appunti — di un processo mentale e di una operazione essenzialmente creativa. Insomma, i Taccuini erano l'immagi- ne perfetta di una peculiare mente artistica in operazione; nei CNB ne abbiamo per così dire isolati e sepa- rati i momenti. Di nuovo, nella seconda parte, questi CNB presentano per la prima volta sette agendine (Pocket Diaries, 1909-1915) di James: sì, proprio le minime annotazioni giornaliere su appuntamenti, impegni, commissio- ni da fare, visite agli amici, cose da ricordare. Sono circa 150 pagine nuove, anche se circa due terzi sono di annotazioni, delucidazioni e com- menti da parte degli editors. L'inte- resse di queste agendine, relative agli ultimissimi anni di James, è essen- zialmente di curiosità e biografico. Qui vediamo lo scrittore ormai vec- chio immerso nel quotidiano e nella domesticità (stavo per dire intimità, ma non sembra parola adatta per lui): l'uomo non disdegna di avere piccoli debiti col proprio valletto, è tentato da sedute spiritiche per rive- dere dopo morto il fratello William, il grande filosofo, mostra i dettagli del suo coinvolgimento nell'orga- Sfumature di sensazioni di Anna Nadotti Elizabeth Bowen, L'ultimo settembre, La Tartaruga, Milano 1987, ed. orig. 1983, trad. dall'inglese di Katia Bagnoli, pp. 226, Lit. 18.000. Elizabeth Bowen, È morta Mabelle, Essedue Edizioni, Verona 1986, trad. dall'inglese di Rita Barbieri, a cura di Benedetta Bini e Maria Stella, pp. 124, Lit. 15.000. Irlanda, autunno 1920. Le grandi case dei discendenti di Cromwell proteggono per un'ul- tima stagione le nobili famiglie anglo-irlandesi e i loro ospiti. Spariranno pochi mesi dopo, di- strutte dagli incendi con cui i patrioti afferme- ranno anche simbolicamente la riappropriazio- ne dell'isola da parte dei suoi abitanti. Daniels- town, nome fittizio dietro cui si cela Bowen's Court, l'antica dimora di famiglia in cui l'au- trice è cresciuta, è una di queste case e nell'atmo- sfera rarefatta dei luoghi che non esistono più se non nella memoria di chi scrive, Elizabeth Bowen colloca la vicenda, o piuttosto la non vicenda del suo primo romanzo (Londra 1929). "Verso le sei il ronzio di un motore, già sentito nell'aperta campagna, s'incanalò tra gli alberi del viale e spinse tutti a uscire eccitati sui gradini di casa". Così la Bowen ci introduce a Danielstown, i cui proprietari, lord e lady Ny- lor, aspettano non soltanto i loro ospiti inglesi, ma anche un destino che appare inevitabile. Continuano la loro vita giorno dopo giorno, con il rigore austero di chi deve in ogni caso conservare delle tradizioni, pur sapendo che si stanno sgretolando le condizioni stesse che le hanno prodotte. I pranzi, i balli, le partite di tennis, il rito del tè celebrato con la circostan- ziata precisione di sempre. Appena più in là, nel bosco, sono forse sepolte delle armi, e si mormo- ra di misteriosi uomini in impermeabile che di notte attraversano il parco, ma Lord Nylor, sollecitato a verificare tali voci, ordina perento- rio "ora io non voglio assolutamente che si sca- vi!". Il suo appare come un rifiuto consapevol- mente metaforico di scavare, di guardare più in là, oltre i limiti storici del giardino, poiché già quelli geografici sono stati infranti. A Daniels- town non succede nulla. Iproprietari, gli ospiti, i soldati della guarnigione inglese si muovono appena, non parlano quasi, attraversano con cautela il giardino, le stanze, la loro stessa vita. E la grande casa destinata a scomparire diventa protagonista assoluta, contiene e definisce colo- ro che si muovono al suo interno compiendo piccoli gesti insignificanti, che rassicurano per il fatto stesso di essere quelli di sempre, un disin- cantato esorcismo rispetto a quanto sta avve- nendo fuori. Soltanto alla giovane Lois, orfana di una sorella di Lord Nylor, sembra accadere qualcosa, seppure filtrato dal suo "orrore per le cose appena accadute". Se quell'orrore le impedi- sce di guardare, le impone tuttavia di vedere quello che succede. Nella sua composta ma acca- nita ricerca di senso, è Tunica a porsi il proble- ma del dopo. Forse a causa di quel prima mater- no che le è venuto a mancare e che lei cerca disperatamente di sostituire. I sentimenti espli- citi del romanzo ruotano tutti intomo a Lois, l'amicizia, l'amore, la simpatia affettuosa e re- pressa per gli zii, la curiosità leggermente com- plice per i combattenti irlandesi e per la loro causa, la vitalità giocosa della sua passione per il ballo. Attraverso il personaggio di Lois, parzial- mente autobiografico, Elizabeth Bowen offre al lettore una chiave per avvicinarsi al suo modo 23 AUTORI DI 7 NAZIONI PER 6 VOLUMI DI OLTRE 2.400 PAGINE E 300 ILLUSTRAZIONI Sotto il patronato scientifico della Società Italiana di Musicologia STORIA DELL'OPERA ITALIANA A CURA DI LORENZO BIANCONI E GIORGIO PESTELLI SPETTACOLO IN SEI VOLUMI È IN LIBRERIA IL VOLUME 4 IL SISTEMA PRODUTTIVO E LE SUE COMPETENZE 1. Il sistema produttivo, fino al 1780 (Franco Piperno) 2. Il sistema produttivo, 1780-1880 (John Rosselli) 3. Il sistema produttivo, dall'Unità a oggi (Fiamma Nicolodi) 4. Il librettista (Fabrizio Della Seta) 5. L'operista (Elvidio Surian) 6. Il cantante (Sergio Durante) nizzazione delle ambulanze america- ne volontarie agli inizi della grande guerra, ci rivela le malattie, le de- pressioni, le debolezze e gli acciacchi dell'età. Elabora un sistema di "ics" rosse o nere per segnare i giorni fau- sti e infausti. Ma questi appunti ridotti all'osso delle notazioni stenografiche su due centimetri di carta rigata rivelano di più sull'uomo, cosi parco e restio di sé, che non sullo scrittore ormai af- fermato; sono la versione domestica del Maestro, di cui i Taccuini co- struivano invece la grande immagi- ne. Altre piccole sorprese sono magari negli elenchi di indirizzi tenuti da James (pure qui riportati), e nei suoi cash accounts: il suo reddito negli ul- timi anni si aggira intorno alle 1000 sterline annue (circa 600 da beni, e 400 dai diritti d'autore), e di imposta sul reddito paga una media — udite, udite! — di circa 50 sterline l'anno; pressappoco quanto gli costa l'iscri- zione ai suoi clubs. Bei tempi, anche se si intuisce che qualcosa non va. I CNB raccolgono inoltre altre an- notazioni jamesiane non presenti nei Taccuini del '47, come le note per un saggio o per la riduzione dram- matica di un racconto, gli ampi ap- punti per due romanzi incompiuti, The Sense of the Past e The Ivory Tower, nonché la Deathbed Dieta- tion, la dettatura negli ultimi giorni e ore di vita, in cui James delirante si firma Napoléone (sic) e dà istruzioni per come decorare il Louvre e le Tuileries: un testo che il nipote vole- va distrutto, ma di cui Leon Edel aveva fatto una copia nel 1937. Que- ste vagaries di una mente fra le più lucide e controllate del secolo ne rammentano la comune umanità, e il destino comunque di morte. Tutti questi testi, però, erano già reperibili a stampa altrove, nel volume dei Complete Plays o delle Lettere, dei romanzi incompiuti in questione, ecc., e averli qui riuniti finisce per accentuare la frammentarietà di que- sti reperti. Infine, è qui si per la prima volta stampato in appendice un frammen- to di racconto, Hugh Merrow, che ha tutte le potenzialità per un tipico trattamento jamesiano — la pittura che dà vita, o che si sostituisce alla vita, il non-vissuto che anela a vivere nell'arte — e rivela agganci con le sue opere più rappresentative. Esso ri- mane però una potenzialità inespres- sa, proprio nel caso di un autore che all'espressione e all'esecuzione affida il massimo o il tutto di sé. Direi allora che questi CNB hanno più interesse, cosi come vengono presentati, per il filologo e il biogra- fo, per lo storico del costume o lo studioso dei tempi, che non per il critico letterario in quanto tale o il lettore comune. Sapendo che stava- no per uscire, confesso di aver avuto un momento di disappunto vedendo l'edizione italiana dei Taccuini, tra- dotta sull'edizione del '47 (e con qualche taglio, come accennavo nel- la recensione). Perché non aspettare a tradurre l'annunciata edizione completa? Ebbene — sia stata una scelta o il caso, non ha importanza — ora mi rallegro che sia andata così, perché si tratta di testi per destinata- ri diversi, e nel caso di traduzioni ne va tenuto conto. Già la traduzione di testi di questo tipo può essere discutibile, oggetto di perplessità. Lo specialista, lo stu- dioso, il critico di mestiere, hanno in genere accesso all'edizione in lingua originale, e il lettore in senso lato dev'essere un bel patito della lettera- tura per richiedere di disporre nella propria lingua di queste opere per cosi dire di repertorio. Quante, ol- tretutto, se ne possono vendere? Ebbene, i Taccuini di James, come quelli di Dostojevskij, giustificano una loro traduzione italiana perché sono lo specchio mosso e rifratto di una mente creativa al lavoro, perché danno l'insieme delle piccole sugge- stioni, degli spunti, degli incontri, delle molte cose e persone che con- corrono a fare la grandezza di uno scrittore; perché sono la fucina e il luogo di concepimento, gestazione e nascita di capolavori ammirati al di fuori dei confini nazionali. I Taccui- ni del '47 ne danno, per tutti, la sto- ria e l'immagine, e la grandezza — persino, ormai, la popolarità — di James legittima che li si voglia rende- re disponibili anche in altra lingua. Per concludere: un'edizione come quella dei CNB (alla quale pure d'ora in poi occorrerà riferire le citazioni bibliografiche), ha la completezza e il rigore, ma anche il gelo, della gran- de filologia; eppure non dà l'eviden- za e non trasmette il fascino, come fanno i Taccuni del '47, dell'esalta- zione e del travaglio della creazione artistica. Si potrebbe forse dire che i CNB si consultano, mentre i Taccui- ni di vecchia data si leggono?