N L'INDICE ■ dei libri del mese^HI L'effetto Arcimboldo di Enzo Golino Aldo Busi, La Delfina Bizanti- na, Mondadori, Milano 1986, pp. 400, Lit. 22.000. Sbarcato nel 1984 sulla scena lette- raria con una sigla editoriale raffina- ta e le stimmate del caso, oggi, al suo terzo libro in tre anni, Aldo Busi si presenta di nuovo on the spot con le caratteristiche del monstrum e l'alo- ne maudit di un eccesso elevato a regola di vita, costume culturale, va- lore estetico. A differenza dei narra- tori che tendono al risparmio lessica- le e all'uniformità cromatica, Busi punta invece ad una sorta di effetto Arcimboldo della scrittura con uno stile crepitante di vertiginosi baroc- chismi. Il lettore si sente come im- pollinato dal peso carnale, sangui- gno, magniloquente di un linguaggio del tutto privo di eufemismi, dal suc- cedersi implacabile di immagini per 10 più efferate e ghignanti. Segno dominante del mondo espressivo di Busi è il pastiche lingui- stico di marca padana che tra i più illustri antecedenti vanta il Folengo, Carlo Dossi e l'ingegner Gadda, poi tanti nipotini da Arbasino a Bian- ciardi, da Testori a Mastronardi, e analogie in altre aree geografiche co- me i meticciati linguistici di Pasolini e di D'Arrigo. Ma quali che siano i modelli a cui Busi può essere riferito (tra gli stranieri corrono i nomi di Henry Miller, Genet, Céline, Rabe- lais) resta il fatto che con La Delfina Bizantina, esaltato da un iperbolico risvolto di copertina, il trentanoven- ne scrittore cu Montichiari, Brescia, ha riaffermato una sua peculiare per- sonalità. Questo romanzo, rispetto a Semi- nario sulla gioventù (Adelphi 1984) e a Vita standard di un venditore prov- visorio di collant (Mondadori 1985), esibisce una furia verbalistica molti- plicata, ribelle ad ogni editing nor- malizzante, che impasta perle e de- triti sprizzando scintille di significa- to e sonorità onomatopeiche. Neo- logismi, locuzioni dialettali, gerghi, battutacce da varietà periferico, con- ficcati nella prosa a getto continuo, documentano estrose capacità nel- l'uso maccheronico del linguaggio e cadute di pessimo gusto. Ma ci si im- batte anche in frasi calettate fino allo spasimo, animate da uno scoppiet- tante incalzare di verbi, calibrate da un variopinta altalena di sensazioni tattili e visive: «Le unghie della si- gnorina Adelaide non erano smalta- te: erano di un blu naturale. Come se lei andasse con le mani a frugare ne- gli angoli cerulei di questo passato in comune e raccattasse solo granelli di turchese per impreziosire il solfeg- gio delle dita che impartivano i mo- vimenti ai corpi delle bambine, spe- cialmente al suo, su cui pensava aver posato gli occhi una volta per sem- pre e con una sua risoluzione». Una moltitudine di dèmoni popo- la l'infernale parolificio allestito da Busi. Anastasia Kuncewicz, 42 anni ma ne dimostra 33, protagonista as- soluta del romanzo, dirige a Raven- na un'impresa di pompe funebri. Il marito si chiama Onofrio Cofani, ex becchino, epilettico: la sua occupa- zione prediletta è saldare pezzi di la- miera e ricambi d'auto per ricavarne improbabili sculture. Teodora, figlia unica della coppia, nata però da un altro uomo («la mia bastardona» dice Anastasia) è obesa. La mamma vor- rebbe somigliasse alla filiforme im- peratrice dei mosaici ravennati. Im- possibile: la ragazza mangia in quan- tità pantagrueliche, e all'età di 15 an- ni già pesa 122 chili. A scuola, Teodora ha ripetuto la seconda e la terza media, ma il cruc- cio suo e di Anastasia è la verginità. 11 giovanotto che illude la tardigrada per due anni preferisce la garsonnie- re di Anastasia. E quando Onofrio invita l'ignara Teodora ad una fuga che sembra quasi un viaggio di noz- ze, Anastasia, furente, li raggiunge nell'alberghetto di montagna e sven- ta lo pseudo-incesto. La storia dell'ascesa commerciale di Anastasia è l'esile filo che tiene insieme i quattro massicci blocchi in cui si articola il romanzo. Venduta l'azienda di pompe funebri, troppo esigua e provinciale per le sue ambi- zioni, Anastasia si trasforma in pro- prietaria di un mirabolante e lussuo- so campeggio-residence, La Delfina Bizantina, quintessenza del kitsch vacanziero che alligna tra collina e mare sulla riviera adriatica. Intorno a sé Anastasia coltiva una piccola ma agguerrita "corte dei miracoli": la si- gnorina Adelaide detta Scontrino, ex maestra di ballo, si occupa dell'am- ministrazione adottando i sofisticati strumenti dell'informatica ed ha un solo vizietto, si ciba di tanto in tanto di carne umana; Amilcara, ex ricove- rata in manicomio ed ex carcerata, regna nelle cucine; Paquito, ex mar- chettaro spagnolo affetto da fimosi, figlio di un boia del regime franchi- sta, custode del campeggio e all'oc- correnza sicario. Breve ma intensa l'apparizione di Vulvia Nascimpene, una quarantenne "metallara" con va- riopinta cresta di capelli, equilibrista provetta, transessuale. L'eros polimorfo che squassa Ana- stasia chiede soddisfazione indiffe- rentemente ad Amilcara e a Vulvia, ai garzoni del quartiere e a una cop- pia di prestanti gemelli (che poi la rapineranno infliggendole vergo- gnosi oltraggi). Forte quanto l'eros è l'odio che Anastasia nutre per il con- te Eutrifone degli Insaccati e la ma- dre Donna Dulcis, a conoscenza del suo passato di serva, ladra e prostitu- ta. Il conte — ancora un omosessuale — la ricatta. Anastasia tesse trame omicide per disfarsene, così come vorrebbe uccidere Onofrio e tutti quelli che intralciano i suoi piani. E in parte ci riesce... Questi minimi frammenti di ciò che accade nel congestionato roman- zo, l'inesauribile annodarsi e scio- gliersi di coppie, terzetti, quartetti, quintetti e via contando nelle combi- nazioni più diverse, le mille rifrazio- ni tra vero e falso, danno solo una pallida e inadeguata idea del turbino- so vorticare di coup de théàtre: fino alla morte apparente di Anastasia per overdose di «cocaina candita ai mirtilli», alla sua resurrezione dopo un carnevalesco rituale di amplessi che la pietosa Teodora orchestra nel- la cassa da morto dove giace «la sua adorata mamma troia», e al suicidio (?) di Teodora, ultimissimo atto del grotesque. Altre figurette sveltamen- te abbozzate contribuiscono ad ali- mentare il doppio registro narrativo di una realtà effettuale e dì una realtà affabulata fper esempio il mito del tenente AlBigian, l'unico uomo — peraltro impotente — di cui Anasta- sia sia stata davvero innamorata, un ex fascista che agisce nell'ombra di altolocate protezioni organizzando campi e aste di mercenari all'estero e alla Delfina Bizantina). Un tema emerge con forza dal magma stilistico che pervade il ro- manzo: la spietata ricerca della ri- spettabilità e del denaro come riscat- to sociale e strumento darwiniano di sopravvivenza per dimenticare umi- liazioni e povertà di un passato oscu- ro, ignobile. In questo desiderio di status dai connotati di classe molto precisi, Busi rappresenta e trasfigura l'afrore materialistico della provin- cia italiana, la furbizia aggressiva dei ceti emergenti implicati nei traffici del sottogoverno ai quella immensa Bisanzio che è l'Italia, il pragmati- smo di matriarche come Anastasia in grado di stravincere sul maschio rovesciando rapporti di secolare sog- gezione. Infatti, quando scrive di sesso, no- nostante il tremendissimo hard del- l'apocalisse erotica fra Sodoma e Go- morra, Busi ha un atteggiamento per così dire biologico. La Babele dei ses- si rispecchia l'esistente, così che la transessualità frenetica e la lussuria coatta risultano né scandalose né perverse ma, appunto, normali, quo- tidiane. Vi è una eguaglianza livella- trice, una omogeneizzazione geneti- ca fra le varianti della libido pratica- te nella Delfina Bizantina e che Busi registra con indefessa efficienza no- tarile. Animalità e umanità, ciascuna nell'ambito della propria specie, si manifestano sessualmente allo stesso modo, senza inibizioni né tabù. Ma- gari è l'animalità a persistere nella ferinità di certi comportamenti (o nel naso maialesco di Anastasia: «una cosa ripugnante in mezzo a tut- te le altre attraenti era una calamita in più, il dettaglio irresistibile della bestia più feroce»). Tuttavia non solo su Anastasia l'autore imprime il marchio di una fisiognomica stravolta, dai linea- menti alterati tipici dell'espressioni- smo. Teodora, con la sua obesità, ne è un altro esempio, e la sua deformi- tà non le impedisce di essere il perso- naggio più poetico del romanzo e di ispirare a Busi alcune tra le pagine più belle: Teodora che pattina sul lago ghiacciato; Teodora che esegue un goffo spogliarello con la tristezza di un animale da circo; Teodora ber- sagliata dalla crudeltà infantile per la sua mole; Teodora costretta a soggia- cere, riluttante, ai "sogni" della ma- dre, che fra l'altro vorrebbe farne una ballerina... Giocando sulla trasgressione di ogni limite, sulla profluvie di eventi come metafora del tumultuoso mel- ting pot che è la vita, Busi ha eccedu- to nel costruire i materiali per La Delfina Bizantina. Si può stare al gioco fino in fondo con tutta la sim- patia per un autore che non teme di "buttarsi", che non si sottrae alle sfi- de più azzardate e proditorie, ma sia lecito a chi legge accusare stanchezze e pronunciare argomentati dissensi, soprattutto uno. Una scrittura che nasce all'insegna del movimento più ciclonico, della dismisura più mercuriale, dell'im- maginazione più eccentrica, ha biso- gno di un feroce dominio stilistico che in Busi si allenta troppo spesso, così che la scrittura si rivolge contro se stessa impiccandosi al laccio delle parole, imprigionandosi in una stuc- chevole immobilità. Busi comunque ha già un pubblico che ne apprezza, credo, la spavalda sincerità e l'acre moralismo, Io spiri- to sarcastico e l'allure comica, la fu- nebre malinconia e la disperata vita- lità: anche in questo romanzo, La Delfina Bizantina, dove la riuscita totale del grande affresco gli è stata impedita dalle pretese di un priapi- smo strutturale e stilistico, il nemico più insidioso per l'autentico talento visionario di questo scrittore. •T m da "momenti di comico puro, 'inutile', slegato da qualsiasi preoccupazione sul ruolo dello scrit- tore o sulla funzione della letteratura". Sono questa debolezza di pensiero, questo la- sciarsi andare al gioco, che realizzano il pro- gramma del libro, "lasciatemi divertire". Forse Almansi avrebbe potuto pensare anche un po' a noi, e lasciarci più cordialmente affacciare al suo paradiso; avrebbe potuto cioè travasare più gioco, più disimpegno e "innocente meraviglia" — più leggerezza alla Jarmusch, per riprendere il discorso iniziale — nella sua scrittura. Invece, il suo è uno spettacolo di spiriti allegri, chiamati in scena da un ex-censore fattosi capocomico, un Dioniso un po' dark che se ne su tutto solo in un canto, coinvolto dall'asineria degli uomini più che dalla forza del riso. Tutt'intorno è dise- gnato un deserto orribile, "questa colossale trap- pola per scimuniti che è il mondo della cultu- ra", la cloaca del bello di céliniana memoria, "la menzogna" che è "non solo la letteratura, l'arte, la cultura, la religione, la legge, ma qual- sivoglia pratica del discorso", il regno del criti- co-bestia, della politica, "oggi l'argomento più squallido, più stupido, meno inventivo, più scrediuto che si possa vedere". Ahimé, non ci resU che avvalorare tristemente il "sospetto " che salu fuori alla fine, che "il comico è più vero, più feroce, più severo, più incalzante, più provo- cante, più serio del serio". Si salvi (e diverta) chi può. Ora, se Almansi non si sottrae alla nostra volgare manau sulle spalle, vorremmo conclu- dere con un messaggio ad personam.- "Caro Guido, anche noi, come te, vogliamo ridere per non morire, e come te facciamo una fatica boia in questo mondo di tromboni, ma non ce la prendiamo più del necessario. Il tuo libro ci ha convinti che la cosa miglio- re è di fare una bella festa, la più squinternata, irriverente e scanzonaU possibile, cui sei irrifle- sivamente, acriticamente e cordialissimamente invitato". !=L feaziomi Avoflfi GIUSTIZIA ECONOMICA PER TUTTI L'insegnamento sociale della Chiesa e l'economia americana Introduzione di Rembert G. Weakland Il libro inizia con un messaggio pastorale dei Ve- scovi a tutti i cattolici degli Stati Uniti e contiene il testo completo della loro fondamentale lettera pastorale che esamina le dimensioni morali del- la vita economica americana e le sue conseguen- ze sull'uomo. EDIZIONI LAVORO